Pdf Opera - Penne Matte
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Pdf Opera - Penne Matte
Trasmigrazione di Marco Armici I contrafforti in cemento ospitavano sculture demoniache atti in folli ghigni. Catene, ricoperte da ghiaccio, si staccavano dalla navata centrale colando come sangue accanto ai pinnacoli delle torri laterali. La maglia d’acciaio era fitta. Intrappolava un globo latteo dalla bellezza unica. Una luna piena che Cassandra mai aveva visto, da quando era stata esiliata nella cattedrale del Purgatorio. Simile a una statua di travertino, il gelido demonio svettava verso i cieli lividi della notte. Stava ritta sulla croce di granito del campanile medievale. La pelle marmorea, lucida, assaporava i raggi lunari che penetravano attraverso le nubi cariche di tempesta. Le morbide labbra, color ciliegio, appena dischiuse, cantilenavano un’ode funebre. Una poesia insegnatagli dalla nonna. Indugiava, gli occhi chiusi in meditazione, come se stesse attendendo qualcosa: forse una chiamata dal livello superiore. Erano passati vent’anni da quel fatidico giorno. Quel 31 ottobre del 1973, quando Patrov, il maledetto ammazza demoni, le aveva trafitto il cuore. Senza volere le mani si strinsero al petto, come se fosse ancora lì, pulsante, nascosto dal bustino di pelle. Cassandra digrignò i denti. Quell’essere ignobile glielo aveva rubato. Forse gettato in quel falò pagano con le altre streghe blasfeme. Che disonore pensò, una cacciatrice come lei. Eppure la morte non le aveva fatto ancora visita. La falce mietitrice non aveva ancora calato la lama sul suo destino. Salvata dall'amato Garrell era rinchiusa in quel luogo per volere di forze superiori. Quasi vent’anni di espiazioni in quell’universo parallelo erano parecchi. Ma il momento della rinascita era giunto. Doveva soltanto attendere la chiamata di Garrell, dal mondo umano… I lavori d'allestimento erano stati ultimati nel tardo pomeriggio, senza nessun intoppo. Le vie del centro città erano decorate in modo impeccabile, adorne di luci colorate, zucche intagliate contenenti piccoli lumi e da fantasmi di ogni genere. La gente mascherata era in trepidazione, attendeva il benestare dell’organizzazione per procedere con la sfilata di Halloween. Le grida dei bambini, vestiti da streghe e maghi, si udivano a due, tre isolati di distanza. Mentre i più grandi, sfruttando l'occasione, facevano scherzi di ogni genere. Tra la folla mascherata, c’era lei, Alexandra. Una ragazza diciassettenne, spensierata, immersa nel divertendo con le sue amiche, compagne di scuola. Indossava il tipico abito da strega. Lungo mantello corvino, abito viola che sfiorava il terreno, scopa di saggina e cappello rigorosamente a punta, con tesa larga e circolare. “Sarà una festa strepitosa!” disse. Un sorriso tutto denti le illuminò il viso. La musica metal si diffuse dalle casse del carro di testa. Un boato graffiante che accompagnò l'inizio della sfilata. Le ragazze non persero tempo, si catapultarono nelle prime file. Volevano che la musica gli entrasse nelle vene, che il Metal, per una sera, gli facesse dimenticare i pensieri. “Ma questa è Halloween, la canzone degli Helloween!” fece notare Jessy, l’amica migliore di Alexandra. “Hai ragione!” rispose lei. Un pogo esagerato accompagnò le urla di giubilo del gruppo. La festa era iniziata. La serata si preannunciava fresca, ma alle ragazze non interessava, in quei momenti nulla era più importante se non il divertimento. Tutto era bellissimo, adornato a regola d'arte. Enormi scheletri, rivestiti con tuniche lacere, erano appesi a corde tirate tra un tetto e l’altro delle case. Fieno e zucche di ogni grandezza stazionavano ammassate alla base di grandi pioppi. Mentre sui ripiani delle finestre, un Jack-ò-Lantern, con il suo ghigno sadico, osservava la sfilata passare. La confusione era totale. Maschere di ogni genere. Non si capiva più nulla. Distinguere la realtà dalla finzione era quasi impossibile. E quale migliore occasione, se non questa, per praticare una cerimonia satanica? Attendeva immobile, accovacciato sul minareto della rocca medioevale, dall’altro lato della strada, di fronte all’acquedotto. Un’ombra invisibile, celata dall’oscurità della notte. Due bulbi scarlatti, sfregiati da schegge bianche, ardevano nel buio. Inchiodati in una sola direzione, osservavano il gruppo di ragazze che ballava. L'attrazione viscerale era solo per una di loro. Alexandra. Ipnotizzato, la scrutò, permettendosi di sognare il futuro. La figura si mosse in avanti, quel tanto che bastò ad illuminare il suo volto. Non era di questo mondo, eppure le fattezze erano umane. I lineamenti scolpiti, evidenziavano un volto latteo, ricordava il biancore della neve. Dai margini della bocca, spuntavano due canini aguzzi. Piccoli rivoli di sangue colavano sul collo, inzuppando la maglietta gialla dei Lakers. Era Garrell. L'essere si passò le mani sottili tra i lunghi capelli bianchi, come se si stesse agghindando per un’uscita serale. “Cassandra, questa notte potrò stringerti tra le mie braccia. La luna ne sarà testimone. Le nostre essenze, che fin troppo allungo sono rimaste divise, si riuniranno”. Senza indugiare, corse giù dalle mura. Non era un’illusione, correva parallelo al terreno, combattendo contro la gravità terrestre. Ad un paio di metri dal suolo, l'incedere declinò in un atterraggio morbido, sul terreno erboso. Dinanzi a lui, a una quindicina di metri di distanza, c'era Alexandra, la vittima sacrificale. Per un tempo imprecisato la fissò. In seguito, confondendosi nella disinteressata folla, si avvicinò. Il vento portò il profumo di lei, fino ai suoi orifizi. Estasiato, aspirò a pieni polmoni. La fragranza del sangue non si poteva descrivere, possedeva un’essenza particolare, una sublimazione famelica che accese una frenesia irrequieta, un desiderio travolgente di affondare i canini nella pelle della ragazza. Fu un terremoto di debolezze, ma Garrell non si fece sopraffare, l’amore solido per la sua amata superava ogni tentazione carnale. Per allontanare quell’ostacolo rivolse i suoi pensieri al cimitero del paese, alla cripta dove avrebbe avuto luogo il sacrificio. Era quasi mezzanotte, l'entrata in scena non poteva essere rimandata. Garrell si avvicinò alle ragazze. Imperterrite continuavano a ballare, ora sulle note di “The number of the beast”. Il trasporto musicale era forte e Alexandra non si accorse del demone, fino a quando non ci andò a sbattere contro, terminando a terra. “Scusami tanto” disse lei “Non ti ho visto, ero immersa nel…”, non riuscì a terminare la frase. L’ammaglio fu indescrivibile, gli smorzò le parole in gola. Il fascino emanato dal ragazzo non lasciava nessuna via di scampo. Lo sguardo, glaciale, magnetico, stregava le menti, attraeva a sé, rendendo le sventurate prigioniere del suo volere. “Tutto bene? Ti sei fatta male?” Si sincerò Garrell, allungandole la mano. Alexandra non si capacitò di quella situazione, si sentiva confusa, imbarazzata. Ci pensò Jessy a risolvere il tutto, rifilandole un calcio negli stinchi. “Ah! Ma che fai!” la rimproverò Alexandra. Jessy non le rispose, fece soltanto un gesto eloquente con gli occhi, facendole notare la mano protesa di lui. Alexandra la osservò, poi guardò lo sconosciuto. Sfoggiava un sorriso amabile ma al tempo stesso pericoloso. Esitò per un istante, giusto il tempo di restituire il sorriso. Emozionata, strinse la mano dello sconosciuto. Il contatto la lasciò senza fiato. Non emanava calore. Era fredda, come quella di un morto. La sensazione le provocò un insolito disordine. “Vedo che stai bene. Nessun graffio per fortuna” disse Garrell. Sollevandola da terra fu tentato di nuovo dall’irresistibile profumo di lei, ma trattenne le sue voglie. Alexandra abbassò lo sguardo, era troppo imbarazzata per sostenere quello di lui. Tutto sommato non parlava molto con i ragazzi. “Si sto bene, grazie. Non è stata una caduta così rovinosa” “Ottimo” rispose lui, senza lasciarle la mano. “Io mi chiamo Garrell, piacere di conoscerti”. Da quel momento, Alexandra non ebbe più occhi per nessuno. Ballarono, saltarono, risero, come se si conoscessero da molto tempo, come se fossero due fidanzati, tanto che le amiche li lasciarono da soli. Il tempo parve fermarsi, ripartì solo quando, senza rendersene conto, Alexandra si ritrovò avvinghiata a lui, travolta in un bacio appassionante. Il suo primo bacio. Il gioco è fatto, pensò Garrell mentre la baciava. Adesso la mente della ragazza era nelle sue mani. Soddisfatto lasciò viaggiare i propri pensieri verso Cassandra. Presa Alexandra sotto braccio, lasciò la sfilata. Percorse di fretta la strada che costeggiava la rocca medioevale e imboccò una via trasversale che conduceva al cimitero. Mancava poco alla mezzanotte e l’oscurità della notte s'era infittita. La luna piena incombeva sulle fredde mura della cittadella, come incombeva, il tempo tiranno, sulle spalle di Garrell. Doveva affrettarsi, non c’era un attimo da perdere, il sacrificio doveva avvenire esattamente, in qual lasso di tempo in cui, la festa di Halloween terminava e iniziava la solennità di Ogni Santi. In quell’istante d’immobilità tra le due celebrazioni. Solo così poteva ridare la vita a Cassandra. Un unico tentativo, non erano concessi errori. Garrell notò che le urla e le risate della festa erano cessate, sopraffatte dal silenzio. Non c'era più nessuna presenza umana. Senza esitare sollevò di peso la ragazza, e tenendola tra le braccia si lanciò in una corsa sovrumana. In brevi attimi si ritrovò dinanzi al cimitero. Senza che nessuno l'ho toccasse, il cancello d'entrata si spalancò, concedendo strada al demone. Un ulteriore slancio e oltrepassò la soglia del riposo eterno, valicando tombe lugubri, statue raffiguranti il figlio di Dio e Angeli della sua schiera. Pochi secondi, e la cripta si materializzò al suo cospetto. Una struttura esagonale, senza tetto, le cui pareti lisce non portavano nessun decoro. L’unico sigillo che identificava la cappella era una V sulla porta d’entrata. Inginocchiatosi, appoggiò Alexandra a terra. Si avvicinò alla soglia. Con un gesto inaspettato accostò il polso alle labbra e affondò i canini nella pelle, lacerando i tessuti. Piccole gocce di sangue stillarono dalla ferita. Senza perdere tempo bagnò i sigillo. Fu rapido. Come una spugna il sigillo assorbì il sangue del demone. Pochi secondi e parole di sangue affiorarono lungo la sporgenza della lastra. Garrell le lesse, e il sigillo si ruppe. Un tremore assordante provenne dall’interno della struttura. La sezione di parete rientrò, scorrendo di lato. Una folata sepolcrale proferì dalle profondità, investendolo in pieno viso. Garrell la ignorò. Sollevata Alexandra, si scaraventò giù per le scale, giungendo nella sala principale della cripta. “Finalmente” esortò con estrema soddisfazione. Fiaccole accese, illuminavano l'ambiente. Eccitato, si appoggiò a una delle sei colonne che sostenevano la volta. L’unico suono percettibile era il crepitare del fuoco. La stanza era come l’esterno della cripta, mentre le pareti, spoglie, conferivano un senso d’asfissia. Al centro del pavimento, un pentacolo rosso attrasse lo sguardo di Garrell. All’interno si ergeva una struttura rettangolare, delle scanalature profonde che correvano fino a terra. Era l’ara del sacrificio. L’altare dove Garrell avrebbe offerto in dono il cuore della ragazza alla sua amata. L'osservò, poi vi adagiò Alexandra. Le unì le gambe e le avvicinò le braccia al corpo stringendole con delle cinghie robuste affinché non si muovesse. La ragazza non ebbe nessun tipo di reazione. Garrell con estrema calma strisciò la mano sul bordo di cemento, fermandosi su una protuberanza insolita che sporgeva da esso. Senza esitare la premette. Un meccanismo al suo interno scattò, portando alla luce un pugnale splendente. Ora tutto era pronto. Doveva solo comunicarlo a Cassandra. Espanse la mente, perforando il sottile foglio spaziotemporale che lo separava dall’amata. “Cassandra”. Un suono pulsò attraverso l’ignoto. Gli occhi del donna balenarono nel cielo, attraverso la tempesta di fulmini che si stava abbattendo sulla cattedrale. “Garrell, sei tu?” “Sì amore! Ho trovato il cuore!” “Finalmente” sospirò Cassandra. “Il tempo dell’esilio è finito. Preparati, la ragazza è qui, dinanzi a me”. Cassandra si commosse “Grazie, mio amato”. Sotto la pioggia martellante e il vento furioso si lanciò dalla croce di granito sulla terrazza principale della cattedrale. L’impatto fu devastante. Frantumò il cemento. Il rosone che adornava la volta, esplose. Le mille schegge di vetro, investite dalla luce dei fulmini, rifulsero, illuminando il volto glaciale di Cassandra. Rapida, si tuffò attraversò la decorazione squarciata, atterrando come un uragano tra i banchi di legno, frantumandoli. Si ritrovò in piedi, al centro della navata. Questa volta non era sola. Al suo fianco, un mastodontico lupo si materializzò dal nulla. Grigio come il fumo, possedeva occhi bianchi, come la neve. “Silver” sibilò Cassandra “caro compagno, il mio tempo è giunto, dobbiamo salutarci. Sei stato la mia forza, colui che mi ha sostenuto in questi anni d’esilio, senza di te forse sarei impazzita” con la mano accarezzò il pelo morbido dell’animale. Il lupo la osservò, guaì, come se avesse compreso. Insieme percorsero il corridoio che portava all’altare. Salì i tre gradini di marmo e si avvicinò all'ara. Prima di dare inizio al rituale, si abbassò, prese tra le mani il muso del grosso lupo. “Addio Silver, sei stato il miglior amico che potessi mai avere. Spero di rincontrarti un giorno”. Detto questo si sdraiò sulla lastra gelida, osservando il soffitto decorato della navata. Mille pensieri le attraversarono la mente, ma in un attimo si dissolsero, tutti, tranne uno. Con delicatezza si slacciò il corpetto in pelle, rivelando la profonda cicatrice tra i due seni. La sfiorò con le dita, ritornando al quel giorno maledetto. “Avrò la mia vendetta” mormorò. Chiudendo gli occhi comunicò con l'amato. “Sono pronta”. Garrell sussultò. Il momento tanto atteso era giunto. Le mani sudate sopra la testa stringevano il pugnale. La lama emanava un bagliore sinistro. La tensione era alta, il tremore delle braccia lo metteva in evidenza. Il passaggio dalla notte di Halloween a quella di ogni santi fu un attimo. Lo stiletto sibilò nell’aria, penetrando nel candido petto di Alexandra. La ragazza emise un urlo agghiacciante, che si espanse tra le mura della cripta. I tendini del suo corpo si contrassero, gli occhi strabuzzarono dalle orbite, in fine la fiamma della vita si spense. Nello stesso istante la cripta sussultò, scossa da una forza infernale. Il pentacolo gettò fasci di luce cremisi in tutta la stanza, in fine si spense. Tutto accadde così rapidamente, che nemmeno Garrell si accorse della figura apparsa al suo fianco. Stava dritta, i piedi puntellati saldamente al terreno. Il corpo esalava fumo, come se stesse evaporando acqua. Lo sguardo, fisso in quello dell’amato, diffondeva un compiacimento indescrivibile. Cassandra serrò le mani al petto. Avvertì un suono dimenticato: il battito di un cuore. Garrell si avvicinò, stringendo a se il corpo di lei. Si scambiarono un bacio appassionato che li ripagò di tanta attesa. Solo allora la donna si rese conto delle lacrime che rigavano le guance. In quel preciso istante comprese di essere rinata a nuova vita... La camera richiedeva silenzio, ma l’unico suono irriverente era lo scoppiettare del camino. La fiammella, a stento animava le ombre della mobilia. Per fortuna che sulla scrivania era accesa la lampada al neon. Il fascio di luce illuminava l’uomo che vi era appoggiato, intento nel correggere i compiti di classe dei suoi alunni. La penna stilografica fluiva veloce, evidenziando gli errori commessi dai ragazzi. Stanco, appoggiò l'ultima verifica sopra il faldone delle altre. Si alzò, avvicinandosi al camino. Un sospiro d’insoddisfazione gli uscì dalla bocca. Le prove erano andate male, troppi errori di noncuranza. Si versò un bicchiere di whisky, quando una forza innaturale gli turbò la mente. Conosceva fin troppo bene quell'impulso. Rapido, si diresse lungo le scale, verso una camera sotterranea. Nervoso digitò il codice segreto sulla pulsantiera. La porta blindata scattò, aprendosi. Dinanzi a lui si materializzò una teca criogenica dove un cuore rosso vivo aveva ricominciato a battere. Patrov lo fissò atterrito. Era il cuore di Cassandra.