VERBALE DI ASSEMBLEA del 22-23

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VERBALE DI ASSEMBLEA del 22-23
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
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28 dicembre 2005
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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SOMMARIO
Pag. 3 CONSIGLIO DEI MINISTRI: Il rito civile punta su marzo (il sole 24 ore)
Pag. 4 CONSIGLIO DEI MINISTRI: Processi, proroga in vista (italia oggi)
Pag. 5 AMNISTIA: Amnistia, dibattito inutile alla Camera
La palla torna in Commissione (la repubblica)
Pag. 6 ANTIRICICLAGGIO: Al reato di riciclaggio presupposti troppo ampi
di Fabio Foglia Manzillo (il sole 24 ore)
Pag. 8 ANTIRICICLAGGIO: Analisi del disegno di legge sulla Comunitaria per il 2005,
in attesa del sì definitivo della camera
di Lucia Starola Consigliere nazionale ragionieri (italia oggi)
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IL SOLE 24 ORE
Consiglio dei Ministri/A Palazzo Chigi i decreti di proroga della mini-riforma del processo civile e la
semplificazione per accrescere l’efficienza della Pa
Il rito civile punta su marzo
Inserite anche le norme sulla difesa d'ufficio dei minori
ROMA. Un decreto legge ad hoc per posticipare al 1° marzo 2006 l'entrata in vigore della mini-riforma
del processo civile, approvata dal consiglio dei ministri lo scorso 23 dicembre (si veda «Il Sole-24 ore»
del giorno dopo).
E’ questa la strada scelta dal Governo – come ha spiegato il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali
(Fi) - per differire il debutto del riordino delle procedure di semplificazione del processo civile, varate
per sanare le incoerenze sorte nel pacchetto competitività (Dl 35/2005 poi convertito con la legge
80/2005).
L'esigenza di posticipare l'entrata a regime delle modifiche era stata espressa principalmente dalle
categorie, avvocati e magistrati, che chiedevano un tempo congruo per acquisire dimestichezza con
modifiche introdotte a ridosso della pausa natalizia e destinate ad entrare in vigore dal 1° gennaio.
Inizialmente il rinvio doveva essere contenuto nel decreto milleproroghe, da dove era stato poi escluso
per «incompatibilità di materia». Il Governo, inoltre, contrariamente alla commissione Giustizia del
Senato, propendeva per una proroga più lunga, almeno sino a fine marzo. Invece, «si è deciso - ha
spiegato il sottosegretario Vitali - di predisporre un decreto legge ad hoc per contenere le disposizioni
di rinvio del processo civile con entrata in vigore dal 1° marzo 2006», accogliendo le richieste di una
proroga più breve, «che sarà all’esame del Consiglio dei ministri di domani». Disciplina cui si
aggiungono anche il posticipo dei termini per la difesa d'ufficio dei minori e modifiche al Dl 115/2005
in materia di spese di giustizia.
Nel primo caso, si tratta dello slittamento, ormai ininterrotto dal 2001, delle proroghe sui procedimenti
per dichiarare lo stato di adottabilità e sui processi civili davanti al tribunale dei minorenni, dovuto alle
lacune delle norme sul gratuito patrocinio nei giudizi civili.
Nel secondo caso, le modifiche urgenti in materia di spese di giustizia dovrebbero riguardare le uscite
per trascrizioni e stenotipia nel processo penale, che sono da tempo una spina nel fianco per il bilancio
della giustizia e rappresentano ormai una delle voci più consistenti dello stanziamento agli uffici
giudiziari. Un tema su cui il Dl 115 detta disposizioni mirate a razionalizzare le spese.
Prima di approdare sul tavolo del Consiglio dei ministri, il provvedimento deve passare il vaglio della
riunione tecnica di pre-consiglio, che doveva avere luogo ieri e che è stata sospesa e rinviata ad oggi
per la difficoltà di trovare un accordo sul Dl riguardante la pubblica amministrazione.
Nella stessa sede, secondo l'ordine del giorno stilato per l'appuntamento odierno, sono previsti anche gli
esami del decreto legge per l'esercizio a domicilio del diritto di voto, nei casi di elettori affetti da
patologie gravi e non trasportabili; del Dl per interventi urgenti in materia di agricoltura, pesca e
catasto.
Infine, è all'esame preliminare di Palazzo Chigi anche il decreto legislativo sul reclutamento dei
professori universitari, in attuazione della legge delega 230/2005.
LAURA CAVESTRI
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ITALIA OGGI
Al pre-consiglio dei ministri di oggi un dl ad hoc sulla procedura civile riformata
Processi, proroga in vista
L'entrata in vigore del nuovo cpc slitta a marzo
Rispunta la proroga per l'entrata in vigore della riforma del codice di procedura civile, che dovrebbe
slittare dal 1° gennaio al 1° marzo prossimo. Le modifiche volte all'accelerazione del processo di
cognizione e alla razionalizzazione di quello di esecuzione, introdotte sia dalla legge competitività (n.
80/2005) sia, da ultimo, con la leggina correttiva approvata dal parlamento la settimana scorsa
dovrebbero dunque slittare di 60 giorni. Non solo. Ai piani alti del ministero della giustizia, guidato da
Roberto Castelli, si sta valutando anche l'ipotesi di differire l'entrata in vigore della riforma del giudizio
in Cassazione e dell'arbitrato, contenuta nel decreto delegato approvato sempre dal cdm di venerdì
scorso. Ma il condizionale è d'obbligo, visto che finora la varie proroghe annunciate non hanno trovato
spazio nel dl mille proroghe, anch'esso approvato il 23 in una versione ancora non disponibile. E
oltretutto non c'è un comune sentire nella maggioranza riguardo allo slittamento della riforma. Se è
favorevole il sottosegretario Luigi Vitali (Fi), che ha seguito per il governo la riforma, non lo è il
presidente della commissione giustizia del senato Antonino Caruso (An), che ha rappresentato allo
stesso premier Silvio Berlusconi il rischio che una proroga lunga inneschi una rincorsa al rinvio. ´Il
parlamento pratica le riforme. I magistrati e gli avvocati si limitano a invocarle', ha commentato ieri
polemicamente Caruso.
Di certo ieri il pre-consiglio (che peraltro è stato aggiornato a oggi) aveva all'ordine del giorno l'esame
di un decreto legge ad hoc per la giustizia recante sia il differimento di termini in materia di efficacia
delle disposizioni di modifica del codice di procedura civile contenute nella legge competitività sia
misure urgenti in materia di spese di giustizia (modifica del dpr 115/2002). In particolare si è discusso
se riprendere alcune disposizioni inserite originariamente nella legge finanziaria, poi espunte, tra cui
quella che mira a fissare in sede distrettuale un budget per le spese di giustizia (per intercettazioni,
consulenze ecc.) a cui i capi uffici devono attenersi salvo la richiesta al ministero di rivedere al rialzo il
tetto con un decreto ad hoc.
Quanto alla riforma del cpc, il testo composto frutto delle due riforme modifica la fase istruttoria del
processo di cognizione, consentendo al giudice nella prima udienza di trattazione di concedere alle parti
tre nuovi termini perentori di 30, 30 e 20 giorni, rispettivamente per depositare memorie per
precisazioni, modificazione di domande, eccezioni e conclusioni già proposte, per replicare e proporre
conseguenti eccezioni, per le prove contrarie. Scompare la riserva del giudice di decidere sulle prove.
Cambiano le regole per le notifiche, ammesse anche via fax ed e-mail. Il processo esecutivo viene
modificato sostanzialmente: intanto viene ampliata la categoria dei titoli esecutivi, le opposizioni
diventano più semplici e i pignoramenti più veloci. In secondo luogo le operazioni di vendita possono
esser affidate anche ai professionisti, mentre il giudice dovrà pubblicizzare le procedure su internet.
Quanto al rito cautelare, la principale novità sta nella stabilizzazione della ordinanza cautelare che
diventa provvedimento stabile salvo revoca o modifica per mutamento delle circostanze o per
successivi fatti comprovati. Cambia anche il rito per le separazioni e i divorzi, che diventa uniforme e
che impone ai coniugi di produrre la documentazione sui redditi. (riproduzione riservata) C.Morelli
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LA REPUBBLICA
Solo 130 deputati per la seduta straordinaria, manca la metà dei promotori
Il ministro Castelli, assente: "Vergogna". Ma Pannella è soddisfatto
Amnistia, dibattito inutile alla Camera
La palla torna in Commissione
Muro contro muro tra i partiti, la spinosa questione sarà ripresa a gennaio
ROMA - La soluzione del caso amnistia è ben lontana. Il dibattito in seduta straordinaria alla Camera dei
deputati sull'opportunità di deliberare un provvedimento di clemenza nei confronti della straboccante
popolazione carceraria è servito solo a ribadire quanto già si sapeva. Le forze politiche continuano ad avere
posizioni diversissime anche all'interno delle stesse coalizioni. E sul tema la sensibilità dei parlamentari non è
certo alta.
Presenti a Montecitorio erano infatti 136 deputati, di cui 93 dei 205 che avevano richiesto la convocazione della
Camera. All'appello mancavano quindi più di cento parlamentari firmatari del documento che aveva imposto al
presidente della Camera Pier Ferdinando Casini di convocare la seduta straordinaria nel cuore delle vacanze
natalizie. Assenze che hanno fatto gridare alla "vergogna" il ministro della Giustizia Roberto Castelli, tenutosi
anche lui a debita distanza da Roma malgrado il tema del dibattito fosse di sua stretta competenza. A
rappresentare il governo sui banchi di Montecitorio non c'era neppure il ministro dei rapporti con il Parlamento
Carlo Giovanardi, ma solo i ministri Rocco Buttiglione e Mario Baccini, accompagnati dai sottosegretari Michele
Saponara (Interno), Domenico Di Virgilio (Sanità), Cosimo Ventucci (Rapporti con il Parlamento) e Luigi Vitali
(Giustizia). Eppure i tanti spazi vuoti, colpa secondo il diessino Adduce dell'orario "proibitivo" fissato da Casini
per l'inizio della seduta (le 9,30), non hanno deluso il grande sponsor dell'iniziativa, il leader radicale Marco
Pannella. "Constato - si è lamentato - che alcune agenzie di stampa e un telegiornale d'obbedienza nazionalclericale hanno subito affermato che alla Camera stamani sono stati e sono pochi i deputati". "Se si è capaci di
dare informazione corretta e onesta - ha poi aggiunto Pannella - andrebbe anche precisato che in realtà la
presenza di deputati è stata straordinaria nel numero e spesso nella qualità dei loro interventi se ci rapportiamo ad
analoghi, comparabili lavori parlamentari". In Aula, comunque, i più presenti erano i diessini (34 deputati), poi la
Margherita con 25. In percentuale rispetto alla loro consistenza parlamentare, il record delle presenze sembra se
lo siano aggiudicati i socialisti della Rosa nel Pugno, che erano in otto, con in testa il presidente dello Sdi Enrico
Boselli. I Verdi erano in sei, compreso il leader Alfonso Pecoraro Scanio. Sette i deputati del Prc, e cinque quelli
del Pdci e uno dell'Udeur. Nei banchi della maggioranza, i più numerosi sono stati i deputati di Forza Italia, con
26 presenze. Presenti anche otto deputati di An e tre della Lega, i due partiti nettamente ostili all'amnistia e
all'indulto. Tre i deputati dell'Udc, e tra loro il ministro Rocco Buttiglione. Al di là della disputa sui numeri, resta
comunque l'insuccesso della sostanza del dibattito. I partiti si sono presentati fermi nelle loro posizioni, andando
ad un duro muro contro muro che sembra offrire ben poche possibilità di sintesi e mediazione. A trarne le
conseguenze è stato alla fine anche Casini, che ha stabilito di passare il difficile compito di trovare una soluzione
alla Commissione Giustizia. "Si chiede di portare subito in Aula un provvedimento di clemenza - ha sottolineato
il presidente della Camera concludendo i lavori - Ma quale provvedimento? L'amnistia? L'indulto?". "Occorre
fare chiarezza sul punto - ha aggiunto - e l'unica sede che appare adatta al riguardo è la Commissione Giustizia.
"Altrimenti - ha detto ancora Casini - noi parliamo di un provvedimento indefinito nei contenuti e non sappiamo
nemmeno di cosa parliamo". "Non appena la commissione avrà votato un testo, qualunque esso sia" Casini si è
impegnato a "riunire la conferenza dei capigruppo per portare immediatamente al voto dell'assemblea il
provvedimento".
La sollecitazione del presidente della Camera è stata subito recepita dall'ufficio di presidenza della commissione
Giustizia che ha stabilito di affrontare la questione nel pomeriggio del 10 gennaio ripartendo dal testo su cui la
commissione aveva lavorato due anni fa, e cioè un indulto con uno "sconto" di due anni della pena.
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IL SOLE 24 ORE
Analisi
Al reato di riciclaggio presupposti troppo ampi
di Fabio Foglia Manzillo
Il decreto legislativo 56/04, di recepimento della direttiva 2001/97, introduce obblighi di segnalazione
antiriciclaggio per notai, avvocati, dottori commercialisti, ragionieri, revisori contabili, consulenti del
lavoro.
Il decreto legislativo salvaguarda in modo esplicito il diritto di difesa dell'individuo. Infatti, l'articolo 3
del decreto esclude dal novero delle informazioni «sensibili» quelle ricevute dal professionista
nell'attività di esame della posizione giuridica o processuale del cliente, compresa la consulenza
espletata «prima, durante o dopo il procedimento stesso», e cioè, una rilevante fetta di esercizio della
professione forense (quella riservata in via esclusiva agli avvocati).
Ciò nonostante, l'incidenza degli obblighi di comunicazione delle operazioni sospette incide in misura
rilevante sulla natura stessa delle attività libero-professionali. Al professionista, che è legato con il
cliente da un pregnante rapporto fiduciario, vengono imposti obblighi di comunicare all' autorità fatti di
cui egli è venuto a conoscenza proprio in forza di tale rapporto fiduciario.
D'altra parte, da due anni o si attende il regolamento per individuare le operazioni sospette. Il ritardo è
in buona parte causato dalle resistenze, più o meno esplicite, delle categorie professionali, atteso che in
esse prevale l'opinione per il quale il professionista non può tradire il mandato fiduciario ricevuto dal
cliente pur di collaborare con lo Stato, trasformandosi in suo ausiliario, a discapito degli interessi del
cliente.
La mancata emanazione dei decreti comporta la non applicazione della normativa per i professionisti
(individuata dalle lettere S) e T) dell'articolo 2).
D'altronde, la stessa applicazione in concreto del delitto di riciclaggio incontra delle difficoltà di non
scarsa rilevanza. La fattispecie di cui all'articolo 648-bis del Codice penale così come strutturata, mal si
attaglia alla concreta operatività del sistema finanziario. Infatti, l'elemento psicologico richiesto dalla
norma all'autore del reato è il dolo specifico, e cioè la consapevolezza della provenienza illecita del
denaro o di altro bene da occultare e la volontà e il fine specifico di occultarne la provenienza.
Dalle riviste di giurisprudenza penale appare evidente che pochissime sono le sentenze pronunciate in
materia di riciclaggio che abbiano a oggetto effettive transazioni di denaro di provenienza illecita.
Può apparire grottesco: la quasi totalità dei fatti di riciclaggio che va oltre la fase delle indagini
preliminari e sfocia in decisioni di merito o di legittimità è relativa al commercio di automobili con
targhe e telai contraffatti.
La difficoltà dell' accertamento dell'elemento psicologico per il reato di riciclaggio in capo a colletti
bianchi, quali gli operatori finanziari e bancari, comporta che difficilmente si arrivi a un rinvio a
giudizio dell'imputato. Indubbiamente, possono essere individuati indici nei comportamenti degli
operatori finanziari dai quali desumere un atteggiamento penalmente rilevante. Per esempio, il grado di
attenzione dell' operatore dovrà essere maggiore nel trattare con clienti di nuova acquisizione e,
pertanto, necessita che questo si informi sulla provenienza del denaro che il cliente vuol trasferire da
una nazione all'altra. Il mettere in atto operazioni arrischiate, utilizzando fondi di cui sia sospetta la
provenienza, può essere indice di un atteggiamento doloso da parte dell' operatore.
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Però, il mero sospetto che l'operatore nutre verso la provenienza illecita del denaro non può essere
considerato indice di dolo specifico da parte di questi. Occorre, invece, che il giudice accerti in modo
rigoroso che l'autore del reato abbia la consapevolezza dell'illiceità del bene e la volontà di occultarne
l'illecita provenienza.
Atteso che la tipologia di chi vuol occultare denaro frutto di reati non corrisponde, ormai, alla figura del
bandito-pastore sardo che si presenta in banca con sacchi pieni di banconote di basso taglio per
depositarle su di un libretto al portatore, è difficile immaginare nella realtà dei fatti che l'operatore
finanziario sia oggi così sprovveduto da porre in atto una operazione di riciclaggio grossolana nella sua
concreta attuazione.
Sulla scarsa operatività della norma, oltre le difficoltà di accertamento del dolo, ha inciso l'estensione
a tutti i reati dolosi quali reati-presupposti del riciclaggio.
Nell'originaria formulazione la fattispecie identificava come operazioni penalmente rilevanti solo quelle
di occultamento del profitto di determinati gravi reati quali il sequestro di persona, l'associazione per
delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze supefacenti e altri. Il disvalore dell'attività di riciclaggio
del denaro proveniente da tali crimini è avvertito da tutti i consociati.
Estendere la punibilità a tutti i reati dolosi è stata una scelta legislativa che corre il rischio di non far
avvertire il disvalore dell'attività di riciclaggio, atteso che soprattutto nel settore dei reati economici non
tutti i comportamenti sono considerati dalla gran parte dei consociati del tutto riprovevoli. Non tutti
avvertono il disvalore della propria condotta finalizzata a dirottare all'estero i proventi dell'evasione
fiscale, così come di una truffa informatica.
È da augurarsi, quindi, che le estensioni in capo ad altri soggetti rispetto quelli originari, degli obblighi
di comunicazione delle operazioni sospette in materia di antiriciclaggio non incorra nelle stesse
problematiche applicative delle fattispecie di riciclaggio, a causa dell'eccessiva estensione del campo di
operatività della norma, vanificando in tal modo l'intervento legislativo.
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ITALIA OGGI
Analisi del disegno di legge sulla Comunitaria per il 2005, in attesa del sì definitivo
della camera
Riciclaggio di denaro, lotta non stop Professionisti in campo per combattere le attività criminose
di Lucia Starola Consigliere nazionale ragionieri
Con l'entrata in vigore della III Direttiva Ue antiriciclaggio (n. 2005/60/Ce, pubblicata sulla G.U. del
25/11/2005), diventa più stretta la rete di previsioni per la prevenzione dell'uso del sistema finanziario a
scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. I due temi
´antiriciclaggio' e ´contrasto del finanziamento del terrorismo' proseguono, dunque, uniti nella
legislazione dell'Unione europea. Il primo dei compiti affidati agli stati membri è di assicurare che il
riciclaggio dei proventi di attività criminose e il finanziamento del terrorismo siano vietati. Inoltre, ogni
stato membro è tenuto a imporre agli enti creditizi e al settore finanziario, unitamente a un'ampia
gamma di altri soggetti, primi fra tutti i professionisti, ed enti che operano nel settore, di identificare i
propri clienti, di conservare le opportune registrazioni, di provvedere alla formazione interna del
proprio personale circa le modalità di prevenzione del riciclaggio e, soprattutto, di collaborare
attivamente con le autorità competenti, segnalando prontamente ogni indizio di riciclaggio.
Per l'Italia, il quadro di riferimento europeo non può che costituire il tracciato da seguire nei prossimi
anni, nel percorso, già avviato, di completamento della disciplina antiriciclaggio e di adeguamento alle
disposizioni comunitarie. Com'è noto, infatti, si è in attesa della prossima adozione dei regolamenti
ministeriali attuativi del dlgs n. 56/04 che completeranno il processo di recepimento della II direttiva
antiriciclaggio nell'ordinamento nazionale (dir. 2001/97/Ce). Con la recente III direttiva, la produzione
normativa comunitaria ha, comunque, superato, per condivisibili ragioni di opportunità d'intervento, i
tempi che si sono resi necessari in diversi paesi membri per l'integrale adozione della precedente norma.
In ambito nazionale, il governo e il parlamento hanno dato, in occasione della discussione del disegno
di legge comunitaria 2005, un forte segnale, nell'intento di proseguire attivamente il contrasto del
finanziamento del terrorismo e la lotta al riciclaggio di denaro. Infatti, con un significativo e apprezzato
sforzo, il senato ha introdotto nel provvedimento (A.S. 3509) due importanti disposizioni che
dimostrano come il nostro paese intenda veramente portare avanti con grande dispiego di strumenti
questa attività. La prima delle disposizioni in esame intende recepire con tempestività le indicazioni
della III Direttiva, riguardanti la responsabilizzazione verso gli obblighi di collaborazione attiva, da
parte di un numero ancora più ampio di soggetti rispetto a quello finora indicato dal dlgs n. 56/04. Tale
innovazione è raggiunta con l'integrazione dello stesso decreto che, verosimilmente, comporterà una
correzione in corsa anche dei regolamenti attuativi. In questo modo, oltre ai professionisti già
destinatari della disciplina, costituiti da notai, avvocati, dottori e ragionieri commercialisti, revisori
contabili e consulenti del lavoro, viene interessato anche ´ogni altro soggetto che rende i servizi forniti
da revisori contabili, periti, consulenti e altri soggetti che svolgono attività in materia di
amministrazione, contabilità e tributi'.
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La seconda disposizione, introdotta nel ddl comunitaria su iniziativa del governo, prevede un intervento
meno immediato ma certamente qualificato da una visione d'insieme della materia, in modo da renderla
più organica. Infatti, con il fine di coordinare le disposizioni vigenti in materia di prevenzione e
contrasto del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo, si conferisce al governo una
delega all'adozione di uno o più decreti legislativi. Questi provvedimenti dovranno recepire la III
Direttiva antiriciclaggio, stabilendo modalità operative per il contrasto del finanziamento del terrorismo
e dell'attività di paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, nonché per eseguire le
misure di congelamento di fondi e risorse economiche stabilite dalle risoluzioni del consiglio di
sicurezza dell'Onu e dai regolamenti comunitari (in particolare, n. 2580/2001 del Consiglio, del 27
dicembre 2001, e n. 881/2002 del Consiglio, del 27 maggio 2002).
Tutto ciò comunica, con tutta evidenza, che il governo ha preso molto sul serio l'obbligazione
comunitaria, dimostrando che far parte dell'Ue non significa solo rispettare i vincoli di bilancio imposti
centralmente. Tuttavia l'ultima direttiva comunitaria, come la precedente, riserva al legislatore
nazionale ampi margini di discrezione, che si estrinseca sia sull'individuazione dei soggetti destinatari
della norma, definiti solo a livello di categorie, che in ordine alla determinazione delle modalità
attuative, da derivare, mutatis mutandis, da quelle originariamente riservate agli istituti di credito. In
questo risiede la parte di maggiore responsabilità del governo, chiamato a discernere tra attività
suscettibili di essere utilizzate, impropriamente, con finalità di riciclaggio del denaro e i soggetti che, in
quanto esercitano tali attività, sono destinatari della disciplina di prevenzione.
Questa riflessione interessa, peraltro, tutte le categorie di destinatari: gli intermediari creditizi e
finanziari, i cambia valute, i professionisti e, in genere, tutti i soggetti che esercitano attività il cui
svolgimento è sottoposto a preventiva autorizzazione. Infatti, la commissione di un fatto configurabile
uno dei delitti di riciclaggio (648-bis e 648-ter oltre che l'ipotesi della ricettazione, di cui all'art. 648)
nell'esercizio di un'attività professionale, integra un'aggravante specifica nei confronti del responsabile
dell'illecito. In particolare, secondo l'attuale impostazione definita dall'art. 26 della legge n. 55/1990
(recante Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme
di manifestazione di pericolosità sociale) si ricava che:
´Quando i fatti previsti dagli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale sono commessi
nell'esercizio di attività bancaria, professionale o di cambio-valuta ovvero di altra attività soggetta ad
autorizzazione, licenza, iscrizione in appositi albi o registri o ad altro titolo abilitante, si applicano le
misure disciplinari ovvero i provvedimenti di sospensione o di revoca del titolo abilitante previsti dai
rispettivi ordinamenti'.
Questo significa che la commissione da parte di tali soggetti dei delitti di ricettazione, riciclaggio o di
impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita, soggiace alla comminazione di una
sanzione accessoria che può arrivare sino alla revoca del titolo conseguito per l'esercizio dell'attività. Il
complesso delle norme delineate aveva, fino a ieri, una sua coerenza fintanto che i soggetti obbligati
all'antiriciclaggio corrispondevano a categorie professionali soggette a preventive autorizzazioni ed
abilitazioni.
Diversamente avviene oggi che l'estensione da ultimo operata individua, in senso più ampio, ogni altro
soggetto che presti servizi professionali. Quali conseguenze, dunque, per chi esercita la medesima
attività ma non è iscritto ad albi o registri?
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Appare evidente che quest'ultimo, pur evidenziando uno stesso grado di responsabilità, non dovrà
preoccuparsi, a differenza di altri, delle conseguenze di natura amministrativa relative alla revoca
dell'abilitazione professionale.
In altri termini, i due soggetti esaminati nell'ipotesi, pur essendo formalmente sullo stesso piano,
almeno sotto il profilo degli obblighi imposti dalla disciplina antiriciclaggio, ne soffriranno in modo
significativamente diverso gli effetti in caso di comportamenti non impeccabili.
Tale diversità di trattamento origina dal differente regime giuridico cui è sottoposto il professionista
iscritto ad un albo o registro. Detto requisito, infatti, è finalizzato a garantire il corretto esercizio della
professione a tutela dell'affidamento della collettività. Come ricordato recentemente dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 405 del 3 novembre 2005, ´la vigente normazione riguardante gli ordini
e i collegi risponde all'esigenza di tutelare un rilevante interesse pubblico la cui unitaria salvaguardia
richiede che sia lo stato a prevedere specifici requisiti di accesso e ad istituire appositi enti pubblici ad
appartenenza necessaria, cui affidare il compito di curare la tenuta degli albi nonché di controllare il
possesso e la permanenza dei requisiti in capo a coloro che sono già iscritti o che aspirino ad iscriversi'.
Questa considerazione non può che far concludere che se la lotta al riciclaggio passa attraverso
l'interessamento di molti nuovi soggetti, non tutti questi destinatari sono uguali. Anzi, questo
progressivo ampliamento potrebbe estendersi fino ad arrivare a richiedere a qualsiasi cittadino di
adempiere agli obblighi di collaborazione e segnalazione: con l'effetto di non ottenere nessun risultato
se poi è impossibile controllarne l'effettiva correttezza dei comportamenti.
In sintesi, piuttosto che dirigersi verso un sistema dove a tutti è richiesto di collaborare, ove, tuttavia,
solamente alcuni ne rispondono disciplinarmente se non ottemperano correttamente, sembra senza
dubbio più ragionevole condurre la lotta al riciclaggio ´qualificando i presidi', servendosi cioè dei
controlli intrinseci al sistema per ottenere una risposta fedele alle attese. Ma ciò si ottiene,
contrariamente al trend che si registra nell'ultimo periodo, solo riconoscendo ai soggetti iscritti agli albi
e registri la facoltà esclusiva di svolgere determinate attività, con gli obblighi e le pene connesse.
28/12/2005
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