Il sistema si sta espandendo grazie alla Rete, che le nuove

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Il sistema si sta espandendo grazie alla Rete, che le nuove
Finanza | Internet cambia il credito
Il sistema si sta espandendo grazie alla Rete, che le nuove
Social lending
per tutti
«PRIVATI CHE PRESTANO
DENARO AI PRIVATI»
In Italia è ancora
agli albori.
Ma il peer to peer lending
(o P2P) sta prendendo
piede ovunque
nel mondo.
Partito dagli Usa
e dal Regno Unito,
questa modalità
è arrivata e sta dilagando
anche in Cina.
E rischia di diventare
un concorrente insidioso
per il sistema creditizio
ufficiale
di Ugo Bertone
26 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2015
generazioni utilizzano sempre di più per ogni attività
’avvertimento è lanciato: «Attenti signori:
Silicon Valley sta arrivando». A dirlo è nientemeno che Jamie (James) Dimon, il banchiere
più potente d’America, boss incontrastato di JP
Morgan. «Ci sono centinaia
di nuove aziende»,
L
continua la sua lettera agli azionisti, «guidate da
gente competente nelle nuove tecnologie che stanno
raccogliendo denaro per far concorrenza alle banche».
L’allarme comincia a essere giustificato. Il «peer to
peer lending» (o P2P) sta prendendo piede in molti
Paesi, a partire da Usa e Regno Unito, fino alla Cina.
Nel 2014, solo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna,
sono stati conclusi prestiti per 15 miliardi di dollari
attraverso le piattaforme che mettono in contatto
online chi vuole investire il proprio denaro con un
certo interesse e chi ha un progetto di investimento o
di spesa. La cifra, secondo le previsioni, potrebbe salire nel 2016 fino 40 miliardi di dollari, suddivisi tra
i prestiti concessi ai privati (consumer lending) e
quelli, per ora meno frequenti, rivolti al finanziamento delle microimprese.
Insomma, si profila un nuovo, insidioso
concorrente per le banche. Si tratta di
piattaforme che svolgono molte funzioni proprie delle banche, dalla gestione
dei conti al monitoraggio del rating
dei potenziali clienti. Ma con una
sostanziale differenza: la piattaforma
non assume rischi in proprio, come fa
Il P2P lending sta mettendo
a rischio il ruolo
delle banche sul credito,
proprio in un momento
in cui sugli istituti
di credito pesa una fama
negativa, dopo la crisi
mondiale scoppiata
nel 2008. Le piattaforme
online svolgono molte
funzioni di una banca
ma non assumono rischi
in proprio limitandosi
a un’attività di servizio
per cui viene pagata
una commissione,
sia da chi investe
sia da chi riceve i soldi
SETTEMBRE/OTTOBRE 2015 - OUTLOOK 27
Finanza | Internet cambia il credito
miliardi di dollari
Il mercato del P2P lending è decollato
25
20
15
123%
10
5
Negli ultimi
cinque anni
è cresciuto
in tutto il mondo
il mercato
del P2P lending.
In particolare
dal 2013
a fare la parte
del leone
sono Usa e Cina
0
2010
2011
Australia
2012
Cina
2013
UK
2014
USA
Fonte: Report Morgan Stanley
In alto, da sinistra:
James Dimon,
chairman e chief
executive della
finanziaria
Jp Morgan Chase;
Lawrence Summers,
ex segretario
al Tesoro Usa;
Mike Cagney,
ceo di SoFi
di San Francisco,
una delle finanziarie
elettroniche
più attive
la banca ma si limita a svolgere un’attività di servizio
per cui viene retribuita con una commissione, sia da chi
investe sia da chi riceve i soldi. In questo modo le piattaforme portano una sfida insidiosa al modello consolidato della banca che intermedia e rischia denaro proprio (e dei depositanti). Un po’ per i minori costi del
sistema, reso assai più leggero dalla tecnologia, un po’
per la fama negativa che circonda le banche, dopo la
crisi sistemica partita nel 2008. Ma attenzione: «La tecnologia è importante, ma non sufficiente», sostiene
Mike Cagney, ceo di SoFi di San Francisco, una delle
Fintech (così vengono definite le finanziarie elettroniche) che hanno rubato più quote di mercato ai mercati
tradizionali nel finanziamento degli studi o dei piccoli
prestiti. Conta anche, tra gli altri fattori, la fiducia crescente dei consumatori, in particolare dei «millennials»
(definizione che riunisce la popolazione di età compresa tra 18-34 anni) che si destreggiano con smartphone
e tablet meglio di quanto non facciano davanti a uno
sportello bancario: secondo il settimanale britannico
«The Economist», il 71 per cento di questi utenti si
trova infatti più a suo agio dal dentista.
Le cose, probabilmente, non stanno (ancora) così dalle
nostre parti. Anche perché le due piattaforme che gestiscono i finanziamenti P2P si stanno muovendo con
molta cautela, in attesa di leggi che permettano di evitare il rischio di finire nel mirino della normativa prevista dal Tuf (la serie di regolamenti attuativi emanati
dalla Consob in materia di intermediari, mercati ed
emittenti). Ma l’andamento sembra comunque ben
avviato, sulla scia di quanto sta già accadendo in
Francia e in Germania. Anche perché tutti, compresa
la Banca d’Italia, convengono sul fatto che l’eccessiva
dipendenza delle imprese, specie piccole e medie, dal
finanziamento bancario rappresenti ormai un elemento di fragilità del sistema. È molto difficile, perciò, che
I numeri | Prestiti in Rete
Che lo troviate sotto il nome di P2P lending, di
social lending o di lending crowdfunding l’oggetto della vostra attenzione è lo stesso: piattaforme online che operano un matching tra creditori e debitori attraverso un sistema di reverse auction (asta inversa) in cui chi ha surplus di
capitali è incentivato a offrire tassi di interesse
vantaggiosi per «vendere» il proprio capitale a
chi ne ha bisogno. Questo tipo di servizio è in
particolare rivolto a persone fisiche, ma anche
28 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2015
a piccole e medie imprese. Il fenomeno è globale e in costante crescita: ormai molto ben
radicato negli Usa, sta registrando un vero e
proprio boom in Cina, dove a fine 2014 erano
operative ben 1.575 piattaforme. Anche per
questo la banca d’affari Morgan Stanley ha
dedicato al settore un corposo report.
Per quanto riguarda l’Europa, lo studio rileva
che al di fuori del Regno Unito, dove si concentra l’80 per cento di P2P lending europeo,
la raccolta è ancora limitata, ma il numero di
piattaforme attive è piuttosto alto: nel Regno
Unito ce ne sono circa 60, mentre Francia,
Germania e Spagna ne contano circa 30 ciascuno.
Uno degli ostacoli principali allo sviluppo di
questo settore è il fatto che in molti Paesi (tra
cui l’Italia) queste piattaforme siano regolate
come banche, cosa che invece non avviene
nei Paesi dove ha maggiore successo.
si arresti alla frontiera delle Alpi il trend che in soli
dieci anni (il primo tentativo è nato nel 2005 in Gran
Bretagna con la nascita di Zopa) ha già creato alcuni
giganti, a partire dal Lending Club, la società californiana quotata a Wall Street che annovera in consiglio
John Mack, ex Morgan Stanley, e l’ex segretario al
Tesoro Usa Lawrence Summers. Vale la pena, perciò, di
guardare un po’ più da vicino l’ecosistema del lending,
le dinamiche finanziarie del settore e il suo possibile
inquadramento giuridico all’interno delle norme Ue e
di quelle nazionali con l’obiettivo di fornire un servizio
sia ai clienti privati sia alle microimprese a caccia di
alternative al prestito bancario. Ma anche agli investitori alla ricerca di modi innovativi per far fruttare i
capitali. Grazie anche al prezioso quaderno sul P2P
curato da Aurelio Lonardo per conto dell’Associazione
italiana degli analisti finanziari (Aiaf).
Il Peer to Peer lending comincia a diffondersi in tutti i
Paesi sviluppati e anche in quelli emergenti. Come
abbiamo detto, nel 2014 negli Usa sono stati attivati
finanziamenti per circa 15 miliardi di dollari coinvolgendo un milione di soggetti. Certo, una goccia nell’oceano dell’attività di credito che, a livello globale,
muove più di 3.000 miliardi di dollari nel solo comparto del credito al consumo. Ma l’attività delle tre più
importanti società Usa (Lending Club, Prosper e SoFi)
e dei due pionieri inglesi (Zopa e Rate Setter) si espande a ritmi geometrici, raddoppiando ogni nove mesi,
anche grazie alla spinta dei finanziamenti dei grandi
investitori, hedge fund in testa, che hanno ormai
assunto l’iniziativa. E così accanto agli investitori
retail che destinano alle piattaforme poche migliaia di
dollari (quando possono, perché in California, per
esempio, l’accesso è consentito solo a chi dispone di un
patrimonio di almeno 250.000 dollari), ormai nel settore operano i Big, da Goldman Sachs agli hedge più
importanti, attratti da rendimenti assai più interessanti dell’attività di credito tradizionali.
A favorire la crescita sia in Usa sia in Europa, ovviamente senza trascurare la Cina che per certi versi è il
mercato più attraente, contribuiscono vari fattori, a
cominciare dalle potenzialità offerte dal web, che consentono ormai di costruire una piazza virtuale per lo
scambio di prodotti finanziari, e dalla disaffezione
verso gli intermediari tradizionali, amplificata dalle
varie strette sui prestiti che hanno segnato l’andamento dei mercati negli ultimi anni. C’è inoltre da considerare la competitività delle condizioni di finanziamento
rispetto alla concorrenza, resa possibile dai minori
costi di struttura e del capitale investito, e il maggiore
Nel 2014
solo negli Usa
e in Gran
Bretagna
sono stati
conclusi prestiti
per 15 miliardi
di dollari
attraverso
le piattaforme
che mettono
in contatto online
chi vuole
investire denaro
con un certo
interesse e chi ha
un progetto
di investimento
o di spesa.
E le previsioni
per il 2016
parlano di oltre
40 miliardi
di dollari,
suddivisi
tra i prestiti
concessi ai privati
e quelli,
per ora meno
frequenti,
per finanziare
le microimprese
SETTEMBRE/OTTOBRE 2015 - OUTLOOK 29
PANINI S.R.L.
30 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2015
R
PANINI
LA
BILI
UPER
SRL
C
limitare le strategie dei vari competitor, sia
di quelli attuati (poco più di 600 operazioni
effettuate) sia dei potenziali nuovi attori. I
numeri sono per ora modesti, dunque, ma il
nostro sembra il Paese ideale per lo sviluppo del sistema: le micro imprese rappresentano infatti il target ideale per i prestiti di
importo contenuto con rendimenti medioalto. Le microimprese (sotto i due milioni di
euro di fatturato) dell’area euro, secondo
uno studio della Bce, sono le più penalizzate con un costo per linee di credito e scoperto bancario superiore del 35 per cento al
costo praticato alle imprese medio-piccole.
E l’Italia è la più penalizzata, nonostante il
mercato abbia dimensioni significative: a
settembre 2014 gli impieghi verso le società
semplici, società di fatto e imprese individuali ammontavano a 170 miliardi, in netto
calo rispetto ai 220 miliardi di fine 2010.
Queste cifre spiegano sia le potenzialità sia
la necessità della diffusione del P2P. Ma per
questo sarebbe importare un intervento di
legge per chiarire, come spiega Aurelio
Lonardo, che «la raccolta dei fondi e l’impiego dei medesimi nel contesto di un P2P lending non viola mai le norme sulla riserva di
attività creditizia» e che alle operazioni di
P2P possano partecipare le finanziarie
pubbliche nazionali e locali.
M AT E RI
rendimento dei prestiti, anche dopo la rettifica del
rischio rispetto ad altre forme di investimento.
Già, il rischio esiste, come no. Ma i tassi di sofferenza
sono sotto controllo anche perché il sistema poggia su
una struttura meno bizantina di buona parte delle
architetture finanziarie escogitate dalle grandi banche. Renaud Laplanche, fondatore e ceo di Lending
Club, sostiene che il sistema non corre il rischio di
incorrere in un crisi, come è avvenuto ai tempi dei derivati subprime o al rischio contagio che periodicamente
scuote le banche in caso di possibile default di un grande intermediario. «I rischi crescono quando si è di fronte a prodotti complessi» – spiega Laplanche, «che passano di mano in mano finché non si ha più idea di chi
fosse il debitore iniziale. A contrario, con il P2P l’obbligazione resta in capo al prenditore iniziale: qualsiasi
dubbio sulla sua solidità può essere risolto guardando
sul computer la storia del debitore». E grazie alle banche dati oggi a disposizione sulla Rete, basta ormai un
pc per avere accesso alla maggior parte delle informazioni a disposizione di una banca. Ma l’era digitale offre
anche altri criteri per monitorare l’affidabilità dei
clienti. Anche quelli all’apparenza più inverosimili. La
tedesca Kreditech, che nel 2014 ha concesso prestiti a
breve in tanti Paesi, dalla Polonia al Perù, per un totale di 120 milioni di prestiti, si affida all’incrocio di
20.000 informazioni in arrivo dalle banche dati e dai
social network. Tra i criteri per valutare la solvibilità e
la credibilità dei possibili clienti figura anche l’esame
dei format usati per le richieste: quante volte nella
EC
O
L’era digitale offre
molti sistemi
per monitorare
l’affidabilità
dei clienti.
«I banchieri
tradizionali
ci considerano
stregoni»,
commenta
Lennart Boerner,
inventore
del metodo usato
dalla tedesca
Kreditech.
«In realtà siamo
una società
innovativa
che sa utilizzare
i vantaggi
della tecnologia
abbassando
i costi.
E i risultati
non sono meno
soddisfacenti
del contatto
diretto
agli sportelli»
compilazione si fa ricorso alle lettere maiuscole o il
tempo impiegato per compilare le informazioni. «I banchieri tradizionali ci considerano degli stregoni», commenta Lennart Boerner, inventore del metodo. «In
realtà siamo una società innovativa che sa utilizzare i
vantaggi della tecnologia abbassando i costi. E non crediate che i risultati siano meno soddisfacenti del contatto viso a viso degli sportelli».
Certi metodi non devono scandalizzare. Come ogni
industria nascente, il P2P sta rapidamente fissando
standard, regole e strutture. Il modello di riferimento,
naturalmente, è quello americano, distinto ormai da
alcune caratteristiche precise, come la presenza di
investitori istituzionali, alla ricerca di opportunità di
diversificazione del loro portafoglio, la creazione di un
ventaglio di prodotti a seconda delle richieste del mercato, la specializzazione degli «originator», a seconda
dei segmenti della domanda, e la crescita delle soluzioni e dei servizi. In avvio, insomma, c’è l’originator che
svolge molte attività tipiche delle banche ma con diverse, sostanziali differenze. Una su tutte: a differenza
delle banche l’originator non svolge in proprio attività
di prestito e di assunzione-gestione del rischio di credito in proprio. Al contrario l’originator si occupa di registrare e profilare online i possibili prestatori e i prenditori e di gestire i conti di entrambi. Quando riceve le
richieste, acquisisce e verifica le informazioni sui
richiedenti, assegna un rating ai prenditori, abbina le
offerte e le richieste di prestito, decidendo se frazionare
l’importo o lasciarlo in un’unica soluzione e se è necessario fissare il tasso di interesse. È compito dell’originator anche gestire il trasferimento dei fondi in modo
che non siano aggredibili da eventuali suoi creditori.
Infine, si occupa del recupero dei pagamenti in ritardo
o dei default, e svolge attività di marketing. Le offerte
di prestito possono essere offerte in automatico oppure
selezionate in modalità manuale. Per tutta questa
serie di incombenze l’originator riceve una commissione.
Il settore ha già mosso i primi passi anche in Italia; 18
milioni erogati alla fine del 2014 dalle due piattaforme
in attività, Smartika e Prestiamoci, che operano con
autorizzazione della Banca d’Italia, una come istituto
di pagamento (ex articolo 114 del Testo unico bancario),
l’altra come intermediario finanziario (ex articolo 106).
Non esiste una normativa ad hoc, cosa che rischia di
In Italia il P2P lending
procede a rilento in attesa
di una legislazione
meno penalizzante.
Ma il trend sembra
inarrestabile, sulla scia
di quanto sta accadendo
in Francia e Germania.
Anche perché tutti,
compresa la Banca
d’Italia, convengono
che l’eccessiva
dipendenza delle imprese,
specie piccole e medie,
dal finanziamento
bancario rappresenta
un elemento di fragilità
del sistema
I RI CI
Renaud Laplanche,
fondatore e ceo di Lending Club
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Finanza | Internet cambia il credito
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