Luglio - Il Cerchio Vuoto
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Luglio - Il Cerchio Vuoto
EN KU DOJO Il Cerchio Vuoto ASSOCIAZIONE RELIGIOSA PER LA PRATICA E LO STUDIO DEL BUDDHISMO DI SCUOLA ZEN SOTO, AFFILIATA ALL’UNIONE BUDDHISTA ITALIANA Via Massena 17 - 10128 Torino Tel.: 333-5218111 [email protected] www.ilcerchiovuoto.it (ente religioso d.p.r. 3-1-91) NUMERO 7 – LUGLIO 2009 IL PUNTO SU … “LASCIATE STARE LE FOGLIE, OCCUPATEVI DELLE RADICI” Passiamo tutta la nostra vita a occuparci di ciò che fa parte del mondo dell'apparenza, a rivolgere la nostra attenzione a ciò che sta “al di fuori” di noi, a prenderci cura delle foglie, trascurando le radici. ESPERIENZA DI ZAZEN PRESSO IL CENTRO ONCO-EMATOLOGICO DELL'OSPEDALE S.GIOVANNI BATTISTA (MOLINETTE) DI TORINO [PRIMA PARTE] di Rita Ho Kai Piana D a trentatré anni circa lavoro presso l'ospedale “Molinette” di Torino, e il primo progetto di Zazen con pazienti, parenti, personale di supporto e colleghi del COES (Centro Onco-Ematologico Subalpino), porta la data del 22 Aprile 2002. In questi anni il posto di lavoro è diventato il luogo della mia “pratica quotidiana”, dove ho l'opportunità di realizzare i voti di Bodhisattva, il modo in cui mi sento di appartenere all'intero Universo. Forse altri prima di me hanno fatto un’esperienza simile, ma ho potuto confrontarmi direttamente soltanto con alcuni di loro; per me è stata un'esperienza casuale, inaspettata, e sicuramente all’inizio non avevo alcuna idea di come fare; oggi ve la racconto un po' come l'ho vissuta, com’è cambiata la mia vita, e dove ci ha portati questa esperienza. A quei tempi possedevo un unico zafu (cuscino da meditazione) che SOMMARIO NEWSLETTER n. 7: 9 IL PUNTO SU … Zazen alle Molinette 9 ATTIVITÀ Orario estivo e Calendario luglio dicembre 2009; Ango d’agosto a Prà del Torno 9 EVENTI Corso di Shodo; Vesak 2009 9 I PASTI Kanten di frutta 9 LE ARTI Carla De Anna mi portavo avanti e indietro dal dojo per poter praticare anche a casa; al martedì sera andavo al dojo direttamente dal lavoro, con lo zafu sotto il braccio. Un giorno la direttrice della Struttura per cui ancora lavoro mi fermò e mi chiese cosa fosse “quel coso nero che mi portavo dietro”; io andavo di fretta, e mentre cercavo di liquidarla con una breve spiegazione approssimativa, lei mi chiese di farle vedere, qui, ora, subito. Quella è stata la mia prima introduzione allo Zazen; da quel giorno non ho più smesso. All'inizio si trattava d’introdurre alla pratica gruppi sempre diversi di colleghi della stessa Struttura, o per lo meno dello stesso piano; poi la voce si sparse e cominciai a praticare anche con i colleghi del primo piano, il gruppo dell'oncoematologia; furono poi loro a chiedermi di praticare una volta la settimana. All'inizio, ricavammo un piccolo spazio senza finestre tra il frigorifero, gli armadietti e i tavoli della stanza infermieri, dove eravamo costantemente disturbati, nonostante il cartello appeso alla porta, dai colleghi che entravano e uscivano: una bella pratica della pazienza!!! L'incontro con i pazienti fu casuale; un signore, incuriosito anche lui dal “coso nero”, mi chiese dapprima spiegazioni, e poi di fargli vedere. Scrissi, così, il primo progetto di meditazione zen allargato anche ai pazienti, firmato anche dai primari responsabili dei diversi settori in cui veniva proposto. Lo presentammo in direzione sanitaria; naturalmente dovetti andarci di persona per spiegare di cosa si trattasse. In realtà, benché allora praticassi da quattordici anni, non sapevo di cosa si trattasse; lavorando in laboratorio, non avevo uno stretto contatto con i pazienti, né conoscevo la malattia, e neppure avevo assistito alla morte di qualcuno. Che la vita fosse sofferenza, lo sapevo. È l’insegnamento fondamentale del Buddhismo, ed è la Prima delle Quattro Nobili Verità; la Seconda Verità è che il desiderio e l'avidità sono causa di sofferenza, e quando parliamo di desiderio intendiamo lo spiccato desiderio di Esistere, vivere una vita assoluta, di eccellere; un desiderio d'immortalità e di esistere per sempre. La parola “esistere” origina dal latino exsistĕre, composto da ex e sistĕre, dove ex significa “al di fuori” e sistĕre “stare”, e quindi “stare al di fuori”; ma al di fuori da cosa? Forse dall'esistenza comune; forse essere riconosciuti come “il migliore”, “l'unico”; persino due scarafaggi, quando s'incontrano, iniziano a lottare, e ognuno cerca di rivoltare l'altro sulla schiena. Dunque, questo desiderio di “stare al di fuori” da noi stessi descrive ciò che nel Buddhismo si chiama “ignoranza”. Noi non sappiamo nulla della nostra vera natura, una natura che va ben al di là della forma. Dunque, perché ammalarsi, perché morire? Possiamo noi, monaci praticanti sulla Via del Buddha, rispondere a queste domande? Lo Zazen può aiutare i pazienti a guarire? Esattamente come il Buddha 2500 anni fa, sentiamo tutti che non siamo invulnerabili; in particolare quando ci ammaliamo, sappiamo profondamente che non è così. La vita è sofferenza, e di questo non possiamo incolpare nessuno; neppure possiamo dire che soffrire ci faccia bene. Semplicemente, soffriamo perché sia- mo umani. Come possiamo, quindi, andare incontro alla nostra sofferenza? Come possiamo gestire il dolore della malattia, della vecchiaia e della morte, che fanno parte della vita? Il principio base della “Via del Buddha” è la liberazione dalla sofferenza e, come già detto sopra, l'insegnamento che ci è stato dato è rappresentato dalle Quattro Nobili Verità, e cioè che la sofferenza esiste, che ha una sua origine, che ha una dinamica, e infine che esiste la possibilità di risolverla qui e ora. Riconoscere che tutto è impermanente, che non siamo invulnerabili, e dunque ci ammaliamo, invecchiamo e moriamo, ci permette di accettare e vivere meglio anche la malattia; accettare ciò che ci capita senza rifiutare nulla, ci fa capire profondamente che non c'è separazione tra la “nostra” sofferenza e quella “degli altri”; in questo modo possiamo aprirci alla pazienza, alla generosità, alla compassione e guardare a ciò che accade momento per momento con cuore aperto, abbandonando gli attaccamenti, le avversioni, la confusione che alimentano ulteriormente la nostra sofferenza. In Zazen ognuno può fare questa esperienza; osservando il sorgere e il passare dei pensieri, delle emozioni, può realizzare che esse non sono altro che un prodotto della mente, e che se non li alimentiamo, al fondo di ogni espirazione tornano alla loro origine. Nel tempo, molti pazienti, familiari che accompagnavano pazienti, colleghi che curavano, sono venuti; molti se ne sono andati. Dopo lo Zazen ci si scambiava un feed back; era successo qualcosa, a un certo punto, non so quando, non so come, ma qualcosa era cambiato: non la malattia, neppure il morire, ma il modo di guardare se stessi, il modo di vivere che rendeva migliore la qualità della vita di quell'istante. In un’intervista che ho fatto a un paziente, egli racconta in questo modo la sua esperienza d'incontro con la pratica: “In Zazen non ho gambe, non ho braccia, non ho mente. Mi alzo, e mi sento gioioso. Paradossalmente, mi sento come se fossi “ri-nato”; sono arrivato qui perché senza speranze, l'ultima spiaggia; ero depresso, carico di responsabilità che non avrei mai potuto lasciare ... Mi sono alleggerito, ed è un grande sollievo poterselo permettere! Sono un altro uomo, non so quando e neppure come sia successo. Ora non mi preoccupa più di tanto il morire, penso a vivere istante per istante.” Tutti i lunedì dalle 17 alle 18, chiunque ci sia, io vado e semplicemente mi siedo, da sola, in compagnia; i letti nelle stanze non sono mai vuoti, mi siedo con loro, respiro con loro: gambe incrociate, colonna estesa, inspiro, espiro con il cosmo intero. [prosegue sul prossimo numero] ATTIVITÀ S i ricorda che le attività del “Cerchio Vuoto” sono riservate ai soci; i principianti e gli aspiranti soci possono partecipare se in possesso della Tessera ospite, gratuita e valevole due mesi. Chi è interessato ad avvicinarsi alla pratica dello Zazen e alle attività del “Cerchio Vuoto”, è pregato di telefonare in segreteria al 333-5218111. ORARI “EN KU” DOJO 4-9 AGOSTO via Massena 17 – 10128 Torino ORARIO ESTIVO ANGO DAL 29 GIUGNO AL 30 AGOSTO (sesshin lungo) a PRÀ DEL TORNO MARTEDÌ 19 - 21 presso LA ROCCIAGLIA CALENDARIO DEI SESSHIN PRÀ DEL TORNO DOJO DI TORINO dalle h. 7 alle h. 17 ca. 13 settembre 22 novembre 20 dicembre foresteria della Chiesa Valdese presso LA ROCCIAGLIA 4-9 giugno 23-25 ottobre CUCITURA DELL’O-KESA con Anna Den Do Avagnina 27 settembre 18 ottobre 29 novembre dalle h. 18,00 di martedì 4 alle h. 16,00 ca. di domenica 9 SONO APERTE LE ISCRIZIONI: AFFRETTARSI A PRENOTARE! 333.5218111 h. 9,30 - 19,30 EVENTI L unedì 22 giugno si è concluso il primo corso di LINGUA E CALLIGRAFIA GIAPPONESE DI BASE tenuto da Dai Do Strumia. Suddiviso in dodici lezioni, ha condotto i sei partecipanti dallo studio del lessico di base del giapponese e dalla scrittura fonetica hiragana, all’apprendimento dei kanji più comuni, alla tecnica dello SHODO (scrittura con inchiostro di china su carta di riso) applicata a kanji più complessi, fino alla scrittura, durante l’ultima lezione, dell’intero mantra dell’Hannya Shingyo. Incoraggiati dall’esperienza più che positiva, da settembre verranno organizzati a Torino e ad Alessandria due altri corsi di primo livello, cui dovrebbero seguire altrettanti corsi di secondo livello a partire da gennaio 2010. PER INFORMAZIONI, TELEFONARE AL 339.8335296, O AL 333.5218111 VESAK NAZIONALE DELL’UNIONE BUDDHISTA ITALIANA Palermo, 29-31 maggio 2009 [dal sito http://www.vesak.it/] I l Vesak è la ricorrenza in cui si celebrano la nascita, l'illuminazione e la dipartita di Buddha Shakyamuni. Si tratta della festa buddhista più importante, festeggiata dai buddhisti di tutto il mondo e di tutte le tradizioni. La festa del Vesak cade tradizionalmente nel plenilunio di Maggio, anche se in molte tradizioni si dà particolare importanza all'intero mese di Maggio (in alcune tradizioni, all'intero mese di Giugno). Il Vesak è l'unica festività Buddhista prevista dall'Intesa, in cui si è scelto, per semplicità, di far corrispondere tale evento all'ultimo fine settimana del mese di Maggio. Per l'UBI il festeggiamento del Vesak è da sempre stato un appuntamento fondamentale: un momento di incontro tra i vari Centri e le rispettive comunità di praticanti, un momento di preghiera comune, un momento di studio ed approfondimento del Buddhismo e delle sue relazioni con la società italiana, e anche un momento di festa e di gioia per aver incontrato gli Insegnamenti del Buddha. Un reportage fotografico dell’evento è reperibile sul sito del Centro “Muni Gyana” di Palermo, organizzatore del Vesak 2009, al link: www.centromunigyana.it >photogallery >foto vesak 2009 MON DO ELETTRONICO In questo periodo non ci sono pervenuti quesiti Per porre quesiti a @ Dai Do Strumia inviare un’e-mail all’indirizzo [email protected] specificando nell’Oggetto: “MON DO” BIBLIOGRAFIA S tralci da IL CAMMINO DEL CERCATORE di Dai Do Strumia, Psiche editore, Torino 2009. “Le parole che lascio ad Antai-ji. 1. Studiate e praticate il Buddha Dharma solo per amore del Buddha Dharma e non per il desiderio delle emozioni umane o per le idee mondane. 2. Zazen è la cosa più onorata ed è il vero maestro. 3. Zazen deve operare nella nostra vita quotidiana come le due pratiche (Voto e Pentimento) e le tre menti (Mente Lieta, Mente Amorevole, Mente Magnanima) e dobbiamo praticare il detto: “Guadagno è illusione, perdita è illuminazione”. 4. Vivete per i Voti e radicateli profondamente. 5. Realizzando che progresso e ricaduta dipendono solo da voi stessi, sforzatevi di praticare e migliorare. 6. Sedete in silenzio per dieci anni, poi per altri dieci e per altri dieci ancora. 7. Cooperate e tendete alla creazione di un luogo dove i praticanti sinceri possano praticare senza disturbo.” [Kosho Uchiyama Roshi, pp 13-14] “Buddha Dharma non è una cosa; è un ideale, un concetto, e come tale non è fisso, è mobile. Ognuno di noi deve poter concepire il Buddha Dharma a seconda di se stesso, della propria personale esperienza di vita, della propria natura. Il Buddha Dharma, quindi, può essere interpretato e vissuto in maniera fideistica, quando non addirittura superstiziosa, ma molto più validamente può essere interpretato e vissuto come estremo perfezionamento di un “non-concetto”, come totale azzeramento dell’“Essere” e del “NonEssere”, come qualcosa che comprende simultaneamente la totalità di passato, presente e futuro; come un quid che va “al di là”, e che non ha niente a che vedere con una fede intesa come atteggiamento devoto e remissivo nei confronti di una potenza divina. Chi, per sua sfortuna, dovesse EN KU DOJO Associazione IL CERCHIO VUOTO BUONO DI ACQUISTO del testo IL CAMMINO DEL CERCATORE di M. Dai Do Strumia a 15 euro (prezzo di copertina 17 euro) Per avere diritto allo sconto, stampa la pagina, ritaglia questo buono e presentalo alla libreria Psiche di Torino, in via Madama Cristina, 70/b concepire il Buddha Dharma come una “forza” superumana, trascendente, con prerogative di supervisione sull’individuo, ricadrebbe inevitabilmente nel fideismo e nella dimensione religiosa tradizionale da cui il Buddhismo può rappresentare la via di liberazione.” [Dai Do Strumia, pp 69-70] “Lo Zazen è un’attività assolutamente individuale, che è consigliabile praticare in comunità; ma all’interno della comunità ognuno deve mantenere la propria individualità specifica, portarla avanti fino in fondo, senza cadere nella trappola del maestro come individuo, come persona, e senza cadere nella trappola che lo Zazen “serva” a qualcosa, a migliorare la qualità della vita. Lo Zazen è una forma di “arte comportamentale” che va al di là della logica e dello spiegabile. È una “forma” assolutamente autonoma e autogestita. Non si può continuare a ripetere a una persona: “Devi stare dritto!”, perché una volta che sa di dover stare dritto, se gli si dà fiducia, continuerà a fare il “suo” stare dritto: non si può correggere chi si sta già autocorreggendo! Bisogna evitare le ingerenze psicologiche e fisiche, e la funzione dell’insegnante non è inutile, ma relativa in questo campo, perché “Zazen è il Vero Maestro”. Ognuno ha il suo personale e specifico Zazen, che pratica nelle dosi a lui opportune, né più né meno. È inutile codificare, modellare il comportamento del genere umano – fossero anche solo sette, otto o dieci individui anziché sei miliardi e più – su un modello comportamentale e mentale preconfezionato; questo significherebbe alterare il significato di Buddha Dharma, cioè una via di liberazione che, come tale, deve permettere all’individuo di essere libero fino in fondo. Non si tratta di mettere insieme dei soldatini [...]. Lo Zen non è un’“arte militare”! Eventualmente, l’arte militare può guadagnarci dallo studio dello Zen, ma lo Zen, di per sé, non guadagnerà mai niente dallo studio dell’arte militare! Questo è un punto fondamentale su cui bisogna ragionare con molta attenzione: “lo Zazen è ciò che vi è di più riverito ed è il Vero Maestro”, perché ognuno ha il “suo” e se lo deve gestire fino in fondo per conto proprio. Il maestro è quella “forma”, idealizzata o idealizzabile, a cui inevitabilmente, soprattutto nei primi anni di pratica, è bene fare riferimento per avere un buon consiglio, un’indicazione, un po’ di sostegno morale, una pacca sulla spalla, una battuta di spirito; però, ognuno sperimenta per conto proprio, con la propria carne, le proprie ossa e il proprio cervello. Altrimenti, che via di liberazione sarebbe? E con che fegato potremmo affermare che il Buddhismo è una via di liberazione, se per liberarci dovessimo diventare schiavi e dipendenti di un’altra persona? Come ci si può liberare, se ci si mette nelle mani di qualcuno? Il maestro dev’essere un amico, un fratello, una persona che si può chiamare a qualsiasi ora del giorno e della notte, ma non può certamente essere colui che si arroga il diritto di impartire ordini su ciò che si deve fare e cosa non si deve fare! Quando si trovano maestri che dicono: “Date retta a me [...]”, bisogna fare attenzione, perché sono pericolosissimi, e possono rovinare il futuro di chi ci casca. [Dai Do Strumia, pp 135-137] I PASTI KANTEN DI FRUTTA N ella cucina giapponese, come del resto anche nella nostra cucina tradizionale, riveste molta importanza l’aderenza alla stagione nella scelta degli ingredienti e delle ricette. Finalmente siamo in estate; allora, perché non prepararci un tipico dolce giapponese a base di frutta? Il kanten, o agar, si ottiene da un’alga; è usato per preparare gelatine impiegate sia nei piatti salati, sia nei dolci. È commercializzato sotto forma di leggerissime barrette o fiocchi. Il vantaggio è che si può usare anche da parte dei vegetariani, al contrario di altre gelatine che sono di origine animale. Tagliate la frutta di stagione a cubetti e disponetela in coppette, possibilmente trasparen- ti, per tre quarti della capienza. In una pentola, versate mezzo litro di succo di mela o di concentrato di pera, un quarto di litro d’acqua, un pizzico di sale, una grattugiatina di scorza di limone, quattro cucchiaini rasi, o mezza barretta, di kanten, un cucchiaio di zucchero, oppure miele o malto di riso (il kanten e il malto si possono acquistare nei negozi di cibi naturali o macrobiotici). Portate il tutto a ebollizione, mescolando per cinque minuti; spegnete la fiamma e, sempre mescolando, fate raffreddare per qualche minuto. Versate la gelatina ottenuta nelle coppette e lasciate raffreddare. Volendo, dopo una mezz’ora potrete metterle in frigo. Ecco pronto il vostro kanten di frutta! Enrico Dai Mu Jo Nicolosi LE ARTI CARLA DE ANNA N Carla De Anna CAVALLI, acquerello 34,5x25, ispirato all’haiku di M. Shiki: Un acquazzone improvviso, file intere di cavalli sbatacchiano la coda. ata a Torino e diplomata in Belle Arti presso il “Centro de Altos Estudios F.A.E.” di Madrid e in Pittura presso l’“Accademia Albertina” di Torino, si è dedicata soprattutto alle tecniche dell’acquerello e dell’incisione, esponendo le sue opere in moltissime mostre individuali e collettive. Ha lavorato come grafica pubblicitaria e ha collaborato con case editrici (Einaudi, Edisco) come illustratrice di testi per l’infanzia. Carla De Anna PEONIA, acquerello 33x22, ispirato all’haiku di Y. Buson: Caduto il fiore, non cade l’immagine della peonia. Scrive di lei Giacomo Soffiantino: “Quando si pensa all’acquerello si pensa a un modo di colorare con rapporti morbidi, fluidi. Si vedono macchie posate senza una delimitazione data dal disegno, tonalità che si sfumano in stesure trasparenti. Anche in natura le sue parti non sono delineate dalla linea, ma sono superfici di colore che definiscono le cose del nostro mondo, un pittorico-emozionale. subito un grande interesse per il loro cromatismo. Superfici di carta appositamente scelte e preparate per esaltare la pennellata e far sì che non si espanda. Macchia su macchia, trasparenza su trasparenza, fino ad arrivare ad una immagine che si estrae dalla realtà. Così cura la nostra pittrice i suoi acquerelli, ponendosi tra coloro che dell’acquerello hanno fatto uno dei loro mezzi più espressivi: vedi i Calandri, Saroni, la Lea Gyarmati, la Lequio, vedi Vincenzo Gatti ecc. ecc. Nei suoi lavori esiste un movimento rappresentato da colori tenui che si alternano per creare una stasi atta ad evidenziare concentramenti di colore vivo che sviluppano una energia potenziale. Carla De Anna WHO’S MY MASTER, bozzetto 13,5x77, ispirato all’haiku di R. Ho Kai Piana: Who’s my master? The ground under my feet. Carla De Anna L’ALLOCCO, acquerello 22x32,5, ispirato all’haiku: Su, allocco mio, muta la tua espressione! Questa è pioggia di primavera. Infatti al mondo del visibile è più facile avvicinare la tecnica dell’acquerello, come alla rappresentazione dell’atmosfera la nostra De Anna ci presenta […] i suoi acquerelli. Sono nature morte che si alternano a paesaggi che ci destano Nella concezione della natura ci sono sempre due momenti di lotta tra loro: un realismo descrittivo, ovvero l’osservazione minuta degli oggetti, in antitesi con l’approssimazione poetica e immaginosa. La lotta per la nostra autrice è quella tra una accumulazione di dettagli, contro una sovrastante vacuità ma, secondo me, riesce sempre, con bravura, in un compromesso tra le due tendenze. L’accumularsi dei particolari, il sovrapporsi degli elementi trasmetterebbero confusione se non fosse per quella bruma colorata che ovunque penetra, dando un senso di unità all’opera. Questa luce solare è sempre presente e ha un ruolo determinante nella pittura della De Anna, dandole un aspetto poetico più che scientifico, dove aleggia un mondo di sogno piuttosto di un mondo reale.” Recentemente ha realizzato alcuni acquerelli ispirandosi ad haiku che le sono stati suggeriti da Rita Ho Kai Piana, e li ha esposti a Torino in occasione dell’iniziativa “LOV NIGHT #1 - Vanchiglia a studi aperti” organizzato da “VANCHIGLIA OPEN LAB”. Giacomo Soffiantino Ricordiamo ai nostri lettori che i numeri precedenti della newsletter sono scaricabili dal nostro sito al link: http://www.ilcerchiovuoto.it/pages/atv_newsletter.php