Nella Sofferenza Non Siamo Soli!
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Nella Sofferenza Non Siamo Soli!
Periodico dell’Esercito della Salvezza Anno LIII Numero 761 Ottobre 2014 editoriale Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 2 - DCB - Roma Vale la pena soffrire! Lo prendiamo per scontato che la sofferenza sia un male, da evitare a tutti i costi. E’ naturale: la sofferenza facilmente rende la vita un inferno, come nel caso di Giobbe, un uomo giusto colpito dalla sfortuna, la rovina e la malattia. Ma il discorso non si chiude qui. C’è pure gente che sceglie di soffrire, per solidarietà con coloro che soffrono: basta pensare a Madre Teresa. Ci sono altri che accettano il rischio di soffrire per una nobile causa o ideale che fornisce direzione, scopo e struttura alla loro vita. C’è da domandarsi, infatti, quale valore abbia la vita se non abbiamo qualcosa per la quale vale la pena soffrire! Dietro l’idealismo appassionato di chi si batte e soffre per una causa giusta e nobile, c’è il precedente di un Dio che rinuncia ad ogni pretesa d’impassibilità. Dal primo momento della creazione, infatti, il Creatore sceglie di rendersi vulnerabile, rischiando il rifiuto delle sue creature, e infine indossa la nostra carne e sangue per scendere sulla terra nella persona di Gesù, e prendere sulle proprie spalle le sofferenze del mondo intero al Calvario, dove il Figlio soffre la separazione dal Padre e il Padre subisce la perdita del Figlio. Come cristiani, siamo chiamati a soffrire per il vangelo. Siamo chiamati a combattere per la giustizia nel mondo, eppure rimanere vulnerabili, lasciando che le sofferenze del mondo lacerino i nostri cuori. Ecco una causa per la quale vale la pena soffrire! “A voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere...” (Filippesi 1:29-30). David Cavanagh, maggiore Segretario Generale Nella Sofferenza Non Siamo Soli! “Impara a parcheggiare pezzo di stupida!” Joyce Carol Oates autrice di “The Widow’s Story”, trova questo brutto messaggio sul parabrezza della sua automobile nel parcheggio dell’ospedale, dove l’aveva lasciata in fretta e furia dopo una corsa frenetica per raggiungere il capezzale del marito morente. Per un istante si rese conto che nella sua sofferenza e nel suo dolore, non le sarebbe concesso nessun diritto di scavalcare i confini altrui, specialmente di quelli che non sapevano nulla di lei! C’è un detto “ridi e tutto il mondo riderà con te, piangi e piangerai da solo”. Tutti noi, istintivamente, desideriamo vivere una vita più piacevole possibile: agiatezza, sicurezza, piacere e divertimento sono le esperienze comuni che condividiamo come esseri umani. Ma quando si tratta di dolore, ognuno di noi lo tiene nascosto e intimo, esitando a parlarne con altre persone temendo che non capiscano o non riescono ad affrontarlo. Poi quando l’amarezza, la rabbia e la confusione avanzano furtivamente abbiamo ragione di non essere di buona compagnia e diventiamo ancora più isolati. Recentemente ho letto di una madre la cui unica figlia soffriva di cancro. Al fine di apparire forte di fronte a sua figlia e suo marito, non piangeva mai davanti a loro. Una mattina in particolare, nella sala d’attesa dell’ospedale, mentre sua figlia aveva un’altra seduta di radioterapia, la donna iniziò ad aprirsi con l’unica persona nella sala, che non aveva nessuno con cui piangere. In quel meraviglioso momento quell’uomo, la cui moglie aveva un cancro terminale, pianse insieme a lei. Quanti di noi si sentono soli nella propria sofferenza e dolore, credendo di essere forti, senza osare oltrepassare i confini degli altri, specialmente di coloro che non sanno nulla di noi? Pensiamo che il coraggio proteggerà noi e gli altri dalla dura realtà che la vita non è sempre comoda, sicura e piacevole. Nel libro “A grace disguised”, Gerald Sittser, riflettendo sulla perdita di sua madre, la moglie e la figlia in un incidente stradale, scrive che ha imparato nella sua sofferenza che “la via più veloce per raggiungere il sole e la luce del giorno non è quello di correre ad ovest inseguendoli, ma di dirigersi verso est nel buio fino a quando finalmente raggiungiamo il sole”. Affrontare a testa alta la sofferenza con onestà, senza alcuna illusione è quello che Gesù ha fatto. Nessun rifiuto, nessuna minimizzazione, niente di nascosto alla vista. La sua morte pubblica e sgradevole sulla croce dimostra che ci ha preceduto nel dolore e nella sofferenza profond come nessun altro essere umano può e che non siamo mai soli quando li affrontiamo. Nel nostro dolore Gesù è con noi; non abbiamo bisogno di far finta che stiamo “bene, grazie!” e il sorprendente dono della speranza è rinato quando scopriamo che la sua morte non è l’ultima parola e una nuova vita ci attende attraverso la sua resurrezione. “Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me” (Salmo 23:4). Elaine Cavanagh, maggiore Ottobre 2014 Vita spirituale Troppo assurdo per essere vero? Non so se anche a voi è mai successo di ascoltare il racconto di una storia realmente vissuta da qualcuno, qualcosa di difficile e doloroso a tal punto che, nell’ascoltarla, non riuscite a pensare che possa essere realmente accaduta, un pò come se fosse in realtà la trama di un film e non l’esperienza di qualcuno. Fino a qualche tempo fa questo mi accadeva spesso, mi venivano raccontate storie di vittime di violenza, storie di gravi disagi giovanili, storie di enormi difficoltà finanziarie, ecc.. e nella mia mente scattava qualcosa che mi portava ad immaginare questi scenari terribili, ma in realtà impossibili da poter essere veri. Avendo una fervida immaginazione e una grande passione per il cinema, ogni storia diventava vivida nella mente, ricreando scenari e sensazioni fino al momento in cui dicevo a me stessa: “non è possibile!”. Come può essere vera tanta cattiveria, come possono degli esseri umani trattare qualcuno in tale modo? Allora, forse, questo è stato, per un tempo, un modo inconscio per evitare di soffrire troppo per le storie che ascoltavo, un modo per non lasciarmi coinvolgere troppo dalle sofferenze degli altri. Ma qualcosa ora è cambiato, il Signore mi sta man mano insegnando che se non riesco a percepire, come esperienze reali, quello che tante persone vivono, allora non potrò mai veramente fare qualcosa per loro! Avvenimenti salutisti Nella settimana di Pasqua, nel mio Corpo c’è stata una serata di sensibilizzazione sul tema del Traffico Umano e per l’occasione abbiamo invitato altre chiese, associazioni, e chiunque avesse avuto voglia di conoscere meglio questa piaga mondiale, la relatrice per la serata è stata la Coordinatrice Anti-Traffico umano del Comando Italia e Grecia, e verso la conclusione ha sfidato i presenti a pensare che anche se una sola persona non può cambiare tutto il mondo, possiamo iniziare a cambiare il mondo di una persona alla volta! Nuovamente Dio ha parlato al mio cuore e ho iniziato a pensare agli insegnamenti che troviamo nella Bibbia: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me” (Matteo 25:40) come una sfida personale, mentre il ben conosciuto passo di Isaia 58:6: “Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo?” come l’invito di Dio sia per il Corpo, ma soprattutto per la comunità che ci circonda e per la rete di lavoro che speriamo di creare. Per quanto inimmaginabile possa essere certe volte, la crudeltà con cui tanti esseri umani oggi riducono uomini, donne e bambini in schiavitù, questa è reale. Ho il privilegio di vivere in un paese libero, ho una famiglia che mi ama e sono circondata da persone che si prendono cura di me, e questo significa che non posso sapere che cosa prova qualcuno che ha perso ogni diritto sulla propria vita, allora cosa posso fare? Cosa può fare ciascuno di noi? Con tutte le forze dobbiamo far si che la realtà venga alla luce, affinché diventi tangibile per le persone che ci circondano, perché quando un qualcosa di sconvolgente passa da inimmaginabile a reale allora non si può restare a guardare, bisogna agire! I will fight! Valentina Castaldo-Capuano, tenente Tratto da Revive (Luglio-Settembre 2014) Benvenuto e Insediamento dei Tenenti Colonnelli Massimo e Anne-Florence Tursi Domenica 14 Settembre 2014 è stato un giorno storico per l’Esercito della Salvezza in Italia e Grecia. Ritornati dopo 3 anni di servizio nel Territorio Svizzera, Austria e Ungheria, i tenenti colonnelli Massimo e Anne-Florence Tursi hanno ricevuto un benvenuto caloroso da parte degli ufficiali, compagni e amici venuti dai vari punti dell’Italia e la Grecia, e riuniti nella sala piena del Corpo di Roma. La giornata è iniziata con un culto alla quale ha partecipato la nuova Fanfara del Comando, alla sua prima apparizione ufficiale. La Ottobre 2014 Maggiore Elaine Cavanagh (SNMF) ha guidato la riunione, caratterizzata dalla gioiosa partecipazione dei presenti. La Commissaria Marie Willermark, Capo Territoriale dell’Esercito della Salvezza per la Svezia e la Lettonia e ospite speciale della giornata, ha esortato i presenti ad uscire per annunciare il vangelo in termini comprensibili alla gente di oggi. Nel pomeriggio la riunione di benvenuto, sotto la guida del Segretario Generale, Maggiore David Cavanagh, ha incluso un saluto della tenente colonnella Anne-Florence Tursi e in seguito un momento di dedicazione e consacrazione presieduto dalla Commissaria Willermark. Il messaggio del colonnello Tursi ha poi invitato tutti a prendere un pezzo di un puzzle creato ad hoc da alcuni residenti del centro sociale, che simboleggiava la nostra missione, come segno della volontà di consacraci e partecipare alla missione del Comando. Che Dio benedica abbondantemente i nostri nuovi leader, tenenti colonnelli Tursi. Estelle Blake, maggiore Per riflettere Perché soffriamo? Perché proprio a me? Perché ora? Che cosa fa Dio? Abbiamo sentito dire da qualcuno queste domande oppure noi stessi le abbiamo pronunciate? E’ vero che la sofferenza non è di per sé una virtù, né è un segno di santità, né un mezzo per ottenere dei favori da Dio, e quando è possibile, è da evitare. Cristo evitava la sofferenza a meno che ciò non significasse essere in contrasto e disobbedire alla volontà del Padre. E’ necessario però comprendere che a volte la sofferenza può essere uno strumento che Dio usa per avere la nostra attenzione e per realizzare i suoi scopi nella nostra vita. È stata intesa per costruire la nostra fiducia nell’Onnipotente, ma richiede la risposta giusta se si vuole avere successo nella realizzazione degli scopi di Dio. La sofferenza ci impone a non mettere la fiducia nelle nostre proprie risorse ma a vivere per fede in quelle di Dio. Il libro dell’Ecclesiaste dice: “Nel giorno della prosperità godi del bene, e nel giorno Testimonianza Un’estate benedetta Per tre domeniche questa estate, ho avuto il privilegio di condivere il culto con i compagni del Corpo di Torre Pellice. Era tutto molto diverso rispetto a Napoli, la mia comunità di appartenenza, eppure familiare. Mi ha benedetta rivedere persone che incontro una volta all’anno, ma ciò che continua a tornarmi alla mente non è tanto una persona quanto una cosa che ho visto e che ha scatenato in me una serie di riflessioni. Si tratta di una vecchia valigetta, foderata all’interno con una carta ormai rovinata con un disegno di rose, con una tracolla, chiaramente molto usata. Sui due lati esterni ha una placca di plastica sulla quale sono disegnate una Bibbia e una mano tesa con una scritta “Prendete la Parola di Dio”. Avevo visto questa valigetta nel DVD “Salvati per Servire” pubblicato qualche anno fa dall’Esercito della Salvezza e ho chiesto espressamente al proprietario, Vito Liotino, di Torre Pellice, di mostrarmela. Mi sono emozionata quando l’ha aperta, tirando fuori da essa una vecchia Bibbia. Ricordo che nel DVD, quando Vito viene inquadrato con la valigetta, dice: “Qui dentro c’è una bomba!”. A Bobbio, quel pomeriggio, gli ho ricordato questa affermazione e Vito ha aggiunto: “Sì, la Parola di Dio è una bomba perché quando entra nel cuore porta una rivoluzione, sconvolge tutto, ti apre il mondo, ti cambia per sempre! La Parola di dell’avversità rifletti. Dio ha fatto l’uno come l’altro, affinché l’uomo non scopra nulla di ciò che sarà dopo di lui (7:14). E’ nel giorno dell’avversità che probabilmente soffriamo di più e allora è bene domandarsi come stiamo rispondendo alla sofferenza; se abbiamo imparato qualche lezione da essa. Dalla nostra risposta si dimostra la fede che abbiamo riposto in Dio. La strada che Dio ha messo nel percorso di vita la dobbiamo considerare con attenzione. E’ vero che la sofferenza è tutto ciò che ci fa male o ci irrita, ma nel disegno di Dio è anche qualcosa che ci fa pensare. Potrebbe essere la malattia o la perdita di qualcuno a noi caro. Potrebbe essere un fallimento personale o la delusione nel nostro lavoro; potrebbe essere una voce che sta circolando su di noi che danneggia la nostra reputazione, arrecandoci il dolore e l’ansia. Dobbiamo sempre ricordare che la sofferenza è inevitabile. La domanda che dob- biamo affrontare non è “se” avremo delle sofferenze nella vita, ma come risponderemo ad esse. La Bibbia in questo viene in nostro aiuto, e Dio promette che “Anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio affidino le anime loro al fedele Creatore” (1 Pietro 4:19); affinché “Nessuno si lasci turbare in queste tribolazioni” (1 Tessalonicesi 3:3). La sofferenza è una lotta e sarà una battaglia fino alla fine dei nostri giorni. Ecco perché si chiama “prova” ma è una prova che ci permette di sperimentare la pace e la gioia interiori e gestire con serenità la nostra sofferenza, per essere in grado di guardare avanti con fede nelle verità e nelle promesse eterne di Dio. “Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente” (1 Pietro 5:10). Dio ti mette allo specchio: ti fa vedere come sei veramente, le cose che non vanno e ti invita al cambiamento”. Ci si può emozionare per una valigetta scassata o per un libro consunto? La mia risposta è “sì”. Sì, se andiamo oltre l’apparenza e pensiamo a chi quella valigetta l’ha portata a tracolla per anni, in strada, in ogni situazione, per evangelizzare, per passare questa “bomba” a chiunque volesse ascoltare e al cambiamento che questa “bomba” ha prodotto nelle vite di tante e tante persone. Sì, se si pensa alla consacrazione di chi ci ha preceduti, ai cambiamenti radicali, alle rinunce che i nostri predecessori hanno fatto perché la buona notizia del vangelo arrivasse a noi, a me. Sì, se a guardare questa valigetta malmessa aumenta in me il desiderio di fare di più e meglio, di accelerare, di raggiungere altre persone, di fare onore, con il mio servizio, al mio “datore di lavoro”, il Signore, e anche a coloro che prima di me si sono dati senza riserve. Spero che questa valigetta, ma soprattutto il suo contenuto, questa bomba che molte volte abbiamo in casa, magari in qualche angolo polveroso delle nostre librerie, continui a sfidarci. Spero che, se non l’avete già fatto, vi aggiungiate a quella schiera di testimoni coraggiosi che hanno condiviso la noti- zia sconvolgente ed entusiasmante del vangelo, che hanno sfruttato ogni occasione, favorevole e sfavorevole (II Timoteo 4:2) per mettere le persone allo specchio, per “innescare” il cambiamento. Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. (Ebrei 12:1-2a) Virginia Longo, maggiore Ilaria Castaldo, tenente ausiliaria Ottobre 2014 Recensione The Grace Card - Ogni sofferenza può essere guarita dalla Grazia <<“Ubuntu” è una parola africana che, tradotta letteralmente, significa “famiglia” e il messaggio che trasmette è che il nostro Signore ci ha creati gli uni per gli altri…>> Sono queste le parole di apertura del film di cui parleremo! E’ passato ormai molto tempo da quando abbiamo recensito l’ultimo film con produzione cristiana e crediamo sia venuto il momento di presentarvi “The Grace Card” un film del 2010, nel quale David G. Evans dirige la storia straziante di un ufficiale di polizia Mac McDonald (Michael Joiner) la cui vita sembra non avere più senso da quando ha perso il figlio Tayler in un incidente. Il dolore è straziante, l’uomo prova rancore verso la sua famiglia ed è in collera con Dio. Ma, l’amicizia con il Sergente, e Pastore, Sam Wright (Michael Higgenbottom) ed un evento inaspettato, cambieranno la sua visione del mondo, dimostrando che anche le ferite più profonde possono guarire; che a tutti è concesso ricevere la Grazia di Dio e che solo essa può permetterci di cambiare e di arrivare al vero perdono. The Grace Card è una pellicola di discreta fattura lontana anni luce dalla scarsa qualità di altri film cristiani che hanno come unico punto di forza l’ottimo messaggio che riescono a trasmettere, anche se in alcune scene si ha la sensazione che parli troppo in “cristianese”, ma a dare una mano vi è la buona interpretazione di Louis Gossett Jr, attore di rilievo e vincitore del premio Oscar come attore non protagonista in “Ufficiale Gentiluomo”, che in questa pellicola interpreta il nonno di Sam, credente dalla grande maturità spirituale. “Perché Dio permette che questo accada…” è il grido disperato di questo padre che non comprende ciò che sta vivendo la sua famiglia, quante volte sentiamo dire, queste stesse parole, dalle persone che ci circondano? Quest’idea impedisce a molti di credere in Dio, ma la grande dimostrazione del Suo amore è anche nella libertà che Lui lascia ad ogni essere umano di fare le proprie scelte. Da un lato l’uomo vuole essere libero, ma Salmo 55 – Su le ali e una preghiera Molto tempo prima che Aled Jones raggiungesse la fama con la sua versione di “Camminando nell’aria”, il giovane corista Ernest Lough aveva intonato le sublimi note dell’inno di Mendelssohn “Oh! Che io possa volare là come colomba” con il coro della Temple Church di Londra. La sua uscita nel 1927 fece scalpore, e nel 1962 la sua continua popolarità lo ha fatto diventare il primo singolo classico che ha venduto un milione di copie nella storia discografica. Il titolo dell’assolo di Ernest: “Oh! Che io possa volare là come colomba” è basato sui versetti del Salmo 55: “Oh, avessi ali come di colomba, per volare via e trovare riposo! Ecco, fuggirei lontano, andrei ad abitare nel deserto; m’affretterei a ripararmi dal vento impetuoso e dalla tempesta” (Salmo 55:6-8). Lo scrittore del Salmo stava attraversando un momento difficile nella sua vita. Era impegnato a combattere una battaglia, la sua roccaforte era sotto assedio e sembrava che il nemico guadagnasse terreno. A peggiorare le cose, fu il tradimento di qualcuno che pensava fosse un suo amico leale. Nell’angoscia e nella paura, innalza questa sollecita preghiera: “Porgi orecchio alla mia preghiera, o Dio, non essere insensibile alla mia supplica. Dammi ascolto, e rispondimi; IL GRIDO DI GUERRA Organo ufficiale dell’Esercito della Salvezza Dir. Responsabile: ten. col. Daniel Naud Team editoriale: magg. V. Pavoni Longo, ten. F. Longo, Paolo Consentino Reg. Trib. N. 8143 del 26/06/1961 CCP n. 85651826 - IIBAN IT 67 S 02008 03284 000102712418 Stampato presso: Tip. Bellastampa srl Via Collatina, 41 - 00177 Roma Ottobre 2014 DICHIARAZIONE DI INTENTI Il Grido di Guerra - contro il male e l’ingiustizia - è l’organo ufficiale dell’Esercito della Salvezza. Esso è l’espressione del pensiero del nostro movimento. Pertanto, esso ha tre obiettivi principali: evangelizzazione, informazione sulle attività e l’Opera in Italia, informazione a livello internazionale. Questi obiettivi saranno conseguiti mediante la pubblicazione di brevi articoli attuali e rispondenti alla nostra cultura. dall’altro continua a incolpare Dio per ciò che di brutto accade nel mondo quando invece sono proprio le scelte sbagliate degli uomini a creare le situazioni che causano più sofferenza. Tuttavia ma non esiste sofferenza troppo grande che non possa essere guarita dalla Grazia di Dio e non vi è nessun errore troppo grave che possa escluderci dall’Amore del nostro Signore! “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio” (Efesini 2:8 ). Luigi Capuano, tenente GraceWorks Pictures – Provident Films mi lamento senza posa e gemo” (55:1-2). Ma poi fa quello che molti di noi fanno. Desidera fuggire da tutto questo: “ Oh, avessi ali come di colomba!”, nella speranza che le sue tribolazioni in un modo o nell’altro magicamente sparissero. Come affrontiamo la situazione quando il gioco si fa duro? Possiamo scegliere di ignorare delle situazioni spiacevoli nascondendo la nostra testa sotto la sabbia e sperando che se ne andranno via da sole. La cattiva notizia è che di solito non lo fanno! Ad un certo punto dobbiamo affrontare la realtà e trattare con loro. Mentre il Salmista riflette sulla bontà che Dio ha avuto verso di lui nel passato, le sue paure sono attenuate e la sua anima si è calmata. Il suo amico può averlo abbandonato, ma lui trova la pace nel sapere che Dio non lo farà mai. Possiamo accogliere il suo consiglio per i tempi difficili: “Getta sull’Eterno il tuo peso, ed egli ti sosterrà” (55:22). Dio non ci promette che i nostri problemi spariranno ma ci promette di darci la forza per superarli. (dal Grido inglese) ESERCITO DELLA SALVEZZA QUARTIERE GENERALE NAZIONALE Via degli Apuli, 39 - 00185 Roma Tel. 06.44740630 Fax 06.44740640 www.esercitodellasalvezza.org QUARTIERE GENERALE INTERNAZIONALE 101 Queen Victoria Street, London EC4P 4EP Fondatore: William Booth Generale: André Cox Capo del Comando, Italia e Grecia ten. colonnello Daniel Naud INDIRIZZI LOCALI Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana