Divinis® è lieto di proporvi

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Divinis® è lieto di proporvi
Divinis® Bar à Vins è lieto di proporvi
“DI...VINO, MA NON SOLO…”
Martedì 29/9/2009
Appuntamento al Buio: I Grandi Bianchi
Cervaro della Sala 2006
Castello della Sala ~ Località Sala, Ficulle (TR)
Umbria I.G.T. ~ Chardonnay 85%, Grechetto 15% ~ 13° ~ Euro 37,00
Puligny-Montrachet 2006
Marc Morey ~ Chassagne-Montrachet (F)
Puligny-Montrachet A.O.C. ~ Chardonnay 100% ~ 13,5° ~ Euro 66,00
Chablis 1er cru Montée de Tonnerre 2005
Domaine François Raveneau ~ Chablis (F)
Chablis 1er cru A.O.C. ~ Chardonnay 100% ~ 13° ~ Euro 100,00
Vin de Pays des Côtes Catalanes Blanc D18 2005
Olivier Pithon ~ Calce (F)
Vin de Pays des Côtes Catalanes ~ Grenache Blanc, Grenache Gris ~ 13,5° ~ Euro 43,00
Langhe Chardonnay Gaia & Rey 1998
Angelo Gaja ~ Barbaresco (CN)
Langhe Bianco D.O.C. ~ Chardonnay 100% ~ 14° ~ Euro 62,00
Bianco Breg Anfora 2003
Joško Gravner ~ Oslavia (GO)
Venezia Giulia I.G.T. ~ Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio, Riesling Italico ~ 14,5° ~ Euro 57,00
Esclusivamente in occasione della serata i vini sono disponibili per l’asporto e a chi desidera acquistarli, riserviamo uno sconto del 10%.
Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino, orientato alla qualità e non alla quantità.
Castello della Sala
Dati storici
Il Cervaro deriva il suo nome da quello dei nobili che furono proprietari del Castello della Sala nel corso
del 14° secolo: i Conti Della Cervara. Antinori ne ha acquistato la proprietà nel 1940. La prima annata di
Cervaro della Sala prodotta è stata il 1985, introdotta sul mercato nel 1987.
Vinificazione
Le uve provengono da vigneti di 15/20 anni situati nei terreni circostanti il Castello della Sala, ad
altitudine tra i 200 e i 400 metri s.l.m., di origine pliocenica, ricchi di fossili marini con alcune infiltrazioni
di argilla. I grappoli, appena raccolti, sono stati trasferiti in un convogliatore refrigerato, per assicurarne
la bassa temperatura al momento della pigia/diraspatura. Le varietà sono state vinificate separatamente: al
fine di aumentare il patrimonio aromatico, i mosti sono rimasti a contatto con le proprie bucce dalle 8 alle
12 ore a 10°C. Dopo questa fase, i mosti sono stati trasferiti in barriques nuove da 225 l. di rovere
francese (Alliers & Tronçais) dove la fermentazione alcolica ha avuto luogo per un periodo di 14 giorni. Il
vino è rimasto sulle proprie fecce in barriques per circa 6 mesi, durante i quali ha completato la
fermentazione malolattica. È stato poi assemblato e imbottigliato. Ha fatto seguito un periodo di
affinamento in bottiglia di ulteriori 10 mesi nelle cantine storiche del Castello della Sala, prima
dell'introduzione sul mercato.
Clima
Le temperature invernali sono state abbastanza rigide soprattutto per quanto riguarda le minime mentre
le temperature primaverili, piuttosto miti ed equilibrate, hanno consentito una buona ripresa vegetativa.
Anche quest'anno, in linea con l'andamento degli ultimi tre anni, c'è stato un leggero ritardo di questa fase
fenologica. L'allegagione e la fioritura sono avvenute regolarmente grazie a temperature calde e regolari. Il
mese di Luglio ed Agosto sono stati caldi ma senza picchi termici, la maturazione è perciò avvenuta
gradualmente ed in modo regolare anche se le piante sono arrivate alla raccolta in leggero ritardo. Il buon
apporto idrico della stagione, in linea con il 2005, ha permesso alle viti di superare senza particolari stress
la stagione estiva. L'uva è arrivata a maturazione sana e le piogge del mese di Agosto non hanno arrecato
danni. La raccolta per lo Chardonnay è iniziata nella seconda metà di Agosto e si è protratta per tutto il
mese di Settembre. Una buona gradazione zuccherina ed un equilibrato contenuto di acidi e componenti
polifenoliche hanno caratterizzato tutte le uve.
Informazioni tratte dal sito ufficiale dell’azienda
Marc Morey
Il nome Morey è una certezza nei dintorni del Montrachet. Come tante famiglie borgognone, anche questa
ha sfornato una serie di vignaioli di primo piano e, anche se non ha raggiunto la fama di Pierre (Domaine
Leflaive), Marc Morey rappresenta una certezza nella produzione di vini di stampo marcatamente
“territoriali”. Recentemente la vinificazione è stata affidata a Bernard Mollard e i vini hanno guadagnato
in precisione stilistica alla ricerca esasperata di una trasparenza verso il terroir.
Puligny-Montrachet è una denominazione comunale che raggruppa vini di straordinaria eleganza e
potenza. L’annata 2006 non ha la stoffa delle grandi, ma i vini meglio riusciti permettono una fruibilità
immediata rara nella regione, regalando un frutto piacevolissimo che, in questo caso, apre la strada ad una
evoluzione minerale di tutto rispetto.
Domaine François Raveneau
Uno dei domaine più prestigiosi e classici di Chablis. Creato dopo la prima guerra mondiale, deve la
propria notorietà proprio a François, che agli inizi degli anni ’60 compie due scelte fondamentali. La
prima è quella di installare un sistema di “riscaldamento” nelle vigne al fine di evitare le frequenti gelate
primaverili, tipiche della zona; questo sistema è divenuto quasi uno standard ampiamente utilizzato
ancora oggi. L’altra è la decisione di imbottigliare tutto il vino prodotto dall’azienda e di venderlo con il
proprio nome. Grazie anche alla qualità di annate storiche come il 1963 il successo è immediato e ancora
oggi il mondo intero si contende le poche bottiglie prodotte ogni anno dai 7,5 ha di vigna di proprietà.
Lo stile aziendale, oggi perpetrato dai figli Jean-Marie e Bernard, è molto semplice e tende alla
valorizzazione delle uve ottenute da una coltivazione attenta, anche se non strettamente biologica, degli
impianti ad alta densità dell’azienda. Vinificazione in tini, passaggio in barrique, solo in piccola parte
nuove, ed interventi ridotti al minimo sono i passaggi in un percorso che sembra banale, ma punta
direttamente alla valorizzazione del cuore dello Chablis.
La Montée de Tonnerre è uno dei premier cru più rinomati della denominazione. Situato sul versante di
un vallone che guarda in faccia ai grand cru dello Chablis, grazie all’esposizione e ai venti più freschi,
dona vini di una tensione superiore che vivacizza una struttura imponente. L’annata 2005, una delle più
grandi dei tempi recenti in Borgogna, promette un vero fuori classe.
Olivier Pithon
Giovane discendente di una famiglia di produttori di vini della Loira, dopo esperienze nel bordolese, ha
deciso all’inizio degli anni 2000 di installarsi nel Roussillon, zona di notevoli potenzialità afflitta, però, da
scelte produttive più rivolte alla quantità che alla qualità.
Le grandi cantine cooperative del secondo dopoguerra erano più preoccupate di proporre vini quotidiani
a prezzi bassi, che valorizzare le potenzialità di regioni pur ricche di risorse come la Languedoc e il
Roussillon. Da anni il mercato ed il tessuto sociale sono cambiati lasciando spazio e grandi distese di
vigneti a giovani intraprendenti che stanno dando una svolta qualitativa a queste zone.
Il percorso è quello già indicato dal maestro di molti nella zona, Gerard Gauby. Coltura naturale, qualità
estrema, valorizzazione dei vitigni locali; ma anche distanza dagli eccessi per l’ottenimento di vini di
personalità, ma bevibili.
La D18 prende il nome dalla strada dipartimentale che attraversa la zona e porta all’interno proveniente
dal mare, da Perpignan. Un paesaggio “lunare” fatto di terre rosse battute frequentemente da venti
impietosi, che serba un fascino che solo chi ama veramente la terra può cogliere fino in fondo. Per gli altri,
solo pietra…
Prodotta in quantità limitatissima (meno di 3000 bottiglie) da Grenache Blanc e Grenache Gris, riposa in
botti grandi di legno per un periodo variabile da 12 a 16 mesi a seconda dell’annata.
Angelo Gaja
Angelo Gaja non ha certo bisogno di presentazione. Discendente di una famiglia di produttori di
Barbaresco già di notevole prestigio ha saputo, da quando ha preso in mano le redini dell’azienda,
proiettare il proprio nome nell’olimpo dei vini di lusso a livello mondiale. Tutto ciò attraverso una politica
produttiva rigorosissima, anche se improntata più alla riconoscibilità del marchio che del territorio, e ad
una politica commerciale atta a fare dei vini oggetto di culto. L’introduzione di vitigni estranei alla coltura
della Langhe come il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay, rientra in questo progetto e, anche se i maligni
sospettano apertamente che siano serviti anche per “tagliare” i Barbaresco e Barolo, hanno dato risultati
in linea con il prestigio dell’azienda.
Il nome del Gaia & Rey mette insieme il passato ed il futuro dell’azienda. Dedicato alla figlia primogenita
Gaia (tanto per non smentire la centralità del nome in casa Gaja) ed alla nonna Clotilde Rey, è un vino di
gamma alta prodotto nel modo classico borgognone da chardonnay in purezza.
L’annata 1998 è considerata “minore” rispetto alla 1997 e soprattutto alla 1999, ma ne è stretta parente.
Calda come le altre, presenta un po’ meno struttura rispetto alla 1999, ma un po’ più di personalità
rispetto alla caldissima 1997.
Joško Gravner
Il grande solitario del vino italiano. Ha sempre anticipato le scelte fondamentali della produzione
enologica e, quando queste diventavano ingombranti (alla moda), ha saputo discostarsene con scelte anche
impopolari. Come è successo a metà degli anni novanta, quando ha scelto di portare la vinificazione dei
suoi bianchi su di un protocollo produttivo che recuperava tradizioni antiche come l’utilizzo dell’anfora.
Solo recentemente, dopo anche qualche aggiustamento nello stile produttivo, i vini sono tornati a
riscuotere il consenso di pubblico e di critica che Gravner già conosceva alla fine degli anni ’80.
I prezzi, invece, sono sempre stati in crescita…
Di seguito la lettera di presentazione dello stesso Gravner, allegata all’uscita dei vini dell’annata 2003.
“Oslavie, 14 febbraio 2007
Chi decide di fare il contadino, deve mettere in conto che ogni tanto, senza preavviso, la Terra può
portarsi via qualcosa. Queste parole di mio zio Franc non le scorderò mai più: era il 19 giugno 1996
quando una grandinata si portò via tutto il lavoro e le fatiche di un intero anno.
Non so perché mi è venuto in mente questo ricordo, proprio quando devo scrivere di una delle mie più
grandi annate, la 2003. Ogni anno tutti parlano di grandi annate, di grandi vini…
Come se le annate più piccole o più difficili fossero meno interessanti o non esistessero più. Ad esempio, la
2002, precedente a questa, fu molto difficile, eppure mi ha dato e mi sta dando grandi soddisfazioni; certo,
le grandi annate ti impegnano di meno: tu devi solo accompagnarle.
Così è stato nel 2003.
La stagione è stata molto asciutta; il 23 agosto arrivò una leggera pioggia che risvegliò le piante. La
vendemmia iniziò il 1 settembre per concludersi alla fine dello stesso mese: era dal 1999 che non vedevo
delle uve così mature. Una volta diraspate vennero messe nelle anfore per 7 mesi, poi il 1 aprile 2004 la
vinaccia è stata torchiata e il vino passò in botti e tini di legno grandi dove rimarrà fino al 10 settembre
2007. Dopo 4 anni il vino verrà imbottigliato e a febbraio 2008 sarà commercializzato.”
Informazioni tratte dal sito ufficiale dell’azienda
I commenti di Maurizio Landi
Pur considerando il tema non proprio omogeneo devo dire che il risultato è stato molto interessante e la
passione dei partecipanti ha scaturito una discussione molto vivace. Sono stato un po’ cattivo nella
selezione dei vini e nessuno è riuscito a cogliere tutte le bottiglie, ma molte indicazioni sono state corrette.
La qualità dei prodotti è stata molto alta, solo una bottiglia ha suscitato perplessità unanimi, il Breg di
Gravner. In effetti a partire dal colore, non si presenta molto invitante con un colore mattonato neanche
tanto vivace. Sia al naso che in bocca da la sensazione di un vino che ha già ampiamente superato la sua
fase vitale. Pur coscienti delle scelte stilistiche del produttore e tenendo anche conto del fatto che il suo
bianco di punta è la Ribolla, è difficile giustificare questo vino. Forse Gravner è stato un po’ ottimista nel
presentare in modo così positivo l’annata 2003.
Un ragionamento diverso si può fare per il Cervaro; in linea con le scelte stilistiche dell’azienda Antinori
in generale, il vino sembra svuotato. Sono molto lontani gli anni dell’opulenza dei Cervaro degli anni ’90, il
legno, invece, è ancora molto presente. Un’acidità molto evidente introduce ad una degustazione che
termina molto in fretta. Poco altro da segnalare. Faccio molta fatica a capire un vino come questo.
Per terminare la rassegna dei vini italiani, il Gaia & Rey si conferma un prodotto di alto profilo, in pieno
stile Gaja. Non esistendo in questo caso riferimenti territoriali precisi, si può apprezzare un vino di nobile
fattura, un po’ freddino, ma di grande impatto. Prima di organizzare la serata avevo assaggiato una
bottiglia dell’annata 1997 e mi era sembrata ancora più vibrante, ma tenuto conto che stiamo parlando di
un vino di 11 anni, possiamo indubbiamente parlare di una lezione di stile.
Veniamo ai francesi con il Puligny di Marc Morey che, considerando anche l’annata 2006, si propone con
grande coerenza e pienezza. Un vino di stile notevole, molto in linea con la provenienza, ma di una pulizia
straordinaria. Fresco, delicatamente profumato, possiede anche una profondità minerale di grande
fascino.
Un passo decisamente superiore per la Montée de Tonnerre di Raveneau. Man mano che approfondisco la
mia conoscenza della Borgogna mi convinco sempre di più che l’essenza del territorio risiede proprio nei
premier cru; i grand cru rappresentano delle eccezioni, affascinanti, ma pur sempre eccezioni. Le
denominazioni comunali stanno alla base, ma troppo spesso sono troppo eterogenee al loro interno. I
premier cru, pur nelle loro sottili distinzioni, rappresentano l’eccellenza e l’identità del terroir.
Ed in questo caso, che eccellenza! Anche grazie all’annata 2005 il vino si mostra pieno, solido, di estrema
eleganza. Nessuna sbavatura, nemmeno nel legno, pure evidente e soprattutto una fermezza ed una
completezza di classe veramente superiore. Non esagero; un vino perfetto!
Ed infine l’intruso; la D18 di Olivier Pithon. Un vino al quale sono particolarmente affezionato. Pieno e
bello rustico, non si permette certo la leggiadria degli aromi dello Chardonnay, ma si dona generoso con la
sua rusticità e la sua ruvidità sia al naso che in bocca. Un vino comunque di spessore notevole, di bella
fattura, da amare… per chi non si accontenta dei soli profumi leggiadri.
Indice di Gradimento dei Partecipanti alla Degustazione
6
1
2
5
4
3
Vino
Bianco Breg Anfora 2003
Cervaro della Sala 2006
Puligny-Montrachet 2006
Langhe Chardonnay Gaia & Rey 1998
Vin de Pays des Côtes Catalanes Blanc D18 2005
Chablis 1er cru Montée de Tonnerre 2005
Produttore
Gravner
Castello della Sala
Marc Morey
Angelo Gaja
Olivier Pithon
François Raveneau
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6
4
3
2
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51
61
61
62
80