“Nel nostro Paese assistiamo a una grave crisi della legalità. […] In
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“Nel nostro Paese assistiamo a una grave crisi della legalità. […] In
“Nel nostro Paese assistiamo a una grave crisi della legalità. […] In questo contesto è una fortuna se tanti giovani preferiscono emigrare anziché farsi attrarre, come molti altri che magari non hanno avuto la possibilità di studiare, dal canto delle sirene della criminalità. Il rimedio a tutto ciò è la cultura della legalità. La legalità e la forza dei deboli, è il baluardo che possiamo opporre ai soprusi, alla sopraffazione, alla prevaricazione, alla corruzione. Questa cultura richiede anche un’informazione corretta, aperta, libera da condizionamenti, che consenta ai cittadini di riconoscere le persone e i comportamenti disonesti, e che impedisca il consolidarsi di quel clima di disattenzione, rimozione, silenzio nel quale la corruzione, la complicità, i sistemi criminali si organizzano, crescono e si radicano. Non abbassiamo la soglia della coscienza dell’illegalità, non coltiviamo la rassegnazione, la neutralità, l’indifferenza. Antonio Gramsci sosteneva che “l’indifferenza è il peso morto della storia”. Mentre gli onesti tacciono, i disonesti si impadroniscono del mondo. […] Non si tratta di un problema morale o di giustizia. Le conseguenze di questo sistema sono pesanti anche a livello economico. […] Ma allora è un’utopia, oggi, l’etica dell’impegno, della solidarietà, della legalità? Può darsi, ma agli scettici voglio ricordare che sono le utopie che hanno fatto la storia. Si pensi ai grandi movimenti, […] e si vedrà che l’aver difeso questi principi come utopie, in posizione di minoranza, ci ha portato alle conquiste democratiche di oggi. L’utopia ha appunto una sua forza inarrestabile che cresce nella misura in cui qualcuno dimostra che vi è un mutamento possibile rispetto alla situazione che si vive in un dato momento storico. Perciò dobbiamo e vogliamo sperare che non solo le utopie del passato trovino sempre una nuova spinta per continuare a produrre il mutamento, ma che nuove ne sorgano nel terzo millennio, per portare aventi il cammino dell’umanità. Il problema è unire valori e interessi, unire la lotta alla mafia e all’illegalità a un progetto di sviluppo economico e a un progetto di partecipazione democratica. Bisogna incentivare la cultura della partecipazione, perché i processi di liberazione non avvengano attraverso la delega a un liberatore ma attraverso l’impegno di tutti e di tutti i giorni. In un certo senso è il contrario del gioco che facevo da bambino. Nessuno può “liberare tutti”, la magia non funziona se non nel gioco. Ma ciascuno di noi deve sforzarsi di agire come se potesse, con le sue scelte, con il suo comportamento, diventare uno strumento di liberazione per tutti gli altri. Allora, auguro ai giovani di avere il coraggio di essere inadeguati oggi rispetto a un orizzonte culturale che promette di mantenere in eterno il disagio sociale, il bisogno, la disoccupazione,il precariato per poter poi intervenire promettendo una soluzione al problema delle singole persone in cambio del consenso”. Tratto da: PIETRO GRASSO, Liberi tutti, lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia, pp. 213 - 217, S&P.