La proposta del Governo per il Piano sanitario nazionale

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La proposta del Governo per il Piano sanitario nazionale
ATTUALITÀ • La proposta del Governo per il Piano sanitario nazionale 2011-2013
La proposta del Governo per il Piano sanitario
nazionale 2011-2013
Approvato lo schema dal Consiglio dei ministri
di Michele Musso
Via libera del Consiglio dei ministri, lo scorso 21 gennaio,
allo schema di Piano sanitario nazionale 2011-2013. Il
documento, proposto dal ministro della Salute, Ferruccio
Fazio, sarà ora inviato alle Commissioni parlamentari per
il parere e alla Conferenza unificata per la prevista intesa.
Sullo schema, inoltre, informa un comunicato di Palazzo
Chigi, saranno sentite le organizzazioni sindacali.
Gli obiettivi del Ssn
Il Piano 2011-2013 individua quale suo macro obiettivo
non più “soltanto” la promozione della salute dei cittadini bensì la promozione del “benessere e della salute dei
cittadini e delle comunità”. Posto l’ambizioso obiettivo, il
Psn fa quindi appello alla capacità dei diversi soggetti istituzionali di cooperare e di trasformare operativamente gli
indirizzi che vi sono riportati, tenendo in considerazione
le specificità locali.
Le sfide assistenziali
Dopo aver sottolineato come il nostro sistema sanitario
debba inserirsi in un contesto internazionale più ampio, il
Piano indica quelle che definisce le “sfide assistenziali” da
affrontare nel triennio: la non autosufficienza e l’aumento
dei costi.
La sostenibilità del sistema sarà quindi direttamente
collegata ad azioni di governance volte al recupero di
efficienza e appropriatezza, alla coerenza degli indirizzi
nazionali di politica sanitaria con il quadro delle risorse
disponibili, all’integrazione delle strategie a tutela della
salute con la disponibilità dei relativi finanziamenti.
Le scelte di politica sanitaria saranno “fortemente” orientate verso il miglioramento della prevenzione e della
promozione della salute; la riorganizzazione delle cure
primarie; la promozione e la diffusione del governo clinico, della qualità e della sicurezza dei pazienti; il potenziamento dei sistemi di rete nazionali e sovraregionali; la
diffusione e il consolidamento dell’integrazione sociosanitaria; la promozione del ruolo del cittadino nella gestione e nel controllo delle prestazioni; il miglioramento e la
qualificazione del personale.
La sanità, sottolinea inoltre il documento, sarà “il primo
vero banco di prova del federalismo fiscale e di applicazione dei Lea” e “l’introduzione del costo standard dovrà
tendere al superamento delle differenze che oggi ci sono
tra le diverse Regioni”.
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L’INFERMIERE 1/2011
Le criticità
Il Piano, nel ricordare che le statistiche internazionali ci
collocano in posizioni di “assoluto rispetto” quanto al
grado di tutela della salute della popolazione, sottolinea
però le criticità: l’inappropriatezza di alcune prestazioni;
le lunghe liste di attesa; l’ingiustificato livello di spesa farmaceutica di alcune Regioni; la qualità dei servizi molto
differenziata.
Si tratta dunque di migliorare l’appropriatezza, la qualità
percepita e la presa in carico dei cittadini.
Il personale infermieristico
Quasi il 70% dei circa 690.000 dipendenti del Ssn con
contratto a tempo indeterminato è costituito da dirigenti
e personale dei ruoli sanitari. In particolare oltre l’80% di
questi è composto da medici e infermieri: 388.000, di cui
circa 276.000 infermieri e 112.000 medici.
A questo proposito il Piano richiama quella che definisce
l’”ormai storica carenza infermieristica” e ricorda che il
numero di infermieri per abitante nel nostro Paese è tra
i più bassi in Europa: 6,1 per mille rispetto a una media dell’8 per mille. Tuttavia, aggiunge, il numero dei
laureati in Infermieristica è andato aumentando fino ai
circa 10.000 del 2008 e nei prossimi anni il saldo tra
pensionamenti e neolaureati sarà positivo; perciò, grazie anche all’ingresso di infermieri stranieri, la carenza
tenderà a sanarsi. La percezione, rileva il documento,
è che, anziché generalizzare, ormai si possa parlare di
carenze a livello territoriale, con situazioni differenti da
una Regione all’altra.
Le azioni per lo sviluppo del Ssn
Che fare, dunque? Il documento parte dalla prevenzione, da rilanciare attraverso l’attuazione del relativo Piano
2010-2012 approvato alla fine di aprile dello scorso anno.
E poi: il controllo dell’ambiente; la salute e sicurezza sul
lavoro; la sanità veterinaria; la sicurezza degli alimenti e
la nutrizione.
Un ruolo centrale viene assegnato alla cure primarie e alle
strutture territoriali nell’ambito di quella che viene definita
“sanità d’iniziativa” con funzioni di prevenzione/counselling/informazione della popolazione sana e gestione dello
stato di salute di tutte le tipologie di assistiti. All’ospedale,
invece, resterebbe la “sanità d’attesa”, con il compito di
“operare con eccellenza sulle acuzie e sulle emergenze”.
ATTUALITÀ • La proposta del Governo per il Piano sanitario nazionale 2011-2013
Psn 2011-2013
Intervista ad Annalisa Silvestro
di michele musso
D. Presidente, il Consiglio dei ministri ha licenziato lo schema di Piano sanitario nazionale per il triennio 20112013: un documento di oltre 100 pagine. Che valutazione complessiva ne può dare?
r. L’iter del Piano non è ancora definitivamente concluso, tuttavia ritengo si possa già dire che con questo documento
il Ministero della Salute faccia una riflessione attenta sull’intero sistema salute del Paese, traendone orientamenti e
indicazioni a carattere generale, ma tenendo conto della potestà delle Regioni alle quali spetterà dare concretezza ai
contenuti del Piano. Mi sembra di cogliere una visione “di sistema”, che si muove dalla prevenzione primaria a quella
secondaria, affronta le problematiche relative alle risposte che il sistema deve dare sul territorio, quelle riguardanti la
rete ospedaliera, la ricerca e così via. Ma, appunto, senza invadere la potestà di coloro che dovranno dare applicazione a queste indicazioni. E con un’attenzione anche alle dinamiche internazionali, in particolare europee.
D. Per quanto riguarda più direttamente gli infermieri?
r. Direi che si possono cogliere elementi positivi anche in questo caso. Per esempio, tutta la riflessione sulla risposta sanitaria sul territorio vede costantemente associati medico di famiglia e infermiere, con proposte innovative
tipiche del mondo internazionale, ma che in Italia non siamo abituati a sentire. Il messaggio, ci pare, è la conferma
che il medico di famiglia è una figura centrale, ma che non è solo, perché insieme a lui – e questa è una novità – c’è
l’infermiere. Lo stesso vale per soluzioni “intermedie” tra territorio e ospedale e anche nelle strutture di emergenza,
di ricovero, di riabilitazione. Sono anche discorsi molto avanzati, non so se ne vedremo l’applicazione, ma ci fanno
piacere perché finalmente si riconosce importanza della figura dell’infermiere.
D. E poi?
r. Anche nella riflessione sulle risorse umane, per esempio, mi pare che si possa rilevare una posizione equilibrata
sia per quanto riguarda i medici sia per gli infermieri. Sia pure indicando dinamiche differenti, in entrambi i casi non
si fa allarmismo: per i medici si rileva la possibilità che con il trend attuale nei prossimi anni potrà verificarsi un carenza di questi professionisti, ma si danno indicazioni per evitare di arrivare a situazioni di crisi. Per quanto riguarda
gli infermieri, d’altra parte, il Piano sottolinea come la carenza si stia gradualmente colmando grazie a una serie di
fattori che vanno dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nella Pubblica amministrazione all’inserimento di personale straniero all’aumento dei laureati.
D. In sintesi?
r. Direi che è un buon orientamento di sistema, in molti aspetti innovativo, che però non invade competenze altrui.
E con un richiamo alla rilevanza della figura dell’infermiere che mi sembra vada sottolineato positivamente.
La rete territoriale dovrebbe avvalersi di strumenti quali:
• posti letto gestiti dal medico di medicina generale e dal
personale infermieristico;
• l’assistenza domiciliare integrata garantita da gruppi
multidisciplinari per gestire fasi acute a domicilio;
• posti letto in strutture intermedie coordinate da team
infermieristici con la consulenza del medico specialista;
• programmi di dimissione protetta, assistita o programmata;
• alberghi sanitari gestiti completamente da infermieri all’interno di apposite unità di tipo ambulatoriale
e a bassa intensità assistenziale, per pazienti dimessi
da una struttura ospedaliera o che attendono un ricovero;
• programmi di ospedalizzazione domiciliare;
• strutture intermedie di riabilitazione post-acuzie;
• centri di comunità/poliambulatori con medici specialisti, di medicina generale e infermieri;
• team infermieristici di comunità che si recano a domicilio, per servizi di diversa intensità assistenziale.
Il medico di medicina generale, con l’eventuale coinvolgimento di altri medici specialisti, l’infermiere, il terapista
della riabilitazione e il personale dei servizi sociali sono,
precisa il Piano, i componenti dell’équipe multidisciplinare delle cure domiciliari.
Il documento richiama poi la necessità di rendere omogenea la diffusione delle reti su tutto il territorio nazionale,
a cominciare da quella dell’emergenza-urgenza per proseguire con quella ospedaliera e le reti cliniche.
Una sottolineatura è dedicata all’annosa problematica dei
piccoli ospedali, la cui riconversione viene considerata
“fondamentale”. La loro trasformazione in strutture capaci
di offrire servizi territoriali dovrà comunque avvenire contestualmente al pieno funzionamento della rete dell’emergenza-urgenza, allo sviluppo del sistema delle cure domiciliari e alla disponibilità di strutture residenziali.
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L’INFERMIERE 1/2011
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Tra gli obiettivi è indicata anche la continuità delle cure
e quindi l’integrazione tra ospedale e territorio, da realizzarsi attraverso “appositi percorsi e la presa in carico
costante nel tempo da parte di un team caratterizzato da
competenze sociali e sanitarie”.
Laboratori e diagnostica
Un capitolo è dedicato alla riorganizzazione dell’offerta
delle prestazioni di medicina di laboratorio (che determina il 60-70% delle decisioni cliniche) e di diagnostica,
che comunque rimanda alla proposta di accordo tra Stato
e Regioni che il Governo ha inviato alle seconde nel luglio
dello scorso anno.
La riabilitazione
L’ultima rilevazione Istat (2005) evidenzia che in Italia
sono circa 2,8 milioni le persone con disabilità. Il documento indica quindi nel Percorso riabilitativo unico il
contesto nel quale si completano le componenti sanitarie
con quelle non sanitarie; in questo ambito, si inserisce il
Progetto riabilitativo individuale definito per ciascun paziente.
La valutazione delle nuove
tecnologie
La politica sanitaria moderna non mira più a limitare la
spesa tout-court, bensì ad assicurare ai cittadini il massimo che si può ricavare dall’impiego razionale delle risorse. Qui viene in soccorso la valutazione sistematica dei
risultati dell’impiego delle tecnologie (Health technology
assessment, Hta), così che gli obiettivi di sviluppo e consolidamento delle attività della
nascente Rete collaborativa
interregionale per l’Hta sono
“proposti con vigore dal presente Piano, con lo scopo di
promuovere lo scambio di conoscenze e di know-how”.
Lea e liste d’attesa
Preso atto della difformità regionale, il Psn individua dieci
obiettivi per il triennio. Tra
questi l’uso diffuso delle classi
di priorità per le prenotazioni
sia ambulatoriali che di ricovero; la definizione dell’utilizzo della libera professione
intramuraria; l’attuazione di
interventi per il miglioramento
della qualità prescrittiva; la comunicazione sulle liste d’attesa
anche attraverso la partecipazione di utenti e di associazioni
di tutela e di volontariato.
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L’INFERMIERE 1/2011
Lo strumento di riferimento per il monitoraggio dei Lea
sarà il Nuovo sistema informativo sanitario.
E poi...
Altri temi trattati nello schema di Psn sono:
• la ricerca (“La strada percorribile è quella di un patto nuovo in Italia, dove Stato, Regioni, Università e
Imprese lavorino insieme per potenziare le condizioni
necessarie alla crescita degli investimenti in R&S”);
• l’assistenza farmaceutica (obiettivi: unitarietà dell’assistenza, governo della spesa, promozione della ricerca
indipendente;
• comunicazione ai cittadini sul corretto uso dei medicinali);
• i dispositivi medici; l’accreditamento delle strutture
(«È possibile addivenire, in modo condiviso tra Stato e
Regioni, alla identificazione di fattori/criteri di qualità
delle organizzazioni sanitarie, nell’ambito dei sistemi di
autorizzazione e/o accreditamento delle Regioni»);
• le fasi della vita (dal percorso nascita all’età senile);
• la valutazione sul raggiungimento degli obiettivi dello
stesso Piano.
Il documento è poi accompagnato da alcuni allegati sui
mutamenti demografici ed epidemiologici, le patologie
rilevanti (a proposito di quelle cardiovascolari si sottolinea tra l’altro che “occorre promuovere la formazione per
personale infermieristico, figura centrale nella gestione
del malato cardiologico cronico”); le dipendenze patologiche (abuso di alcol e droghe); le malattie infettive e
quelle rare;alcune situazioni particolari quali gli stati vegetativi, le malattie neurologiche degenerative e le demenze.