atrofia multisistemica

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atrofia multisistemica
Centro di Coordinamento Rete Regionale Malattie Rare - Regione Lombardia
Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare "Aldo e Cele Daccò"
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri
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Atrofia multisistemica (MSA)
Codice Esenzione Malattie Rare
RFG040
Sinonimi
Degenerazione striato nigrale
Atrofia olivo ponto cerebellare non familiare
Sindrome di Shy Drager
Definizione
Rara malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che, per cause sconosciute, coinvolge progressivamente diverse
strutture e sistemi cerebrali (multisistemica), manifestandosi con varie associazioni di sintomi e segni neurologici (parkinsoniani,
cerebellari, autonomici, piramidali). E' caratterizzata dall'accumulo nel tessuto nervoso di una particolare sostanza,
l'alfa-sinucleina, e perciò è attualmente considerata appartenere alle "sinucleinopatie", gruppo di malattie neurodegenerative che
comprende, tra le altre, la malattia di Parkinson.
Descrizione
Il termine atrofia multisistemica è stato introdotto nel 1969 a comprendere malattie precedentemente descritte come la
degenerazione striato-nigrica, l'atrofia olivo-ponto-cerebellare (o OPCA, olivopontocerebellar atrophy) non familiare, la sindrome di
Shy-Drager e l'ipotensione ortostatica idiopatica (o neurologica).
L'origine di queste diverse denominazioni dipende dall'ampia variabilità delle strutture cerebrali che la malattia può colpire al suo
esordio e che, inizialmente, aveva fatto pensare a patologie tra loro indipendenti.
L'atrofia multisistemica viene attualmente distinta in due sottotipi, MSA-P e MSA-C, in base alle alterazioni motorie prevalenti.
Nel sottotipo MSA-P, che interessa il 60% dei pazienti nelle casistiche europee e nordamericane (versus 20% casistiche
giapponesi), prevalgono sintomi e segni di tipo parkinsoniano (sindrome parkinsoniana o parkinsonismo): rallentamento dei
movimenti, rigidità muscolare e tremore, quest'ultimo disturbo in genere assente all'esordio.
Nel sottotipo MSA-C, che interessa il 20% dei pazienti nelle casistiche europee e nordamericane (versus 80% casistiche
giapponesi), prevalgono sintomi e segni di disfunzione del cervelletto (sindrome cerebellare): alterazione della coordinazione dei
movimenti con conseguenti disturbi, per esempio, a carico della marcia, dell'articolazione della parola, dell'equilibrio e dei
movimenti oculari involontari (nistagmo).
Esiste un 20% di pazienti in cui si hanno forme miste, con compresenza di sintomi parkinsoniani e cerebellari.
Le alterazioni del sistema nervoso vegetativo (deputato al controllo delle funzioni involontarie) sono tipiche della MSA e presenti,
in grado variabile, in tutti i pazienti (sindrome autonomica). Particolarmente frequenti, precoci e severe sono le alterazioni della
sfera urogenitale (80% circa dei pazienti): incontinenza o ritenzione urinaria e, nell'uomo, alterazioni della funzione erettile. Il 75%
dei pazienti presenta un'ipotensione ortostatica sintomatica, che nel 15% dei casi determina sincopi ricorrenti (ripetuti svenimenti
con perdita temporanea della coscienza). Abbastanza frequente è anche la stipsi, secondaria ad un alterazione della mobilità
intestinale, e la diminuzione della sudorazione (ipoidrosi). Sono descritte anche alterazioni respiratorie, quali la presenza di stridor
notturno, dovuto ad aumentata chiusura delle corde vocali durante il sonno, presente nel 30% dei pazienti.
Anche il sistema piramidale (sistema di neuroni deputato al controllo dei movimenti volontari) può essere interessato dalla MSA
con conseguente insorgenza di segni e sintomi caratteristici, quali deficit di forza e alterazioni dei riflessi (sindrome piramidale).
Per la diagnosi si utilizzano principalmente criteri clinici (raccolta della anamnesi e visita medica, in particolare esame neurologico)
suffragati da indagini strumentali specialistiche, quali la RMN encefalica e, in casi selezionati, a seconda della clinica, il tilt-table
test, indagini urodinamiche, elettromiografia perineale, SPECT cerebrale con DATSCAN. La scintigrafia miocardica con
123I-meta-iodo-benzil-guanidina (MIBG) può aiutare a differenziare la malattia di Parkinson dalla MSA.
Cause
Le cause ed i meccanismi con cui si sviluppa la malattia sono tuttora sconosciuti.
All'esame microscopico del tessuto nervoso si osservano caratteristicamente: riduzione del numero di cellule nervose (neuroni),
gliosi (aumento reattivo delle cellule di sostegno del tessuto nervoso) e accumulo di alfa-sinucleina iperfosforilata a struttura
fibrillare nel citoplasma degli oligodendrociti, un particolare tipo di cellule di sostegno del tessuto nervoso (GCI, glial cytoplasmic
inclusions). Recentemente sono stati riscontrati accumuli di alfa-sinucleina anche nel citoplasma, nel nucleo dei neuroni. Gli
accumuli di alfa-sinucleina sembrano giocare un ruolo chiave nella malattia, in quanto interferirebbero con il normale
funzionamento dei neuroni determinandone, infine, la morte.
Le aree del sistema nervoso centrale prevalentemente interessate da queste alterazioni sono: il sistema striato-nigrico
(principalmente colpito nel sottotipo MSA-P), il sistema olivo-ponto-cerebellare (principalmente colpito nel sottotipo MSA-C), il
nucleo motore dorsale del vago, il locus coeruleus, la formazione reticolare bulbare e pontina, i neuroni catecolaminergici del
midollo allungato ventrolaterale e, nel midollo spinale, la colonna intermedio laterale, il nucleo di Onuf e il nucleo
intermedio-laterale inferiore (responsabili della sindrome autonomica).
Le lesioni si possono osservare anche in altre aree del sistema nervoso, in modo variabile tra i singoli casi (per esempio:
diminuzione dei motoneuroni della corteccia motoria, responsabile dei sintomi piramidali).
Consulenza genetica
Nella grande maggioranza dei casi non è una malattia geneticamente trasmessa. Sono stati segnalati rari casi familiari.
Popolazione affetta
Prevalenza: 1,9-4,9 casi/100.000 persone.
Incidenza: 0,6 casi/100.000 persone/anno.
Incidenza stimata nelle persone di età > 50 anni: 3 casi/100.000 persone/anno.
Colpisce in ugual modo il sesso maschile e femminile. Le manifestazioni cliniche iniziano in genere nella sesta decade di vita (tra i
50 ed i 60 anni).
Trattamento
Non è disponibile attualmente un trattamento in grado di curare la malattia, che è lentamente progressiva. I farmaci impiegati hanno
lo scopo di cercare di controllare i sintomi parkinsoniani e quelli disautonomici (terapie sintomatiche), mentre non vi sono
attualmente terapie efficaci per i sintomi cerebellari.
- Parkinsonismo: Levodopa in associazione con inibitori della dopa-decarbossilasi, come farmaci di prima scelta; dopaminoagonisti,
come farmaci di seconda scelta; amantadina, come farmaco di terza scelta;
- Distonie, scialorrea: tossina botulinica;
- Ipotensione ortostatica: terapie non-farmacologiche: aumentare assunzione di sale, utilizzare calze elastiche, evitare condizioni
che possono far diminuire la pressione sanguigna (ambiente troppo caldo, alcool, pasti abbondanti), inclinare a 30° circa la testiera
del letto, evitare brusche variazioni posturali; impianto di pace-maker (in pazienti selezionati); terapie farmacologiche:
fludrocortisone, midodrina o altri farmaci in base all'esperienza del centro di riferimento;
- Ipotensione post-prandiale: effettuare pasti poco abbondanti e frequenti; terapia farmacologica: ocreotide;
- Poliuria notturna: Desmopressina;
- Ritenzione urinaria: Oxybutinina per iper-reflessia del detrusore; auto-cateterismo intermittente se ritenzione o volume residuo
>100 mL.
Molto importanti sono: fisioterapia (sostiene la mobilità e previene le contratture) sia in palestra che in acqua, logopedia (per disturbi
della parola o della deglutizione) e terapia occupazionale.
Autori
Redazione a cura di Laura Manzoni
Data di redazione: novembre 2007
Aggiornamento a cura di
Data di aggiornamento: marzo 2010
Laura Manzoni
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