ATTO DEL GOVERNO N. 283 SOTTOPOSTO AL PARERE DELLE

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ATTO DEL GOVERNO N. 283 SOTTOPOSTO AL PARERE DELLE
Istituto Grandi Infrastrutture
ATTO DEL GOVERNO N. 283
SOTTOPOSTO AL PARERE DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
“Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l’attuazione delle direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di
concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei
settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino
della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture”.
OSSERVAZIONI E PROPOSTE
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ART. 21
(Programma delle acquisizioni delle stazioni appaltanti)
Si propone di introdurre, nel comma 1, dopo “enti aggiudicatori”, il seguente inciso: “che siano
amministrazioni aggiudicatrici”.
In altri termini, l’emendamento mira a precisare che le imprese pubbliche e i titolari di diritti
speciali ed esclusivi non possono essere assoggettate all’obbligo del programma, sia perché, la
loro operatività non gode, come nel caso delle Pubbliche Amministrazioni, del vantaggio di
conoscere in anticipo gli stanziamenti contenuti nei bilanci pubblici, ma anche perché,
trattandosi di enti operanti in un mercato concorrenziale, finirebbero per essere penalizzati
dalla conoscenza che i loro competitori acquisirebbero in merito alle loro strategie.
D’altronde, lo stesso Codice tiene conto di questa particolarità, laddove (art. 36, ultimo
comma) riserva loro un trattamento conforme alla natura privatistica del proprio agire, e
consente di applicare, sotto soglia, i propri regolamenti.
ART. 32
(Fasi delle procedure di affidamento)
Si propone di aggiungere, alla fine del comma 7, la seguente disposizione: “Nelle procedure
aperte e in quelle ristrette, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori esaminano
le offerte prima di verificare l’assenza dei motivi di esclusione e il rispetto dei requisiti di
selezione.”
Si tratta di una proposta in linea con le Direttive (art. 57, par. 2, della Direttiva 24), che ha lo
scopo di fluidificare la seduta di gara, in quanto evita alle Stazioni appaltanti il defatigante
spoglio di tutta la documentazione di supporto, concentrandola soltanto sui due concorrenti
collocati ai primi posti in graduatoria.
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Allo scopo di rendere meno onerosa, anche in termini economici, la stipulazione del contratto,
si propone inoltre, al comma 14, di elevare l'importo di € 40.000, al di sotto del quale è
consentita la stipulazione mediante corrispondenza, ad 1 milione di euro, per i lavori e, alle
soglie di cui all'art. 35, per le forniture e i servizi.
ART. 48
(Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici)
Si propone di modificare il comma 3, aggiungendo dopo l’espressione “ovvero gli imprenditori
consorziati”, la parola “designati”.
La modifica proposta vuole permettere ai consorzi ordinari di esprimere in pieno le proprie
potenzialità, superando, in tal modo, l’attuale impedimento dovuto al fatto che, essendo essi
equiparati, alle associazioni temporanee, la verifica dei requisiti viene effettuata su tutti i
consorziati.
A causa di ciò, i consorzi sono stati costretti ad organizzarsi sempre in termini di omogeneità
tipologica e tecnologica, per evitare che la presenza di imprese complementari, e quindi non
omogenee alle altre, ne provocasse l’esclusione dalle gare. Più chiaramente, mentre
l’associazione temporanea può spaziare dalla forma orizzontale (imprese esperte soltanto nei
lavori stradali), a quella verticale (imprese di gallerie e di illuminazione), il consorzio
ordinario non può avere al proprio interno imprese complementari, altrimenti rischia
l’esclusione dalle gare in cui conta l’omogeneità (solo imprese stradali); reciprocamente, non
può nemmeno avere soltanto imprese omogenee, altrimenti non può concorrere alle gare con
tipologie diverse.
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La modifica normativa proposta mira a risolvere questo problema, stabilendo che il consorzio
ordinario possa, in occasione delle singole gare, designare le consorziate che presenteranno
offerta e che, solo con riferimento ad esse, si stabilirà l’ammissione alla gara sulla base dei
requisiti richiesti.
Il consorzio recupera, così, la funzione mutualistica che gli assegna il Codice civile e, può
presentare offerta per sé e per le imprese di volta in volta designate, senza doversi accollare
l’onere di creare una società.
Questo non riduce la responsabilità del consorzio, in quanto trova, comunque, applicazione
l’art. 2615 del Codice civile, a’ termine del quale, per le obbligazioni da esso assunte per conto
delle imprese designate, rispondono sia queste ultime sia il fondo consortile del consorzio.
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Un’altra modifica che si propone di introdurre nell’art. 48 consiste nell’aggiungere, alla fine,
due ulteriori commi del seguente tenore:
a) comma 20: “Gli operatori economici di cui al comma 2, lett. b) dell'articolo 45 possono, per
motivi sopravvenuti, indicare un'impresa diversa da quella designata in sede di offerta e che
possegga requisiti equivalenti";
b) comma 21: “Nel caso in cui il raggruppamento temporaneo si riduca di numero per le cause
di cui ai commi 17 e 18, può restare operativo anche con uno soltanto dei componenti originari,
se in possesso dei requisiti relativi ai lavori ancora da eseguire”.
Entrambe le proposte vanno incontro ad un'esigenza che è sempre presente nell'ordinamento
allorché si è davanti ad un fatto sopravvenuto.
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Con tali norme, si mira a tenere conto di situazioni che mutano nel tempo, per evitare
soluzioni che si rivelano, all'atto pratico, sproporzionate e, in fondo, poco confacenti con
l'esigenza di tutela delle Stazioni appaltanti, qual è la risoluzione del rapporto contrattuale.
ART. 80
(Motivi di esclusione)
Si propone di correggere la lett. b) del comma 1, in quanto, nel ricopiare l’art. 32-quater del
Codice penale (Casi nei quali alla condanna consegue l’incapacità di contrattare con la pubblica
Amministrazione), sono “saltati” gli artt. 353 (Turbata libertà degli incanti), 355 (Turbata
libertà del procedimento di scelta del contraente), 354 (Astensione dagli incanti) e 356 (Frode
nelle pubbliche forniture).
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Bisogna inoltre ulteriormente precisare che: “Nei casi diversi da quelli elencati, la condanna
irrevocabile costituisce motivo di esclusione, soltanto se è stata applicata la misura accessoria di
cui all’art. 19, n. 5 del Codice penale”.
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Quanto poi al comma 3, che esige la dichiarazione di tutti i membri del consiglio di
amministrazione, tale previsione può rivelarsi, per le imprese di maggiori dimensioni,
specialmente allorché operano anche all’estero, particolarmente gravosa in quanto non è
agevole raccogliere le dichiarazioni di tutti gli interessati.
Pertanto, si propone di inserire, dopo le parole “dei membri del consiglio di amministrazione”,
la seguente frase: “ cui sia stata conferita la legale rappresentanza”.
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ART. 83
(Criteri di selezione e soccorso istruttorio)
Con riferimento al soccorso istruttorio, il comma 9 non risulta allineato né alle previsioni
comunitarie (art. 56, par. 3, Dir. 2014/24/UE), né alla legge-delega (lett. z), nella parte in cui
subordina la possibilità di regolarizzare la documentazione al pagamento di una sanzione
amministrativa da parte del concorrente.
Pertanto, si propone di eliminare l’onerosità del soccorso istruttorio e, di conseguenza, la
connessa distinzione tra irregolarità essenziali e non essenziali, sostituendo il seguente testo
all’attuale comma 9 dell’art. 83: “In caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità
degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di
quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, la stazione appaltante assegna al concorrente
un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le
dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che devono renderle. In caso di
inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Ogni
variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale,
successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai
fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle
offerte”.
ART. 84
(Sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici)
Nell’ambito del sistema di qualificazione, è stato introdotto, attraverso la lett. b) del comma
4, l’accertamento, da parte delle SOA, del rating di impresa, vale a dire di un requisito basato
su “indici qualitativi e quantitativi che esprimono la capacità strutturale, di affidabilità e
reputazionale dell’impresa secondo criteri individuati con linee guida dell’ANAC”.
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Al tempo stesso, il comma 10 del precedente art. 83 ha istituito, sempre presso l’ANAC, un
sistema di penalità e premialità delle imprese, anch’esso “connesso a criteri reputazionali
valutati sulla base di parametri oggettivi e misurabili nonché su accertamenti definitivi
concernenti il rispetto dei tempi e dei costi”.
Tale diverso meccanismo sembra però destinato ad incidere direttamente sulla fase di
valutazione delle offerte, come dimostra l’art. 95, comma 13, il quale stabilisce che “le
amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, i criteri
premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta […]”.
Allo stesso modo, anche l’ulteriore rating di legalità, attualmente gestito dall’Antitrust ai fini
dell’accesso delle imprese al credito bancario, sembra giocare un ruolo decisivo nella scelta
della migliore offerta, in quanto è stato incluso dall’art. 95, comma 6, lett. b), tra i possibili
criteri di aggiudicazione.
Date queste premesse, è dunque opportuno evidenziare che l’adozione, in fase di valutazione
delle offerte, di un sistema di premialità, piuttosto che del diverso sistema di rating di legalità,
presenta il rischio di generare una commistione tra i requisiti soggettivi di qualificazione, vale
a dire tra la capacità del concorrente di eseguire la prestazione, e i criteri di selezione attinenti
invece al merito della proposta formulata: ragion per cui, nell’ambito del Codice, dovrebbe
essere riconsiderata la rilevanza di tali sistemi ai fini della sola ammissione alla gara, e non
anche ai fini della valutazione delle offerte.
ART. 89
(Avvalimento)
Si propone di aggiungere, all’interno del comma 9, dopo le parole “in adempimento degli
obblighi derivanti dal contratto di avvalimento”, il seguente periodo: “Ha inoltre l’obbligo di
inviare ad entrambe le parti del contratto di avvalimento le comunicazioni di cui all’art. 52 e
quelle inerenti all’esecuzione dei lavori”.
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Si tratta di una cautela a favore delle Stazioni appaltanti, finalizzata ad evitare che l’impresa
ausiliaria, ove chiamata ad adempiere, in qualità di coobbligata solidale, le prestazioni oggetto
di avvalimento, opponga di non essere stata messa sull’avviso.
ART. 105
(Subappalto)
Contrariamente all’affermazione, contenuta nella lett. a) del comma 4, secondo cui “tutte le
prestazioni nonché le lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili” e a
quanto stabilito dalla lett. b), la quale prevede che i concorrenti “all’atto dell’offerta abbiano
indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che
intendano subappaltare”, la possibilità di ricorrere al subappalto non è libera, in quanto, se la
stazione appaltante non indica nel bando le lavorazioni subappaltabili, le imprese non godono
di alcuna autonomia organizzativa.
L’attribuzione alle Stazioni appaltanti di una libertà d’azione di tale ampiezza può sconfinare
in fenomeni degenerativi, va rimeditata anche per la difformità dall’art. 67 della Direttiva 24
che si muove in una direzione contraria, in quanto prevede che lo Stato membro possa
stabilire che venga richiesto “all’offerente di indicare le eventuali parti dell’appalto che intende
subappaltare a terzi”.
Si propone, per ciò, di sostituire la disposizione contenuta nella lett. a) del comma 4 con la
seguente: “Nel bando, nell’avviso o negli inviti, sono indicate tutte le categorie di importo
superiore al 10% dell’importo a base d’asta. Tutte le prestazioni nonché le lavorazioni, a
qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili, ma la stazione appaltante può negare
l’autorizzazione ove riscontri l’assenza di motivi di cui all’articolo 80 e, nel caso di lavori, la
presenza del possesso della pertinente attestazione SOA”.
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D’altronde, grazie all’applicazione dell’avviata riforma del sistema SOA e al riscontro positivo
dell’assenza di motivi di esclusione (antimafia, evasione contributiva, retributiva e fiscale), il
potere della Stazione appaltante può svolgersi in piena trasparenza, senza creare alcun
contenzioso.
In ogni caso, una cosa è stabilire la quota percentuale di subappalto che non può essere
superata, altra cosa è affidare alla Stazione appaltante di indicare le categorie di volta in volta
subappaltabili, perché questo può risolversi in uno sconvolgimento della pianificazione
imprenditoriale, in quanto, non potendo contare sull’uniformità comportamentale di tutte le
P.A., le imprese perderanno punti di riferimento certi ai fini della propria struttura
organizzativa, non essendo più in grado di decidere se rinforzare oppure no una data tipologia
costruttiva (ad es., gallerie invece che rilevati).
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Collegata in parte alla precedente, è la proposta che riguarda il combinato disposto del
comma 5 dello stesso art. 105 e del comma 11 dell’art. 89.
Tale ultima disposizione prevede che l’appaltatore non possa eseguire più del 30% dei lavori
ricompresi nelle categorie superspecialistiche, sempre che tali categorie incidano per più del
15% sul totale dei lavori. Questa norma, che è contenuta nel comma 11 e non 10 dell’art. 89,
va però corretta precisando che l’incidenza del 15% si riferisce a ciascuna categoria
superspecialistica e non alla loro sommatoria.
Per il resto, si tratta di una norma che tiene conto della elevata specializzazione delle imprese
che realizzano tali lavorazioni ed è quindi da sottoscrivere.
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Inoltre, si propone di sopprimere l’aggettivo “informatici” nella lett. b) del comma 3,
altrimenti si rischia di assoggettare alle regole del subappalto le subforniture che presentano
natura diversa da quella informatica.
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Infine, con riferimento al comma 8, si propone di eliminare il secondo periodo, il quale
stabilisce che “l’aggiudicatario è responsabile in solido con il subappaltatore in relazione agli
obblighi retributivi e contributivi, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276”, e ciò, perché, i commi 5 e 6 dell’art. 30 del Codice già contemplano un meccanismo di
tutela del personale dipendete dell’appaltatore o dei subappaltatori, in caso di inadempienza
contributiva o retributiva, affidando alla Stazione appaltante il compito di provvedere
direttamente ai relativi pagamenti.
Lasciando infatti la suddetta norma, si rischia di coinvolgere l’appaltatore in vicende (ad es., il
fallimento), che attengono all’attività generale del subappaltatore, svolta quindi in altri
rapporti.
APPALTI NEI SETTORI SPECIALI
ART. 114
(Norme applicabili e ambito soggettivo)
L’ultimo comma contiene un rinvio ad un Titolo non (ancora) indicato, per stabilire quale sia
la normativa disciplinatrice della fase esecutiva nei settori speciali.
Sennonché, non si tratta di rimandare all’intero Titolo relativo all’esecuzione, ma di
richiamare soltanto le norme in materia di subappalto, varianti in corso d’opera e risoluzione,
non solo perché rappresentano le uniche disposizioni della fase esecutiva dettate dalla
Direttiva 2014/25/UE per i settori speciali, ma anche perché la delega (lett. h) si riferisce
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soltanto alla puntuale indicazione delle norme in materia di “affidamento”, senza alcun
riferimento all’esecuzione del contratto.
Pertanto, il comma 8 potrebbe essere modificato come segue: “All’esecuzione dei contratti di
appalto nei settori speciali si applicano soltanto le disposizioni di cui agli articoli 105, 106 e 108
del presente codice”.
PARTE III (ARTT. 164 – 178) - Contratti di concessione
PARTE IV (ARTT. 179 – 186) - PPP e contraente generale
Al riguardo, va segnalata la necessità di un maggior coordinamento sistematico, tenendo
presente, in primo luogo, che il PPP (art. 180) non è un contratto, in quanto si tratta soltanto
di
un’espressione
descrittiva
che
abbraccia
vari
fenomeni,
accomunati
dalla
compartecipazione tra il capitale pubblico e quello privato.
Proprio per ciò, non vi rientra il contraente generale (artt. 194 e ss.) che è un appaltatore, al
quale non è giustificato attribuire il ruolo di finanziatore. Il semplice fatto di essere pagato a
prestazione ultimata, non costituisce finanziamento dell’opera. D’altra parte, sull’appaltatore
non grava il rischio operativo, ma solo quello di costruzione.
Diverso è invece il caso della concessione, la quale fa invece parte del fenomeno PPP, che ne è
lo strumento per eccellenza.
Questo per dire che sarebbe da rivedere la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 164 che,
nell’elencare le norme applicabili, non menziona quelle della Parte IV che attengono alla
concessione sia essa ad iniziativa della P.A. (art. 180-183 commi 1-14) sia quella ad iniziativa
del privato (art. 183, commi 15 e segg.)
Per completezza, si segnala la necessità di un’ulteriore esigenza di coordinamento all’interno
dello stesso art. 183, laddove (commi 3, 10, lett. b), 11 e 12) si fa riferimento al promotore che
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è figura estranea alle concessioni su iniziativa della P.A., mentre fa parte della tipologia
(procedurale) della concessione di cui ai successivi commi da 15 a 19.
Sempre per esigenze di coordinamento, e nel caso che si dovessero lasciare distinte le Parti III
e IV, bisognerebbe comunque prevedere, anche per la Parte III, il recesso del concessionario
per il mancato accordo sul riequilibrio o il diritto di subentro degli enti finanziatori al fine di
prevenire la risoluzione del rapporto.
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Fatta questa premessa generale e venendo a proposte specifiche, si espone quanto segue.
All’art. 3, comma 2, lett. fff), nella parte in cui definisce il concetto “sostenibilità finanziaria”,
si propone di aggiungere anche il rischio di oscillazione dei tassi di interesse, in quanto il
rimborso del finanziamento non comprende tale voce di costo.
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All’art. 103, comma 1, ultimo periodo, relativo alla cauzione definitiva, si propone di
prevedere, in linea con il successivo comma 5, che la garanzia cessa di avere effetto, non solo
alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare
esecuzione, ma anche “o comunque decorsi dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori
risultante dal relativo certificato”.
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Con riferimento invece all’art. 165, comma 3, sulla sottoscrizione del contratto di
concessione, si formulano le seguenti proposte:
a) quanto alla risoluzione di diritto della concessione in caso di mancato perfezionamento del
finanziamento entro dodici mesi dalla sottoscrizione del contratto, sarebbe opportuno elevare
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tale termine a ventiquattro mesi, non solo per uniformità rispetto al successivo comma 5, il
quale prescrive la risoluzione del rapporto concessorio in caso di mancata sottoscrizione del
finanziamento o del collocamento entro un termine non superiore a ventiquattro mesi, ma
anche per le problematicità legate al conseguimento della stessa sottoscrizione dal
finanziamento entro il più breve termine di dodici mesi;
b) quanto invece alla previsione che subordina la sottoscrizione del contratto di concessione
“alla presentazione di idonea documentazione inerente il finanziamento dell’opera”, dovrebbe
essere dettagliato il contenuto di tale documentazione, in considerazione del fatto che anche il
successivo art. 180, con una previsione analoga per il PPP richiede allo stesso modo una
“documentata disponibilità di finanziamento”.
c) con riguardo poi al concetto di “bancabilità”, si segnala la necessità di precisare che esso
non è costituito soltanto dalla remunerabilità dell’opera sul mercato finanziario, bensì anche
dai costi di commissione e dalle già citate oscillazioni dei tassi di interesse;
d) in relazione infine alla risoluzione automatica del contratto per mancata sottoscrizione del
finanziamento, si intende evidenziare che tale prescrizione può rivelarsi controproducente
per la P.A., in quanto le preclude di verificare caso per caso lo stato di avanzamento della
sottoscrizione del finanziamento, che potrebbe non essere ad un punto tale da giustificare una
risoluzione automatica del rapporto.
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Nell’ambito del successivo art. 176, comma 2, è inoltre previsto che l’esercizio del potere di
annullamento d’ufficio della concessione non sia soggetto al rispetto del termine massimo di
diciotto mesi posto dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. Sennonché, a tal riguardo, si
espone la necessità dell’applicazione di questo termine anche al caso di specie, al fine di
evitare instabilità contrattuali.
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Con riferimento invece al settore autostradale, non si comprende il motivo per il quale il
concessionario non abbia diritto al riequilibrio del PEF e delle condizioni preesistenti: ragion
per cui, si propone di eliminare il secondo periodo del comma 2 dell’art. 178.
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Infine, con riguardo al finanziamento dei contratti di PPP, non può non evidenziarsi che la
disponibilità dei finanziatori può essere compromessa se non viene specificato, alla fine del
comma 3 dell’articolo 182, che al concessionario spettano anche i costi di rottura dei
contratti di hedging, vale a dire del rischio di oscillazione dei tassi di interesse.
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