KUSEN DELLA NOTTE DI ZAZEN 2012 1° ZZ Vi prego, prendete

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KUSEN DELLA NOTTE DI ZAZEN 2012 1° ZZ Vi prego, prendete
KUSEN DELLA NOTTE DI ZAZEN 2012
1° ZZ
Vi prego, prendete veramente cura della vostra postura. Questo significa
prendersi cura della propria pratica. Non perdete il vostro tempo qui, non
annoiatevi. Siate vigili. Siate presenti e date tutta l'energia che avete a vostra
disposizione alla pratica di zazen. Ciò non vuol dire, che sia necessario fare
uno sforzo. Soltanto: lasciate cadere la barriera dell'idea che avete su di voi,
sulla pratica, per lasciare che appaia completamente la pratica dell'istante
presente. Ad ogni istante vi è realizzazione. Non praticate ora per avere una
realizzazione in seguito. Non prendete la realizzazione di questo istante per
una realizzazione eterna. Non cercate dunque di ottenere o di eliminare nulla.
Tutto è realizzato, ottenuto qui. Niente è di troppo, non manca nulla. Vi prego
dal fondo del cuore: smettete di vedere la pratica di zazen come un modo per
ottenere qualche cosa. Si tratta di essere. E' un processo d'essere; non di
ottenere. Sempre, soltanto «essere».
Non si può ottenere nulla, perché ciò che si vuole ottenere in questo istante,
non esiste più in un istante dopo. Colui che vuole ottenere ora non esiste più
l'istante successivo. Non vi è dunque nulla da ottenere, è impossibile. Non
si può afferrare. Si può soltanto essere; completamente presenti. Il modo di
essere qui e ora è la base del modo di essere l'istante successivo. Appena
vogliamo appropriarci di qualche cosa, un profondo abisso si crea tra noi,
l'esistenza e essere.
Questa sera, questa notte commemoriamo il fondatore di questa pratica.
Pratichiamo ciò che lui praticava. Egli ha mostrato che nulla può essere
ottenuto per sempre. Ha continuato a praticare per tutta la durata della
sua esistenza. Non dava peso alla sua grande realizzazione, alla grande
azione dell'inizio. La decisione di partire, di lasciarsi dietro la carriera, il
futuro, la moglie, il figlio e cercare il perché della sofferenza. Alla fine, la sua
ricerca lo ha portato alla comprensione della coproduzione condizionata,
l'interdipendenza. La chiave di tutto il suo insegnamento. Con questa, molto
semplice, spiegava tutto l'universo. Se questo è, quello è. Se questo non è,
quello non è. Ecco l'importanza delle nostre proprie azioni e del nostro punto
di vista. Se cambiamo qualcosa in questo, tutto cambia.
2° ZZ
Ve lo ripeto: se volete che questa notte passi bene, se volete arrivare in
fondo a questa notte, bisogna dare tutto ora. Il modo in cui praticate ora, così
come vivete ora sarà determinante per tutta la notte.
Non si può praticare una notte di zazen per ottenere dei meriti per sé. Ma per
permettere a sé stessi di esistere in armonia con l'universo intero. In armonia
con tutti coloro qui presenti. Con tutti quelli che lasciamo a casa. La famiglia, i
vicini, i nostri colleghi.
Donare tutta la propria energia alla pratica di ogni istante significa essere
gentili con sé stessi. Significa donare a sé stessi un grande fuse. Un fuse che
si condivide, non qualcosa che si vuole ottenere. Il Bodhisattva fa dei voti. E
in questi voti vi sono delle azioni che qualcuno fa per il benessere degli altri,
senza compierle con una idea di bontà o per riceverne qualcosa in cambio.
Fuse, donare, significa non essere avari. Non concupire qualcosa, ma
condividere. Grazie alla pratica autentica siamo incoraggiati a donare. Siamo
incoraggiati a donare perché in principio non vi è nulla che ci appartiene in
proprio. Tutto ciò che si ha, tutto ciò che si incontra, tutto ciò che è presente
nella vita di qualcuno è là per essere condiviso. Non per possederlo, per il
proprio tornaconto personale. Che si tratti di beni materiali o immateriali.
Questo desiderio di possedere delle cose, che non è mai soddisfatto,
impedisce alla gente di donare e di condividere. E determina che si cada
sempre nello stesso attaccamento egoista per le cose che portano a, e che
alimentano questo circolo vizioso della nascita e della morte. Senza cercare
di ottenere qualcosa nella o dalla pratica stessa, senza cercare dei
ringraziamenti o delle ricompense, condividiamo con gli altri la nostra
energia, la nostra forza. Ogni istante di zazen, ogni istante di samu, ogni
istante della pausa per il caffè. Tutto resta sempre un istante per praticare il
dono. Attraverso la nostra pratica altruista tutti insieme, permettiamo a noi
stessi e all'umanità tutta intera di praticare il Risveglio di ogni istante. Ciò ci
permette di approfondire la nostra comprensione, che sia inconscia o no,
della nostra esistenza in un mondo di interdipendenza. Dal momento che
l'atto di donare è parte integrante della nostra identità, le nostre azioni ci
portano naturalmente ad apprendere e ad apprezzare il valore di ciò che
abbiamo. Apprezzare il valore di ciò che abbiamo perché siamo impregnati
dell'interdipendenza di ciò che abbiamo. Ci fa capire che ciò che abbiamo
non ci appartiene in proprio, e che è lì per essere condiviso. Essere penetrati
dalla coscienza di questa interdipendenza fa sì che si possa vivere gioiosi
nella condivisione. Che non si possa vivere soli su un'isola. Non è perché a
volte viviamo la nostra piccola vita, nel suo trantran quotidiano, in modo
apparentemente abbastanza indipendente, perché riusciamo a gestire la
nostra routine quotidiana, che sia possibile vivere completamente
indipendenti in un mondo interdipendente. Se vogliamo escludere
l'interdipendenza, entriamo in un circolo vizioso di sofferenza, di infelicità, di
insoddisfazione. Il desiderio di essere gentili con sé stessi per essere
contenti e felici, implica di poter donare senza secondi fini. È il fuse.
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Rilassate le spalle. Ogni altra tensione, la schiena, le gambe. Lasciate andare
queste tensioni del corpo. Lasciate andare anche le vostre tensioni mentali.
Cioè, la lotta dello spirito che cerca di ottenere qualcosa. Sono queste
tensioni fisiche o mentali che ci impediscono di sperimentare direttamente
questo segreto palese che è la realtà dell'istante presente. Non è che quando
si è soltanto seduti, avendo smesso di inseguire le idee immaginarie che ci
siamo costruiti nella nostra testa riguardo alla perfezione, che è possibile
incontrare il presente. Sin dall'inizio, niente in meno, niente in più. Il presente
è sempre assolutamente perfetto. Finché viviamo appesantiti dai nostri
pensieri e dalle nostre emozioni, non sarà mai possibile avere semplicemente
fede in questo momento presente assolutamente perfetto.
In questo presente assolutamente perfetto si deve trovare la completa felicità.
Qui e ora, là dove ci troviamo, in mezzo ai fenomeni che abbiamo l'abitudine
di appesantire con i nostri pensieri.
Non è possibile allontanarsi da queste situazioni che ci fanno soffrire, da
questo atteggiamento di appesantire le situazioni. Fuggire la situazione,
volerla lasciare dietro di sé, abbandonare la propria casa, lasciare il lavoro,
non risolve il problema. Perché portiamo con noi l'origine dei nostri problemi.
Perché appena ci siamo allontanati da queste situazioni e persone che
reputiamo l'origine della nostra infelicità, ricominciamo ad appesantire le
situazioni con i nostri pensieri e le nostre emozioni.
Lasciar andare questo spirito che insegue il profitto è una condizione assoluta
perché il sé sia capace di aprirsi, di abbandonarsi completamente all'istante
presente. In modo che il presente possa impregnare il sé abbondantemente e
senza limiti.
Non prendete questo stato, dell'essere impregnati, come una conferma che
vi sia qualcosa di nuovo che dovrà succedere. È realizzare il vivente: il me
interconnesso con tutte le esistenze dell'universo. Zazen non è un processo
che punta ad avere qualcosa, non è una tecnica di meditazione. È una
pratica; come lasciare il sé essere presente, ora.
Quando si dice che non vi è nulla da guadagnare, significa che zazen
non è un'attività il cui risultato sarà aver ottenuto qualche cosa. Perché
fondamentalmente tutto è presente, fondamentalmente tutto si nutre di
tutto, attraverso l'interdipendenza. Zazen non è per avere, ma per essere.
È la sorgente della generosità, che fa che il dono sia una vera forma di
condivisione. Donare è molto importante, non soltanto condividendo i beni
materiali come il cibo, i soldi, la nostra energia, ma condividendo anche
l'immateriale; ciò è lo spirito della generosità.
Donare con tutto il proprio cuore di generosità è un'azione altruista, nonegoista, che comprende, che abbraccia tutto. Si pratica il dono, non perché
si dice che sia bene farlo. Ma perché si pratica qualche cosa di bene,
perché si fa qualcosa di positivo e di significativo con i pensieri, le emozioni,
i sentimenti calorosi che provengono dal corpo-spirito, spogliato del suo
egoismo.
Esaminate quindi bene il fondo, l'origine delle vostre azioni. Delle vostre
scelte.
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Abbiate cura della vostra postura, ruotate il bacino in avanti e raddrizzate la
schiena e la testa.
Non crediate che queste parole non vi riguardino. Più lasciate che la vostra
postura si indebolisca e si deteriori, più zazen diventerà difficile. A maggior
ragione perché, quando tutta l'energia viene dissipata inutilmente, e non è
più usata per zazen, non vi è energia che potrà essere ricevuta di ritorno.
Praticate interamente con tutto il vostro cuore, corpo-spirito unificato. Non
trattenere nulla, ma dai tutto. Non pensare: sono stanco, ho sonno, in fondo
per il momento va bene anche così, a metà. Non seguite questo genere di
pensieri egocentrici.
La pratica di zazen ci mostra chiaramente come abbiamo tendenza ad
appesantire i fenomeni, le situazione, con i nostri pensieri, le nostre
categorie, le nostre convinzioni. Zazen ci insegna chiaramente che non
bisogna sempre credere ai propri pensieri. Né credere ai propri pensieri, né
seguirli.... la realizzazione dei nostri desideri non è necessariamente una
soluzione alle nostre sofferenze. Il più delle volte ne deriva nuova sofferenza.
Che in generale non è altro che la vecchia sofferenza in forma diversa,
travestita con abiti nuovi. Nulla è fondamentalmente nuovo. Osservate bene,
esaminate attentamente le basi delle vostre azioni. Del fare o del non fare,
il nostro modo di decidere. Siate attenti che le vostre azioni, le vostre prese
di posizione non siano basate su un rifiuto delle situazioni né su una volontà
di accaparrarsi delle situazioni o delle persone. Né la felicità personale, né
la realizzazione del Dharma possono essere trovate in un altro luogo o in
un altro momento che non sia qui e ora. Prendete i fenomeni giusto per
ciò che sono e per come vengono. Essi stessi, dunque senza aggiungere
nulla, senza zavorre, sono una rappresentazione del Dharma in tutta la sua
perfezione.
Non crediate che si possa lasciar perdere lo zazen, che la pratica debba
essere secondo i nostri desideri. Non vi lasciate intrappolare da un eccessivo
egocentrismo. Cercate la causa e il rimedio in voi stessi. Nulla è mai
raggiunto una volta per tutte. La pratica è eterna e senza fine. Questo
significa che essa deve essere sempre ripetuta e realizzata nuovamente.
Essa è legata con il continuo rinnovarsi della nostra esistenza in tutta la sua
interdipendenza. Noi non siamo mai uguali di istante in istante, tutto
l'universo non è mai uguale in due istanti diversi. Tutto, tutti, sempre in un
perpetuo cambiamento. Riflettete a fondo su ciò. Non lasciate che queste
parole rimangano frasi vuote. Riflettete su cosa ciò possa significare per la
vostra propria esistenza e per quella di chi vi circonda. Zazen e praticare lo
Zen in ogni attività quotidiana, ecco di cosa si tratta. Non si tratta di trarre
soddisfazione da una grande unica azione. Tagliare il proprio braccio non è
difficile. Ma ogni giorno, con gioia e buona volontà, di tutto cuore lavare i
piatti, andare al lavoro e incontrarvi i colleghi senza apprensioni, senza
irritazioni è molto più difficile. E praticare lo Zen è proprio questo, è qualcosa
di normale, nulla di straordinario. È quasi invisibile. Nella nostra società
moderna tutto deve essere facile, tutto deve essere sicuro e assicurato. Tutto
deve essere sotto garanzia. Questo è come fuggire dalle proprie
responsabilità, è come fuggire dalle proprie azioni. Gli altri debbono farlo per
noi. Questo va completamente e in modo fondamentale contro l'ordine
cosmico. Addirittura le terapie che si cercano per risolvere le proprie
sofferenze non debbono fare male, altrimenti sono considerate non buone.
Ma il chirurgo pietoso fa le piaghe purulenti. Invece il buddismo, e lo zen in
particolare, non è un chirurgo pietoso.
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Se avete ascoltato l'insegnamento sullo zazen, che non è un obiettivo da
raggiungere, con le orecchie rimaste aggrappate al funzionamento sociale,
potreste intenderlo come una situazione senza valore, una perdita di tempo,
e quindi sedervi sullo zafu davanti al muro come un gatto che dorme al
sole dietro alla finestra. Ma non siate come il gattino che miagola. In realtà,
quando si è seduti in zazen, senza che vi sia la minima idea di ottenere nulla,
lo zazen assomiglia piuttosto a un drago che si avvicini all'acqua o come
una tigre che vaga per la montagna. Senza questo slancio del drago o della
tigre, se la voglia e l'entusiasmo non riempiono il corpo-spirito, non si potrà
praticare lo zazen senza alcun guadagno.
Se si pratica zazen senza spirito di profitto, l'importanza risiede nel momento,
là dove si è, non in ciò che potrebbe essere guadagnato in seguito. Si è
impegnati in un processo, non su un risultato. E proprio perché non vi è
nulla da guadagnare è richiesta una diligenza, una vigilanza continua.
Invece di essere in una pratica senza difficoltà, senza competizione, in
fin dei conti non vi è nulla di più difficile che praticare questo zazen senza
profitto. Il modo in cui si pratica in questo momento risveglia la pratica del
momento successivo con tutto il suo vigore, la sua energia, la sua perfezione.
Che viene rinnovata senza fine. Questa vigilanza, questa energia, questa
attenzione continuamente rinnovata, è il fuse immateriale. In questo consiste
la generosità di un fuse, ed è ciò che elimina lo spirito di voler ottenere
un ringraziamento, un qualcosa in cambio. È lo spirito del dono, che non
è diretto unicamente verso gli altri, ma anche verso sé stessi. Perfetta
realizzazione dell'unità della vita, del vivente. Impregnarsi di questa unità
della vita con questo senso fondamentale del dono altruista, che sarà
praticato attraverso ogni nostra azione, ogni nostra parola, ogni pensiero
nella nostra vita quotidiana. È la pratica del voto di bodhisattva di donare,
di condividere. Questo non è difficile. Non è che praticare il dono con tutto il
proprio cuore, con tutto il proprio essere. In modo naturale, ordinario, senza
pregiudizi e senza condizioni.