ricerca fabbisogni formativi

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INDAGINE CONOSCITIVA SUL
MERCATO DEL LAVORO IN TOSCANA NELL’AMBITO
DELL’ASSISTENZA FAMILIARE
“L'assistenza non ha valore a meno che non venga prodigata con piacere.
[…]
L'aiuto dispensato senza gioia non benefica né il datore né il ricevente; invece scompaiono gli
altri piaceri e le altre passioni se paragonati alla gioia che procura il prendersi lietamente
cura del proprio prossimo.”
"La mia vita per la libertà" , Mahatma Gandhi
Sommario
1.
INTRODUZIONE................................................................................................................................ 2
2.
ANALISI DEI BISOGNI E FASE DI RICERCA ........................................................................................ 3
3.
CONCLUSIONI ................................................................................................................................ 16
1
1.
INTRODUZIONE
Riportiamo in apertura alcuni elementi sintetici di presentazione dell’indagine, per favorire
la leggibilità dei risultati e la loro contestualizzazione da parte dei soggetti o enti esterni al
partenariato, ritenendo utile la diffusione a più ampio raggio dei risultati emersi.
La ricerca ha interessato la Regione Toscana, coinvolgendo, in particolare le province di
Firenze, Siena e Pisa per le fasi di osservazione diretta e sperimentazione e si pone
l’obiettivo di: “intervenire sul territorio e sui servizi, facilitando la connessione tra stranieri
badanti e i bisogni delle famiglie con non autosufficienza, creando percorsi di inserimento
sociale e lavorativo che favoriscano processi di regolarizzazione e l’emersione dal mercato
nero”.
Il contesto di riferimento è caratterizzato da un mercato con molte zone d'ombra,
caratterizzato da un'elevata percentuale di lavoro nero e dominato dalla presenza di
immigrati, spesso irregolari. Spesso, infatti, la collaboratrice è una donna straniera e in molti
casi lavora senza regolare contratto. Per combattere l'illegalità che caratterizza queste
professioni si devono imboccare nuove strade, anche creando una collaborazione tra
pubblico e privato, come una rete di soggetti privati no profit, che a livello locale si fa
garante di un'offerta qualificata ed affidabile di collaboratori domestici, primo requisito per
favorire assunzioni regolari.
Tra le altre cose l’indagine si prefiggeva anche la creazione di una sinergia tra gli operatori
del pubblico e del privato agevolando la risposta ai bisogni delle famiglie del territorio e
supportando i percorsi di inserimento sociale e lavorativo delle badanti domestiche.
Enaip Toscana Formazione e Lavoro, in qualità di agenzia formativa del sistema ACLI, intende
integrare i servizi tradizionali del proprio sistema regionale, a servizi innovativi che rilevino il
bisogno delle famiglie e delle badanti per organizzare percorsi virtuosi di riuscita
nell’incontro delle due esigenze, garantendo trasparenza, sicurezza ed affidabilità.
Il progetto di ricerca si sviluppa attraverso azioni parallele e successive nel tempo, quali:
a) analisi del fenomeno e dei bisogni: indagine su un campione significativo di famiglie in 3
province mediante intervista strutturata; focus group con badanti già in attività sul territorio
di una provincia per indagare i bisogni di supporto e le problematiche incontrate nel
giungere ad ottenere un impiego o per mantenerlo; Focus group con attori chiave del
territorio di una provincia, pubblico e privato, per rilevare opinioni di miglioramento.
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b) programmazione: analisi delle priorità emerse e pianificazione di servizi mediante incontri
e focus group con operatori sociali, finalizzati ad individuare percorsi virtuosi di collocazione
al lavoro di badanti per rispondere alle necessità delle famiglie.
c) verifica e diffusione: analisi del raggiungimento degli obiettivi prefissati e dei risultati
ottenuti.
2.
ANALISI DEI BISOGNI E FASE DI RICERCA
La fase di ricerca si è basata su due diverse ricerche:
- una di livello provinciale
- una di livello interprovinciale
I dati raccolti sono stati poi letti e confrontati con i risultati di un incontro tra esperti di
settore pubblici e del privato sociale che si è tenuto secondo la formula del focus group.
La ricerca è di tipo qualitativo e ha coinvolto direttamente sia i lavoratori (badanti) che le
famiglie che abbiano avuto una significativa esperienza di rapporto lavorativo con una
assistente familiare.
Per quanto riguarda la metodologia utilizzata, sono stati scelti due strumenti di ricerca
differenti per indagare il target dei lavoratori e il target della famiglie. Per le famiglie è stato
scelto lo strumento del questionario conoscitivo, per i lavoratori quello del focus group. Per
agevolare e uniformare la gestione delle fasi di ricerca è stata elaborata una matrice di
indagine che si è tradotta poi in un questionario fatto compilare alle badanti a conclusione
del focus e lasciato a disposizione di altre badanti così da implementare il campione per
l’indagine.
I due tipi di questionario ovviamente presentano argomenti e domande volte a sollecitare
l’intervistato ad esplicitare: finalità della richiesta, caratteristiche del soggetto richiedente,
motivo e contenuti del lavoro richiesto, specificità della domanda, condizioni culturali,
economiche, di convivenza. Si tratta di strumenti complementari che cercano di fornire una
interpretazione del fenomeno studiato il più ampio e completo possibile.
La base conoscitiva di questo dossier è costituita da:
- 90 interviste a famiglie condotte sulla base di questionari strutturati, 30 interviste per 3
province;
- 1 focus group con 9 badanti più 100 questionari compilati dai lavoratori.
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Lavoratori e datori di lavoro sono stati prevalentemente reperiti all’interno del sistema
ENAIP/ACLI. Attualmente gli strumenti continuano ad essere disponibili presso gli sportelli
badanti ACLI e saranno oggetto di valutazione dagli operatori di sportello.
L’indagine sulle famiglie che ospitano una badante si è concentrata su tre province toscane:
Pisa, Siena, Firenze.
Per la realizzazione di questa ricerca, si è scelto di avvalersi di un Questionario. I questionari
sono stati depositati presso gli sportelli ACLI a partire dal Febbraio 2013. I questionari sono
stati compilati prevalentemente dalle famiglie che si recavano allo sportello per sbrigare
pratiche burocratiche.
In totale i questionari raccolti sono stati 90: 30 per ciascuna provincia. I questionari sono ad
oggi ancora reperibili presso gli sportelli.
In particolare, il questionario utilizzato è composto da 19 domande strutturate, per la
maggior parte a risposta chiusa – per permettere la rilevazione di dati anagrafici e
standardizzabili; per alcune domande si prevede la possibilità di argomentare la risposta così
per meglio cogliere le peculiarità legate alle esperienze delle singole intervistate.
Il primo gruppo di domande (da 1 a 3) è volto ad indagare le caratteristiche dell’assistito.
Le successive tre domande (da 4 a 6) sono relative al tempo e alle modalità con cui si è
venuti in contatto con la badante.
Seguono poi le gli item relativi alle informazioni anagrafiche e personali della badante (da 7
a 12).
Le domande da 13 a 17 sono relative all’attività svolta della badante e alle motivazioni per
cui si la famiglia ha optato per quel servizio rispetto ad altri servizi di cura/assistenza.
Le ultime due domande (da 17 a 19) sono relative a capire all’utilità di prevedere corsi di
formazione ed individuare per quali tematiche/argomenti.
I dati e le informazioni raccolte dal questionario sono poi stati elaborati e riprodotti nel
report intermedio. In questa sede intendiamo riprodurre solo un estratto dei dati più
significativi.
Nell’82% dei casi il questionario è stato compilato da un familiare dell’assistito, solo nel 7%
dei casi il questionario è stato compilato direttamente dalla persona che assistita La maggior
parte degli assistiti ha più di 85 anni (il 59%) e la maggior parte problemi motori e cognitivi
parziali.
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La maggior parte delle famiglie intervistate, 76%, ha più di una esperienza con badanti e il
principali canali di conoscenza sono quelli informali: amici, conoscenti, parenti, vicini di casa
per il 57% dei casi, altra badante nel 28% dei casi.
Quasi la totalità delle badanti ha il permesso di soggiorno e la maggior parte proviene dai
paesi dell’est: Ucraina (30%) e Romania (28). A seguire troviamo badanti di origini filippine e
peruviane. La maggior parte delle badanti ha un titolo di studio elementare (43%), ma il 26%
ha frequentato le scuole superiori. Il 93% delle badanti che svolgono la lavoro attività presso
le famiglie intervistate non ha frequentato alcun corso per ADB.
Il campione analizzato è composto dalla maggior parte di lavoratori che hanno da 40 a 49
anni (47%) e sono sposati (69%).
Le principali attività affidate alla badante sono: attività domestica (96%) e assistenza
personale (94%). Relativamente agli aspetti problematici il 36% degli intervistati ha
dichiarato di avere problemi di comunicazione/comprensione; il 26% ha dichiarato di non
avere nessun problema; marginali risultano essere gli altri problemi indicati.
Per le motivazioni a rivolgersi ad una badante il 96% degli intervistati ha dichiarato di avere
necessità di un’assistenza continua, il 74% di poter continuare a lavorare e il 70% di
mantenere la persona nel proprio domicilio. Quasi tutti gli intervistati hanno dato più
risposte alla presente domanda.
Non tutti gli intervistati hanno chiara la panoramica dei servizi di assistenza presenti, molti
(81%) ricorre a sostegni economici assistenziali.
In merito alla partecipazione a corsi di formazione il 58% delle famiglie intervistate dichiara
di non essere interessata a corsi di preparazione. Del 42% degli intervistati che considerano
utile un corso di formazione il 40% competenze linguistiche, il 28% richiedono capacità
relazionali, il 24% qualità dei cibi.
Per l’analisi delle lavoratrici si è scelto di utilizzare lo strumento del focus group.
Questa scelta è dovuta essenzialmente a due fattori: in primo luogo le badanti risultano
maggiormente incentivate e meno intimorite nel partecipare in quanto si tratta di un
momento di gruppo; in secondo luogo il focus group ha un forte valore aggiunto legato alla
possibilità di osservare le dinamiche di interazione e confronto tra pari.
Il focus group, della durata di 2 ore circa, si è svolto alla presenza di 9 lavoratori e due
ricercatori i quali, per consentire un’adeguata gestione dei tempi, hanno seguito una griglia
di indagine elaborata ex ante.
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In merito alle modalità di reperimento del campione va precisato che si è fatto riferimento
agli utenti dello Sportello Badanti ACLI di Pisa. L’iniziativa è stata diffusa sia dagli operatori di
sportello sia dai ricercatori di progetto che hanno contattato telefonicamente un numero di
60 badanti iscritte allo sportello. Si segnala a questo proposito una forte diffidenza delle
lavoratrici e la difficoltà di individuare una data comune in cui queste fossero disponibili.
Delle badanti contattate solo 12 hanno aderito all’iniziativa e solo 9 si sono presentati
all’incontro (che si è realizzato dopo due precedenti appuntamenti andati deserti).
Maggiore disponibilità è stata dimostrata da badanti italiane, di cui segnaliamo un forte
aumento nell’ultimo biennio, che tuttavia abbiamo deciso di non coinvolgere nella ricerca
perché non previste nel target individuato dal progetto.
Per garantire maggiore efficacia dell’intervento si è deciso di lasciare il questionario a
disposizione dello Sportello. È stato compilato, in forma anonima da 100 lavoratori.
Nel report verranno riportati prima i contenuti del focus, dando evidenzia agli aspetti
problematici che sono emersi, in seguito saranno tabulati i questionari.
Il campione che ha preso parte al focus è così composto:
- n. 9 lavoratrici: 2 di cittadinanza peruviana, 1 di cittadinanza albanese, 3 di cittadinanza
ucraina, 3 filippina.
L’età di tutte le partecipanti è compresa tra 40 e 50 anni e sono tutte in Italia da più di 5
anni. 5 di loro hanno avuto esperienza pluriennali con la stessa famiglia, due esperienze di
solo 1 anno con lo stesso assistito.
Nella prima parte di gestione aperta del focus sono state affrontate le seguenti questioni:
- definizione di sé;
- giornata tipo/routine
- aspetti economici e contrattuali
- aspetti problematici
L’incontro si è aperto invitando le partecipanti a dare la definizione di sé.
Si è osservato che dopo un’iniziale titubanza le risposte sono state tutte convergenti anche
nei casi di rapporto di lavoro diverso sia come orari che come bisogni degli assistiti: la stessa
descrizione di sé proviene infatti sia da chi si occupa per poche ore al giorno di un anziano,
autosufficiente, sia da chi convive con un anziano privo di autonomia. Le definizioni sono
state – si riportano testualmente quelle più esemplificative:
Accudire un anziano, tenere la casa pulita
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La badante è una persona che si prende cura di un anziano: alzarlo da letto, pulirlo, vestirlo,
fare da magiare. Tutto.
Fare la badante significa lavorare dentro una casa con una persona anziana, fare tutte le
cose che bisogna fare dentro una casa.
Da queste definizioni di sé fornite dalle intervistate si ricava la descrizione di un ruolo
scarsamente definito, afferente a compiti attribuiti ad un ruolo femminile tradizionale, che
non richiede particolari specifiche.
In alcuni casi si avverte una certa nota critica da parte delle signore presenti per un compito
che nella loro società di provenienza è gestito interamente all’interno della famiglia e non
richiede l’intervento di persone esterne. Quest’ultima osservazione sembra provenire
prevalentemente da quelle lavoratrici che nel paese di origine avevano un’identità sociale
diversa, che si affermava con una professionalità più elevata.
Le assistenti familiari, invitate a parlare della loro routine lavorativa quotidiana, producono
delle descrizioni spesso piuttosto scarne, e ripetitive: sembra che la routine quotidiana sia
sempre la stessa con poche differenze, dove i momenti migliori sono spesso quelli delle
poche ore libere. In buona parte ci si limita alla scansione di quei momenti cardine che sono
individuati da tutte, con poche differenze.
In sintesi dai racconti la giornata lavorativa della badante può essere schematizzata come
segue:
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Conviventi
A giornata
Sveglia (in genere tra le 7 e le 8)
momenti di preparazione personale della badante
sveglia dell‘anziano/a (tra le 8 e le 9 )
igiene personale dell‘assistito/a
colazione
somministrazione dei farmaci
pulizie e altre faccende domestiche ( in genere
l‘anziano guarda la TV) œ eventuali commissioni
esterne
preparazione e somministrazione del pranzo
riposo pomeridiano dell‘anziano/a œ ore libere
della badante
eventuali commissioni esterne
preparazione e somministrazione dello spuntino
pomeridiano dove richiesto
cena
igiene personale dell‘anziano in preparazione per
il riposo notturno
notte ( in genere la badante riferisce di doversi
alzare per prestare assistenza )
Arrivo dell‘assistente domiciliare (verso le otto )
igiene personale dell‘assistito/a
colazione
somministrazione dei farmaci
pulizie e altre faccende domestiche ( in genere
l‘anziano guarda la TV)
preparazione e somministrazione del pranzo
riposo pomeridiano dell‘anziano
rientro dei familiari e termine della giornata
lavorativa ( casi più rari) altrimenti la giornata
prosegue principalmente secondo due possibilità:
Rientro dei familiari nel
Pomeriggio libero e
tardo pomeriggio
rientro al lavoro per un
paio di ore verso sera
ore libere della badante
rientro verso ora
di cena e ( a
volte)
somministrazione
del pasto
serale
igiene personale
dell‘anziano in
preparazione
per il riposo
notturno
Faccende domestiche
(stirare ecc.)
Spuntino
Rientro dei
familiari
(eventualmente)
preparazione e
somministrazione
e della cena e
igiene personale
dell‘anziano in
preparazione
per
riposo notturno
In genere sabato pomeriggio e domenica sono liberi
In merito agli aspetti economici e contrattuali tutte le lavoratrici riferiscono di un primo
periodo di permanenza in Italia in condizioni di irregolarità, risoltosi in genere grazie alle
sanatorie o all‘incontro con un datore di lavoro disposto alla regolarizzazione.
Per le lavoratrici è evidente l‘importanza di un contratto regolare innanzitutto per la
possibilità di continuare a vivere in Italia in condizioni di regolarità. Dai racconti però emerge
che, per quanto riguarda le famiglie, si avverte una diffusa percezione dell‘importanza della
regolarizzazione del rapporto di lavoro, soprattutto per timore di incorrere in sanzioni.
Nonostante questa propensione alla regolarizzazione presente nel campione di riferimento,
è comunque pratica diffusa dichiarare orari e retribuzione inferiori rispetto alla realtà, per
abbassare gli oneri contributivi, anche perché non esistono forme contrattuali
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il
effettivamente calzanti per questo profilo professionale, soprattutto nel caso di badanti
conviventi con l‘anziano. Le ore effettive di lavoro in questo caso sono davvero 24 su 24, al
limite con qualche ora libera durante il giorno. Inoltre la notte che sicuramente è un
momento lavorativo, anzi in alcuni casi anche il peggiore, non può essere riconosciuto.
Il primo problema riportato dalle lavoratrici nella ricerca di un lavoro è senza dubbio la
condizione di soggiorno irregolare: a differenza dell‘opinione diffusa secondo cui la richiesta
di badanti irregolari sia alta, soprattutto per il loro minore costo, dalle parole del nostro
campione emerge un‘immagine un po‘ diversa.
Il problema fondamentale è quello di non essere in regola
Ulteriore criticità è quella di conoscere e farsi conoscere, quindi di poter dimostrare delle
referenze, data l‘importanza che questo fattore riveste comprensibilmente per le famiglie.
Come specificato in precedenza, in questo caso la maggiore efficacia sembrano avere i
rapporti informali.
Alcune delle lavoratrici intervistate legano questo aspetto anche a un problema di diffidenza
maggiore verso gli stranieri.
Mentre non sembra difficile trovare un lavoro come conviventi, molti problemi nascono nel
momento in cui si cerca un‘occupazione a giornata, per la quale le richieste sono
sicuramente minori.
In generale comunque nessuna riferisce periodi di disoccupazione particolarmente lunghi: la
durata del periodo di disoccupazione delle donne qui intervistate è stata al massimo 5 mesi
(in 2 casi); in tre casi il periodo di disoccupazione massimo è stato di una settimana-dieci
giorni. 2 non sono mai state disoccupate: in entrambi i casi il primo rapporto di lavoro
instauratosi all‘arrivo in Italia si protrae tutt‘ora ( in un caso da quattro anni e nell‘altro da
quattro anni e mezzo).
La preoccupazione verso la perdita del lavoro è comunque, chiaramente, molto elevata,
data la precarietà delle loro condizioni di vita che sono totalmente legate alla possibilità di
lavoro , tali che anche un periodo di disoccupazione anche solo di un mese e mezzo può
diventare fortemente diplomatico.
Uno degli aspetti che caratterizza il lavoro dell‘assistente familiare sembra essere la
precarietà, connaturata al lavoro stesso, in quanto dipende in ultima analisi dalle condizioni
di salute dell‘anziano, che sono chiaramente soggette a mutamenti rapidi e in larga parte
imprevedibili. Questo si rivela essere un notevole problema per le lavoratrici sia per le
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difficoltà economiche in cui si vengono a trovare al termine di ogni rapporto di lavoro, sia
perché nei casi di convivenza con l‘anziano ciò implica anche il dover trovare una nuova
sistemazione anche abitativa, con il rischio di doversi allontanare dal territorio divenuto
familiare e in ogni caso implica una nuova organizzazione del tempo e della routine
giornaliera, resa particolarmente complicata sia dalla presenza eventuale della propria
famiglia che dalla mancanza dell‘automobile. L‘obbiettivo di tutte quindi è trovare un lavoro
quanto più possibile stabile, ma questa problema non sembra eliminabile: anche nel nostro
campione in cui sono presenti donne in Italia da molto tempo, questo elemento di precarietà
non sembra superato: ad esempio la donna in Italia da più tempo (12 anni) al momento
dell‘intervista era senza un lavoro stabile, ma faceva solo poche ore in nero presso una
famiglia.
Naturalmente la precarietà del lavoro diventa ulteriore elemento che non permette alle
lavoratrici straniere di fare progetti di vita a lungo termine.
In merito alle cause dell‘interruzione l‘elemento più frequente riguarda la morte
dell‘assistito oppure un tale peggioramento delle condizioni di salute da non permettere più
a una persona sola di prendersene cura a domicilio, con la conseguente decisione della
famiglia per il ricovero in strutture specializzate.
In altri casi l‘interruzione del rapporto di lavoro è dovuta all‘insoddisfazione della badante
verso le condizioni lavorative, sia da un punto di vista economico che come orari o
disponibilità richiesta, mai come mansioni, tranne nei casi in cui le condizioni di salute
dell‘anziano si sono talmente aggravate da rendere il lavoro troppo oneroso.
Al focus è seguita la somministrazione del questionario, in forma anonima, volta ad indagare,
oltre agli spetti anagrafici, gli aspetti lavorativi/relazionali e le aspirazioni delle lavoratrici.
Sono stati raccolti 100 questionari, tuttavia non tutti sono stati compilati in ogni parte.
Relativamente agli aspetti anagrafici il 74% degli intervistati è di sesso femminile e il 34% ha
un’età compresa tra i 45/55 anni.
La maggior parte degli intervistati ha il permesso di soggiorno: il 58%, tra coloro che non
hanno il permesso di soggiorno, il 15%, la maggior parte sono solo da poco tempo in Italia.
In merito al livello di scolarizzazione possiamo registrare che la maggior parte degli
intervistati ha un livello medio di istruzione, corrispondente ad una scuola professionale.
Pochi intervistati hanno svolto corsi di formazione in Italia, il 68% non ha svolto alcun corso
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di formazione (si intende coloro che non hanno risposto), solo il 20% ha svolto un corso di
lingua italiana.
Per quanto riguarda lo svolgimento dell’attuale attività lavorativa di badante il 39% lavora 24
ore al giorno (chi risponde altro alla domanda sugli orari) e l’77% lavora 5/6 giorni alla
settimana; una piccola parte, l’13% lavora anche la domenica.
Dai questionari si evidenzia un elevato turnover, il 37% degli intervistati ha avuto più di 5
datori di lavoro. La maggior parte dei datori di lavoro regolarizza il rapporto, il 62%, e i
lavoratori hanno una buona conoscenza dei diritti loro riconosciuti.
Seguono poi le domande relative alla gestione del tempo libero. La maggior parte degli
intervistati nel tempo libero frequenta gli amici, il 60%, e quasi tutti frequentano persone
della propria nazionalità, il 94%. Gli intervistati hanno comunque anche amici italiani, il 92%;
i principali luoghi di incontro sono: casa, bar, parco.
Tutti gli intervistati dichiarano di essere felici di vivere in Italia.
In merito al lavoro che vorrebbero fare in Italia, il 16% dei lavoratori vorrebbe fare
l’infermiera o la badante; il 33% non risponde.
La maggior parte degli intervistati non conosce alcuna associazione di immigrati, il 76%. Tra
coloro che le conoscono, il 7% conosce gruppi religiosi.
In merito poi alle modalità di ricerca di lavoro si evidenzia la prevalenza dei canali informali:
l’76% degli intervistati ha trovato lavoro tramite parenti, amici, conoscenti vicini di casa; il
16% tramite altra badante, il 20% attraverso una agenzia di badanti.
Gli ultimi due item sono relativi all’utilità di prevedere corsi di formazione: l’87% si dichiara
interessato a frequentare corsi di formazione, gli argomenti più richiesti sono la lingua
italiana, per il 52% ; la cucina e qualità dei cibi, per il 40%.
Alla fase di ricerca quantitativa è seguita poi una lettura critica dei risultati e un’indagine
qualitativa volta far incontrare gli operatori del settore nella modalità del focus group per far
emergere punti di forza e punti di debolezza.
Sostanzialmente, questa parte di indagine si è posta due obiettivi:
1. leggere il quadro dell’offerta territoriale di servizi per l’incontro tra famiglie e assistenti
familiari (sportelli per l’incontro, segretariato sociale, elenchi/albi di assistenti familiari, corsi
di formazione/aggiornamento);
2. identificare gli approcci e le pratiche utilizzate dagli enti territoriali per valorizzare e
ottimizzare gli strumenti di incontro tra famiglie e assistenti familiari.
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Occorre preliminarmente osservare che in fase di focus group si sono avvalorate le criticità
emerse dalle lavoratrici, le quali avevano fornito una descrizione obiettiva dei principali
ostacoli: dalla difficoltà di ricorrere ad uffici di intermediazione, data la natura
estremamente fiduciaria del rapporto di lavoro, per cui il passa parola è il principale
strumento di ricerca di lavoro, alla complessità della procedura di riconoscimento dei titoli di
studio conseguiti nel paese di origine.
In merito alla formazione svolta in Italia i presenti concordano sulla poca importanza che
fino ad oggi aveva la questione. Fino a pochi anni fa la sola formazione che veniva erogata
era quella dei corsi di italiano per stranieri erogata dai CTP.
Dal 2011 la Regione Toscana ha avviato un’importante fase di sensibilizzazione e formazione,
mettendo a bando:
- percorsi di formazione e di orientamento, rivolti sia a lavoratrici disoccupate che a
lavoratrici occupate, per l'acquisizione di competenze specifiche nell’ambito del profilo di
assistente familiare, anche attraverso attività di counseling individuale, prevalentemente
svolte come fase propedeutica del percorso formativo;
- azioni di empowerment e rafforzamento delle competenze di base e trasversali svolte
come fase propedeutica del percorso formativo;
- azioni di alfabetizzazione.
Quanto alla ricostruzione dei processi il gruppo di lavoro ha fatto il punto sulle disposizione
attualmente in essere.
Il sistema territoriale per la non autosufficienza, delinea un’articolazione organizzativa
strutturata su due piani tra loro fortemente coordinati e prevede:
→ un livello di indirizzo e di governo costituito dalle Società della Salute, o in loro
sostituzione, dalle Conferenze di Zona dei Sindaci attraverso la Zona Distretto
→ un livello di coordinamento operativo, rappresentato dai livelli base di cittadinanza
sociale per la non autosufficienza: il Punto Unico di Accesso, la rete dei Punti Insieme e le
Unità di Valutazione Multidimensionali (UVM).
Sinteticamente si indicano gli interlocutori presenti.
La Società della Salute, definisce le linee della programmazione operativa e attuativa di
territorio, organizza e gestisce le relative attività socio-sanitarie ad alta integrazione
sanitaria, le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e le altre prestazioni sociali a rilevanza
sanitaria, attiva i controlli programmati.
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Il Punto Unico di Accesso (PUA), assicura la gestione e il coordinamento della rete territoriale
dei servizi per la non autosufficienza, promuovendo l’integrazione della rete territoriale dei
servizi sociali e sanitari, la presa in carico della persona interessata, la gestione integrata
delle risorse, la continuità assistenziale, il coordinamento dell’attività dei punti insieme e
della (UVM), la gestione del sistema informativo integrato delle attività territoriali e la
nomina del responsabile del PAP che avrà il compito di seguire l’attuazione del PAP e di
essere il referente organizzativo della persona interessata e dei suoi familiari.
I circa 300 Punti Insieme, costituiscono i presidi dell’accesso al sistema integrato territoriale,
garantendo l’accoglienza del bisogno, la registrazione della segnalazione del bisogno,
l’orientamento e informazione del cittadino, l’avvio della raccolta di tutte le informazioni
utili ad orientare la valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno.
L’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM), valuta e definisce il Piano di Assistenza
Personalizzato (PAP), presente in ogni Zona-Distretto, garantisce la valutazione
multidimensionale delle condizioni di bisogno della persona non autosufficiente, la verifica
della sussistenza delle condizioni di bisogno che hanno dato luogo all’attivazione del fondo,
l’individuazione dell’indice di gravità del bisogno, la definizione del PAP, con indicazioni
quantitative e temporali relative alle prestazioni sociosanitarie appropriate domiciliari,
semiresidenziali e residenziali, dando ad esso immediata eseguibilità, la sua condivisione con
la famiglia, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, lettera e) della L.R. 66/2008 e la periodica
verifica degli obiettivi del PAP e della appropriatezza delle prestazioni erogate, nonché le
eventuali rivalutazioni previste.
Medici di base è abitualmente il primo contatto della persona e fornisce un accesso aperto
agli assistiti e a tutti i loro problemi di salute. Il suo rapporto con il paziente è peculiare:
conosce il contesto lavorativo e familiare dell’assistito, conosce i suoi problemi e quello che
è stato fatto per affrontarli.
I Comuni, attraverso gli assistenti sociali, gli sportelli sociali e gli sportelli di inclusione
sociale, garantiscono il sostegno alle famiglie dove è presente una persona non
autosufficiente, con misure che spaziano da specifici interventi a sostegno del nucleo
familiare fino al sostegno finanziario per l’avvio di percorsi di assistenza diretta o indiretta
della persona.
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La “rete territoriale”, le Misericordie, il terzo settore, la Caritas diocesana, le ACLI e le
Cooperative sociali, completano il quadro dei soggetti che contribuiscono a vari livelli a
sostenere cittadini e famiglie nei loro bisogni.
Il sistema regionale del lavoro toscano1 prevede due livelli di gestione, uno regionale con
funzioni di coordinamento e controllo ed uno provinciale dove sono posizionate le funzioni
più operative.
La Regione svolge le funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e attuazione di
politiche di intervento che attengono ad esigenze di carattere unitario su base regionale ed
esprime i motivati pareri previsti dalle leggi vigenti.
Il sistema regionale per l’impiego è costituito dalla rete dei sistemi provinciali.
Tutte le funzioni operative in materia di mercato del lavoro e di politiche del lavoro, con la
L.R. 32/2002, sono attribuite alle 10 Province ed al Circondario Empolese-Valdelsa.
Il sistema provinciale è costituito dalla rete delle strutture territoriali2 che erogano i servizi
per l’impiego:
a. 10 Centri direzionali
b. 35 Centro per l’impiego;
c. 12 servizi territoriali;
d. 66 sportelli di prima accoglienza (attivati presso Comuni, Organizzazioni Sindacali e
Associazioni di Categoria.
I servizi per l’impiego, svolgono nell’ambito del territorio di propria competenza, le funzioni
amministrative ed i servizi ad essi assegnati dalle Province.
Le Province promuovono e favoriscono l’interazione tra i diversi soggetti operanti
nell’ambito territoriale, ed il loro collegamento alla rete telematica del sistema regionale per
l’impiego secondo gli standard tecnici regionali.
Il collegamento digitale fra questi soggetti per la Toscana è garantito dal sistema IDOL
(Incontro Domanda Offerta di Lavoro).
La Regione è intervenuta per valorizzare e sviluppare ulteriormente le esperienze di
collaborazione tra pubblico e privato (L.R. 20/2005 ed il successivo regolamento 22/r del
2005) attraverso lo strumento dell’accreditamento per i servizi al lavoro.
1
L. R. n. 32 del 26 Luglio 2002 “Testo Uunico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione,
istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro” e dal successivo regolamento attuativo n. 47/r
del 08/08/2003 e s.m.i.
2
Fonte dati: Regione Toscana – Settore Lavoro - Masterplan 2010
14
Si affiancano ai soggetti accreditati a livello regionale, i soggetti autorizzati a livello nazionale
ed in particolare:
- Agenzie di intermediazione (di cui DM 20.09.2011);
- Agenzie di somministrazione (di cui una autorizzata anche a livello regionale);
- Consulenti del lavoro delegati all’intermediazione dalla Fondazione Nazionale Consulenti
del Lavoro (FNCL).
Il numero totale delle Agenzie per il Lavoro che opera in Toscana, è pari a 90 con 215
sportelli su tutto il territorio regionale3 .
Occorre inoltre considerare, le novità introdotte dal D.M. del 20 settembre 2011 in materia
di autorizzazione per l’attività di intermediazione fra domanda offerta di lavoro (viene reso
operativo l’ampliamento dei soggetti che possono svolgere l’attività di intermediazione), che
ampliano ulteriormente la rete dei soggetti e dei servizi/opportunità da mettere a
disposizione famiglie e gli assistenti familiari (oggi 90 soggetti con 215 sportelli e prima del
20.09.2011 erano 66 soggetti con 166 sportelli).
L’adozione di un “sistema unitario regionale” di gestione dei servizi per le famiglie e gli
assistenti familiari prevede un percorso che promuova azioni su tre piani distinti, ma
strettamente correlate tra loro.
Si prevede la definizione di una procedura per l’estensione del sistema di incontro domanda
e offerta di lavoro al fine di includere la figura dell'assistente familiare. Il sistema sarà gestito
a livello provinciale attraverso i CpI per gli adempimenti di al D.gls 181/2000 e s.m.i. (prima
iscrizione, aggiornamento esperienze formative e lavorative), e sarà reso disponibile ai
Comuni attraverso la rete informativa territoriale del progetto ReSISTo, per la successiva
fase di accreditamento di cui alla L.R. 82/2009.
L'estensione del sistema di incontro domanda e offerta di lavoro (IDOL) permette la
possibilità di disporre di una banca dati unitaria regionale finalizzata all'incontro domanda e
offerta di lavoro e riportante tutte le informazioni relative al percorso formativo, al
curriculum e all'accreditamento. La banca dati unitaria regionale sarà fruita dalle famiglie,
anche attraverso i soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro Toscano.
Le famiglia dal momento in cui richiede l’accesso al Fondo regionale per la non
autosufficienza, sarà avviata in un percorso di informazione e assistenza per la ricerca di un
3
Fonte Cliclavoro – dic 2011
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assistente familiare e/o la regolarizzazione del rapporto di lavoro in essere, con
coinvolgimento dei Centri per l’Impiego e della rete territoriale dei servizi per il lavoro.
Le persone che intendono svolgere l’attività di assistenza familiare, al momento
dell’iscrizione ai Centri per l’Impiego, oltre ad essere avviati nei percorsi di orientamento,
formazione ed inserimento lavorativo, saranno inseriti all'interno della banca dati unitaria
regionale che operano nella cura ed assistenza domiciliare per il matching domanda offerta.
3.
CONCLUSIONI
La recente ratifica da parte dell'Italia della Convenzione dell'Organizzazione internazionale
del Lavoro sul lavoro domestico ha posto in evidenza una professione che finora, da molti,
non era considerata tale, nonostante sia un importante tassello di quel welfare familiare che
a sua volta assume un ruolo di rilievo nell'attuale periodo di crisi. in più, se si considera che il
costante invecchiamento della nostra società implica un inevitabile aumento del numero di
persone anziane da accudire, concentrare l'attenzione sugli stranieri che si occupano di
assistenza familiare significa contribuire a dare soluzione a un rilevante elemento di fragilità
sociale.
Da qui l'esigenza di conoscere meglio chi sono questi immigrati, cosa fanno, come vengono
trattati, come essi considerano gli italiani e quali rapporti hanno con i Paesi di origine.
Sulla base dei dati più recenti messi a disposizione dall'INPS, sono oltre 750mila i lavoratori
stranieri censiti che si occupano, in forme diverse, di assistenza familiare. Un numero
sicuramente inferiore a quello effettivo, in conseguenza della non marginale presenza di
persone che per la legge italiana risultano clandestine, ma che svolgono regolarmente anche
attività di collaborazione domestica.
Il principale obiettivo conoscitivo dell'indagine è consistito nell'offrire una panoramica
qualitativa più aggiornata di questo comparto lavorativo, che rispetto ai decenni passati ha
conosciuto una notevole evoluzione.
L'assenza di formazione specifica e la carenza di precise qualifiche professionali di chi per
lavoro si dedica alla cura della persona e della casa, rappresentano un punto critico che
emerge dall'indagine. Problema che va affrontato non solo nell'interesse del lavoratore, ma
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anche della famiglia-datore di lavoro, dello Stato, delle Regioni e, soprattutto, dei Comuni,
dato che una migliore qualità del 'welfare familiare' migliora la qualità della vita delle
comunità e può concorrere a contenere i costi pubblici sia per le cure, sia per l'assistenza, in
particolare dette persone anziane.
Proprio perché il contributo degli immigrati al 'welfare familiare' è destinato a crescere,
nonostante la crisi, soprattutto per il progressivo invecchiamento della popolazione, va
affrontato il problema di come incentivare la loro formazione professionale.
L'indagine consente di fare con maggiore precisione il punto anche su altri obiettivi operativi
da perseguire, sui quali si è sviluppato un ampio dibattito con proposte non sempre
convergenti.
L'inserimento del personale immigrato è spesso avvenuto attraverso l'intermediazione delle
famiglie e in una cornice legislativa dalla scarsa capacità previsionale.
Queste persone, più che nell'ambito di flussi programmati, sono venute in visita e poi si sono
trattenute come overstayers, oppure sono entrate senza autorizzazione al soggiorno per
riuscire ad emergere successivamente in occasione dei provvedimenti di sanatoria o di
regolarizzazione.
Sono state diverse le proposte avanzate per intervenire nel settore:
- favorire l'incontro tra domanda e offerta attraverso idonei sistemi di reclutamento, da
sottoporre a costanti controlli anche una volta che le persone sono state assunte;
- definire meglio la figura professionale della persona badante e le sue mansioni a
complemento di quanto precisato nel contratto collettivo nazionale.
- incrementare la formazione professionale (inclusa quella sanitaria), linguistica e culturale e
l'informazione
legislativa
e
contrattuale,
ricorrendo
maggiormente
al
supporto
dell'informatica;
- tendere al raggiungimento di una maggiore uniformità tra le regioni, alcune delle quali
sono intervenute legislativamente per definire in maniera più esaustiva il profilo
professionale di questa categoria tra le quali l'istituzione di un albo di colf e badanti;
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- approvare una legge nazionale sulla non autosufficienza, includendovi anche aspetti relativi
al badantato;
- pervenire a un quadro organico delle provvidenze da erogare per chi fa ricorso alle
assistenti familiari.
All'inizio del 2012 il Ministero del Lavoro (Direzione Generale Immigrazione e Politiche
Sociali) ha previsto un piano per la qualificazione del lavoro di curai favorendo l'incontro tra
domanda e offerta e insistendo sulla formazione (corsi della durata massima di 80 ore) e la
regolarizzazione degli addetti del settore (utilizzo dei voucher). È stata manifestata, invece,
la contrarietà alle detrazioni fiscali e ai crediti d'imposta, pur sollecitate da diverse parti,
perché – a differenza del voucher - queste non sono state ritenute in grado di attivare la rete
di servizi e si è parlato di "scorciatoia delle agevolazioni".
Al termine di queste riflessioni si può concludere che occorrono idee "di sistema" per
riformare il settore della collaborazione familiare e collegarlo più funzionalmente al sistema
pubblico di assistenza.
Le carenze in materia di assistenza alle famiglie e ai suoi componenti non dipendono tanto
dagli immigrati inseriti nel settore, quanto dalle politiche sociali che lo regolano.
L'indagine evidenzia che queste persone possiedono un buon livello dj scolarizzazione (che
andrebbe completato con una adeguata formazione specifica), sono fortemente motivate
nel lavoro e si mostrano molto attaccate alle nuove famiglie (l'aspetto, forse, più
sorprendente che è emerso), nonostante pesi la lontananza dal proprio nucleo familiare.
Altro aspetto di non poco conto è la disponibilità con cui svolgono le mansioni affidate, pur
non essendo la funzione di "colf" o "badante" quella più confacente al loro livello di
formazione.
I lavoratori e le lavoratrici impegnate nell'assistenza familiare risultano essere in prevalenza
persone:
- di media immigrazione (fattore che incide sulla stabilità del soggiorno) ma non
giovanissime (un terzo di esse ha superato i 50 anni) e sempre molto motivate nello
svolgimento del lavoro;
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- meno interessate rispetto ad altre categorie di immigrati, al ricongiungimento dei familiari
in Italia e ad acquistarvi casa (fatta eccezione per quelli più giovani), come anche al
rimpatrio, genericamente mandato al futuro;
- propense a mandare dei soldi a casa (dai 100 ai 250 euro mensili), seppure non tutte,
essendo diventata più difficile la possibilità di risparmiare; dedite tanto all'assistenza delle
persone anziane quanto a numerosi altri adempimenti tipici della vita familiare, a partire
dall'assistenza ai minori;
- consapevoli in misura crescente di dover perfezionare la propria formazione specifica per la
cura delle persone;
- pronte a considerare gli italiani "buoni" e "disponibili" e consapevoli di poter riuscire a
ottenere da loro un positivo apprezzamento, senza che funga da impedimento il fatto di
dover cambiare spesso le famiglie presso le quali prestare servizio (specialmente se sono in
Italia da poco tempo);
- socialmente aperte e perciò poco interessate a trascorrere il tempo libero da sole o
all'interno delle famiglie dove lavorano e più propense a socializzare con i connazionali e gli
italiani al di fuori della realtà lavorativa;
I risultati della ricerca accreditano gli/le assistenti familiari immigrati come una categoria che
vive con una certa serenità di spirito e positività di comportamento una situazione lavorativa
impegnativa ma precaria quanto alla durata del contratto e del soggiorno.
Ciò sollecita tutte le parti interessate a interventi più incisivi:
- il legislatore nazionale a farsi carico di interventi significativi che vadano nel senso di una
maggiore stabilità (e da ultimo è stato fatto un passo in tale direzione, sia ribaltando in
positivo il discorso pubblico sull'immigrazione con la previsione di un Ministro preposto
all'integrazione degli immigrati, sia portando la permanenza in caso di disoccupazione da sei
a dodici mesi);
- i datori di lavoro (sui generis, perché si tratta delle famiglie) e i sindacati (alle prese con le
difficoltà operative proprie di una realtà lavorativa polverizzata), a impegnarsi nel rinnovo
del contratto collettivo nazionale e nella ricezione di aspetti innovativi, non tanto
relativamente agli aspetti retribuitivi (specialmente in questa fase in cui il reddito delle
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famiglie è tutt'altro che soddisfacente), quanto relativamente ad aspetti attinenti alla
formazione e a una maggiore qualificazione;
- le stesse persone occupate come badanti, sollecitate a rendersi sempre più conto delle
funzioni impegnative che il loro servizio può comportare e a essere disponibili per una
maggiore qualificazione professionale.
Alcune esigenze riguardano il contesto strutturale e, naturalmente, sono più impegnative,
ma altre possono diventare più immediatamente operative.
Sotto questo aspetto si possono indicare come piste più facilmente percorribili:
- l'insistenza su una maggiore informazione in materia di diritti e di doveri derivanti dalla
titolarità di un soggiorno in Italia e di un contratto di lavoro, per quanto riguarda le
condizioni del suo svolgimento e anche le sue implicazioni finanziarie;
- l'offerta di ulteriori opportunità di formazione professionale per svolgere al meglio questa
importante e delicata attività, che spesso è stata assunta come sbocco obbligato, senza
essere però in possesso di una formazione sanitaria o di altro tipo.
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