tibullo e l`elegia vaga

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tibullo e l`elegia vaga
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FRONTIERA DI PAGINE
POESIA ANTICA
TIBULLO E L’ELEGIA VAGA
di Andrea Galgano
Prato, 8 settembre 2011
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I Lawrence Alma-Tadema, Tibullo nella casa di Delia, 1866. Boston Museum of fine arts.
L’
elegia romana nasce in una ricerca dello spazio vitale. In un età figlia
delle guerre civili e dell’instabilità politica. Riflette l’ideale di una
conquista di pace, dove il singolo individuo può liberamente trovare una
vita privata, un angolo tenue e appartato. Diciamo innanzitutto che le più belle elegie,
attribuibili a Tibullo e Properzio, i due nomi cardine della poesia cosiddetta erotica (eros
visto in un’accezione libera e personale), sono databili tra il 30 e il 20 a.C. circa.
Poco sappiamo di Tibullo, legato probabilmente in vincoli di amicizia ad Orazio,
che poi menzionerà nell’epistola 1,4, un ritratto pensoso e tenero del poeta nella
campagna vicino Tivoli, e al circolo di Messalla Corvino. Poco ci è giunto di lui: tre libri
di cui uno antologico in metro elegiaco. Perché parlare di Tibullo?. Lo scrisse bene il
latinista Antonio La Penna in un congresso del 1984: "Eppure la presenza di Tibullo è
stata importante nella cultura europea. Insieme con Orazio, egli è stato il modello del
letterato appartato, contentus vivere parvo; è, naturalmente, tra le fonti importanti della
poesia d’amore. (…) mi chiedo quale stimolo egli abbia dato alla lirica verso il monologo
e la meditazione gnomica alimentata dall’esperienza vissuta: mi sembra utile che la
ricerca venga avviata anche in questa direzione”.
Spesso in bilico tra epica (basti pensare al panegirico per Messalla, espressione
poetica tanto cara non solo a lui) e elegia, scelse la via poetica più incline al suo
continente interiore e a uno stile tersus atque elegans, come scrisse della sua cifra
stilistica Quintiliano. La poesia di Tibullo è netta, accorata e ruota attorno a due figure di
donna speculari e vicine: Delia e Nemesi. Delia è una figura di donna umile a cui si
sostituisce il suo contrappunto. Un amore di dedizione, religioso nel suo vivere, non
distaccata dallo specchio dei campi e della vita agreste, non lontana dagli accenni
virgiliani. Un anti-mondo armonico e sperato che salvi dai flutti precari dell’esistenza:
«Com’è dolce udire dal letto l’infuriare dei venti/ e stringere teneramente fra le braccia la
donna amata,/ oppure, se l’invernale Austro rovescia gelide piogge, / abbandonarsi a
placidi sonni conciliati dallo scrosciare dell’acqua!» (trad. di Luca Canali).
Un paradigma mitico e un approdo di rifugi. La malinconia d’amore per Tibullo
non è solo la carezza fantastica del sogno, ma vibra nel tessuto familiare, nel quadro di
vita come un acquerello che però non è mai distinto dal tumulto e dalle vicissitudini
affettive, che lo vincono e che egli non censura mai, mostrando i caratteri di una vaga e
indistinta elegia di uomo. Nelle Mèmoires Chateaubriand scriveva: «Rubavo un Tibullo,
e quando arrivavo al Quam iuvat inmites ventosa udire cubantem, questi sentimenti di
melanconia e di piacere sembravano rivelarmi la mia vera natura».
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© articolo stampato da Polo Psicodinamiche S.r.l. P. IVA 05226740487 Tutti i diritti sono riservati. Editing MusaMuta www.polopsicodinamiche.com http://polopsicodinamiche.forumattivo.com Andrea Galgano TIBULLO E L’ELEGIA VAGA 8 SETTEMBRE 2011
II "Non ego, totus avesse amor, sed mutuus esset,
orabam, nec te posse carere velim.
Ferreus ille fuit, qui, te cum posset habere,
maluerit praedas stultus e arma sequi.
Ille licet Cilicum victas agat ante catervas,
ponat et in capto Martia castra solo,
totus et argento contextus, totus et auro
insideat celeri conspiciendus equo,
ipse boves mea si tecum modo Delia possim
iungere et in solito pascere monte pecus,
et te dum liceat teneris retinere lacertis,
molli set inculta sit mihi somnis humo.
Quid Tyrio recubare toro sine amore secundo
prodest, cum fletu nox vigilanda venit? "(I,I, vv.65-78)
“Avrebbe un cuore di ferro chi, potendo possederti,
preferisse stolto seguire le armi e le prede.
Costui spinga pure davanti a sé le vinte schiere dei Cilici,
ponga pure i marziali accampamenti in terre conquistate,
e tutto corazzato di argento tessuto d’oro,
faccia splendida mostra di sé in arcione a un veloce destriero;
io invece, o Delia, purchè ti abbia al mio fianco,
possa aggiogare i buoi e pascere il gregge sul monte consueto,
e purchè ti possa stringere teneramente tra le braccia,
mi sarà gradito il sonno anche sulla terra incolta.
Che giova distendersi su un letto di porpora ma senza un amore propizio
Quando giunge una notte da trascorrere vegliando in lacrime?”
III (trad.Luca Canali)
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