La riforma del Terzo Settore

Transcript

La riforma del Terzo Settore
Cooperativa Sociale a r.l.
Via Carlone, 2 - 20147 Milano
P. IVA 09261810155
Tel. +39 02 48370137
Fax +39 02 4125345
[email protected] - www.urbanacoop.it
Circolare n. 9 - 2016:
La legge delega per la riforma del
Terzo Settore
Gentili clienti,
con la legge delega n. 106 del 6 giugno 2016 [qui il testo completo] prende avvio un processo di riforma
giuridica del Terzo Settore, da molto tempo invocato, che potrebbe avere effetti significativi su tutto il
sistema nonprofit.
Intendiamo quindi fornirvi una presentazione del testo di delega, richiamando i principali approfondimenti
apparsi in queste settimane ed attenendoci, come di consueto, agli aspetti tecnici e pratici, per lasciare ad
altre sedi gli approfondimenti dottrinali, sebbene ci sia materia per farne, così come le analisi politiche.
Anzitutto, qualche riferimento web:
-
L’iter legislativo della riforma è stato seguito con grande attenzione dal collega Carlo Mazzini sul
suo blog quinonprofit: La riforma del terzo settore passo dopo passo;
-
Il modo per essere più aggiornati sul dibattito e gli approfondimenti in tema probabilmente è
seguire l’hashtagtwitter #3settoreRiforma;
-
Per chi non ha dimestichezza con i social network, la rete CSVNet ha una pagina con diversi
materiali interessanti.
Obiettivo principale della delega è uniformare il quadro normativo attraverso la creazione di un Codice del
Terzo Settore, una sorta di testo unico applicabile a tutte le realtà che operano in questo comparto
economico, agendo sul libro primo del codice civile. È possibile? Non è sicuro. Viene data infatti una
definizione di ente del Terzo Settore che semplicemente si aggiunge all’ordinamento, senza togliere o
modificare l’esistente. Quindi si pongono le basi per creare nuove strutture giuridiche che si
sovrapporranno a quelle esistenti.
Altro obiettivo fondamentale sembra essere quello di fornire uno stimolo al Terzo Settore, perché
l’incapacità dello Stato di sopperire ai problemi del sistema di welfare sembra comunque trovare sollievo
solo grazie all’iniziativa privata senza scopo di lucro. Anche qui, tuttavia, lo stimolo è ben poca cosa se si
considera il limite che la delega impone ai decreti attuativi di non apportare modifiche al sistema fiscale1.
Altro tema importante riguarda i tempi di attuazione della riforma, perché già da molto tempo capita di
sentire operatori del settore che la attendono da un momento all’altro, correndo in tal modo anche
qualche rischio. Si pensi ad un’associazione che vuole modificare il proprio statuto e, nell’incertezza di
doverlo poi cambiare nuovamente dopo la riforma, attende. Si dovrebbe avere un quadro chiaro della
riforma entro metà maggio 2017, ma chiariamo che i tempi massimi di completa attuazione sono di 2 anni,
oltre alla possibilità di apportare correttivi con le leggi di stabilità e senza considerare
-
1
che i decreti attuativi potrebbero prevedere tempi lunghi di adeguamento degli statuti degli enti;
Per la precisione il comma 6 dell’art. 1 precisa che “dall'attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica” potendosi tuttavia prevedere meccanismi di compensazione interni ai decreti stessi. Potrebbero
quindi verificarsi anche variazioni nella normativa fiscale.
-
che il parlamento potrebbe modificare la legge delega allungando i tempi di emanazione dei decreti
attuativi.
Ma vediamo in dettaglio l’impianto della norma:
Definizione di Terzo Settore
Il “complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche,
solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi
statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione
volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”.
Come accennato sopra, questa definizione non impedisce la creazione di associazioni o comitati che
agiscano per fini diversi da quelli tipici del Terzo Settore. L’art. 1 della Legge delega infatti chiarisce subito
che “non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni
professionali e di rappresentanza di categorie economiche”.
Ciò è perfettamente coerente con le definizioni dottrinali di “nonprofit”, anche se qui non viene posto
particolare accento sull’aspetto dell’autonomia. Altro elemento problematico appare la possibilità di
accesso alle agevolazioni per realtà molto piccole, come vedremo meglio in seguito.
Codice civile
L’art. 3 indica una serie di importanti ed attesi interventi sul libro primo del Codice Civile, nella parte in cui
si disciplinano Associazioni riconosciute e non, Fondazioni, Comitati e altri istituti privati. I decreti attuativi
dovranno, in particolare
-
rivedere e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica;
-
prevedere obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di
pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente [ad esempio mediante la
pubblicazione nel proprio sito internet];
-
disciplinare il regime di responsabilità limitata degli enti riconosciuti come persone giuridiche e la
responsabilità degli amministratori;
-
assoggettare alla disciplina delle società commerciali gli enti nei quali si esercita stabilmente e
prevalentemente attività d’impresa.
La norma contiene anche una disposizione atta a superare le difficoltà che tuttora permangono nelle
trasformazioni eterogenee [ovvero la possibilità che, ad esempio, una Associazione si trasformi in srl].
Apparentemente verranno rafforzate e non modernizzate le norme che definiscono la democraticità nella
struttura di un’associazione.
Codice del Terzo Settore
L’implementazione di una disciplina organica del nonprofit viene descritta all’art. 4. L’impianto dovrebbe
basarsi
-
Sull’individuazione delle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore
Ovvero: parliamo di organizzazioni senza scopo di lucro, ok, lo scopo ovviamente non è il lucro.
Quindi lo scopo qual è? Una o più fra le “attività di interesse generale“ individuate sulla base dei
settori di attività già previsti dal d.lgs. 460/97, [quelli delle Onlus] e dal d.lgs. 155/2006 [quelli delle
Imprese Sociali], ma con la possibilità di un “periodico aggiornamento” definito con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri. Inoltre i soggetti del Terzo Settore devono operare secondo
“modalità che prevedano le più ampie condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari”.
-
Sul divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e del
patrimonio dell’ente;
-
Sulla tenuta di contabilità separate per attività con scopi diversi e soprattutto per quelle
imprenditoriali, definendo vincoli in base ai quali l’attività d’impresa svolta dall’ente in forma non
prevalente e non stabile risulti finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali;
Saranno previste garanzie sul controllo interno, la pubblicità e la trasparenza dell’informazione agli
associati, ai lavoratori ed ai terzi. Per l’impiego di risorse pubbliche potrebbero essere dettate norme più
stringenti, tenendo conto della disciplina sulla responsabilità amministrativa, d.lgs. 231/2001, di cui
abbiamo scritto nella circolare n. 3/2016;
Per l’accesso agli appalti pubblici devono essere previste condizioni economiche non inferiori a quelle
previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative2.
Viene poi previsto un Registro unico nazionale del Terzo settore, e questa pare al momento la disposizione
di maggior portata in tutta la legge, perché attualmente i registri sono molto diversi, dipendono dalle
legislazioni speciali e sono gestiti ancora in modo non coerente fra diverse amministrazioni territoriali.
Il Registro, da istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sarà accessibile
telematicamente, obbligherà all’iscrizione gli enti del Terzo settore “che si avvalgano prevalentemente o
stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi
europei destinati al sostegno dell’economia sociale o che esercitano attività in regime di convenzione o di
accreditamento con enti pubblici o che intendono avvalersi delle agevolazioni” fiscali.
Qui vediamo, come anticipato, uno dei nodi critici della riforma. Il Terzo Settore è tipicamente il comparto
economico che consente alla società civile di rispondere a bisogni innovativi attraverso l’autoorganizzazione privata e volontaria. Le piccole realtà associative che svolgono attività non commerciale
devono poter continuare ad esistere, nell’impianto normativo, senza eccessivi oneri fiscali e burocratici. Su
questo punto però la legge delega è controversa e potrebbe avere un impatto negativo.
L’accessi ai registri dovrebbe comunque essere garantito alle piccole realtà tramite i Centri di Servizio per il
Volontariato, che si avviano tramite la riforma ad un significativo processo di ristrutturazione.
Altri soggetti delegati a consentire l’accesso al registro saranno le reti associative di secondo livello [per le
quali si prevede un accreditamento al Ministero del Lavoro], probabilmente in modo paragonabile a quanto
avviene oggi per le organizzazioni affiliate alle Associazioni di Promozione Sociale di livello nazionale o per
le Federazioni sportive con il CONI in merito all’associazionismo sportivo dilettantistico.
Impresa sociale
Uno dei punti più osannati nel tam tam mediatico della riforma riguarda l’Impresa Sociale, strana chimera
giuridica esistente da 10 anni ma che sostanzialmente mai ha preso piede [le imprese sociali iscritte nel
Registro Imprese, in tutta Italia, sono meno di 800 secondo l’ultima rilevazione ISNET].
I passaggi importanti dell’articolo 6 sono, a nostro avviso, ben pochi. Li trattiamo in ordine di importanza:
1. ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati tenendo conto delle nuove forme di
esclusione sociale, anche con riferimento ai principi di pari opportunità e non discriminazione di cui
alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea, prevedendo una graduazione dei benefìci
finalizzata a favorire le categorie maggiormente svantaggiate;
2
Ci si consenta qui una considerazione, perché la disposizione appare emblematica. Perché mai obbligare specificatamente gli enti
del Terzo Settore al rispetto dei CCNL per ottenere appalti pubblici? Non avrebbe più senso prevedere che questa disposizione
fosse rispettata per l’accesso agli appalti pubblici in generale, a prescindere dalla natura giuridica del soggetto che partecipa alla
gara?
L’Unione Europea ha una disciplina che individua categorie di soggetti svantaggiati nel mondo del
lavoro più ampia di quella prevista dalla L. 381/1991 per le Cooperative sociali. La norma
consentirebbe di aggiornare queste categorie in Italia, prevedendo ad esempio agevolazioni per
persone disoccupati di lunga data in prossimità dell’età pensionistica.
2. Acquisizione di diritto della qualifica di impresa sociale da parte delle cooperative sociali e dei
loro consorzi. Nel d.lgs. 155/2006 era prevista la possibilità delle cooperative sociali di richiedere
l’iscrizione ai registri dell’impresa sociale, a richiesta. Qui c’è una sostanziale imposizione. Potrebbe
significare anche sottoporre le cooperative sociali alla medesima disciplina. La conseguenza più
significativa potrebbe essere l’obbligo di pubblicazione dei Bilanci Sociali secondo le norme previste
per l’Impresa Sociale3, più stringenti e complesse rispetto a quelle, ad esempio, previste dalla
Regione Lombardia per le Cooperative sociali iscritte all’albo regionale.
3. previsione di forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione
degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti
massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente;
In particolare poi le Imprese Sociali potranno godere di misure agevolative per ottenere capitale di
rischio e accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a
quanto previsto per le start-up innovative [per le quali è consentito svolgere il cosidetto “equity
crowdfunding”, che è una forma particolarmente conveniente di finanziamento];
4. previsione di forme di incompatibilità nell’assunzione delle cariche sociali degli organi di
amministrazione, consentendo comunque tale assunzione da parte di imprese private ed
amministrazioni pubbliche, salvo il divieto per queste ultime di assumerne la direzione, la
presidenza e il controllo;
5. Ampliamento dei settori di svolgimento dell’impresa sociale nell’ambito delle attività di interesse
generale come definite per tutto il Terzo Settore.
6. Previsione di specifici obblighi di trasparenza e di limiti in materia di remunerazione delle cariche
sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti.
Volontariato
Segnaliamo alcune interessanti novità che si profilano nell’ambito del volontariato. Anzitutto verrà chiarita
la possibilità per tutte le organizzazioni del Terzo Settore di avere volontari, tutelando lo status di
volontario.
Verranno introdotti criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari, preservandone il
carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa.
Centri di servizio per il volontariato
Viene prevista una profonda revisione del sistema dei centri di servizio per il volontariato e degli organismi
di gestione dei fondi ad essi destinati.
3
Ma apparentemente la riforma interverrà anche in materia di Bilancio Sociale. Non è possibile chiaramente capire
ora se ciò comporterà maggiori complessità ed impegni per gli enti. Oltre a delle linee guida sul bilancio sociale sono
però previsti “sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli enti del Terzo settore”, ovvero
l’introduzione di indicatori qualitativi e quantitativi, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte
sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato.
I Centri Servizio potranno essere costituiti anche da altri enti del Terzo settore. Saranno finalizzati a fornire
supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere e rafforzare la presenza e il ruolo dei volontari
nei diversi enti del Terzo settore, quindi ampliando la categoria di destinatari dell’attività.
Impatto fiscale
È previsto il riordino e l’armonizzazione della disciplina tributaria e delle diverse forme di fiscalità di
vantaggio per gli enti interessati dalla norma.
I principi cardine, oltre a quanto accennato sopra, riguardano
-
la semplificazione delle agevolazioni fiscali a favore dei donatori;
-
il completamento della riforma strutturale “cinque per mille” anche in ottica di accelerazione delle
procedure per l’erogazione dei contributi spettanti agli enti, introducendo obblighi di pubblicità
delle somme così ricavate;
-
la razionalizzazione dei regimi fiscali e contabili semplificati in favore degli enti del Terzo settore di
“in relazione a parametri oggettivi“;
-
promozione dell’assegnazione degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni immobili e mobili
confiscati alla criminalità organizzata [scritto più o meno così, nello stesso comma dello stesso
articolo…].
Quanto alle Onlus, è prevista una revisione della relativa disciplina, con l’obiettivo di una “migliore
definizione delle attività istituzionali e di quelle connesse”, che costituisce oggettivamente uno degli aspetti
più complessi e controversi di tale norma. La legge delega fa salve, in proposito, le condizioni di maggior
favore relative alle organizzazioni di volontariato, alle cooperative sociali e alle organizzazioni non
governative.
Fondazione Italia Sociale
La norma prevede infine l’istituzione di un soggetto paragonabile alla Fondation de France o alla belga
Fondation Roi Balduhin, cioè un soggetto di derivazione pubblica che catalizza fondi per promuovere singoli
progetti di organizzazioni nonprofit. I media l’hanno definita “IRI del sociale”, cosa che un po’ spaventa.
L’art. 10 della legge attribuisce alla Fondazione una serie di strumenti per lo svolgimento della propria
attività, rinviando tutto a successivi decreti da attuare. Ad oggi quindi non c’è ancora nulla di fatto e, come
per gli altri aspetti di questa riforma, bisogna attendere.
***
***
***
Vi terremo quindi aggiornati sul processo di riforma, una volta capito che non c’è poi tutta questa fretta;
ma in caso voleste già oggi maggiori approfondimenti i vostri referenti in Urbana sono a disposizione, dopo
la pausa estiva.
URBANA COOPERATIVA SOCIALE
Nicolas Raffieri