Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto

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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
24 febbraio 2006
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 AVVOCATURA: Avvocati: numero chiuso per l’accesso
(quotidiano dei professionisti)
Pag. 4 BOLKESTEIN: Servizi senza deregulation (italia oggi)
Pag. 6 ANM: I giudici contro Castelli, fallimento ingegneristico (il sole 24 ore)
Pag. 7 PROGRAMMI COALIZIONI: Due Csm per magistrati inquirenti e giudicanti
È il primo punto nel programma nel programma della Cdl
(quotidiano dei professionisti)
Pag. 8 GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA: E il Tar del Lazio si candida a tribunale
dell'
economia (italia oggi)
Pag. 9 MINISTRO GIUSTIZIA: Castelli, l'
ingegnere dei codici (diritto e giustizia)
Pag.11 MINISTRO GIUSTIZIA: Gli esordi (diritto e giustizia)
Pag.13 DIRITTO SOCIETARIO: La fusione non ferma il processo (il sole 24 ore)
Pag.14 PROCESSO TELEMATICO: Primo processo telematico
(quotidiano dei professionisti)
Pag.15 CONSIGLIO DEI MINISTRI: Diritto d'
autore, risarcimenti al via anche per il
danno non patrimoniale (italia oggi)
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QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI
Avvocati: numero chiuso per l’accesso
La proposta è inserita nel programma di modifica della formazione approvato da tutta l’Avvocatura
italiana. Un numero programmato per l’accesso al quadriennio della laurea magistrale. E’ questa una
delle novità emerse dall’assemblea degli avvocati riuniti a Parma per iniziativa dell’Unione Nazionale
delle Camere Civili, che ha definito e approvato un documento con i punti essenziali per un’efficace
riforma dell’accesso della professione. Un testo che sfata il ‘dramma’ dell’esame di Stato per
l’iscrizione all’Albo degli avvocati indicando un preciso percorso formativo che inizia subito dopo il
primo anno di università. Al quadriennio magistrale si potrà accedere solo dopo una preselezione che
definirà orientamenti e motivazioni del candidato e il corso di studi sarà definito con una «maggiore
interazione e raccordo del mondo forense con le facoltà di giurisprudenza». Seguirà la formazione post
laurea, che prevede due anni di frequenza obbligatoria delle scuole forensi, con una preselezione
attitudinale orientativa per l’accesso, verifiche periodiche semestrali e l’esame finale
«sdrammatizzato», punto culminante di un percorso di reale verifica. Contestualmente alla frequenza
delle scuole i futuri legali dovranno svolgere il tirocinio, che prevede per la prima volta un numero
massimo di praticanti per ciascun avvocato iscritto all’ordine: non più di due. E’ previsto, inoltre, un
rafforzamento, anche sotto il profilo deontologico, dell’obbligo del dominus, ossia dell’avvocato che
ospita il praticante, di rendersi effettivo trasmettitore del sapere e della identità professionale, sotto il
profilo dell’apprendimento specialistico e casistico e sotto il profilo deontologico. Fra le novità
importanti c’è il riconoscimento di un «equo compenso del tirocinante, da prevedersi anche mediante
ricorso a finanziamenti pubblici e con la previsione di incentivi e agevolazioni fiscali per i dominus».
Con questo documento, che l’Avvocatura presenterà a tutte le forze politiche per un confronto con i
loro programmi, si chiede l’impegno delle «rappresentanze istituzionali, politiche e associative, a
procedere senza ritardo ed in costante sinergia, al perfezionamento degli articolati di riforma prodotti, al
fine di rappresentare urgentemente alle future forze politiche di governo la piattaforma riformatrice
condivisa dagli Avvocati italiani». Il documento, primo testo firmato da tutte le componenti
istituzionali, politiche e associative degli avvocati, rappresenta la tavola dei valori e dei principi
condivisi dalla maggioranza dei legali italiani.L’assemblea ha pertanto disposto che il testo di riforma
dell’accesso alla professione forense «sia inviato ai responsabili giustizia e professioni di tutte le forze
politiche, affinché lo pongano a confronto con i programmi già elaborati al fine di apportare agli stessi
gli opportuni perfezionamenti, in attesa di sottoporre loro l’articolato definitivo».
Particolare soddisfazione è stata espressa, poi, dall’Oua, perché questo progetto include, dice il
presidente, Michelina Grillo, «molti degli spunti già avanzati dall’Organismo unitario nel
documento approvato nell’assemblea di dicembre a Catania e già emerse nella conferenza
dell’Avvocatura di Napoli dell’aprile scorso e nella mozione finale sull’ordinamento del
Congresso nazionale forense di Milano».L’Oua ha sottolineato, poi, la ferma volontà degli
avvocati di arrivare ad una riforma delle professioni. «Sono altri – conclude Michelina Grillo –
che mettono i bastoni tra le ruote impedendo di realizzare un obiettivo essenziale per la
modernizzazione dell’Italia». Polemica ripresa da Guido Alpa, presidente del Cnf che, in occasione
dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario forense ha ribadito la necessità di una legge professionale
autonoma per la categoria, che affronti anche il problema dell’accesso.«Confidiamo - ha detto Alpa che i programmi dei partiti politici in lizza considerino con molta attenzione le specificità di questa
professione». Pronta la risposta del ministro della Giustizia, Roberto Castelli, secondo cui «ci vorrà una
riforma più ampia dell’accesso alla professione di avvocato, ma un primo passo è stato compiuto con il
provvedimento del governo con cui ha avuto fine o è stato ampiamente limitato il fenomeno del
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cosiddetto turismo forense». Salvatore Montillo
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ITALIA OGGI
I nuovi contenuti della direttiva Bolkestein dopo il sì dell'
Europarlamento
Servizi senza deregulation
Ma gli stati garantiranno liberi accesso ed esercizio
La prima tappa del percorso della direttiva sui servizi professionali iniziò nel 2004 con l'
approvazione
da parte della Commissione Ue a seguito della proposta dell'
allora commissario al mercato interno
Bolkestein.
La proposta partiva dalla constatazione che i servizi, seppure rappresentassero quasi il 70% del prodotto
interno lordo, non avessero ancora una effettiva libera circolazione tra i paesi membri della Unione
europea. I servizi interessati alla direttiva sono molteplici, tra cui i servizi professionali, con la sola
esclusione di quelli pubblici.
Secondo il commissario, le modalità con cui attualmente i soggetti interessati offrono servizi nei paesi
comunitari creano di fatto barriere alla libera circolazione dei servizi stessi e pertanto, al fine di
un'
effettiva circolazione degli stessi, queste barriere devono essere abbattute: un ostacolo significativo è
ritenuto, pertanto, la legislazione interna di ogni singolo stato comunitario che regolamenta le modalità
di svolgimento dei servizi, in relazione anche all'
operatività di prestatori che volessero esercitare in altri
stati comunitari rispetto a dove ha residenza o sede la società. Questo soggetto europeo infatti, sia che
eserciti aprendo una sede in altro stato oppure con invio di personale distaccato, dovendosi assoggettare
a normative nazionali diverse tra loro incontra, di fatto, delle barriere che, secondo i principi istitutivi
dell'
Ue, non dovrebbero esistere.
Ecco dunque la proposta Bolkestein del 2004: una direttiva che aveva introdotto il principio del ´paese
d'
origine'
: l'
offerta cioè di servizi in altri paesi comunitari non doveva essere soggetta a normativa più
restrittiva rispetto a quella del paese di origine di chi offre il servizio.
Tale principio è stato fonte di notevoli contestazioni da parte del comparto professionale, sindacale e
imprenditoriale, contestazioni che hanno determinato le pressioni sui due principali gruppi politici,
popolare e socialista, presenti al Parlamento europeo, sfociate nelle sostanziali modifiche della
risoluzione legislativa del Parlamento europeo nella seduta plenaria del 16 febbraio 2006.
Gli emendamenti proposti e approvati dal Parlamento europeo hanno stravolto l'
art. 16 della direttiva
che inizialmente prevedeva il cosiddetto ´principio del paese di origine'
, passando alla nuova
formulazione della ´libera circolazione dei servizi'
, attraverso il cosiddetto mutuo riconoscimento. Lo
stato membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a un'
attività di servizio e il libero
esercizio della medesima sul proprio territorio.
Il Parlamento europeo ha inoltre soppresso gli articoli 24 e 25 della direttiva che dettavano nuove
regole in materia di distacco dei lavoratori nei paesi comunitari.
L'
art. 6 della direttiva prevede l'
istituzione, entro tre anni dalla sua entrata in vigore, di sportelli unici
affinché ogni stato membro provveda a informare i prestatori di servizi e i cittadini possano prendere
conoscenza in merito ai requisiti richiesti, alle procedure da espletare per accedere alle attività
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esercitate; ai dati necessari per entrare direttamente in contatto con le autorità competenti in materia; ai
mezzi e alle condizioni di accesso ai registri e alle banche dati pubbliche relative ai prestatori di servizi;
ai mezzi di ricorso in caso di controversie che possono sorgere nell'
esercizio dell'
attività; ai dati di
organizzazioni e associazioni presso le quali il prestatore di servizi può ottenere assistenza. La direttiva
obbliga inoltre gli stati membri affinché vengano adottate procedure elettroniche per le formalità
inerenti l'
accesso alle attività.
La direttiva prevede la possibilità che ogni stato membro subordini l'
accesso all'
esercizio di un'
attività
di servizi a un regime autorizzativo purché vengano soddisfatte alcune condizioni: che la necessità di
un regime autorizzativo sia giustificata da motivi imperativi di interessi generali e che tale regime non
sia discriminatorio nei confronti del prestatore di servizi. Le procedure e le formalità di autorizzazione
devono essere chiare, rese pubbliche preventivamente e tali da garantire alle parti interessate che la loro
domanda sarà trattata con obiettività e imparzialità.
La direttiva prevede inoltre la possibilità che gli stati membri richiedano ai prestatori la stipula di
un'
assicurazione per responsabilità professionale che copra rischi per la salute e la sicurezza, anche
finanziaria, del destinatario.
L'
articolo 29 della direttiva prevede un'
importante novità per le professioni in tema di pubblicità; infatti,
al comma 1 si legge: ´Gli stati membri sopprimono i divieti totali delle comunicazioni commerciali per
le professioni regolamentate'
. Le comunicazioni dovranno essere conformi al diritto comunitario
salvaguardando l'
indipendenza, la dignità e l'
integrità della professione.
L'
art. 39 inoltre prevede l'
istituzione di codici di condotta che dovranno essere elaborati da ordini e
organismi professionali atti a regolamentare le prestazioni di servizi professionali.
Gli addetti occupati nel comparto servizi raggiungono a oggi il 70% del totale, una percentuale
destinata ad aumentare in futuro. La libera circolazione dei servizi è uno dei pilastri sui cui poggia
l'
accordo tra gli stati Ue e la direttiva Bolkestein va in questa direzione; si tratta di non seguire
l'
approccio di una liberalizzazione generalizzata visto il divario socio-economico troppo accentuato
nella Ue specie dopo l'
ultimo allargamento. Appare auspicabile, piuttosto, una più graduale e adeguata
armonizzazione che tenga conto delle diversità dei vari stati e le modifiche apportate dal Parlamento
europeo vanno in questa direzione. (riproduzione riservata) Tiziano Belotti
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IL SOLE 24 ORE
Si apre il Congresso Anm
I giudici contro Castelli, fallimento ingegneristico
«Un fallimento ingegneristico»:l'
Associazione nazionale magistrati boccia l'
operato del ministro della
Giustizia Roberto Castelli (che è ingegnere) sul fronte dell'
organizzazione giudiziaria. «Dal punto di
vista dei risultati, il suo è stato un fallimento clamoroso» sostengono i vertici del sindacato delle toghe
alla vigilia del XXVIII Congresso nazionale, che si apre oggi a Roma alla presenza del Capo dello
Stato, Carlo Azeglio Ciampi.
«Efficienza della Giustizia e difesa della Costituzione» il titolo del Congresso, al quale parteciperà,
sabato pomeriggio,anche il ministro Castelli, mentre i maggiori leader politici sembrerebbero
intenzionati a stare alla larga dal!'
evento.
E in coincidenza con questo appuntamento biennale è stata approvata un'
importante modifica dello
statuto dell'Anrn, nel quale vengono introdotte le «quote rosa»: d'
ora in poi ogni lista dovrà candidare
il 40% di magistrati donne, pena !'
inammissibilità della lista stessa. La decisione è stata presa
all'
unanimità da 498 rappresentanti dell'Associazione.
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QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI
Due Csm per magistrati inquirenti e giudicanti
È il primo punto nel programma nel programma della Cdl
E’ la separazione delle carriere dei giudici il primo punto del programma della Cdl che sarà presentato
oggi da Silvio Berlusconi e dagli altri esponenti della coalizione di centrodestra nel corso di una
conferenza stampa. Oltre la riforma Castelli, che si ferma alla separazione funzionale, la riforma delle
carriere avverrà con una modifica della Costituzione e darà luogo a m due distinti organi di
autogoverno, cioè due Csm separati, per i magistrati inquirenti e giudicanti. La separazione delle
carriere non è però l’unica novità spuntata nel programma della Casa delle Libertà.
Nel capitolo della giustizia, uno dei dieci sui quali si articola il documento, è prevista anche la
trasformazione del Tribunale dei minori in un Tribunale della famiglia con competenza su divorzi,
separazioni, affi damenti e adozioni, che a loro volta saranno riformate. Prima dei dieci capitoli in gran
parte definiti, e dedicati a famiglia, imprese, pensioni, lavoro, conti pubblici, sicurezza, salute, casa,
scuola, grandi opere e, appunto, giustizia, il programma elettorale conterrà un preambolo con una sorta
di manifesto dei valori del centrodestra. Ci sarà un richiamo alle radici giudaico-cristiane dell’Europa e
dell’Italia, riferimenti espliciti alla lotta contro tutti i fondamentalismi, ai valori della libertà dei popoli,
della pace. Né nel preambolo, né tra i punti programmatici, troverà invece spazio la richiesta della
Lega, cioè l’impegno al referendum confermativo della devolution.
«Non è materia di programma. Ci siamo già espressi votando in Parlamento la riforma – ha detto a Pq
Silvano Moffa, delegato di An al programma. Un’altra novità importante, messa a punto ieri dal tavolo
coordinato dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, riguarda il fisco. L’applicazione del quoziente
familiare, che consentirà di pagare meno tasse alle famiglie numerose, comincerà probabilmente dalla
no-tax area , che dovrebbe essere sensibilmente ampliata per chi ha figli o familiari a carico.
Mentre viene sfumata, nel testo, la logica delle due aliquote tanto cara a Berlusconi. Un riferimento c’è
ancora, ma è sempre più vago.Confermate, invece, la proposta di aumentare a 800 euro le pensioni
minime per gli over 70, la riduzione del cuneo fiscale, l’abbattimento delle liste d’attesa nella sanità, i
libri gratis per gli studenti delle scuole dell’obbligo, il rafforzamento della sicurezza con i poliziotti di
quartiere. Un capitolo del programma riguarda la sostenibilità fi nanziaria e la gestione del debito
pubblico, con la creazione di una nuova Patrimonio Spa esterna alla pubblica amministrazione nella
quale collocare porzioni di patrimonio pubblico e di debito. Il suo abbattimento permetterà di contenere
la spesa per interessi e dedicare allo sviluppo maggiori risorse, che tuttavia non sono quantificate. Per il
futuro, comunque, il centrodestra non fa mistero di puntare ad una crescita del 2% annuo e alla
creazione di un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro. Molto meno ottimisti, tuttavia, appaiono i
piccoli partiti della coalizione. Dc e Nuovo Psi hanno presentato gli elementi di un programma choc per
spingere il Paese fuori della crisi. Riduzione del costo del lavoro, finanziamenti alla ricerca, esenzione
fi scale totale per i nuovi investimenti, un fondo pubblico da 10 miliardi per l’innovazione delle
imprese, riforma del salario, liberalizzazioni. Il tutto con un costo valutato in 50 miliardi di euro: 25
arriverebbero dalla vendita delle case Iacp agli inquilini, altrettanti dalla cessione di immobili pubblici.
Scalpita anche la Lega che chiede un impegno sul referendum sulla devolution. «È un punto che è stato
presentato dal consiglio federale come condizione- ha detto il capogruppo del Carroccio al Senato,
Ettore Pirovano - certamente vogliamo che ci sia nel programma della Casa delle Libertà l’impegno a
votare sì al referendum sulla devolution. Se non ci sarà nel programma? Deciderà il consiglio federale
come reagire». Luigi Berliri
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ITALIA OGGI
E il Tar del Lazio si candida a tribunale dell'economia
Il Tar del Lazio si candida a super-giudice dell'
economia. Di fatto le prime decisioni le ha già prese,
quando è intervenuto qualche mese fa nel caso Abn Amro-Antonveneta. Nella vicenda, infatti, il
tribunale romano, pur senza entrare nel merito della questione (si era limitato a verificare la legittimità
dell'
autorizzazione concessa dalla Banca d'
Italia al rialzo del prezzo dell'
opa lanciata dalla Banca
popolare di Lodi e aveva respinto il ricorso presentato dalla Banca olandese), ha comunque giocato un
suo ruolo di attore.
´In questo caso'
, ha spiegato ieri il presidente del Tar del lazio, Pasquale de Lise, in occasione
dell'
inaugurazione dell'
anno giudiziario dell'
organo di giurisdizione, ´il giudice amministrativo
chiamato a sindacare i provvedimenti, senza accesso ai comportamenti, ha accertato l'
esistenza e
l'
esattezza dei presupposti di fatto posti a fondamento dei provvedimenti impugnati'
.
Insomma, un intervento soft, quello dei magistrati amministrativi, che hanno poi rimesso la palla alle
autorità indipendenti, come la Consob e Banca d'
Italia, perché andassero avanti con i loro processi
autorizzativi.
Ma de Lise ha ricordato che il suo Tar, come giudice dell'
economia, è anche intervenuto, con lo stesso
approccio, su altre due vicende ´relative alla determinazione del prezzo di opa residuali: in un caso il
Tar ha ritenuto sussistere dei vizi di istruttoria e di motivazione, ma ha rimesso all'
authority competente
la determinazione del prezzo; in un altro caso ha respinto il ricorso'
.
Nel 2005, il Tar del Lazio non ha comunque solo confermato il proprio ruolo di giudice dell'
economia.
Nell'
anno appena passato, infatti, sono state moltissimi i campi del diritto nei quali il tribunale regionale
è stato chiamato intervenire come risolutore di conflitti: dal settore radiotelevisivo, alla bioetica, alla
dismissione del patrimonio degli immobili di proprietà degli enti previdenziali fino ai campionati di
calcio e alle Olimpiadi di Torino.
Nonostante l'
ingente carico giudiziario, tuttavia, il neopresidente ha espresso piena soddisfazione per
come il Tar Lazio ha saputo fronteggiare la situazione.
Nel 2005, a fronte di un totale di 12.388 ricorsi presentati, infatti, ne sono stati esauriti ben 15 mila. Un
risultato possibile anche grazie all'
intenso utilizzo da parte dei ricorrenti dello strumento della tutela
cautelare. Circa 8 mila del totale dei ricorsi presentati, infatti, contenevano un'
istanza di sospensiva.
Tuttavia, nonostante il bilancio positivo il presidente non ha potuto comunque fare a meno di puntare il
dito sull'
inefficienza del sistema giustizia, soprattutto con riguardo al problema dei tempi troppo lunghi
dei processi, definito prioritario, e su quello della scarsità delle risorse finanziarie. (riproduzione
riservata) Simona Andreazza
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Castelli, l'ingegnere dei codici
Benvenuto nel club. In quello dei più insultati ieri il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha
accolto così il ministro della Giustizia Roberto Castelli durante la presentazione del libro del
Guardasigilli «Maledetto ingegnere. Cinque anni di pregiudizi, insulti, calunnie e contumelie»
(l’epilogo è leggibile tra i documenti correlati).
Cinque anni di rapporti più che burrascosi che anche ieri si sono manifestati con una vera e propria
guerra dei libri: subito dopo la presentazione del volume del ministro, è stata la volta di quello
dell’Associazione nazionale magistrati sulla deontologia giudiziaria che ha introdotto pure i lavori del
28° Congresso nazionale (sull’argomento vedi anche l’intervista al presidente Ciro Riviezzo tra gli
arretrati del 23 febbraio).
«Non me la sono sentita di mancare, io sono il presidente ad honorem del club degli eletti, del club
degli insultati, volevo darti il benvenuto», ha dichiarato il presidente Berlusconi. Citando Tayllerand,
Berlusconi ha poi affermato che «se un uomo è attaccato da tutti non può che essere un buon uomo».
Castelli, ha continuato il presidente del Consiglio, è stato un «ottimo ministro, che ha lavorato con buon
senso» e bene ha fatto a mettere nero su bianco tutti «i comportamenti tipici della sinistra», di
intolleranza e pregiudizio nei confronti degli avversari, dei nemici. Mentre la magistratura, ha
continuato Berlusconi, ha lavorato puntualmente come una bomba ad orologeria ad ogni scadenza
elettorale, mandando avvisi di garanzia ad hoc. Il presidente del Consiglio ha poi concluso che
abbandonerà la politica solo quando avrà assicurato agli italiani un processo giusto e sarà introdotta la
separazione delle carriere tra Pm e giudici. Il programma della Cdl, contenente appunto la separazione
delle carriere, molto probabilmente verrà divulgato oggi o comunque al massimo entro domenica 26
febbraio, termine ultimo stabilito dalla legge elettorale.
Immediata la replica del presidente dell’Anm, Riviezzo che ha subito respinto le accuse del premier: «
La giustizia lavora con i suoi tempi, indipendentemente dall’agenda politica e i giudici decidono sulla
base della legge, non sulle convenienze politiche». «Avevamo chiesto con garbo – ha detto il
vicepresidente dell’Anm, Nello Rossi – di non essere tirati per i capelli in campagna elettorale,
evidentemente non siamo stati ascoltati e lamentiamo queste strumentalizzazioni e volgarizzazioni».
Riferendosi poi alla dichiarazione del premier sulla permanenza in politica sino alla separazione delle
carriere, il presidente Riviezzo ha affermato: «auguriamo una lunga vita politica al presidente, l’eternità
politica». Oggi intanto si aprirà il congresso, durante il quale i magistrati ribadiranno la richiesta di
sospensione degli effetti della riforma della Giustizia. I vertici del sindacato hanno respinto tutte le
critiche del Guardasigilli: «All’inizio avevo nutrito la speranza che un ingegnere potesse introdurre
positive innovazioni – ha detto Nello Rossi di Md, la corrente particolarmente nel mirino del ministro –
ma è proprio su questo terreno che il bilancio è negativo. Sull’informatizzazione degli uffici giudiziari
si sono fatti passi indietro, il ministro non può cambiare le carte». Anche il segretario dell’Anm,
Antonio Patrono, appartenente alla corrente di Mi, notoriamente più moderata ha stigmatizzato il
“vizio” di attaccare le toghe da parte di esponenti della maggioranza. «Nessuna accusa di
strumentalizzazione della giustizia da parte dei magistrati è stata mai provata – ha detto Patrono – dalla
politica non ci aspettiamo voti ai magistrati, ma mezzi per far funzionare la giustizia e questo non è mai
stato fatto». (p.a.)
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Castelli nel suo libro ripercorre le tappe principali di questi cinque anni a via Arenula dal mandato di
arresto europeo alla ex Cirielli, al rifiuto di concedere la grazia ad Adriano Sofri. Un capitolo a parte
per la magistratura, in particolare a quel 27%, iscritto a Magistratura democratica che rivendica la
propria «collocazione politica». «Chi detiene questo potere dello Stato – ha detto Castelli – deve
prendere atto che il periodo storico di surroga della classe politica è finito, non può esservi infatti Stato
democratico se i governanti, beninteso onesti, anziché rispondere al popolo devono rispondere per la
loro azione politica ai magistrati». Il restante 71% dei magistrati, ha continuato Castelli, non persegue
la lotta politica con strumenti che sono propri della magistratura, ma è comunque contro questo
governo, per motivi istituzionali e corporativi perché percepisce il governo come quello che si vuole
inserire nella sua autonomia. In pratica, ha ribadito i ministro, una parte della magistratura si
contrappone al governo per motivi politici, l’altra per questioni istituzionali e corporative.
Nella carrellata di insulti raccolti si va da «incompetente e fazioso» a «pericolo per la democrazia»,
«pirla», «tordo», «elefante in stato di ebbrezza», «ministro contro la giustizia» e «ministro levasigilli»,
«villano», «marginale», «sommamente incompetente». Nelle 97 pagine Castelli attacca soprattutto
l’atteggiamento supponente degli avversari politici: «un presupposto e ingiustificato senso di
superiorità della sinistra» secondo il quale un ingegnere non può fare il ministro della Giustizia mentre
un perito tecnico in telecomunicazioni come Carlo Leoni può fare il responsabile giustizia dei Ds. «Il
perito va bene – scrive il ministro – ma non va bene Castelli» ha lamentato il Guardasigilli, che ha
quindi illustrato il suo curriculum. Ha iniziato a studiare latino in quinta elementare, si è diplomato al
liceo classico, e che liceo, «quell’Alessandro Manzoni di Lecco» politicamente noto, per aver
diplomato personaggi come «l’attuale presidente della Regione Lombardia, parlamentari di lungo corso
e numerosi politici locali». Un Guardasigilli che «si è specializzato in vari Paesi del mondo», ma che
poi in Europa si è messo di traverso rispetto ad alcuni trattati europei, che «ha creato un certo numero di
posti di lavoro» e che forse allora aspirava al ministero toccato al compagno di partito Roberto Maroni.
La sinistra, ha sottolineato il Guardasigilli, «non ha mai combinato nulla, D’Alema ha fallito con la
Bicamerale e come presidente del Consiglio, noi siamo stati più bravi di loro». Tra le cose fatte il
ministro cita la riforma del diritto societario, risalente al 1942, così come quella delle procedure
concorsuali; la riforma del Consiglio superiore della magistratura e la riforma del concorso per
l’accesso alla professione forense che ha posto fine al “turismo concorsuale”, mentre una legge di cui
va «particolarmente orgoglioso e di cui si parla poco è quella relativa agli acquisti di immobili che ha
posto fine ad una vera e propria piaga sociale». Discorso a parte poi per la riforma dell’Ordinamento
giudiziario che ha superato ben quattro scioperi della magistratura: «se ciò si possa annoverare tra i
meriti o le colpe lo diranno solo gli anni futuri».
Nel frattempo si può solo dire che riguardo la riforma del Consiglio superiore della magistratura,
esponenti della maggioranza, come ad esempio il presidente della commissione Giustizia del Senato
Antonino Caruso (An), avrebbero voluto correggerla, mentre a proposito della riforma del processo
civile si è preferito passare attraverso il decreto legge (contenente deleghe al Governo) anziché passare
tramite Ddl formalmente presentato e ultimato dalla commissione ministeriale. Ma sull’argomento si
veda pure l’inchiesta a puntate pubblicata sull’edizione on line dell’11 e 18 febbraio. (p.a.)
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Gli esordi
Dopo Silvio Berlusconi, sono stato l’uomo più insultato di questa legislatura. Quando, quel pomeriggio di
maggio del 2001, Umberto Bossi mi chiese se mi sentivo di assumere l’incarico di ministro della Giustizia,
dandomi un’ora di tempo per decidere, sapevo che avrei dovuto affrontare un cammino assai difficile e
accidentato.
Non solo per il fatto che era noto che la giustizia italiana soffrisse di pesanti carenze, quali l’eccessiva durata dei
procedimenti, il dominio ferreo delle correnti sulla magistratura e sul Csm, la connotazione politica di troppi
magistrati.
Ma anche per la particolare posizione giudiziaria di Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, colpiti da decine di
provvedimenti, fatto che evidentemente poneva i due leader in una posizione assai delicata rispetto alla questione
giustizia.
Per tutti questi motivi ero conscio di andare a cavalcare la tigre, ma devo confessare che di un aspetto non avevo
tenuto conto: l’odio di cui sarei stato fatto segno.
Odio che non solo ho letto nei comunicati, nelle dichiarazioni, negli articoli di giornale, ma che ho visto
plasticamente rappresentato sulle facce di alcuni parlamentari della sinistra quando – ed è accaduto spesso –
esponevo verità a loro avviso politicamente scorrette e dicevo cose che non si potevano dire.
Il disprezzo evidentemente era pregiudiziale, dal momento che iniziò dalla mia prima apparizione ufficiale.
Cominciai a capire cosa mi aspettava già dopo il mio primo intervento davanti ai capi degli uffici e al Consiglio
superiore riuniti a Roma, il 14 luglio 2001.
Feci ovviamente un discorso programmatico e conciliante, pur di fronte a una platea già ostile. Il giorno
successivo La Repubblica titolò “L’esordio di Castelli. Un ministro molto leggero”. Se questa non è
prevenzione…
Val la pena di portare alcuni brani dell’articolo per dare l’idea del clima di quei giorni.
«Francesco Saverio Borrelli e Piero Grasso si guardano negli occhi, si danno leggermente di gomito e si lasciano
andare entrambi a una risata sorniona. Sono le 13 e il ministro della Giustizia Roberto Castelli se n’è andato da
un paio di ore dai saloni sotterranei dell’Hotel Ergife. Lì il Csm ha dato appuntamento ai capi degli uffici
giudiziari italiani e ha invitato anche il neoguardiasigilli. Attorno al Pg di Milano e al capo dei Pm di Palermo si
affolla un crocicchio di giornalisti. E la domanda parte, inevitabile, per entrambi. “Che ve ne pare del discorso di
Castelli?”. Grasso è uomo noto per le sue gag. E Borrelli per i suoi sorrisi enigmatici che valgono più di una
risposta. I due si osservano per pochi secondi e poi rispondo, prima l’uno e poi l’altro, con una battuta. Grasso:
Oddio, non riesco proprio a ricordarmelo quello che ha detto”. E Borrelli: “Ma perché, ha detto qualcosa?”».
Passa poco tempo e sempre su La Repubblica Giorgio Bocca scrive: «C’è da nominare un ministro della
Giustizia che ricucia i rapporti democratici fra magistratura e politica? Si nomina l’ingegner Castelli, un
esponente della vandea lombarda prealpina e del populismo ondivago» (Le parole magiche, della finta
modernità, La Repubblica, 22 agosto 2001).
Che dire? Presi atto allora della prevenzione nei miei confronti e anche del tentativo di intimidazione insito in
quelle parole.
Quei tempi sembrano lontani, anche se sono trascorsi solo pochi anni. Occorre però ricordare il contesto in cui
mi sono trovato ad operare, dopo un lungo decennio di patologica conflittualità tra potere politico e ordine
giudiziario, con l’anomalia di magistrati che, attraverso un sapiente uso dei media, hanno agito sul corso della
storia italiana in modo determinante. La situazione raggiungeva vertici parossistici a Milano. Pensiamo a
Francesco Saverio Borrelli, una specie di semidio nel suo Olimpo. Ogni sua parola era verità rivelata, era il
Magistrato con la Emme maiuscola. Faccio presente che prima di me, dal ’90 in poi, tutti i ministri che hanno
tentato di ordinare un’ispezione a Milano hanno dovuto abbandonare il Ministero perché in quel Palazzo si
muovevano, di fatto, degli intoccabili.
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Stiamo parlando di magistrati che erano in grado, con un semplice comunicato, di bloccare i lavori della
bicamerale di D’Alema che – è bene ricordarlo – tentò di varare la riforma dell’ordinamento giudiziario, oggi
tanto contestata, senza rendersi conto che non aveva la forza per farlo.
Nonostante tutto, però, in quella occasione sorrisi. Pensai che non sapevano chi avevano di fronte. Non capivano
che un leghista della prima ora che arriva ai vertici del movimento, ha già dovuto superare dure prove, politiche
ed esistenziali, e che ha quindi maturato una capacità di lotta e di resistenza superiore alla media.
Commentando alcune mie dichiarazioni sui magistrati, Borrelli mi definì “personaggio assai modesto”. Anzi, per
la precisione disse: «Io non prendo nemmeno in considerazione le parole dette da un personaggio la cui statura
è, per la verità, assai modesta sia politicamente che tecnicamente» (Ansa, 17 gennaio 2004).
Il Pg di Milano Borrelli e il procuratore D’Ambrosio furono particolarmente astiosi nei miei confronti. Con loro
adottai una tattica molto semplice: sapevo che il tempo era dalla mia parte, a causa della loro età, e non accettai
mai le loro provocazioni. Tra l’altro è curioso notare che, di persona, Borrelli mi apostrofava con un ossequioso
“signor ministro”, salvo poi spararmi addosso ad ogni piè sospinto.
Fino a ieri erano due simpatici pensionati di cui pochi di ricordavano. Un po’ poco per chi, come si sussurra nel
Palazzo di Giustizia di Milano, per qualche tempo, ai tempi d’oro di Mani Pulite, coltivò il sogno di diventare
Presidente della Repubblica.
Tra l’altro non ho mai capito perché Borrelli volle sottoporsi all’umiliazione di presentare domanda per la
riammissione in magistratura, pur sapendo benissimo che non il ministro, ma il Csm l’avrebbe respinta, come poi
è puntualmente avvenuto.
Mi viene in mentre un testo di Davide Van de Sfross, cantante-poeta dialettale com’asco: “Un qualsiasi vestìi
süta son biutt”, “Sotto qualunque vestito sono nudo”. Anch’io la penso così e sono pronto a tornare
nell’anonimato, nella condizione dell’uomo nudo, in nulla diverso dai suoi simili. Forse Borrelli invece ha
scoperto di essere qualcuno proprio per il suo status di togato. Ha preso consapevolezza che senza toga non era
più nessuno. E non lo ha sopportato.
La situazione è cambiata un po’ all’inizio di febbraio del 2006 perché la candidatura di D’Ambrosio nelle liste
dei Ds per le elezioni politiche ha sollevato molte polemiche e ha riportato entrambi i magistrati agli onori delle
cronache. Dico entrambi perché i due sembrano quelle coppie famose, per le quali pare che l’uno non possa fare
un passo senza l’altro. Che so, i fratelli Wraight o, se non sono troppo irriverente, Bibì e Bibò.
Certo questa candidatura ha portato alla ribalta il sempiterno problema del collateralismo delle cosiddette “toghe
rosse” con i Ds.
Da parte mia, continuo a pensare che la magistratura debba stare lontana dagli schieramenti politici per
preservare la sua immagine di terzietà. Credo che questo sarà un tema che vada approfondito, questa volta si, con
metodo bipartisan.
Certamente questa candidatura solleva qualche sorpresa considerate le dichiarazioni che D’Ambrosio rilasciò
quando venne messo a riposto: Cito: «Non mi darò alla politica, mi occuperò ancora dei problemi della giustizia
perché voglio continuare a perseguire questo fine, quello di una giustizia giusta» (Anda, 29 novembre 2002). E
ancora, rispondendo ad una domanda su una sua eventuale candidatura politica: «Arriverebbe quando avrei 77
anni. Credo che per allora mi sarò già ritirato in buon ordine» (Intervista a La Repubblica 29 novembre 2002).
Un luminoso esempio di coerenza. Ma tant’è…
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IL SOLE 24 ORE
CASSAZIONE CIVILE Nessuna interruzione per la causa che è stata avviata dalla società poi
incorporata
La fusione non ferma il processo
Decisive le indicazioni fornite dalla riforma del diritto societario - Non c'
è estinzione della Spa
assorbita
ROMA. Nel nuovo diritto societario la fusione per incorporazione non determina più l'
interruzione del
processo per perdita della capacità processuale. A chiarire la portata del nuovo articolo 2505 bis del
Codice civile (modificato nell'
ambito della più ampia riforma della disciplina di società per azioni e a
responsabilità limitata datata 2003) è la Corte di cassazione a Sezioni unite, con l'
ordinanza n 2637
depositata l'8 febbraio.
un regolamento preventivo di giurisdizione (era incerto se la causa dovesse essere decisa dal giudice
ordinario o da quello amministrativo), è intervenuta a respingere la tesi sostenuta da una Spa che
chiedeva l'
interruzione del processo in cui era coinvolta per una controversia su un appalto di servizi a
causa della fusione per incorporazione con un'altra Spa.
La Cassazione premette che non sarebbe stato necessario neanche affrontare nel merito la richiesta, se
si fosse tenuto presente l'
orientamento consolidato della stess a Suprema corte.
Infatti, e vengono citati numerosi precedenti, l'
estinzione del soggetto che ha presentato il ricorso,
dichiarata nel giudizio di legittimità dal suo difensore in udienza, non incide sullo svolgimento del
procedimento in Cassazione perché questo è dominato dall'
impulso di ufficio.
Nel merito, però, la posizione della società è del tutto infondata, visto che la nuova norma del Codice
civile ha eliminato ogni dubbio, stabilendo che la società che risulta dalla fusione o quella incorporante
assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione proseguendo in tutti i loro rapporti,
anche processuali, anteriori alla fusione. «Il legislatore – sottolinea la Cassazione- ha così
definitivamente chiarito che la fusione tra società, prevista dagli articoli 2501 e seguenti del Codice
civile, non determina nella ipotesi di fusione per incorporazione, l'
estinzione della società incorporata,
né crea un nuovo soggetto di diritto nell'
ipotesi di fusione paritaria; ma attua I l'
unificazione mediante
l'
integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione».
L'
operazione, secondo la linea intepretativa sposata dalla Corte, non produce l'
estinzione di un soggetto
e, contestualmente, la creazione di un altro, ma si risolve piuttosto in una vicenda solo «evolutivamodificativa» dello stesso soggetto, che conserva l'
identità,pur in un nuovo assetto organizzativo.
Prima della riforma del diritto societario, però, la Cassazione era statò di diverso parere e, si veda per
esempio la sentenza n. 6298 del 1999, aveva concluso per la necessaria interruzione del processo, a
patto che il procuratore della società incorporata abbia dato notizia dell'
avvenuta operazione nel corso
del processo, paragonando l'
avvenuta incorporazione alla successione mortis causa. La fusione della
società attraverso incorporazione determinava, per questo precedente orientamento, l'
estinzione dell'
ente assoggettato a fusione e il subentro dell'
incorporante nei rapporti a esso collegati.
GIOVANNI NEGRI
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QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI
Primo processo telematico
Catania si è svolto ieri il primo processo civile telematico, ed è durato appena 11 minuti a fronte dei 7
anni di media di un processo civile «normale».
Tutti i passaggi del processo, dall’invio dell’istanza dell’avvocato alla cancelleria alla pubblicazione del
provvedimento di accoglimento sono stati svolti telepaticamente attraverso atti elettronici, firme
digitali, nell’ambito di una sperimentazione fortemente voluta dal Presidente del Tribunale Antonio
Cardaci, dai magistrati, dai cancellieri, dal Cisia di Catania e dall’Ordine degli avvocati presieduto da
Fabio Florio. E proprio un avvocato, Francesco Isola, parteciperà quotidianamente alla
sperimentazione. Il processo civile telematico prevede la formazione e la trasmissione dei documenti
attraverso modelli informatici, è regolato dal Dpr 123/01 ma non ha ancora trovato piena attuazione.
M.A.
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ITALIA OGGI
Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo sulla tutela della proprietà intellettuale
Diritto d'autore, risarcimenti al via anche per il danno non patrimoniale
Le nuovo regole sul diritto d'
autore diventano legge. Il risarcimento derivante da violazioni dei diritti di
proprietà intellettuale verrà riconosciuto anche a chi ha subito un danno non patrimoniale. Vietato
introdurre strumenti di registrazione, riproduzione o trasmissione delle opere riprodotte in cinema, teatri
e concerti, o dovunque si svolga un pubblico spettacolo. Le novità (anticipate da ItaliaOggi del 3
febbraio 2006) vengono introdotte dal dlgs di attuazione della direttiva Ue 2004/48, in materia di tutela
dei diritti di proprietà intellettuale, di contrasto ai fenomeni della contraffazione e della pirateria,
nonché di previsione di misure a risarcimento del danno, approvato ieri dal consiglio dei ministri.
Il governo ha varato anche altri decreti attuativi delle seguenti direttive:
- 2003/74, sul divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e beta-agoniste
nella fabbricazione di prodotti di origine animale destinati al consumo, con la previsione di relativi
controlli;
- 2003/42 per l'
istituzione di sistemi di segnalazione obbligatoria (affidato all'
Enac- Ente nazionale
aviazione civile) e volontaria (coordinato dall'
Ansv- Agenzia nazionale per la sicurezza del volo) di
eventi attinenti la sicurezza del volo, con l'
obiettivo di attuare una prevenzione sempre più efficace di
incidenti e inconvenienti nel settore;
- 2003/20, che estende l'
uso obbligatorio delle cinture di sicurezza a tutte le categorie internazionali di
autoveicoli adibiti al trasporto di persone e di merci, in particolare a quelli di massa superiore a 3,5
tonnellate finora esclusi dall'
obbligo (veicoli commerciali per il trasporto di carichi pesanti, autobus); il
provvedimento detta anche misure di sicurezza per il trasporto di bambini ed individua particolari
categorie esentate dall'
obbligo della cintura di sicurezza;
- 2000/53, in materia di adozione di regole corrette per la gestione, lo smaltimento, il riciclaggio dei
veicoli fuori uso. Il consiglio dei ministri ha confermato la necessità di mantenere su base volontaria il
servizio civile nazionale, così come avviene per l'
arruolamento nelle forze armate. Soluzioni diverse,
come l'
introduzione dell'
obbligatorietà per il solo servizio civile, spiega il comunicato ufficiale di
palazzo Chigi, risulterebbero in contrasto con il principio costituzionale della difesa della patria che, in
base alla giurisprudenza della Corte costituzionale, riguarda sia le forze armate sia il servizio civile. Via
libera anche a un regolamento per la riorganizzazione dei dipartimenti del ministero dell'
interno (che da
quattro divengono cinque), così da completare l'
adeguamento della struttura ai mutamenti organizzativi
e funzionali intervenuti con il passaggio al modello dipartimentale. Sul testo sono stati acquisiti i pareri
favorevoli del Consiglio di stato e delle commissioni parlamentari competenti. Varato poi un
regolamento per l'
organizzazione del Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la
sicurezza degli alimenti, recentemente istituito nell'
ambito della struttura ministeriale, con l'
obiettivo di
conseguire livelli di vigilanza e di tutela della salute umana e animale sempre più efficaci. Anche in
questo caso sul testo si sono favorevolmente espressi il Consiglio di stato e le commissioni
parlamentari. Successivamente il Consiglio, su proposta del ministro dell'
economia e delle finanze,
Giulio Tremonti, ha deliberato la promozione a generali di Corpo d'
armata della guardia di finanza dei
generali di divisione Giovanni Mariella e Ugo Marchetti. (riproduzione riservata) Giovanni Galli
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