NOTE SULL`EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI PSICOMOTRICITA

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NOTE SULL`EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI PSICOMOTRICITA
NOTE SULL'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI PSICOMOTRICITA'
Il termine psicomotricità è un neologismo che assume il suo pieno significato solo in
tempi che si possono definire storicamente recenti. La psicomotricità infatti è
giovane. La prima apparizione del termine in forma aggettivata, cioè il termine
"psicomotorio", si fa risalire intorno al 1870 per dare un nome a delle regioni della
corteccia cerebrale vicine alle aree propriamente definite motorie, laddove si
ipotizzava avvenisse l'unione, ancora piuttosto misteriosa, tra il movimento e
l'immagine mentale.
In seguito il termine "psicomotorio" vide crescere la sua fortuna soltanto intorno al
1900 quando Tissié enunciò la sua concezione di educazione fisica collegandola a
quei concetti che erano stati scoperti in precedenza. Tissié avviò i suoi studi e le sue
ricerche partendo da una critica alla ginnastica che veniva proposta alla fine del 1800,
seguendo un progetto educativo che a quei tempi volle il suo governo e che era
realizzato da un colonnello.
E' facile immaginare anche di quale ginnastica si trattasse: era assolutamente
finalizzata all'irrobustimento muscolare, alla prestanza fisica, alla forza e alla
formazione del carattere e utilizzava un metodo che era definito con due aggettivi:
"atletico e acrobatico". Tissié a quel tempo, ebbe il grande merito di affermare la
necessità di abbandonare questo modello di educazione fisica, di tipo militare, per
seguirne uno più scientifico. Il suo progetto pedagogico si fondava sul principio del
rapporto intimo che esiste tra pensiero e movimento, per effetto dei legami che
uniscono cervello e muscoli.
Nella prima metà del '900 Guilmain trasferì sul piano educativo le idee di Dupré e
Wallon, relativamente alle concordanze che esistono tra motricità e intelligenza e
motricità e carattere.
Già da allora Guilmain ideò un vero e proprio metodo rieducativo, i cui obiettivi
erano di rieducare l'attività tonica, cioè l'attività del tono muscolare, quindi le posture,
l'equilibrio, la mimica facciale. Uno dei principi su cui si basava questo metodo era
stimolare l'attività di relazione tramite il gioco.
Questa era la grande novità: nessuno ancora aveva mai pensato a far ginnastica per
stimolare delle relazioni, per poi sviluppare la padronanza motoria. Il suo metodo
oggi è criticabile ma resta comunque il primo modello di intervento determinato, con
obiettivi e finalità specifici.
Nel periodo tra il secondo dopoguerra e i primi anni '70 un notevolissimo impulso
alle pratiche psicomotorie venne dato da un grande neuropsichiatra: Julien de
Ajuriaguerra, soprattutto in ambito terapeutico. Il suo "Manuale di psichiatria del
bambino" un testo validissimo ancor oggi, è un'opera teorico - metodologica che
costituisce la prima "carta" della psicomotricità o più propriamente della "terapia
psicomotoria". In quest'opera Ajuriaguerra sostiene che la sindrome psicomotoria non
va considerata in corrispondenza ad una lesione cerebrale ma legata, ecco la grande
novità, all'affettività e al soma allo stesso tempo. Quindi Ajuriaguerra, proclama già
l'unità psicosomatica prendendo in esame la persona tutta intera, nella sua
completezza di psiche e corpo. Afferma inoltre che la strutturazione del movimento e
della tonicità avvengono attraverso rapporti molteplici con implicazioni sensopercettive e affettive, insistendo inoltre sul ruolo della funzione tonica e motoria nelle
attività di relazione.
Dal 1970 ad oggi, in questo breve ma fondamentale periodo per la psicomotricità, si
assiste ad un ampliamento dei riferimenti scientifico - culturali che stanno alla base di
questa disciplina. La teoria psicomotoria fa sempre più riferimento alla psicologia,
alla psicoanalisi, all'etologia e ai numerosissimi studi sulla comunicazione non
verbale. Questo interesse crescente verso altre discipline fa sì che la psicomotricità
integri apporti provenienti da quelle stesse discipline. In questo periodo nascono, si
rafforzano e si definiscono molte pratiche psicomotorie educative.
La Francia è la culla della psicomotricità. In Francia la psicomotricità si è espressa
attraverso diverse "scuole", come quella di Aucouturier, Lapierre, Vayer, Le Boulch,
per citarne alcune.
Bernard Aucouturier e André Lapierre - che hanno lavorato e scritto insieme negli
anni "70 e che da molto tempo lavorano autonomamente, hanno dato origine a due
diverse scuole psicomotorie, le più note e le più introdotte anche in Italia. Bernard
Aucouturier ha ideato la "Pratica"Psicomotoria"i cui fondamenti teorico-pratici sono
esplicitati nel suo testo di recente pubblicazione "Il metodo Aucouturier – Fantasmi
d'azione e Pratica Psicomotoria"
Per quanto riguarda un approfondimento del pensiero di Lapierre si rinvia alla lettura
del testo "Dalla Psicomotricità relazionale all'analisi corporea della relazione"
La iniziale concezione psicomotoria di questi due importanti Autori parte da un corpo
organico e meccanico composto di ossa, muscoli, leve ossee, al quale si chiede
soltanto un funzionamento corretto e un rendimento fisico ottimale. Era il concetto di
base dell'educazione fisica e sportiva e, soprattutto, purtroppo, della concezione
medica.
Il corpo anatomico, dicevamo; su questa meccanica corporea si agiva con mezzi
altrettanto meccanici. Questo modo di pensare viene spinto fino al limite da certe
costruzioni razionali della ginnastica correttiva e ortopedica. E' stato lavorando
proprio in quel campo che Aucouturier e Lapierre si sono resi conto che la meccanica
umana aveva anche altre dimensioni, se non altro quella neuromotoria.
Approfondendo le loro conoscenze nel settore della neuromotricità hanno scoperto
per esempio l'importanza dei centri sottocorticali.
Lo spirito, la coscienza, cominciavano a perdere la loro onnipotenza sul corpo.
Questo corpo aveva una sua organizzazione che interveniva e interagiva in modo
importante con tutto il resto. Uno studio più approfondito poi da parte di questi due
Autori ha messo in evidenza anche le relazioni che esistono tra strutture motorie
sottocorticali e centri di integrazione delle emozioni cioè dell'ipotalamo. Qui la
dimensione affettiva e psichica appariva direttamente collegata al corpo, alla
sensorialità, al tono, alla motricità e si ricollegava a tutti quei dati sull'inconscio che
ci venivano forniti dalla psicoanalisi. Questa organizzazione, che possiamo definire
"tonico-emozionale", gettava un primo ponte robusto tra il corpo e lo spirito, almeno
nella sua dimensione affettiva, ed era riconoscibile come base per tutti i metodi di
rilassamento e per tutti i tentativi di spiegazione delle pratiche orientali, molto
lontane dal nostro modo di pensare.
Tra le altre "scuole psicomotorie" che si sono diffuse anche in Italia, ricordiamo la
"Psicocinetica" di Jean Le Boulch indirizzata ai bambini fino ai 12 anni. Il suo
metodo, attraverso il quale intende superare il dualismo mente-corpo, ancora troppo
presente nelle metodologie utilizzate nell'educazione fisica anche ai nostri giorni, è
legato a un concetto di pedagogia attiva basato sulla visione unitaria della persona e
che utilizza la dinamica del lavoro di gruppo.
Pierre Vayer invece, insieme a Luis Picq, pubblica il primo testo sulla psicomotricità
per le Edizioni Armando : "Educazione psicomotoria e ritardo mentale". E' un testo
rivolto all'educazione dei bambini handicappati e quindi utilizzato soprattutto dagli
insegnanti di scuola speciale. Resta comunque il primo libro edito in Italia che parla
di educazione psicomotoria. Vayer sostiene un'azione educativa e un contesto
formativo concepiti in funzione del bambino e rapportati all'età e ai bisogni tipici di
quella età. Giudicando fondamentale l'osservazione del comportamento dinamico del
bambino ideò insieme a Picq un famoso "esame psicomotorio" volto a definire un
profilo del bambino in un determinato momento della vita.
La concezione attuale della psicomotricità è il risultato di questa lunga evoluzione
che trae origine dalla pratica pedagogica ma anche dalle diverse correnti di pensiero
che caratterizzano le concezioni europee sul corpo e il movimento e la loro
utilizzazione a fini educativi e terapeutici.
Il dualismo di Cartesio tra res cogitans e res extensa, la separazione netta tra materia
e mente, tra cose e coscienza, tra soggetto e oggetto, ha condizionato il pensiero di
generazioni di filosofi e condiziona ancora molto. L'aver posto il problema del
dualismo mente-corpo ha aperto un dibattito plurisecolare; l'impossibilità di pervenire
ad una soluzione accettabile e non confutabile nell'ambito della filosofia tradizionale,
ha finito col dare preminenza allo spirito forzandone anche lo sganciamento dalla
realtà corporea, condizionando anche le nostre concezioni pedagogiche. A scuola si
"faceva l'uomo" durante l'ora di ginnastica o nelle ore passate sui banchi? In genere il
fare l'uomo era più legato alla mente e allo spirito, piuttosto che al corpo.
Tutto ciò ha generato una pedagogia con marcate caratteristiche di intellettualismo, di
verbalismo, di astrazione e una concezione di questo tipo dell'educazione non poteva
che concedere spazi secondari alla sfera del corpo.
Era necessario qualcosa di diverso per cambiare le cose, come per esempio il
progredire generale delle scienze umane e, più in particolare, i progressi della
medicina psicosomatica, della neurofisiologia, dell'etologia. Era necessario tutto
questo perché si evidenziasse quanto fosse illusorio pretendere di formare
complessivamente un essere umano disinteressandosi del suo corpo. Gli studi della
neuropsicologia impostano e determinano a livello scientifico il superamento di quei
confini fittizi tra psiche e soma.
In conclusione: il pensiero psicomotorio tenta di riunificare l'essere umano in un
corpo-mente, corpo-spirito in relazione dialettica. E' stato necessario superare
numerose tappe per liberarsi da questo schema dualista di psiche e soma e forse, pur
essendo riusciti a scorgere più da vicino l'unità dell'essere, resta ancora molto da
scoprire.
Nello stesso periodo emergevano altre correnti di pensiero che tendevano a mettere in
risalto e a sottolineare il legame che esisteva tra corpo e intelligenza, tra corpo e
sviluppo cognitivo. Ci riferiamo agli studi di Henry Wallon e Jean Piaget soprattutto.
Si parla poco degli studi di Piaget sui legami tra corpo e affettività ma questi
esistono: il discorso piagetiano preponderante giunto a noi è stato quello delle tappe
dello sviluppo cognitivo. Una concezione cognitiva del rapporto con il corpo ha
portato ad una psicomotricità funzionale basata sulla nozione di "corpo proprio", che
parte dal suo stesso asse, coi concetti di alto-basso, destra-sinistra, davanti-dietro,
sopra-sotto, con il tempo considerato come durata, successione, intervallo.
La concezione di corpo come riferimento spaziale avrebbe in seguito avuto un
grandissimo successo alla fine degli anni '70 - inizio anni '80.
In Italia, negli anni '70, la psicomotricità incominciò a diffondersi e penso che oggi si
sia arrivati, per effetto degli studi e delle ricerche cliniche, ad un riconoscimento della
validità della psicomotricità e a una definizione dei suoi ambiti di intervento. Sono
sorte molte Scuole di specializzazione e gli operatori usciti da queste scuole lavorano
nei Servizi Materno Infantili delle AUSL, in Centri specialistici o – su progetti –
negli asili-nido, nelle scuole materne ed elementari.
BIBLIOGRAFIA
"Appunti per una storia della psicomotricità" di Ruggero Toni, pedagogista
Associazione Percorsi
Associazione per la Ricerca e la Formazione in Pratica Psicomotoria