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La corsa agli sportelli
Concedere un prestito a un’impresa e acquistare un titolo del debito pubblico sono attività più simili
di quanto non sembrerebbe a prima vista. In entrambi i casi, si tratta del pagamento di una somma
iniziale di moneta (il prestito o il pagamento per il titolo) in cambio di una promessa di rimborso del
capitale più il pagamento degli interessi a una certa data futura. Perciò, per semplicità, abbiamo
assunto che le banche detenessero soltanto titoli.
C’è un solo aspetto che differenzia la concessione di un prestito dall’acquisto di un titolo. I titoli, e
in particolare i titoli pubblici, sono molto liquidi: in caso di bisogno, possono essere venduti in modo
veloce e conveniente sul mercato dei titoli. I prestiti alle imprese, al contrario, spesso non sono
liquidi. Chiederne il rimborso potrebbe essere impossibile: l’impresa che ha usato il prestito per
acquistare un nuovo macchinario non ha più disponibilità di contante. Inoltre, vendere il prestito a
una terza parte potrebbe risultare molto difficile, in quanto i potenziali acquirenti sono
generalmente poco informati sull’affidabilità dell’impresa.
Questo fatto ha un’importante conseguenza.
Consideriamo una banca in buone condizioni, con un portafoglio di prestiti efficiente. Supponiamo
ora che si sparga la voce che alcuni prestiti concessi dalla banca non saranno ripagati. Credendo
che la banca fallirà, i correntisti vorranno chiudere i loro conti correnti e ritirare il contante. Se un
discreto numero di persone si comporta allo stesso modo, la banca finirà le sue riserve. Dato che
non può chiedere il rimborso dei prestiti, la banca non sarà in grado di soddisfare la domanda di
contante e sarà costretta a chiudere.
Il timore che una banca possa chiudere può quindi causare proprio la chiusura della banca stessa,
anche se tutti i suoi prestiti sono sicuri. La storia finanziaria degli Stati Uniti fino agli anni Trenta è
costellata di numerose corse agli sportelli. Il caso classico è quello di una banca che fallisce per
ragioni valide (cioè perché i suoi prestiti sono rischiosi); ciò intimorisce i correntisti di altre banche,
che corrono a ritirare i loro depositi, inducendo il fallimento delle altre banche, indipendentemente
dalla loro situazione finanziaria. Forse ricorderete La vita è meravigliosa, un vecchio film con James
Stewart che è riproposto in tv negli Stati Uniti ogni anno intorno a Natale. A causa del fallimento di
una banca della stessa città, i correntisti dell’istituzione di risparmio privata di cui James Stewart è
direttore s’intimoriscono e iniziano a chiedere la restituzione dei loro depositi. Ci vorrà tutta l’abilità
di Stewart per dissuadere i suoi clienti e per evitare il fallimento. Il film ha un lieto fine, ma molte
corse agli sportelli in quegli anni finirono male.
Cosa si può fare per evitare queste crisi di liquidità?
Negli Stati Uniti, questo problema è stato risolto sin dal 1934 con l’assicurazione federale sui
depositi. Con essa il governo statunitense assicura i correntisti fino a un massimo di 100 mila
dollari per conto. In questo modo non c’è ragione per intimorirsi e correre agli sportelli per ritirare i
propri depositi e le banche sane sono protette da fallimenti a catena.
Tuttavia, molti osservatori hanno rilevato che l’assicurazione federale sui depositi soffre di problemi
propri. Dato che i correntisti non devono più preoccuparsi dei loro depositi, essi non controllano più
lo stato di salute delle loro banche, incentivando le stesse a comportarsi in modo imprudente: esse
concedono prestiti rischiosi che non avrebbero mai concesso in assenza dell’assicurazione federale.
Una soluzione alternativa, spesso proposta ma non applicata, è costituita dall’introduzione di vincoli
di portafoglio. Tali vincoli obbligherebbero le banche a detenere titoli di Stato sicuri e liquidi, con i
T-Bills (titoli del Tesoro a breve). Questo eviterebbe sia l’assalto agli sportelli, sia la necessità
dell’assicurazione federale sui depositi. I prestiti alle imprese sarebbero invece effettuati da altri
intermediari finanziari.