La bomboniera del romanico

Transcript

La bomboniera del romanico
IL MONFERRATO
19
Ve ne rdì 2 F e bbra i o 2 0 0 7
I ricordi casalesi della scrittrice Elena Cappellano - La famiglia Depolo - Il quadro svedese con la prof. Cavasonza
I miei insegnanti di educazione fisica al Liceo Balbo
Anche qui una volta si produceva un po’ di vino, ma
il centro vinicolo più importante era l’isola di Salina, quella in cui è stato girato il film „Il postino“ con
massimo Troisi e Philippe
Noiret, e dove si può visitare
un museo enologico in cui si
parla anche dei disastri prodotti dalla peronospora.
Subito dopo la seconda
guerra mondiale gran parte
della popolazione di Stromboli emigrò in Australia, dove appunto si era già trasferita anni prima, in seguito al crollo della viticoltura,
una nutrita colonia eoliana.
Molti Strombolani rimasero laggiù.
Al Cimitero che domina il
paese esiste una cappella
identica a quella che gli isolani costruirono a Melbourne e ogni anno salgo fin lì.
Il collegamento mi è venuto
spontaneo quando ho visto
su Il Monferrato la fotografia del professor Vincenzo Depolo, morto a novantasei anni.
Nella foto appare come io
lo vedevo da ragazzina, e lo
ammiravo molto.
Sul giornale leggo che era
istriano, come un compagno che era venuto nella
nostra classe, e si presentava sempre come Paolo Scaramagli, da Pola.
Meglio del professore co-
noscevo la sorella che faceva la Segretaria al Liceo e
che, per quanto mi ricordo,
partì per l‘Australia subito dopo che io ebbi lasciato Casale.
Quanti erano partiti, negli anni immediatamente
precedenti, in cerca di lavoro all‘estero!
Tutti preparavano „le carte“, dicevano.
Fu allora che il pittore Erminio Deambrogio partì per
l‘Argentina.
In Biblioteca, che in quegli
anni costituiva per me una
sorta di seconda casa veniva sempre un giovanotto dalla faccia tonda, che si
chiamava De Maria e che,
mentre gli altri discutevano di letteratura e di politica, consultava atlanti e accarezzava „le carte“ che a
poco a poco andava accumulando nella speranza di
partire per l‘estero.
Un giorno sparì e non ne
seppi mai più nulla.
Anche la partenza della signorina De Polo era stata per
me un dispiacere, perché
mi ero affezionata a lei.
Neppure di lei ho saputo
più niente.
IL QUADRO SVEDESE
CON LA CAVASONZA
Fra le mie insegnanti di ginnastica ricordo una giovane
Cultura
spettacoli
&
Testimonianza da Asti
professoressa che si chiamava Vittorina Cavasonza e che mi faceva giocare a
pallacanestro. Ma non penso di essere mai diventata
gran che brava, anche se mi
piaceva molto esercitarmi al
quadro svedese.
Ho letto che il professor De
Polo è stato a lungo Vicepreside.
Avendo lavorato nella scuola, so bene quanto i professori di ginnastica siano
sempre stati efficienti in
quel compito.
Hanno capacità organizzative e decisionali che agli altri
mancano: forse per questo li
ho sempre ammirati.
Quando il Ginnasio Balbo
ANGELO MORBELLI
a Da molti anni passo a
Stromboli almeno una decina di giorni tra la fine di
Giugno e gli inizi di Luglio.
Ne conosco ormai ogni strada, ogni pietra, ogni pianta.
Le rocce nere su cui si affaccia il mio solito albergo, che
in origine era una sorta di
colonia estiva, rendono scura l’acqua in cui amo bagnarmi la mattina presto appena
sveglia, quando non c’è ancora nessuno sulla piccola
spiaggia di sassi che ogni anno cambia forma e dimensioni, e il profumo del vulcano è più intenso.
Stromboli è la prima delle
isole Eolie a venire incontro
a chi arriva da Napoli.
si era trasferito al Trevisio
ci mancava la bella palestra
che avevamo al Liceo, in cui
però tornammo subito dopo
la guerra.
Dei professori di ginnastica di allora e dei colleghi
dei tempi più recenti penso
di avere sempre apprezzato, oltre alla capacità organizzativa, quella di educarci alla resistenza allo sforzo, alla fatica, e allo spirito
di squadra.
Più tardi, ai miei colleghi
chiedevo di insistere negli esercizi di coordinazione che abituavano anche la
mente a dirigere e a coordinare le attività.
Non so se si tratti di un re-
siduo infantile, ma io a Torino continuo a frequentare la Magenta (la Real Società Ginnastica Magenta,
si chiamava) che è la palestra più antica della città e
forse d‘Italia (l‘anno scorso
in occasione delle Olimpiadi, vi è stata allestita una
splendida mostra che dura ancora, su cui ho anche
scritto un articolo consultabile sulla rivista on line
dell‘Associazione Immagine per il Piemonte).
Lì si fa ginnastica in modo
tradizionale, in locali ariosi
che mi ricordano le palestre casalesi della mia adolescenza.
Elena Cappellano
Il prof. Depolo, insegnante di
educazione fisica, recentemente scomparso
“Per ottanta centesimi” a Berlino e a New York
Il dipinto di Angelo Morbelli, “Per ottanta centesimi!” (raffigura il lavoro in risaia) è esposto
alla mostra “Divisionism/Neo-Impressionism:
Arcadia and Anarchy” programmata a Berlino, Deutsche Guggenheim, dal 27 gennaio al 15
aprile. Il dipinto, uno dei pezzi forti del Museo
Borgogna di Vercelli, sarà successivamente a
New York, al Museum Solomon R. Guggenheim,
dal 27 aprile al 6 agosto 2007. Il trasferimento
in Germania è stato curato da Alessia Schiavi,
di New York si occuperà Cinzia Lacchia. Morbelli, di origini casalesi e con buon ritiro alla
Colma di Rosignano, è considerato in tutto il
mondo il maestro del Divisionismo. Il dipinto
“Per 80 centesimi”, datato 1895, figura come logo per la mostra di Berlino. Sempre alla mostra
di Berlino (e andrà poi in Usa) il Divisionismo
è anche rappresentato da “L’annegato”, olio di
Giuseppe Pellizza da Volpedo, di proprietà della Pinacoteca di Alessandria.
316. VIAGGIO D’AUTORE A... Santa Fede di Cavagnolo, in visita all’antica abbazia benedettina
Nonostante tutto
continuo
ad amare Casale Un gioiello nascosto e misterioso scoperto dal conte Arborio Mella
La bomboniera del romanico
a Amo le mie colline monferrine, e amo Casale. Astigiano dalla nascita, pur non
avendo legami di parentela
in città, amo Casale perché
- come per Calvino nelle Città Invisibili - a volte la città
della memoria esercita un’attrazione particolare, rintracciabile, nel mio caso, in un
legame di nostalgia intrinsecamente connesso, nel periodo prebellico, alle mie radici
casalesi da parte di madre.
I miei genitori si sposarono in Duomo, nella Cappella di S. Evasio nel novembre
del 1936, perchè mio nonno,
Agostino Redoglia, a poca
distanza, in un palazzo neoclassico affacciato sulla piazza, esercitava come medico
dentista dopo lunghi anni
da medico condotto in quel
di Pontestura. E dai racconti
del nonno, classe 1875, medico umanista ed ottimo pittore ritiratosi poi a Grazzano
B., sentivo parlare di persone che nella mia fantasia di
ragazzo non solo erano diventate familiari, ma sembrava avessero acquisito una
loro fisionomia, quasi al limite di una immaginaria frequentazione: ecco Manacorda, poi Torielli, e Bistolfi, e
Martinotti, ed il pugile Erminio Spalla, Gabotto con i frati di Crea, Francesco Negri,
non solo fotografo, ma uomo
di cultura e di scienza, attivo amministratore cittadino,
padre del grande (e grosso)
Federico (“Cion”) eccelso e
famoso giurista, il quale, vestito da terziario francescano, nelle giornate domenicali andava con il nonno a
dipingere sulle rive del Po.
Di lui conservo due quadri
molto suggestivi, mentre la
biblioteca degli autori classici - era anche un ottimo
traduttore di greco - donata
al nonno, è rimasta nella casa di Grazzano. Fu così che
presi a frequentare di tanto
in tanto Casale, le sue chiese
MONF020219.indd 1
e i suoi palazzi, la Sinagoga
(dove a metà degli anni Novanta riuscii ad organizzare
con Giovanna Galante Garrone un concerto benefico), sino a quando, nel ricordo del
nonno e della comune passione per l’arte, feci restaurare (1998) dagli amici Nicola
di Aramengo un’importante
tela di Nicolò Musso, situata nel presbiterio di S. Ilario
(nella foto). Non ricevetti,
nell’occasione, il benchè minimo ringraziamento da parte della Curia, né ovviamente da parte della Soprintendenza, eccezion fatta per la
squisita gentilezza e disponibilità del Parroco don Luigi. Sia ben chiaro: essendo il
mio un debito di riconoscenza ed un segno di affetto verso una persona defunta, la
gratificazione doveva rimanere ed è rimasta in me stesso, anzichè sborsare denaro
per andare a caccia di pubblici ringraziamenti.
Conosco bene il Museo Civico e mai ho mancato alle varie sue eccellenti esposizioni (ricordo ancora l’emozione di essermi trovato faccia a
faccia con i due meravigliosi
Petrini, inopinatamente relegati nella Parrocchiale di
Altavilla); e così anche domenica scorsa per ammirarvi, finalmente, la bellissima
e poco reclamizzata mostra
fotografica di Francesco Negri. Era con me un amico pittore giapponese, da anni in
Italia, ed assieme ci recammo poi velocemente in Duomo per rivedere l’atrio- nartece, impareggiabile, direi
unica, struttura romanica.
Senonchè qui entrambi venimmo colpiti (per non dire
disturbati) dalla presenza di
manufatti bronzei policromi sparsi nella severa aula
vestibolare (inizialmente li
scambiammo per allestimenti natalizi non ancora rimossi), la cui estraneità all’ambiente è pari al loro ricercato e voluto “ modernismo”.
Moderni ad ogni costo!
Intendiamoci, non sono un
passatista conservatore: nella Villa F.A.I. Panza di Biumo, a Varese, mi è piaciuto
un Fontana posto su un cassettone Luigi XVI, ho già visitato due volte la Fondazione Burri a Palazzo Albizzini
a Città di Castello, ecc.ecc.,
ma una cosa del genere non
l’avevo mai vista e sento ora
il dovere di esprimere pubblicamente la mia opinione.
Lo so, il buon gusto, diceva
un mio amico, non lo si acquista in drogheria. O c’è,
oppure si è costretti a subire. Nonostante ciò, io continuo ad amare Casale.
Avv. Bruno Vergano - Asti
([email protected])
a “L’ultimo secolo di vicende del Priorato di Santa Fede e della sua chiesa è cominciato il 29 aprile 1895 con
l’atto di compravendita stipulato tra don Frattini e i Padri
Maristi. Questi ultimi sono giunti, con successivi e sudati acquisti, a riunificate la proprietà attorno al monastero
e hanno migliorato la parte abitativa, destinata a Seminario”. Così scrive padre Bartolomeo Bardessono nel volumetto “Santa Fede di Cavagnolo, Arte, Storia, Presenza
Marista”, pubblicato da T.S.L. di Cavagnolo nel 1995, in
occasione del centenario di presenza dell’ordine.
Ed a proposito del direttore della piccola “Scuola apostolica” iniziata nei locali annessi alla chiesa, osserva: «E’
merito del marista P. Luigi Falletti (di Soglio d’Asti, ndr.)
avere scoperto la prova del collegamento di Santa Fede
con la celebre abbazia benedettina di Sainte-Foy-de-Conques nell’Alvernia, in Francia, ad una trentina di chilometri da Rodez. A Conques, in una chiesa romanica del
sec. X, affiancata da una grande Abbazia, sono custodite da secoli le reliquie della giovinetta Fede, martirizzata ad Agen durante la persecuzione di Diocleziano (anno
303?). Durante tutto il medioevo Conques fu un famoso
centro di pellegrinaggi».
Col passare del tempo, favorita dalla trasformazione da
priorato in commenda,
la devozione alla Santa,
un tempo assai popolare in Europa, si indebolì
progressivamente, come
ricorda padre Bardessono: “A Cavagnolo stessa
si era perso addirittura
il ricordo della vera titolare della chiesa, sebbene il nome di Santa Fede, con un breve cenno
del martirio, fosse conservato nel martirologio
Romano al 6 ottobre. Il
vero titolo era stato sostituito con quello delle
tre sorelle martiri Fede,
Speranza e Carità, figlie
di S. Sofia, delle quali lo stesso martirologio
commemora la passione
il 1° agosto. Nelle tre finestrelle dell’abside, ridotte a nicchia, erano
state collocate, non si sa
in quale epoca, tre modeste statuette di legno,
rappresentanti giovinette recanti in mano la palma del martirio”.
Poco dopo l’autore aggiunge: “Egli aveva saputo di una recente Vita di Santa Fede, scritta dal francese abbé Servières. Si mise in relazione con lui e questi gli
comunicò un catalogo
pubblicato da G. Desjardins in cui risultavano
elencati i possedimenti
dell’Abbazia di Conques
nel sec. XVII”.
Tra questi anche il priorato di Santa Fede di Cavagnolo.
Un “gioiello nascosto e misterioso”, scoperto dal conte
Edoardo Arborio Mella (restauratore del Duomo di Casale) e che il soprintendente Mesturino nel 1953 definì “la
bomboniera del romanico in Piemonte”.
“Era dunque stata ritrovata -conclude padre Bardessonola vera titolare! Le tre statuette di Fede, Speranza e Carità
scomparvero subito dalle loro finestrelle e, dopo aver vagato per le soffitte del monastero, sono finite a pezzi, corrose dai tarli. Chi scrive ne ha ancora vista qualcuna, ridotta allo stato di moncone, verso il 1930”.
Dionigi Roggero
316-continua - Ultimo pubblicato Patro di Moncalvo, in
preparazione Camagna (e l’Ariston di Sanremo...).
FOTO: particolari dello splendido portale
URGONO LAVORI DI RESTAURO NELL’EDIFICIO MILLENARIO SULLA VIA FRANCIGENA - ISCRIZIONI E LAPIDI ROMANE
Un portale del Mille attraversato da una crepa
Infiltrazioni d’acqua nella zona dell’altare maggiore
a L’abbazia di Santa Fede
di Cavagnolo è uno dei luoghi di culto più antichi del
Monferrato, basti dire che
si trovava sulla Via Francigena.
Noi oggi, moderni pellegrini, invece del bordone usiamo una Daewoo Legance e,
attraverso la Casale-Torino,
giriamo sul ponte del Po di
Verrua, attraversiamo Brusasco e, al bivio di Cavagnolo, svolta a sinistra, poi subito dopo a destra (seguire
le frecce).
La strada sale leggermente,
le villette (un po’ disordinate) lasciano posto al verde e
dopo un chilometro si parcheggia nel cortile della casa di accoglienza dei padri
Maristi, che nasconde un
po’ la chiesa segnalata sulla sinistra dal campanile.
Ci riceve il responsabile padre Giuseppe Fontana. Aveva fatto le medie nel 1964
proprio in questo seminario; è originario di Brescia. I
Maristi sono nati in Francia
nell’Ottocento da Giovanni
Claudio Colin che ha voluto fondare una Congregazione di stile apostolico e cioè
che imitasse il genere di vita
degli apostoli e della Chiesa primitiva radunata attor-
no ai Dodici. Un Marista padre Sante Inselvini è oggi anche il parroco di Cavagnolo,
diocesi di Casale, parrocchia
che sta celebrando il centocinquantenario della nascita del venerabile Casimiro
Barello (Cavagnolo 31 gennaio 1857) con la presenza
del vescovo (qui è provincia
di Torino e diocesi di Casale) mons. Zaccheo martedì
30 (v. altro articolo).
Noi ammiriamo subito la
facciata, la pietra e il tufo si illuminano della luce
del tramonto; c’è sempre,
la ricordavamo in una precedente visita, una grossa
crepa e in più il sacerdote
lancia un allarme serio: “La
chiesa può crollare per infiltrazioni d’acqua nella zona
dell’altare”.
Ci sarebbe da disperarsi se
venisse distrutto, tra l’altro,
un portale del 1100, pregevolissimo, ricco di particolari: figure, pampini, grappoli,
fiori. Nella lunetta il Cristo
Mercoledì a Cavagnolo si sono concluse le celebrazioni per Barello
Il pellegrino dell’Eucarestia
Il 150° anniversario della
nascita del Venerabile Casimiro Barello è stato ufficialmente ricordato dal vescovo
mons. Zaccheo martedì nella parrocchiale di Cavagnolo. Le celebrazioni si sono
concluse mercoledì con una
fiaccolata dalla vecchia parrocchiale a San Defendente di Casa Ostino passando
di fronte alla casa natale di
Barello. Alla funzione inziale di domenica aveva partecipato il parroco del Duomo di Casale don Eugenio
Portalupi.
a (l.a.) - A Cavagnolo, casa Ostino, sulla collina, il
31 gennaio dell’anno 1857,
nacque (figlio primogenito) Casimiro Giovanni Maria da Giuseppe Barello e
Angela Morelli.Frequentava la chiesetta del borgo (e
quella di San Secondo) e riceveva la cresima il 13 ago-
sto 1868 da mons. Ferré con
padrino il conte di Brozolo,
Casimiro Radicati. Dopo la
perdita della giovane madre
e due malattie guarite in seguito all’apparizione di “una
gran donna vestita di luce e
di chiarezza”, lasciava Ca-
vagnolo per affrontare una
vita di “pellegrino dell’eucarestia” percorrendo a piedi l’Italia, la Francia, la Spagna e il Portogallo. Indossato l’abito di terziario francescano si stabiliva ad Alcoy
(Alicante, Spagna), dove il
9 marzo 1884, ad appena 27
anni, concludeva la sua intensa esistenza, onorata da
migliaia di persone accorse
al suo capezzale.
La chiesa lo ha proclamato
Venerabile ed è in corso la
causa di beatificazione. La
parrocchiale di Cavagnolo
possiede un grande quadro
che conserva tre reliquie del
Venerabile: un rosario (dono
della famiglia Valero, quella
che ospitò Casimiro ad Alcoy negli ultimi giorni di vita), un crocifisso, un pezzo
di tonaca.
FOTO: la chiesa di Ca’ Ostino e il venerabile Barello
in mandorla. Al culmine la
croce palmata, simbolo dei
Benedettini di Cluny.
Ma quelli che sono da studiare sono i graffiti.
In un blocco di pietra sul lato sinistro della facciata è
ben netta una iscrizione, dove si legge “Rolandus presbiter XI Ke Novembris ob[iit”;
il prof. Olimpio Musso, nostro apprezzato collaboratore, da Colle di Val d’Elsa via
e- mail la interpreta così: “Il
prete Rolando morì nell’anno undicesimo dopo il millesimo centesimo alle calende di novembre...”, cioè il
“1° novembre 1111”. Un’altra iscrizione riporta, scritte in caratteri più grandi, le
lettere “P.M.C.”, cioè “Post
millesimum centesimum
(annum)”.
Infine molti testi ricordano che nella chiesa era murato un cippo romano con
l’iscrizione “ C(aio) Aulio /
Optato / IIIIvir(o) a(edilicia)
p(otestate) / L(ucius) Lucretius / Primi f(ilius)”, poi trasportato nella galleria Est
dell’Università di Torino ed
ora è conservato al Museo
Archeologico, ma proveniente da Industria (Monteu
da Po); la traduzione è: “A
Caio Aulio Optato quadrumviro con delega all’edilizia
Lucio Lucrezio figlio di Primo” (sottinteso “dedicò”).
Passiamo all’interno, a tre
navate, a denotare l’importanza dell’edificio, in alto
capitelli con figure e decorazioni, sul lato destro un
dipinto (ottocentesco (del
pittore Lino), unico rimasto
delle decorazioni, raffigura la Madonna in trono con
S. Mauro e San Tommaso
d’Aquino.
Sul lato sinistro citazione
per la grande lapide mortuaria di mons. Paolo Coardi,
già cameriere onorario pontificio, morto nel 1728, ultimo priore.
L’impressione è quella di
una grande abbazia dove il
tempo non solo si è fermato,
ma ha lasciato pesanti tracce
che l’uomo non riesce (leggi
finanziamenti) a cancellare.
E’ difficile lasciare la firma
sul libro degli ospiti (posato
su un capitello che avrà anch’esso mille anni), tre biro
si inceppano per il freddo.
Volevamo scrivere: “Speriamo di vedere presto un cantiere di restauro”.
Luigi Angelino
Foto: la facciata di S. Fede
1-02-2007 15:49:39