ANNO C - SCHEDA 4

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ANNO C - SCHEDA 4
LABORATORI
DELLA
FEDE
Giovani in cammino
verso Cristo
ANNO C
scheda 4 - 12/15 anni
Diocesi di Forlì-Bertinoro
Centro di Pastorale Giovanile
LE R
D EL L A G I O N I
AF
EDE
FEDE E IL MISTERO DEL DOLORE
ASCOLTA LA PAROLA DI DIO
Dalla lettera di S. Paolo Ai Romani ( 8,35.37-39)
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione,
l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la
spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, per
virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che
né morte né vita, né angeli né principati, né presente né
avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra
creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù
Nostro Signore.
PENSIERI E PAROLE
“Il mio compito è di amare la sofferenza di tutti quelli che
vengono attorno al mio letto e mi danno o mi domandano
l’aiuto di una preghiera”. “Sto vivendo la semplicità, cioè
lo spogliamento dell’anima: è così bella! Si diventa molto
leggeri e liberi”. “Dio ci dà il suo pane attraverso gli altri:
ho provato. Ed è nella sofferenza che si accende in noi la luce
di Cristo che ci sostiene: quando soffriamo ci volgiamo tutti
al bene”.
Benedetta Bianchi Porro
“Se accetti la sofferenza e la offri a Dio, ti dara’ gioia.”
“La sofferenza è come il rintocco della campana che chiama la sposa
di Dio alla preghiera.Signore, ti ho trovato nella terribile grandezza
della sofferenza degli altri. Ti ho visto nella sublime accettazione e
nell’inspiegabile gioia di coloro la cui vita è tormentata dal dolore.
Madre Teresa di Calcutta
“Per quanto possiamo cadere, mai potremo precipitare al di sotto
delle braccia di Dio.”
William Penn
“Una parola ci libera di tutto il peso e il dolore della vita: quella
parola è amore.”
Sofocle
“Sapere è soffrire, e soffrire dà sapere.”
Eschilo
TESTIMONI DELLA VITA
Incontra Tony Golfarelli (cel. 338.7492903), che da alcuni
anni, a causa della sclerosi multipla, vive la sua vita in
pienezza, su una sedia a rotelle.
... E LA RIFLESSIONE DELLA CHIESA
“Tutta la vita è costellata di domande di significato (...). Si
fanno acute quando siamo davanti a sconfitte o a delusioni
inevitabili, di fronte alla malattia o alla morte (...). Nelle
giornate di fatica e di gioia ci sostiene la certezza che tutte
le nostre cadute e i nostri piccoli fallimenti potranno essere vinti e recuperati e che i nostri buoni risultati saranno
confermati per sempre. Noi speriamo che anche la morte
possa essere vinta e diventi il luogo della nostra pienezza
di vita (...). Grande miracolo è la risurrezione, ma questa
- come tutti gli altri miracoli di Gesù, che la precedono e la
prefigurano - non significa che la croce è tolta, o che Dio
abbia abbandonato il rischio e la debolezza della croce, la
cui accoglienza è il passaggio obbligato alla speranza. (...)
In ogni caso una vita cristina senza fede e speranza nella
risurrezione non è più conforme alla fede delle origini (...).
Chi si illude di poter fare a meno della risurrezione di Gesù
rifiuta di prendere sul serio la speranza più grande che esso
apre all’esistenza dell’uomo (...). La speranza che la risurrezione di Gesù dischiude all’uomo è del tutto religiosa.
Dio è fedele ed è il Vivente: ha creato tutto per la vita, non
per la morte (...). Di questa fedeltà di Dio, la risurrezione
di Gesù è segno sicuro”.
(dal catechismo CEI per i giovani: “Venite e vedrete”, pp.
15.35.67.166-167.171)
INTERROGATI...
- Perché c’è il dolore?
- Il dolore può avere un senso?
- Che cos’è la morte?
- Può avere un senso la morte?
- Che senso hanno il dolore e la morte di Gesù?
- Che legame esiste tra la croce e la risurrezione di Gesù?
- Come si conciliano l’onnipotenza di Dio, il dolore e
la morte? (negli approfondimenti trovi un paragrafo
dedicato)
LA GIOIA NEL DOLORE: BENEDETTA BIANCHI PORRO
“Per il suo lungo cammino di sofferenza, Benedetta Bianchi Porro ha vissuto un’esperienza che l’ha portata a capire la vera e autentica
concezione umanistica dell’uomo. Infatti, per lei il dolore non è un fatto negativo o un assurdo, come crede gran parte della cultura di oggi,
ma è qualcosa che appartiene alla vita e soprattutto qualcosa che fa capire di più noi stessi e ci aiuta ad aprirci a Dio, al Dio cristiano
dell’amore”. Così il Cardinale Camillo Ruini ha definito la giovane venerabile Bianchi Porro durante la Messa alla chiesa della Badia di
Dovadola il 25 gennaio 2010.
Benedetta nasce l’8 agosto 1936 a Dovadola. Nonostante già da bambina avesse problemi fisici evidenti dovuti alla poliomelite, esclamava
ad 8 anni : “Che bello vivere!!”. Sogna un matrimonio felice, ma i ragazzi che la corteggiano fuggono appena la vedono camminare. Inizia
ad avere i primi disturbi che le prefigurano la grande malattia che la affliggerà, ma con tenacia li passa tutti. Uno di questi è la sordità,
che peggiora, ma non le impedisce di iscriversi alla Facoltà di Medicina a soli 17 anni. Frequenta anche l’Istituto per Sordomuti, che le
permette di capire il labiale; all’esame di anatomia il professore, accortosi della sua sordità, getta il libretto contro la porta esclamando: “Ah!
Figuriamoci! Chi ha mai visto un medico sordo!?”; è l’ennesima umiliazione che è costretta a subire. A 21 anni inizia a perdere gradualmente
la vista; durante un’operazione all’orecchio le recidono il nervo facciale e metà faccia rimane paralizzata. Ma Benedetta si dimentica sempre
di sé e vive preoccupandosi degli altri: inizia così il suo canto d’amore in mezzo al dolore. Un’operazione al midollo la costringerà al letto;
perde man mano il gusto, il tatto, l’odorato. Tutto le viene tolto, tutto ritrova in Dio: è questo il miracolo di Benedetta. Nel deserto silenzioso
della sua malattia, Benedetta è felice! Nel ’58 scrive: “Io penso che cosa meravigliosa è la vita. Io credo all’amore disceso dal cielo e alla
sua Croce gloriosa. Si, io credo all’amore”. La vita di Benedetta continua così, tra mille sofferenze, ma lei ogni giorno che passa acquista
sempre più serenità e gioia, tant’è che molti vanno da lei per trovare gioia e consolazione. Il giorno della sua morte chiama sua madre e le
dice: “Mamma, mettiti in ginocchio e ringrazia Dio per me per tutto quello che mi ha dato”.
Il percorso di questa vita di sofferenze - documentata da diari, lettere e testimonianze raccolte da parenti e amici è un esempio di come si
possa amare Dio e l’uomo, vivendo giornate “eternamente lunghe e buie”, ma “pur dolci di un’attesa infinitamente più grande del dolore”.
La vita di Benedetta appare come una sorprendente festa della luce. Non perché evidentemente manchino nella sua esperienza quotidiana
momenti di buio e di paura, ma perché la sua continua crescita nella fede le ha sempre aperto il cuore allo stupore per le meraviglie di Dio,
nel mondo e nella sua stessa vita, anche quando guardate dall’abisso della malattia e della notte interiore. Questo è il segno profondo della
santità di Benedetta: non solo aver sopportato pazientemente la sua croce, ma averla abbracciata con amore, lasciandosi trasfigurare dalla
carità di Cristo.
iMMAGINI E MUSICA
“TUCK EVERLASTING - VIVERE PER
SEMPRE”
“IL GIORNO DI DOLORE CHE UNO HA” ligabue
SUL SITO www.pigifo.it nella sezione LABORATORI
DELLA FEDE trovi questa scheda (ANNO C- SCHEDA
4- 12/15) più gli approfondimenti relativi (commenti al
film, altre domande per le attività, testi delle canzoni,
ecc.) nella scheda ANNO C- SCHEDA 4- 12/15 APPROFONDIMENTI, anch’essa scaricabile!
METTITI IN GIOCO!
I MIEI DOLORI... E QUELLI DEGLI ALTRI
Obiettivo della prima fase dell’attività è raccogliere e condividere nel gruppo quante più testimonianze o pareri i ragazzi hanno del dolore,
realizzando così una specie di “graduatoria” dei vari tipi di dolori. Probabilmente, come prima analisi, i ragazzi penseranno soprattutto al
dolore fisico. È possibile preparare un foglio dove ogni ragazzo potrà scrivere la propria “scaletta” dei dolori, in ordine di intensità. Fatto ciò
l’educatore avvierà il confronto e il dialogo.
Nella seconda fase ci si confronterà con il dolore “degli altri”. L’educatore prepara vari collage di foto di giornali, riviste, titoli che riprendono
situazioni difficili di disagio o dolore (uno per ogni gruppo).
Ogni gruppo analizzerà le situazioni proposte dal proprio collage, cercando di individuare le cause e le possibili soluzioni. Tornando in
plenaria, si mettono insieme le varie ipotesi; spetterà all’educatore giudare la discussione per giungere alla domanda “qual è la causa del
male?”. Dopo la discussione, si confrontano le idee emerse con alcuni stralci del testo di Giovanni Paolo II “La divina provvidenza e la
presenza del male e della sofferenza nel mondo” (udienza generale del 4 giugno 1986), che trovi negli approfondimenti.
IL DOLORE DI GESùU’
L’educatore presenta ai ragazzi tutti i momenti della vita di Gesù contrassegnati dal dolore: la morte di Lazzaro, il tradimento di Giuda, la
cattura nell’orto degli Ulivi, la condanna nel Sinedrio e davanti a Pilato, la flagellazione e l’umiliazione alla colonna, il cammino della Croce
con le cadute, la crocifissione, la passione e la morte.
Si divide il gruppo in vari sottogruppi e a ciascuno vengono assegnati 3 brani di Vangelo, nei quali evidenziare le frasi che mettono in
luce la sofferenza di Gesù e l’atteggiamento con cui affronta il dolore. Si torna poi in plenaria per confrontarsi sul lavoro di ogni gruppo;
all’educatore spetterà il compito di fare sintesi per imparare come affrontare il dolore dall’esempio di Gesù. L’educatore si farà aiutare dalle
parole di Michel Quoist dell’articolo “Lottare contro la sofferenza”, che si può anche leggere insieme (nella sezione Laboratori della Fede
anno c trovi l’articolo intero): “Non è la sofferenza di Gesù Cristo che ha salvato il mondo, ma l’amore col quale ha portato ed offerto questa
sofferenza, come non è il legno morto che illumina e riscalda, ma il fuoco che consuma il legno. Solo l’amore genera la vita.”
LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO
Qual è il nostro atteggiamento nei confronti del dolore dell’altro? Per approfondire questa tematica si può predisporre un’attività teatrale,
dividendo il gruppo in più sottogruppi. Ad ogni sottogruppo si assegna una situazione di sofferenza che verrà impersonata da uno del
sottogruppo (es. un malato, un mendicante, ecc.); gli altri del sottogruppo dovranno ciascuno rappresentare un modo diverso di rapportarsi
con questa sofferenza (atteggiamento + scelta di una frase).
Ogni gruppo rappresenta la propria scena, mentre l’educatore registra i vari possibili atteggiamenti.
Dopo questa fase si introduce la parabola del Buon Samaritano e la si mette in dialogo con alcuni brani della Salvifici Doloris di Giovanni
Paolo II (vedi scheda approfondimenti) per mettere in evidenza come il cristiano sia chiamato ad agire per alleviare (per quanto possibile) le
situazioni di sofferenza dei fratelli.