- Istituto Comprensivo di Vobarno

Transcript

- Istituto Comprensivo di Vobarno
Anno scolastico 2012-13
Bambino
Bambino, se trovi l'aquilone della tua fantasia
legalo con l'intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l'ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell'acqua del sentimento.
Alda Merini
NOTIZIE E PROPOSTE DALLA COMMISSIONE LEGALITA’
La commissione legalità si è riunita nel mese di dicembre ed ha effettuato una ricognizione sui percorsi che si stanno realizzando all’interno dell’Istituto a titolo di educazione alla legalità, alla cittadinanza, alla Costituzione.
Le notizie raccolte vengono qui sintetizzate:
Scuola primaria di Roè Volciano
Tutte le classi della scuola primaria stanno procedendo nel progetto iniziato lo scorso anno per cui, durante i primi giorni
di scuola e dopo il primo quadrimestre, vengono proposti dei laboratori, su temi relativi alla legalità, per gruppi eterogenei.
Inoltre ciascun docente, nelle varie classi, propone temi specifici e contestualizzati.
Scuola primaria di Vobarno
Le classi affrontano l’educazione alle regole, comprese quelle della strada, alla convivenza civile, alla legalità e alla Costituzione attraverso percorsi strutturati poichè utilizzano proposte del sussidiario oppure libricini (come Noi insieme che inizia dall’educazione stradale oppure il fascicolo collegato allo spettacolo sulla Costituzione).
Scuola secondaria di Vobarno e di Roè Volciano
In alcune classi si sta in maniera sistematica presentando la Costituzione italiana, utilizzando il testo semplificato distribuito
ad inizio anno.
In altre classi si sta lavorando sulle regole della nostra scuola e sui diritti dei bambini.
Alcune classi terze di Vobarno hanno raccolto la sollecitazione della docente di musica per realizzare “Costituzione rap” che
vuol dire trovare le parole per cantare sul ritmo del rap i vari articoli della Costituzione.
Una classe terza di Roè Volciano sta approfondendo il tema del contrasto alla mafia attraverso il libro dedicato a Giovanni
Falcone, Per questo mi chiamo Giovanni.
Altre classi utilizzano notizie di attualità per organizzare la discussione in classe.
QUALCHE SPUNTO, SOPRATTUTTO PER LA SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO
Le proposte che abbiamo raccolto per l’anno corrente e per i giorni della legalità nascono dalla volontà di collegarsi a situazioni concrete. Pertanto ogni docente potrà pescare quanto ritiene più adatto alla propria classe.
Proposte che si intrecciano con il Progetto 25 Aprile:
• incontro con testimone (può essere per entrambi i plessi: l’intervento dello scorso anno è stato molto efficace)
• presentazione della Costituzione rap il 25 aprile (plesso di Vobarno)
Proposte per i giorni della legalità:
• Incontro con i carabinieri, preferibilmente quelli del comando di Vobarno, due classi per volta, solo classi terze (plesso
di Vobarno): cos’è una stupidaggine e cos’è un reato anche in riferimento alle leggi sull’uso delle droghe, rischi e problemi collegati a facebook. E’ da valutare la partecipazione delle classi di Roè Volciano.
• Incontro per le classi di Roè Volciano con la scrittrice Shanti Ghelardoni, su sollecitazione di Ai.Bi.: ella racconta la
sua esperienza di figlia adottata e quella di altri dando voce ai problemi della ricerca d’identità, del desiderio di ricostruire dall’inizio la propria storia di vita, del ritorno nella terra d’origine fino all’incontro con la famiglia naturale. I
temi possono essere proposti alle classi con una duplice mediazione: un’attrice legge alcuni brani e la professoressa
Katia Vezzola conduce un’intervista (da concordare) affinchè la conversazione venga adattata ad un pubblico di preadolescenti.
• Incontro con una sopravvissuta per la Giornata della Memoria: da definire. La proposta viene fatta sia alle terze di
Vobarno che a quelle di Roè Volciano.
• Incontro con un profugo per le classi di Roè Volciano: da definire.
1
Ci è sembrato utile predisporre uno schema nel quale i consigli di classe potrebbero muoversi per l’organizzazione delle attività dei giorni della legalità.
classi prime
Se le classi stanno lavorando sui temi dei diritti dell’infanzia, è il momento ideale per utilizzare film e letture dell’antologia
(vedi unità sui Diritti dei minori). Rimandiamo alle proposte contenute nei precedenti fascicoli (reperibili nel sito dell’istituto:
IMMAGINA;
LEGA L’ILLEGALITA’, SLEGA LA FELICITA’).
Due film che sposano bene il tema dei diritti e quello della legalità sono: Io non ho paura e Iqbal.
Se la classe non permette quel livello di proposta, La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare è sempre molto
efficace.
Un’altra direzione di lavoro è qualche attività specifica sulla sostenibilità ambientale (se non si è ancora fatto, l’impronta
ecologica suggerita anche dalla commissione ambiente e il trattato di pace con la terra, oltre al sempre utile film
d’animazione L’uomo che piantava gli alberi - si vedano i materiali degli scorsi anni, sempre nel sito, specialmente
CARTA DELLA TERRA).
classi seconde
Un tema ottimo resta quello del bullismo. Oltre a quanto offerto dall’antologia, rimandiamo alle indicazioni nel fascicolo
dello scorso anno (vedi sopra).
Per chi sta lavorando sulla Costituzione, si può pensare ad un approfondimento sull’inno di Mameli utilizzando Roberto
Benigni.
classi terze
Tre piste di lavoro: mafia e dintorni (vedi sotto i materiali nuovi), educazione alla mondialità (è possibile acquistare una
mostra di Mani Tese che in passato era stata giudicata ottima); cambiare il mondo a partire da una nuova economia
(incontro con un esponente di un gruppo d’acquisto solidale - gas).
Per chi vuole avventurarsi su materiali nuovi, in questa comunicazione alleghiamo alcuni testi: possono essere stimoli che
innescano processi creativi nei docenti.
Alcuni materiali sono più adatti ad una riflessione personale sul proprio crescere, sull’identità che ci si vuole dare (letture di
Baricco e Pinocchio): si parte da lì per avviare una riflessione sulle regole; altre vanno più al cuore dei temi della legalità e
della lotta alle mafie (La pelle che ci ricopre, Roberto Saviano, Luciano Violante).
INDICE
1. Lettura: Legalità: la pelle che ci ricopre di José Manuel Fajardo. 2. Luciano Violante: Dodici tesi sulle mafie italiane
3. Lettura da Alessandro Baricco “Uno strano coro”
4. Lettura da Roberto Saviano
5. Lettura capitolo XXX da Pinocchio (Nel paese del balocchi)
6. Video su youtube, Don Luigi Ciotti: "Quello che per me significa legalità" - "Vieni via con me" di Fabio Fazio e
Roberto Saviano. Quarta puntata - 29/112010;
7. Su youtube con facilità si trovano interventi di Gherardo Colombo che dialoga con le classi sulla Costituzione oppure di
padre Alex Zanotelli per chi voglia privilegiare i temi della giustizia e l’educazione alla mondialità
8. E’ possibile sfruttare lo spettacolo di Roberto Benigni sulla Costituzione proposto dalla Rai lunedì 17 dicembre 2012.
ANCORA QUALCHE CONSIGLIO
Per chi vuole costruire un percorso sistematico di conoscenza della Costituzione italiana, una volta fatta l’introduzione storica, consigliamo due volumi “molto attivi”:
Carlo Carzan - Sonia Scalco, 1,2,3 Costituzione, Percorsi ludici e creativi per una cittadinanza attiva, edizioni la Meridiana
(40 giochi sui diritti e i doveri - adatto alla primaria, offre qualche idea anche per gli studenti della secondaria)
Raffaele Mantegazza, Sana e robusta Costituzione, edizioni la Meridiana
Sulla Costituzione si può lavorare per parole chiave: per ognuna è facile trovare commenti di grandi intellettuali che possono essere proposti alle classi insieme a giochi e a discussioni molto concrete (es. Democrazia commentata da Norberto
Bobbio).
Se le classi imparano a memoria il testo semplificato, si può organizzare la maratona della Costituzione, invitando i genitori...
PER LA SCUOLA PRIMARIA:
Le parole per stare insieme. Un alfabetiere per crescere, edizioni FATATRAC euro 9,90
Una serie di carte come un alfabetiere per attività sulle parole “utili” per stare insieme bene.
2
1. Legalità: la pelle che ci ricopre
È difficile dare una definizione di legalità, però è possibile comprendere la sua importanza attraverso un paragone. Secondo l’autore di questo brano, la legalità è come la pelle che ci ricopre: è sottile e vulnerabile, ma guai se non esistesse.
La pelle che ci ricopre non serve quasi a nulla. Al minimo graffio si lacera e sanguina. Il freddo la fa rizzare senza che una
peluria frondosa (1) arrivi a proteggerci. Si brucia facilmente, si irrita e si copre di eritemi (2) con gli stimoli più diversi.
Non è una corazza, un riparo, una maschera.
È una povera pelle fragile, che non tarda a riempirsi di rughe. Poca cosa. E tuttavia non possiamo farne a meno. Il mondo
sarebbe insopportabile senza la sua magra protezione. Il minimo contatto, il più fiacco raggio di sole martirizzerebbero le
nostre carni fino alla follia.
La nostra pelle è la debole e imprescindibile (3) barriera che ci protegge dal mondo.
Allo stesso modo, la legalità, l’ordine legale è la tenue barriera che ci protegge da noi stessi, dalla nostra natura aggressiva.
In maniera imperfetta, insufficiente e molte volte ingiusta, la legge è la pelle sociale che ci ricopre.
La sua esistenza consente la civiltà, ci offre protezione o ci castiga. Contro di lei possiamo sollevarci o imprecare. Possiamo
brandirla (4) per raggiungere i nostri obiettivi o per combattere i nemici. Possiamo infrangerla per addentrarci nel territorio
proibito. Riformarla, migliorarla, abrogarla. Ma senza la legge non resta che l’abisso dell’arbitrio, l’abbandono dell’individuo
alle regole del branco. La trasformazione della vita sociale nel peggiore degli inferni.
Quando un governante ignora la sua stessa legalità, come fanno le dittature, facendo sparire i loro oppositori […]; quando
gruppi terroristici sequestrano qualche cittadino e lo segregano per mesi in cubicoli immondi […], quando lo privano di qualunque diritto, […] allora, quando nemmeno la minima ombra di legalità, seppure ingiusta, offre rifugio alle azioni degli uomini, rimpiangiamo la povera protezione di quella pelle di leggi con le quali cerchiamo da millenni di rendere possibile la nostra
vita in comune.
La legalità possiede quella dimensione sovrumana propria delle astrazioni create dagli stessi uomini.
Può essere una macchina di sfruttamento, di oppressione o di inquisizione, una porta chiusa in faccia ai deboli, un labirinto di
formalità in cui si perdono sistematicamente le buone intenzioni. Ma è anche a volte la porta attraverso la quale entra la
luce della giustizia, della solidarietà e della concordia.
Si può essere dalla parte della legge o combatterla apertamente quando la si ritiene ingiusta. Ma restarne ai margini vuol
dire spalancare le porte alle belve che ci abitano per sottometterci al loro terribile imperio.
(da: José Manuel Fajardo, in AA.VV., Raccontare la legalità, Pironti, Napoli 2004, trad. it. Bruno Arpaia)
1. Abbondante.
2. Arrossamenti.
3. Indispensabile.
4. Impugnarla.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Perché, secondo l’autore, la legalità è per gli uomini come la pelle che ci ricopre?
Perché l’uomo non potrebbe sopravvivere senza pelle?
Perché senza la legalità gli uomini non potrebbero vivere in una società?
L’autore fa alcuni esempi di governanti che ignorarono, essi stessi, il concetto di legalità: sai elencarli?
Secondo l’autore, cosa bisogna fare quando una legge sembra ingiusta?
Inventa anche tu un paragone per definire la legalità. La legalità è come….
2. Luciano Violante: Dodici tesi sulle mafie italiane
Notizia biobibliografica su Luciano Violante
Magistrato, già presidente della commissione parlamentare antimafia (che sotto la sua presidenza diede un contributo
notevole alla lotta contro i poteri criminali), attualmente presidente della Camera dei Deputati.
Tra le opere di Luciano Violante: La mafia dell'eroina, Editori Riuniti, Roma 1987; sua è la relazione della Commissione
parlamentare antimafia su Mafia e politica, Laterza, Roma-Bari 1993; I corleonesi, L'Unità, Roma 1993; Non è la piovra,
Einaudi, Torino 1994; ha curato per l'editore Laterza tre rapporti annuali sulla mafia: Mafia e antimafia. Rapporto '96;
Mafia e società italiana. Rapporto '97; I soldi della mafia. Rapporto '98; sua la cura del ponderoso volume su La criminalità, volume 12 degli Annali della Storia d'Italia, Einaudi, Torino 1997
Tesi 1. La mafia non è una piovra, né un cancro. Non è né misteriosa né invincibile. Per combatterla efficacemente e per
vincerla occorrono analisi razionali. E' fatta di uomini, danaro, armi, relazioni politiche e relazioni finanziarie. E' costituita essenzialmente da tre grandi organizzazioni criminali, Cosa Nostra, 'ndrangheta e camorra, e da un'organizzazione minore, la
Sacra Corona Unita, che è radicata in Puglia.
Queste organizzazioni hanno in comune il controllo del territorio, i rapporti con la politica e l'internazionalizzazione. Questo le
differenzia dalle comuni forme di criminalità organizzata.
Tesi 2. La principale organizzazione mafiosa è Cosa Nostra, con circa 5000 affiliati. Ha un esteso radicamento sociale,
un'organizzazione paramilitare, illimitate disponibilità finanziarie. Controlla minuziosamente il territorio sul quale opera. La sua
forza è determinata dal rapporto con la politica. La regola fondamentale è l'utilitarismo. La strategia è costituita
dall'espansione illimitata. Cosa Nostra è uno Stato nello Stato e agisce come una componente eversiva armata.
Tesi 3. La camorra agisce prevalentemente in Campania; è costituita da centinaia di bande, con quasi 7000 affiliati, che si
compongono e si scompongono con grande facilità, a volte pacificamente, altre volte con scontri sanguinosi. La camorra ha
una storia antichissima e un carattere prevalentemente mercenario. Ha manifestato una grande capacità di condizionamento
dell'economia e delle amministrazioni locali.
Tesi 4. La mafia calabrese si chiama 'ndrangheta. Essa ha caratteristiche proprie che la fanno apparire anomala tanto rispetto a Cosa Nostra quanto rispetto alla camorra. Mantiene aspetti arcaici insieme a innovazioni di straordinaria modernità.
3
Ha il quasi monopolio del traffico d'armi, conta circa 5600 affiliati, sul proprio territorio riesce a mantenere livelli di impunità
elevatissimi, superiori a quelli di Cosa Nostra. E' l'organizzazione mafiosa più presente nel nord del Paese.
Tesi 5. La Puglia è il "cortile di casa" delle tre mafie principali. Vi operano diverse forme di criminalità organizzata di tipo
mafioso; la più importante è la Sacra Corona Unita. Essa trae origine dal mutamento strutturale di organizzazioni malavitose
locali venute a contatto, agli inizi degli anni Ottanta, con la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo e, grazie al soggiorno
obbligato, con esponenti di Cosa Nostra. E' un tipico esempio di crescita incontrastata di un'organizzazione mafiosa che
avrebbe potuto essere bloccata con una ordinaria e tempestiva azione giudiziaria e di polizia. Il fenomeno, nonostante le reiterate denunce della Commissione antimafia, a partire dalla prima metà degli anni Ottanta, ha potuto espandersi senza
ostacoli sino a raggiungere una pericolosità considerevole.
Tesi 6. Il carcere costituisce per le organizzazioni mafiose il prolungamento del loro territorio. Non c'è alcuna possibilità di
sconfitta della mafia se non si attua una rigida separazione tra mafiosi detenuti e mafiosi in libertà. Perciò è necessario mantenere l'efficacia dell'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario, che stabilisce particolari controlli sui detenuti pericolosi.
Tesi 7. Il potere delle mafie moderne nasce essenzialmente da alcune grandi decisioni pubbliche. Ci sono, al di là della storia specifica di Cosa Nostra e del suo ruolo ai tempi dello sbarco alleato in Sicilia, scelte pubbliche di natura politica o economica, che hanno schiacciato il Mezzogiorno, hanno premiato classi politiche dirigenti locali fragili e delegittimate e sono state
attuate con la tolleranza dei ceti imprenditoriali.
Questo fenomeno ha prodotto l'integrazione della mafia nel sistema economico e politico e ha dato luogo ad estese pratiche
corruttive. La corruzione, nel processo espansivo della mafia, si è rivelata più importante del ricorso alla violenza.
Tesi 8. Logge massoniche "deviate" costituiscono il tramite più frequente e più sicuro nei rapporti tra mafia e istituzioni. Per
mezzo di queste logge, in particolare, la mafia cerca di "aggiustare" i processi che la riguardano. Esponenti delle logge massoniche, a loro volta, hanno chiesto in diverse occasioni la partecipazione di Cosa Nostra a vicende criminali ed eversive. Il
terreno d'incontro tra la mafia e queste logge è costituito dai comuni interessi antidemocratici.
Tesi 9. Le leggi contro la mafia ci sono. E' necessario apportare alcune correzioni; ma in questa fase non servono altre leggi. Serve invece un forte indirizzo politico per ottenerne dagli apparati dello Stato la più puntuale osservanza. E' grave piuttosto che le leggi contro la mafia siano state approvate solo dopo grandi omicidi, come se la classe politica dirigente dovesse
essere costretta dagli avvenimenti a fare queste leggi e non avesse mai avuto una propria autonoma strategia antimafia.
Tra le diverse leggi, una delle più efficaci è quella che stabilisce forti riduzioni di pena per i cosiddetti "pentiti" inducendo i
mafiosi a rompere l'omertà e a collaborare con lo Stato contro le organizzazioni di appartenenza.
Tesi 10. La Federazione Russa costituisce oggi, per la crisi economica, per la fragilità politica e per la difficoltà a darsi regole e farle osservare, un nuovo terreno di insediamento delle grandi mafie dei diversi Paesi, comprese le mafie italiane.
Questi insediamenti possono arrecare danni particolarmente gravi e inediti perché la Russia è una potenza nucleare e perché
senza una radicale azione di contrasto, concertata tra tutti i Paesi interessati, quel territorio potrebbe diventare una sorta di
colossale "città aperta" alle mafie di tutto il mondo.
Tesi 1 1 . La mafia, grazie ad un volume di affari che si aggira attorno ai 69000 miliardi l'anno, può distruggere il mercato
sostituendo con i propri imprenditori gli imprenditori onesti, rapinando le ricchezze nazionali, inquinando irrimediabilmente il
sistema bancario e finanziario. La difesa del mercato dalle organizzazioni mafiose ha per la democrazia un valore analogo
alla difesa delle istituzioni dello Stato.
Tesi 1 2 . Risultati definitivi nella lotta contro la mafia possono ottenersi soltanto se all'azione repressiva contro le organizzazioni mafiose si accompagnano interventi sociali per garantire i diritti fondamentali dei cittadini. Sinora la lotta contro la
mafia ha avuto un andamento pendolare proprio perché la repressione non è stata affiancata da un'azione di risanamento. I
nostri successi saranno definitivi se sapremo rompere tutti i rapporti tra mafia e politica e realizzare le riforme sociali. Accanto all'antimafia dei delitti deve affermarsi l'antimafia dei diritti, fondata sulla costruzione di condizioni economiche e sociali dignitose per tutti.
La mafia è il nostro principale fattore di arretratezza.
DOMANDE PER LA DISCUSSIONE
1. Quali sono le principali organizzazioni mafiose in Italia?
2. Riassumi le caratteristiche di ognuna evidenziando aspetti comuni e diffrenze.
3. Perchè “Cosa Nostra è uno stato nello stato”? Sai spiegare questa espressione?
4. Perchè il carcere è per i mafiosi un “prolungamento del loro territorio”?
5. Si può vincere secondo Violante la mafia? Come?
6. Discuti la frase conclusiva: “La mafia è il nostro principale fattore di arretratezza.” Riesci ad indicare quali elementi deve
avere un paese che non vuole rimanere arretrato?
3. UNO STRANO CORO di Alessandro Baricco
"... Ogni venerdì sera Pekisch suonava l'umanofono. Era uno strano strumento. Lo aveva inventato lui. In pratica era una
sorta di organo in cui però al posto delle canne c'erano delle persone. Ogni persona emetteva una nota e una sola: la sua
personale. Pekisch manovrava il tutto da una rudimentale tastiera: quando premeva un tasto un complesso sistema di corde faceva pervenire al polso destro del cantore corrispondente uno strattone: quando sentiva lo strattone il cantore emetteva la sua nota. Se Pekisch teneva schiacciato il tasto la corda continuava a tirare e il cantore continuava con la sua nota.
Quando Pekisch faceva risalire il tasto la corda mollava e il cantore si zittiva. Elementare. A detta del suo inventore,
l'umanofono presentava un vantaggio fondamentale: permetteva anche alle persone più stonate di cantare in un coro. Effettivamente se c'è molta gente che non è in grado di mettere in fila tre note senza stonare è invece molto raro trovare
qualcuno incapace di emettere una nota con perfetta intonazione e un buon timbro. L'umanofono faceva perno su questa
capacità pressoché universale. Ogni esecutore non aveva che da badare alla sua nota personale: al resto ci pensava Pekisch.
4
Ovviamente lo strumento non era capace di grandi agilità e tendeva a scomporsi nell'affrontare passaggi particolarmente
veloci o intricati. Anche in considerazione di ciò, Pekisch aveva messo a punto un repertorio acconcio, integralmente costituito da sue variazioni su temi popolari.
Per affinare i risultati si affidò a un paziente lavoro didattico e all'efficacia della sua eloquenza.
- Voi non venite qui a cantare una nota qualunque. Voi venite qui a cantare la vostra nota. Non è una cosa da niente: è
una cosa bellissima. Avere una nota, dico: una nota tutta per sé. Riconoscerla, fra mille, e portarsela dietro, dentro, e addosso. Potete anche non crederci, ma io vi dico che lei respira quando voi respirate, vi aspetta quando dormite, vi segue
dovunque andiate e giuro non vi mollerà fino a che voi vi deciderete a crepare, e allora creperà con voi. Potete anche fare
finta di niente, potete venire qui e dirmi, caro Pekisch mi spiace ma non credo di avere proprio nessuna nota dentro, e andarvene, semplicemente andarvene... ma la verità è che quella nota c'è... c'è ma voi non la volete ascoltare. E questo è
idiota, è un capolavoro di idiozia , davvero, un'idiozia da rimanere di stucco. Uno ha una nota, che è sua, e se la lascia
marcire dentro... no... statemi a sentire... anche se la vita fa un rumore d'inferno affilatevi le orecchie fino a quando arriverete a sentirla e allora tenetevela stretta, non lasciatela scappare più. Portatela con voi, ripetetela quando lavorate, cantatevela nella testa, lasciate che vi suoni nelle orecchie, e sotto la lingua e nella punta delle dita. E magari anche nei piedi, sì,
così chissà che non riusciate ad arrivare una volta puntuali, che non è possibile iniziare sempre con mezz'ora di ritardo, lo
dico anche per lei, signor Potter, anzi soprattutto per lei, con tutto il rispetto, ma non ho mai visto entrare il suo sol da quella
porta prima delle otto e mezzo, mai, mi possono essere testimoni tutti: mai.
[...]
Due ore dopo se ne tornavano a casa, Pekish e Pehnt, Pehnt e Pekish, scivolando nel buio verso la villetta della vedova
Abegg dove uno aveva la sua stanza di pensionante a vita e l’altro il suo letto di simil-figlio provvisorio. Pekish fischiettava
la melodia di Foresta incantata, boschi natii. Pehnt camminava mettendo un piede davanti all’altro come su un invisibile filo
sospeso su un canyon profondo quattrocento metri, forse di più.
- Di', Pekish...
- Mmmh...
- Ce l’avrò, io, una nota?
- Sicuro che ce l’avrai.
- E quando?
- Prima o poi.
- Prima o poi quando?
- Magari quando diventerai grande come quella tua giacca.
- E che nota sarà?
- Non lo so, ragazzo. Ma quando sarà il momento la riconoscerai.
- Sei sicuro?
- Giuro.”
(Alessandro Baricco, Castelli di rabbia)
Il testo stimola una riflessione personale: qual è la mia nota? quale vorrei che fosse? di quali parti sarà fatta? una nota che
cosa può essere per me? un bagaglio leggero? qualcosa che sta dappertutto? qualcosa che non ti lascia mai?
dicendo....
Naturalmente si possono invitare gli studenti a continuare il testo... o a riscriverlo .
5
e via
4.
ROBERTO SAVIANO
da GOMORRA
“Non bisognerebbe contare i morti per comprendere le economie della camorra, anzi sono l'elemento meno indicativo del
potere reale, ma sono la traccia più visibile e quella che riesce d'immediato a far ragionare con lo stomaco. Inizio la
conta: nel 1979 cento morti, nel 1980 centoquaranta, nel 1981 centodieci, nel 1982 duecentosessantaquattro, nel 1983
duecentoquattro, nel 1984 centocinquantacinque, nel 1986 centosette, nel 1987 centoventisette, nel 1988
centosessantotto, nel 1989 duecentoventotto, nel 1990 duecentoventidue, nel 1991 duecentoventitré, nel 1992
centosessanta, nel 1993 centoventi, nel 1994 centoquindici, nel 1995 centoquarantotto, nel 1996 centoquarantasette, nel
1997 centotrenta, nel 1998 centotrentadue, nel 1999 novantuno, nel 2000 centodiciotto, nel 2001 ottanta, nel 2002
sessantatré, nel 2003 ottantatré, nel 2004 centoquarantadue, nel 2005 novanta.
Tremilaseicento morti da quando sono nato. La camorra ha ucciso più della mafia siciliana, più della 'ndrangheta, più della
mafia russa, più delle famiglie albanesi, più della somma dei morti fatti dall'ETA in Spagna e dell'IRA in Irlanda, più
delle Brigate Rosse, dei NAR e più di tutte le stragi di Stato avvenute in Italia. La camorra ha ucciso più di tutti.”
I GUADAGNI DELLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI (mafia, camorra, ‘ndrangheta)
in miliardi di euro (fonte: CONFESERCENTI 2008)
Entrate
Uscite
Traffico droga
59
Stipendi (a capi, affiliati, detenuti, latitanti) 1,76
Tratta esseri umani
0,30
Spese per covi, reti, armi
0,45
Traffico armi
5,80
Corruzione
3,80
Contrabbando
1,20
Spese legali
0,70
Racket
9
Investimenti
26
Usura
12,60
Riciclaggio denaro
19,50
Furti, rapine, truffe
1
Accantonamenti
6,50
Appalti
6,50
TOTALE
58,71
Agricoltura
7,50
Giochi e scommesse
2,40
Contraffazione
6,30
Abusivismo
2
Ecomafie (traffico rifiuti)
16
Prostituzione
0,60
Proventi finanziari
0,75
TOTALE
130,95
Utile netto
72,24
da GOMORRA di Roberto Saviano
Io e Pikachu iniziammo a passeggiare e mi raccontò dei ragazzini del clan, la vera forza dei Di Lauro. Gli chiesi
dove si riunivano e lui si propose di accompagnarmi, lo conoscevano tutti e voleva dimostrarmelo. C'era una pizzeria dove
la sera si incontravano. Prima di andarci passammo a prendere un amico di Pikachu, uno di quelli che facevano da tempo
parte del Sistema. Pikachu lo adorava, lo descriveva come una sorta di boss, era un riferimento tra i ragazzini di Sistema
perché aveva avuto il compito di rifocillare i latitanti e, a suo dire, fare la spesa direttamente alla famiglia Di Lauro. Si chiamava Tonino Kit Kat, perché divorava quintali di snack. Kit Kat si atteggiava a piccolo boss, ma io mi mostravo scettico.
Gli facevo domande a cui si scocciava di rispondere, e così alzò il maglione. Aveva tutto il torace pieno di lividi sferici. Al
centro delle circonferenze viola apparivano grumi gialli e verdastri di capillari sfasciati.
"Ma che hai fatto?"
"Il giubbetto..."
"Giubbetto?"
"Sì, il giubbetto antiproiettili..."
"E mica il giubbetto fa questi lividi?"
"Ma le melanzane sono le botte che ho preso..."
I lividi, le melanzane, erano il frutto dei colpi di pistola che il giubbotto fermava un centimetro prima di arrivare a
entrare nella carne. Per addestrare a non avere paura delle armi facevano indossare il giubbotto ai ragazzini e poi gli sparavano addosso. Un giubbotto da solo non bastava a spingere un individuo a non fuggire dinanzi a un'arma. Un giubbotto non
è il vaccino alla paura. L'unico modo per anestetizzare ogni timore era mostrare come le armi potevano essere neutralizzate.
Mi raccontavano che li portavano in campagna, appena fuori Secondigliano. Gli facevano indossare i giubbotti antiproiettile
sotto le magliette, e poi uno per volta gli scaricavano contro mezzo caricatore di pistola. "Quando arriva la botta cadi per
terra e non respiri più, apri la bocca e tiri il fiato, ma non entra niente. Non ce la fai proprio. Sono come cazzotti in petto, ti
sembra di schiattare... ma poi ti rialzi, è questo l'importante. Dopo la botta, ti rialzi." Kit Kat era stato addestrato insieme ad
altri a prendere i colpi, un addestramento a morire, anzi a quasi morire.
Li arruolano appena diventano capaci di essere fedeli al clan. Hanno dai dodici ai diciassette anni, molti sono figli o
6
fratelli di affiliati, molti altri invece provengono da famiglie di precari. Sono il nuovo esercito dei clan della camorra napoletana. Vengono dal centro storico, dal quartiere Sanità, da Forcella, da Secondigliano, dal rione San Gaetano, dai Quartieri
Spagnoli, dal Pallonetto, vengono reclutati attraverso affiliazioni strutturate in diversi clan. Per numero sono un vero e proprio esercito. I vantaggi per i clan sono molteplici, un ragazzino prende meno della metà dello stipendio di un affiliato adulto
di basso rango, raramente deve mantenere i genitori, non ha le incombenze di una famiglia, non ha orari, non ha necessità
di un salario puntuale e soprattutto è disposto a essere perennemente per strada. Le mansioni sono diverse e di diversa responsabilità. Si inizia con lo spaccio di droga leggera, hashish soprattutto. Quasi sempre i ragazzini si posizionano nelle strade più affollate, col tempo iniziano a spacciare pasticche e ricevono quasi sempre in dotazione un motorino. Infine la cocaina, che portano direttamente nelle università, fuori dai locali, dinanzi agli alberghi, alle stazioni della metropolitana. I gruppi
di baby-spacciatori sono fondamentali nell'economia flessibile dello spaccio perché danno meno nell'occhio, vendono droga
tra un tiro di pallone e una corsa in motorino e spesso vanno direttamente al domicilio del cliente. Il clan in molti casi non
costringe i ragazzini a lavorare di mattina, continuano infatti a frequentare la scuola dell'obbligo, anche perché se decidessero di evaderla sarebbero più facilmente rintracciabili. Spesso i ragazzini affiliati dopo i primi mesi di lavoro vanno in giro armati, un modo per difendersi e farsi valere, una promozione sul campo che promette la possibilità di scalare i vertici del
clan; pistole automatiche e semiautomatiche che imparano a usare nelle discariche di spazzatura della provincia o nelle caverne della Napoli sotterranea.
Quando diventano affidabili e ricevono la totale fiducia di un capozona, allora possono rivestire un ruolo che va
ben oltre quello di pusher, diventano "pali". Controllano in una strada della città, a loro affidata, che i camion che accedono
per scaricare merce a supermarket, negozi o salumerie, siano quelli che il clan impone oppure, in caso contrario, segnalano
quando il distributore di un negozio non è quello "prescelto". Anche nella copertura dei cantieri è fondamentale la presenza
dei "pali". Le ditte appaltatrici spesso subappaltano a imprese edili dei gruppi camorristici, ma a volte il lavoro è assegnato a
ditte "non consigliate". I clan per scoprire se i cantieri subappaltano i lavori a ditte "esterne" hanno bisogno di un monitoraggio continuo e insospettabile. Il lavoro è affidato ai ragazzini che osservano, controllano, portano voce al capozona e da
questi prendono ordini su come agire in caso il cantiere abbia "sgarrato". Questi ragazzini affiliati hanno comportamenti e responsabilità da camorristi maturi. Iniziano la carriera molto presto, bruciano le tappe e la loro scalata ai posti di potere
all'interno della camorra sta radicalmente modificando la struttura genetica dei clan. Capizona bambini, boss giovanissimi divengono interlocutori imprevedibili e spietati che seguono nuove logiche, impedendo a forze dell'ordine e Antimafia di comprenderne le dinamiche. Sono volti tutti nuovi e sconosciuti. Con la ristrutturazione del clan voluta da Cosimo, interi comparti dello spaccio vengono gestiti da quindicenni e sedicenni che danno ordini a quarantenni e cinquantenni, senza sentire
neanche per un attimo soggezione o inadeguatezza.
Un ragazzo, Antonio Galeota Lanza viene intercettato dalle cimici dei carabinieri in auto con lo stereo alto, mentre
racconta come si vive facendo il pusher. "... Ogni domenica sera faccio ottocento o novecento euro, anche se quello del
pusher è un mestiere che ti porta ad avere a che fare con crack, cocaina e cinquecento anni di carcere..."
Sempre più spesso tutto ciò che i ragazzini del Sistema vogliono cercano di ottenerlo con il "ferro", così come chiamano la pistola, e il desiderio di un cellulare o di uno stereo, di un'auto o di un motorino, facilmente si tramuta in un assassinio. Nella Napoli dei bambini-soldato non è raro sentire vicino alla cassa dei negozi, nelle botteghe o nei supermarket affermazioni del tipo: "Appartengo al Sistema di Secondigliano" oppure "Appartengo al Sistema dei Quartieri". Parole magiche
attraverso cui i ragazzini prendono ciò che vogliono e dinanzi alle quali nessun commerciante chiederà mai di pagare il dovuto.
Vocabolario:
- Pikachu: soprannome del ragazzo di 14 anni che accompagna Roberto Saviano nei quartieri della camorra; il nomignolo si ispira ai
Pokemon.
- Di Lauro: clan di camorra molto importante a Secondigliano (quartiere di Napoli, come Scampia, Sanità Forcella, San
Gaetano, Quartieri Spagnoli, Pallonetto, Casoria)
Camorra, cioè l’organizzazione criminale
- Sistema: è la parola con la quale chi fa parte della camorra (affiliato) indica la
- Pusher: spacciatore di droga
- Ditte
“non consigliate” sono quelle normali, sane,
estranee alla camorra.
1. Perchè Tonino Kit Kat ha il torace pieno di lividi?
2. Come viene considerato da Pikachu?
3. Vari termini (arruolamento....) fanno pensare ad un addestramento di tipo militare per chi entra nel clan di camorra: in
che cosa consiste questo addestramento?
4. Quali vantaggi hanno i camorristi ad arruolare ragazzini?
5. Quali caratteristiche deve avere un ragazzino che entra in un clan?
6. Quali compiti vengono affidati ai ragazzini?
7. In che cosa consiste la mansione del palo?
8. Quali attrattive può avere l’ingresso nel clan agli occhi di un ragazzino? Quale futuro si prepara per lui?
9. Fai ipotesi sull’ambiente di provenienza di questi ragazzini: dove vivono, quali famiglie hanno alle spalle?
10. Quali sono le attività illegali che garantiscono alle organizzazioni criminali maggiori guadagni?
11. Ora sei in grado di scrivere cosa è un’organizzazione criminale.
12. Conosci persone o associazioni o progetti che si sono impegnati per i ragazzini di Scampia o Secondigliano o Quartieri
Spagnoli affinchè non finissero nella criminalità?
13. Sai costruire, in gruppo, usando tutte le lettere, l’alfabeto della illegalità e quello della legalità?
7
5. Pinocchio parte con Lucignolo per il paese dei balocchi
(capitolo XXX)
Pinocchio, invece di diventare un ragazzo, parte di nascosto col suo amico Lucignolo per il «Paese dei balocchi».
Com’è naturale, Pinocchio chiese subito alla Fata il permesso di andare in giro per la città a fare gl’inviti: e la Fata gli disse:
— Va’ pure a invitare i tuoi compagni per la colazione di domani: ma ricordati di tornare a casa prima che faccia notte. Hai
capito?
— Fra un’ora prometto di esser bell’e ritornato — replicò il burattino.
— Bada, Pinocchio! I ragazzi fanno presto a promettere, ma il piú delle volte, fanno tardi a mantenere.
— Ma io non sono come gli altri: io, quando dico una cosa, la mantengo.
— Vedremo. Caso poi tu disubbidissi, tanto peggio per te.
— Perché?
— Perché i ragazzi che non dànno retta ai consigli di chi ne sa piú di loro, vanno sempre incontro a qualche disgrazia.
— E io l’ho provato! — disse Pinocchio. — Ma ora non ci ricasco piú!
— Vedremo se dici il vero. —
Senza aggiungere altre parole, il burattino salutò la sua buona Fata, che era per lui una specie di mamma, e cantando e
ballando uscí fuori dalla porta di casa.
In poco piú d’un’ora, tutti i suoi amici furono invitati. Alcuni accettarono subito e di gran cuore: altri, da principio, si fecero un
po’ pregare: ma quando seppero che i panini da inzuppare nel caffè-e-latte sarebbero stati imburrati anche dalla parte di fuori, finirono tutti col dire: — «Verremo anche noi, per farti piacere».
Ora bisogna sapere che Pinocchio, fra i suoi amici e compagni di scuola, ne aveva uno prediletto e carissimo, il quale si
chiamava di nome Romeo: ma tutti lo chiamavano col soprannome di Lucignolo, per via del suo personalino asciutto, secco
e allampanato, tale e quale come il lucignolo nuovo di un lumino da notte.
Lucignolo era il ragazzo piú svogliato e piú birichino di tutta la scuola: ma Pinocchio gli voleva un bran bene. Difatti andò subito a cercarlo a casa, per invitarlo alla colazione, e non lo trovò: tornò una seconda volta, e Lucignolo non c’era: tornò una
terza volta, e fece la strada invano.
Dove poterlo ripescare? Cerca di qua, cerca di là, finalmente lo vide nascosto sotto il portico di una casa di contadini.
— Che cosa fai costí? — gli domandò Pinocchio, avvicinandosi.
— Aspetto di partire...
— Dove vai?
— Lontano, lontano, lontano!
— E io che son venuto a cercarti a casa tre volte!...
— Che cosa volevi da me?
— Non sai il grande avvenimento? Non sai la fortuna che mi è toccata?
— Quale?
— Domani finisco di essere un burattino e divento un ragazzo come te, e come tutti gli altri.
— Buon pro ti faccia.
— Domani, dunque, ti aspetto a colazione a casa mia.
— Ma se ti dico che parto questa sera.
— A che ora?
— Fra poco.
— E dove vai?
— Vado ad abitare in un paese... che è il piú bel paese di questo mondo: una vera cuccagna!...
— E come si chiama?
— Si chiama il «Paese dei balocchi». Perché non vieni anche tu?
— Io? no davvero!
— Hai torto, Pinocchio! Credilo a me che, se non vieni, te ne pentirai. Dove vuoi trovare un paese piú sano per noialtri ragazzi? Lí non vi sono scuole: lí non vi sono maestri: lí non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedí
non si fa scuola: e ogni settimana è composta di sei giovedí e di una domenica. Figurati che le vacanze dell’autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono coll’ultimo di dicembre. Ecco un paese, come piace veramente a me! Ecco come dovrebbero essere tutti i paesi civili!...
— Ma come si passano le giornate nel «Paese dei balocchi»?
— Si passano baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia
daccapo. Che te ne pare?
— Uhm!... — fece Pinocchio; e tentennò leggermente il capo, come dire: — «È una vita che la farei volentieri anch’io!»
— Dunque, vuoi partire con me? Sí o no? Risolviti.
— No, no, no e poi no. Oramai ho promesso alla mia buona Fata di diventare un ragazzo per bene, e voglio mantenere la
promessa. Anzi, siccome vedo che il sole va sotto, cosí ti lascio subito e scappo via. Dunque addio, e buon viaggio.
— Dove corri con tanta furia?
— A casa. La mia buona Fata vuole che ritorni prima di notte.
— Aspetta altri due minuti.
— Faccio troppo tardi.
— Due minuti soli.
— E se poi la Fata mi grida?
— Lasciala gridare. Quando avrà gridato ben bene, si cheterà — disse quella birba di Lucignolo.
— E come fai? Parti solo o in compagnia?
— Solo? Saremo piú di cento ragazzi.
— E il viaggio lo fate a piedi?
8
— Fra poco passerà di qui il carro che mi deve prendere e condurre fin dentro ai confini di quel fortunatissimo paese.
— Che cosa pagherei che il carro passasse ora!...
— Perché?
— Per vedervi partire tutti insieme.
— Rimani qui un altro poco e ci vedrai.
— No, no: voglio ritornare a casa.
— Aspetta altri due minuti.
— Ho indugiato anche troppo. La Fata starà in pensiero per me.
— Povera Fata! Che ha paura forse che ti mangino i pipistrelli?
— Ma dunque — soggiunse Pinocchio — tu sei veramente sicuro che in quel paese non ci sono punte scuole?...
— Neanche l’ombra.
— E nemmeno i maestri?
— Nemmen uno.
— E non c’è mai l’obbligo di studiare?
— Mai, mai, mai!
— Che bel paese! — disse Pinocchio, sentendo venirsi l’acquolina in bocca. — Che bel paese! Io non ci sono stato mai, ma
me lo figuro!...
— Perché non vieni anche tu?
— È inutile che tu mi tenti! Oramai ho promesso alla mia buona Fata di diventare un ragazzo di giudizio, e non voglio mancare alla parola.
— Dunque addio, e salutami tanto le scuole ginnasiali!... e anche quelle liceali, se le incontri per la strada.
— Addio, Lucignolo: fa’ buon viaggio, divertiti e rammentati qualche volta degli amici. —
Ciò detto, il burattino fece due passi in atto di andarsene: ma poi, fermandosi e voltandosi all’amico, gli domandò:
— Ma sei proprio sicuro che in quel paese tutte le settimane sieno composte di sei giovedí e di una domenica?
— Sicurissimo.
— Ma lo sai di certo che le vacanze abbiano principio col primo di gennaio e finiscano coll’ultimo di dicembre?
— Di certissimo!
— Che bel paese! — ripeté Pinocchio, sputando dalla soverchia consolazione. Poi, fatto un animo risoluto, soggiunse in fretta
e furia:
— Dunque, addio davvero: e buon viaggio.
— Addio.
— Fra quanto partirete?
— Fra poco!
— Sarei quasi quasi capace di aspettare.
— E la Fata?...
— Oramai ho fatto tardi!... e tornare a casa un’ora prima o un’ora dopo, è lo stesso.
— Povero Pinocchio! E se la Fata ti grida?
— Pazienza! La lascerò gridare. Quando avrà gridato ben bene, si cheterà. —
Intanto si era già fatta notte e notte buia: quando a un tratto videro muoversi in lontananza un lumicino... e sentirono un
suono di bubboli e uno squillo di trombetta, cosí piccolino e soffocato, che pareva il sibilo di una zanzara!
— Eccolo! — gridò Lucignolo, rizzandosi in piedi.
— Chi è? — domandò sottovoce Pinocchio.
— È il carro che viene a prendermi. Dunque, vuoi venire, sí o no?
— Ma è proprio vero — domandò il burattino — che in quel paese i ragazzi non hanno mai l’obbligo di studiare?
— Mai, mai, mai!
— Che bel paese!... che bel paese!... che bel paese!... —
DOMANDE PER LA DISCUSSIONE:
1. In che modo Lucignolo riesce a convincere Pinocchio ad andare con lui?
2. Perchè Pinocchio esita?
3. Ti piacerebbe unirti alla carovana del Paese dei Balocchi? Perchè?
4. Quali regole si devono rispettare nel Paese dei Balocchi?
5. Pinocchio è di fronte alla scelta: restare burattino o diventare un ragazzo perbene. Cosa significa restare burattino? Che
cosa significa diventare ragazzo perbene?
9
10