Il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra, il

Transcript

Il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra, il
ARCI METROMONDO
Via Appennini 127, 20151 Milano - tel/fax 0289159168 - www.metromondo.it
[email protected] fb: Circolo Arci Metromondo
Il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra, il
MST compie trent’anni nel mese di gennaio 2014
La sua creazione fu formalizzata durante un incontro realizzato a Cascavel, in
Paraná, tra il 20 e il 23 gennaio del 1984, con la presenza di quasi ottanta
persone, provenienti da diverse parti del Paese. Tra loro c’era João Pedro
Stédile, che aveva cominciato a partecipare ad azioni in difesa della riforma
agraria attraverso la Commissione Pastorale della Terra (CPT), legata alla
Teologia della Liberazione. Nell’intervista qui sotto, Stédile analizza alcuni dei
principali cambiamenti avvenuti negli ultimi tre decenni e le prospettive del
movimento. Egli afferma che i sostenitori della riforma agraria sono una
minoranza nel governo della presidente Dilma Rousseff, che starebbe
privilegiando sempre di più l’agrobusiness. Nella sua valutazione si tratta di una
politica sbagliata visto che l’agrobusiness promuove la concentrazione delle
terre e “dà profitto ad alcuni ma condanna milioni alla povertà”.
All’interno:
Intervista a JOAO PEDRO STEDILE dirigente MST
“Il Brasile non sarà democratico se non sarà
democratizzata la terra” (J.P.Stedile)
Il MST è nato in una congiuntura molto diversa. Il Brasile era un paese più rurale e
l’agrobusiness era meno strutturato, la produzione di alimenti era precaria, gli indici di
povertà rurale e urbana erano più alti. Da allora ad oggi, l’agrobusiness è diventato altamente
competitivo, la produzione di alimenti è cresciuta e il Brasile è indicato come una potenza
mondiale. Ha senso continuare ad insistere sulla bandiera della riforma agraria?
La riforma agraria è all’ordine del giorno come necessità per la costruzione di una società
democratica e per lo sviluppo sociale. La terra è un bene della natura e tutti i brasiliani che vogliono
lavorare la terra hanno diritto a farlo. Non è giusto né democratico che la proprietà della terra sia
sempre più concentrata. Intorno all’1% dei proprietari controllano metà di tutte le terre. E ora, cosa
ancora peggiore, stanno consegnando la proprietà della terra a imprese straniere a danno delle
necessità del popolo. Il Brasile non sarà democratico se non verrà democratizzato l’accesso alla
terra perché le persone abbiano lavoro, reddito e dignità.
Nella sua valutazione, l’agrobusiness non contribuisce allo sviluppo del paese?
L’agrobusiness è un inganno. É un modello di produzione che interessa ai grandi fazenderos e alle
imprese transnazionali che controllano il commercio mondiale. Negl ultimi dieci anni abbiamo
avuto un’enorme concentrazione della proprietà della terra e della produzione agricola. Circa l’80%
delle terre sono utilizzate solo per soia, mais, canna, pascolo e eucaliptos. Tutto finalizzato
all’esportazione. E’ un modello che dà profitto ad alcuni ma condanna milioni di persone alla
povertà. Basta vedere il caso del Mato Grosso, considerato un modello: più dell’80% degli alimenti
consumati dal popolo di lì deve arrivare da altri stati. Ci sono 40 milioni di brasiliani che dipendono
dal programma Borsa Famiglia per mangiare e 18 milioni di lavoratori adulti che non sanno leggere.
Sono state chiuse 20.000 scuole nelle campagne e gli indici di povertà non sono diminuiti. Questa è
la conseguenza dell’agrobusiness.
La maggioranza della popolazione ha un’immagine favorevole dell’agrobusiness.
E’ possibile che lo appoggi, ingannata dalla continua propaganda. Le conseguenze perverse
dell’agrobusiness colpiscono però tutta la popolazione, poiché distrugge l’ambiente e altera il clima
anche nelle città e produce soltanto usando veleni. Questi veleni distruggono la biodiversità,
contaminano le acque e gli alimenti.
La capacità del MST di mobilitare persone e organizzare occupazioni di terre è diminuita. Il
Programma Borsa Famiglia è indicato come una delle principali cause di questo mutamento.
Un’altra causa sarebbe legata al mercato del lavoro, che è diventato più favorevole alla
manodopera meno qualificata, specialmente nel settore della costruzione civile. Concorda con
questa valutazione?
La diminuzione delle occupazioni si deve all’intreccio di diversi fattori. Dal lato del latifondo c’è
stata una valanga di capitali che si sono riversati nell’agricoltura attratti dai prezzi delle commodity,
che danno profitti elevati, fanno aumentare il prezzo delle terre e, in questo modo, bloccano la
riforma agraria. Dal lato dei lavoratori, i salari sono aumentati nelle città, il che ha rafforzato
l’esodo rurale. C’è un blocco della riforma anche nel settore Giudiziario e nel Congresso, che non
riesce neanche a stabilire una legge che proibisca il lavoro schiavo. E c’è l’inattività del governo
che ha abbandonato gli espropri. I lavoratori comprendono che gli espropri sono bloccati e
finiscono per scoraggiarsi vedendo i loro parenti stare per cinque, otto anni nelle baracche di
plastica nera, aspettando la terra, senza trovare soluzioni. Ma tutto questo è congiunturale.
Ritiene che questa situazione sia passeggera?
Si. Il problema della povertà delle campagne e del numero di lavoratori rurali senza terra non è stato
risolto. La ripresa della lotta con più forza è solo una questione di tempo.
La presidente Dilma Rousseff ha chiarito, dalla campagna elettorale in poi, che non ha come
obiettivo la creazione di nuovi insediamenti, come vorrebbe il MST. Il suo obiettivo è ridurre
la povertà elevando gli indici di produzione delle famiglie già insediate. Come valuta questa
posizione?
Il governo Dilma è egemonizzato dagli interessi dell’agrobusiness. I settori del governo che ancora
sostengono la riforma agraria sono minoritari. Lo stato brasiliano, per mezzo del Giudiziario, del
Congresso, delle leggi e dei media è controllato dalla borghesia che usa questi strumenti per
impedire la riforma. In questo governo, l’incompetenza e la cattiva volontà politica sono
impressionanti. Due anni fa, durante una riunione del Forum Sociale Mondiale a Porto Alegre, la
Presidente ci ha promesso che avrebbe messo al primo posto l’insediamento delle famiglie senza
terra nei progetti di irrigazione del nordest, che è il luogo dove vivono i più poveri, visto che ci sono
86.000 lotti liberi nei progetti esistenti, nei quali il governo avrebbe potuto insediare 86.000
famiglie. Ma nessuno prende provvedimenti.
Perché?
Perché nel bottino dei partiti, il Ministero dell’Integrazione è stato gestito a servizio delle oligarchie
nordestine
Come vede la situazione degli insediamenti già esistenti?
Affrontano molti problemi. Uno di questo è quello dell’abitazione. C’è un deficit di più di 150.000
case. E’ anche necessario ampliare i programmi di acquisto diretto degli alimenti e delle merende
scolastiche, una conquista ottenuta durante il governo Lula. C’è ancora mancanza di scuole in
ambiente rurale, perché il MEC continua ad incentivare i comuni a portare i bambini in città con
l’offerta di pulmini.
La presidente Dilma ha firmato un decreto che stabilisce che le risorse destinate agli
insediamenti siano trasferite direttamente alle famiglie invece di passare prima per le
cooperative, come succedeva in passato. Questo non indebolirà le cooperative e
l’organizzazione degli insediati? Pensa che la misura sia legata al fatto che alcuni dicevano
che il MST sopravviveva con i soldi trasferiti alle cooperative?
Questo è irrilevante. Le risorse del credito non sono mai passate attraverso cooperative e
associazioni. L’insediato ha sempre bisogno di fare il contratto direttamente in banca. Salvo i rari
casi di esistenza di cooperative di credito rurale.
Nello stesso momento in cui si verifica una diminuzione di azioni nelle campagne aumentano
le manifestazioni urbane e sorgono nuove organizzazioni. Come vede questo? Che cosa ha
pensato delle manifestazioni di giugno?
Ogni mobilitazione sociale in campo politico è molta positiva. E il luogo naturale perché il popolo
partecipi attivamente alla politica è la strada. E’ il luogo per manifestare, lottare e sostenere i propri
diritti e interessi. Abbiamo guardato le mobilitazione con simpatia e nella maggioranza delle città i
nostri militanti hanno partecipato. Hanno dato un segnale che abbiamo bisogno di cambiamenti.
Che tipo di cambiamenti?
Relativamente alle case, al trasporto pubblico, all’educazione, alla salute per tutti, alla riforma
agraria. Per fare i cambiamenti, tuttavia, abbiamo bisogno di una riforma politica che garantisca la
rappresentanza del popolo nell’amministrazione dello Stato. La politica è stata sequestrata dal
finanziamento privato delle campagne che lascia tutti gli eletti ostaggi dei loro finanziatori. Per
questo, noi dei movimenti sociali, riteniamo necessario lottare per una riforma politica che
democratizzi la forma di eleggere i rappresentanti.
E’ possibile fare la riforma con questo Congresso?
Chiaramente no. Di fronte a questo siamo collegati in una grande articolazione nazionale dei
movimenti popolari e delle entità della società per lottare per una costituente sovrana ed esclusiva,
convocata per promuovere la riforma politica. Durante tutto quest’anno organizzeremo dibattiti e
nella settimana del 7 di Settembre faremo un plebiscito popolare perché il popolo voti e dica se
vuole o no una assemblea costituente.