Vasilij Kandinskij - Giallo, rosso, blu

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Vasilij Kandinskij - Giallo, rosso, blu
Vasilij Kandinskij - Giallo, rosso, blu
Per concludere la mostra abbiamo deciso di inserire un video che riesca a
riassumere nel modo migliore il percorso fatto per capire l'animo e la pittura
di Vasilij Kandinskij.
Questo video è la presentazione del quadro Giallo, Rosso, Blu scomposto in
ognuno delle sue unità consecutive: ogni elemento viene aggiunto man
mano all'altro fino ad arrivare al dipinto completo.
Ogni passaggio è accompagnato e fatto coincidere con lo svolgimento di
alcuni brani musicali appartenenti alle estetiche da cui Kandinskij venne più
influenzato ed ispirato.
Il dipinto Giallo, rosso, blu, del 1925, è l'opera che più rappresenta nel suo
complesso la produzione artistica del pittore russo: in essa infatti sono
presenti in maniera evidente sia la grande creatività caratteristica del
periodo in cui scrisse "Dello Spirituale nell'Arte", sia le ricerche teoriche che
confluiranno in seguito nel testo "Punto, Linea e Superficie". Sono
rintracciabili inoltre nel quadro molti dei simboli propri dei lavori più astratti
di Kandinskij, che si ripresentano in molte altre opere e che rendono Giallo,
Rosso, Blu quasi un modello di paragone. Tra queste citiamo la croce rossa al
centro, che rappresenta il cavaliere San Giorgio, segno di forte
intraprendenza; le griglie, che simboleggiano il concetto di ordine, visto
come la creatività (il colore nei quadrati nella griglia) arginata nelle regole (i
perimetri dei quadrati); la macchia rossa (qui rosa scuro ma negli altri quadri
rossa) sopra la croce, simbolo del cuore dell'uomo.
D'altra parte i brani sono emblematici di un altro aspetto fondamentale
dell'anima dell'artista: il progetto di un'arte totale, di una completa
sinestesia tra le diverse discipline secondo un'armonia che "deve fondarsi
solo sul principio della giusta stimolazione dell'anima umana".
Per questo ai primi elementi, ancora poco contrastanti tra di loro e di forme
non stridenti, corrispondono le prime battute della Première rhapsodie di
Claude Debussy, dominate dai suoni caldi del clarinetto e da note legate e
molto lunghe al pianoforte. Proseguendo iniziano a comparire anche forme
tra loro più "dissonanti", ma sono ancora poche, e ogni elemento sembra
ancora separato da quello che segue: così il brano che accompagna questa
seconda parte è il secondo movimento del Concerto per nove strumenti op.
24 di Anton Webern, che è puramente musica seriale e ed è quindi
interamente costruita sulle dissonanze, ma che al tempo stesso è anche un
brano cosiddetto puntillista, ossia che "concepisce il contesto musicale
come un insieme di eventi sonori isolati".
Nella terza parte i contrasti appaiono sempre più evidenti, e l'insieme dei
contorni del quadro assume complessità pur non essendo ancora
completato dal colore; il brano parallelo a questa sezione è uno dei quartetti
di Arnold Schönberg, atonali e fortemente espressionisti, in cui il suoni più
violenti dei violini accompagnano masse di linee ormai delineate. Giungendo
alla fine compaiono anche i colori, che sono, come testimonia anche il titolo
stesso, la vera anima dell'opera: l'ultima parte è quindi un crescendo di
carica espressiva che culmina nel riempimento della parte destra, che
sfrutta colori densi per dare un'idea di compattezza e di profondità. Allo
stesso modo il primo dei Fünf Orchesterstücke op. 16, sempre di Schönberg,
nel quale possiamo finalmente sentire ogni tipo di timbro (equivalente
visivamente a ogni sorta di colore), è un climax che esaspera la sua
aggressività espressionista nel suono violento di trombe e tromboni.
La scelta dei pezzi nello specifico è stata adattata alle esigenze della
riproduzione; invece quella dei generi musicali è basata, come anticipato
all'inizio, sui personaggi che Kandinskij più stimò (Debussy, che vedeva come
il parallelo di Monet nella pittura) o con cui ebbe più contatti (Schönberg,
che vedeva come il suo corrispettivo in musica; Webern è allievo
Schönberg).
Riguardo all'arte totale Kandinskij scrive:
"L'occhio è il martelletto. L'anima è un pianoforte con molte corde. L'artista
è la mano che, toccando questo o quel tasto fa vibrare l'anima."
Lorenzo Pusterla