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INSEGNAMENTO DI PEDAGOGIA GENERALE LEZIONE IV “L’APPROCCIO COGNITIVISTA: DA PIAGET A GARDNER ” PROF. RICCARDO FRAGNITO Pedagogia Generale Lezione IV Indice 1. L’epistemologia genetica di Piaget ...........................................................................................3 2. Vygotskij: il ruolo del linguaggio..............................................................................................9 3. La cultura dell’educazione di Bruner ....................................................................................13 4. Gardner e la teoria delle intelligenze multiple ......................................................................16 Conclusione.......................................................................................................................................19 Bibliografia .......................................................................................................................................24 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV 1. L’epistemologia genetica di Piaget Il modello cognitivista trova la sua giustificazione teorica nell’analisi sviluppata dalle teorie epistemologico-genetiche. In questo ambito si fonda la spiegazione dei processi cognitivi e le fasi del loro sviluppo dall’infanzia all’età adulta. Questo modello è stato introdotto da Jean Piaget che consente, in tal modo, di comprendere il costituirsi del pensiero nelle sue espressioni più evolute. Piaget ha dedicato particolare attenzione alla problematica legata allo sviluppo del soggetto rappresentando ancora oggi un significativo punto di riferimento per chi si appresta ad affrontare gli studi legati alle teorie dell’apprendimento. Piaget ha elaborato la concezione di strutture e schemi di funzionamento cognitivo deputati all’elaborazione dell’informazione; in un’opera molto importante L’introduzione all’Epistemologia genetica introduce la scienza della conoscenza biologica e propone di studiare le forme e i modi del processo conoscitivo e le leggi del suo sviluppo; egli sostiene, a tal proposito, che le “strutture del sapere” si sono sedimentate nel tempo e si sono “impregnate” nell’uomo secondo la teoria dell’evoluzione della specie darwiniana che ha portato ad una selezione naturale della “specie idee” o meglio una maggiore definizione delle strutture cerebrali; ne consegue, quindi, che nell’uomo sono sopravvissute solo le “idee” che hanno facilitato la sua esistenza, il suo vivere. Quindi accanto alla selezione naturale della specie si è avuta anche la selezione biologica delle idee che si è gradualmente definita generando una mappa genetica di tutte le strutture che si sono sedimentate nel corso del tempo e che hanno permesso all’uomo di sopravvivere e dominare l’ambiente circostante. Lo sviluppo appare pertanto come un continuo processo di “assimilazione”, “accomodamento” ed “equilibrio”, che mette il bambino nella condizione di adattarsi all’ambiente accogliendo informazioni nuove all’interno di schemi mentali pre-esistenti, modificandoli e raggiungendo un nuovo e più maturo equilibrio tra conoscente e conosciuto. In particolare Piaget si è dedicato allo studio sistematico dell’evoluzione delle strutture cognitive, dal bambino fino all’adulto 1 . Per descrivere lo sviluppo cognitivo 2 si serve delle “funzioni” e delle “strutture”. 1 Questo adattamento continuo all’ambiente si evolve attraverso delle fasi o stadi. Lo studioso perseguì questo obiettivo attraverso un metodo di ricerca sperimentale di tipo clinico, basato cioè sullo studio sistematico di un piccolo numero di soggetti, ponendosi in una situazione di osservazione partecipata, egli infatti parlava con i bambini, li interrogava, non nascondeva la sua curiosità rispetto ai loro percorsi mentali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV Le “funzioni” riguardano l’adattamento dell’individuo all’ambiente, a sua volta l’adattamento si scinde in due processi contemporanei che sono l’assimilazione e l’accomodamento. L’assimilazione indica la tendenza ad incorporare ogni dato nuovo all’interno di schemi che l’individuo già possiede e che non vengono modificati dall’incontro con nuovi stimoli. L’accomodamento è invece il processo inverso, per cui lo schema o struttura, si modifica per accogliere i nuovi oggetti di esperienza. Ogniqualvolta il bambino generalizza un comportamento già acquisito a situazioni diverse si ha assimilazione, mentre quando il bambino è costretto a modificare un suo schema per adeguarlo ad una esperienza nuova e diversa si realizza un accomodamento. Per quanto concerne le “strutture”, Piaget individua degli stadi strettamente collegati con lo sviluppo biologico che sarebbe alla base dell’apprendimento, infatti, solo se nel soggetto si raggiunge una determinata maturazione strutturale-biologica si possono ottenere determinati apprendimenti e conseguentemente solo se le strutture caratteristiche di ogni stadio si sono formate si possono “plasmare” le strutture successive. Pertanto lo sviluppo mentale del bambino per Piaget si dispiega dall’infanzia all’adolescenza attraverso quattro stadi fondamentali: lo stadio senso-motorio, lo stadio pre-operatorio, lo stadio operatorio-concreto, lo stadio logico-formale 3 . Stadio senso-motorio, si sviluppa dalla nascita ai 2 anni circa, durante questa fase il bambino costruisce le prime forme di conoscenza secondo una sequenza obbligata, e giunge, in tal modo alle prime modalità di interazione con l’ambiente. Pertanto la mente del bambino opera attraverso rappresentazioni interne che non richiedono una corrispondenza immediata con oggetti e persone. Riportando un esempio classico è possibile mostrare che il sistema di prensione degli oggetti in questo stadio (oggetti tondi, quadrati o sottili) sviluppa una continua ricerca di equilibrio; infatti, il bisogno di ritrovare l’equilibrio induce il bambino a nuovi tentativi, nel corso dei quali lo schema di prensione si modificherà, “accomodandosi” agli aspetti nuovi che l’esperienza ha presentato, articolandosi in diversi schemi di prensione. Stadio pre-operatorio (da 2 a 7 anni) permette al bambino di passare dalla prima alla seconda infanzia e di acquisire concetti come quello di numero e di casualità, ma non è in grado di usarli in modo sistematico e logico. In questo stadio di sviluppo cognitivo, Piaget sottolinea la capacità dei 2 Quando Piaget parla di sviluppo cognitivo si riferisce, in modo particolare, alle quattro fondamentali categorie di conoscenza: lo spazio, il tempo, il numero, la causalità. 3 Piaget J., Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino 2000. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV bambini di distinguere le “azioni” dalle “operazioni”; le prime sono irreversibili nel tempo; le seconde invece sono reversibili. Ad esempio il bambino, a questo livello, riesce a distinguere una casa più grande da una più piccola. In altre situazioni, come per esempio l’invarianza della quantità d’acqua nel passaggio da due recipienti diversi, il bambino incontra molte difficoltà di comprensione. Egli intuisce, quindi, che i bambini allo stadio pre-operatorio riconoscono solo gli aspetti qualitativamente irreversibili degli oggetti, trascurando la reversibilità degli aspetti quantitativi i quali necessitano di un’astrazione numerica che, come la logica matematica, è reversibile. Stadio operatorio-concreto (dai 7 agli 11 anni) durante il quale il bambino si è impadronito di quelle nozioni causali e quantitative. In questa fase si conquista la capacità di compiere operazioni mentali sugli oggetti utilizzando i concetti di numero, peso, volume. Inoltre è capace di classificare e trasformare la realtà tenendo presente la nozione di spazio e tempo ma sempre attraverso un procedimento che si serve di schemi di azione e di comportamento. Stadio logico-formale (dagli 11 ai 15 anni) nel quale si completa lo sviluppo mentale del bambino. Egli sarà in grado di compiere operazioni mentali indipendentemente dal riferimento a oggetti e persone concrete, utilizzando concetti e simboli. Ed è solo da una sintesi dei due tipi di reversibilità che può derivare la possibilità di una logica formale e di un pensiero combinatorio ed ipoteticodeduttivo. In questo stadio si completa lo sviluppo mentale del bambino esso è caratterizzato da una maturazione decisa del pensiero logico, del linguaggio e della socializzazione. Il fanciullo interpreta con sempre maggiore sicurezza i meccanismi che sono alla base della vita e diventa capace di ragionare su elementi astratti (ipotesi, principi, leggi, deduzioni), è il periodo del “pensiero astratto”. «Mentre il bambino dello stadio delle operazioni concrete scopre i vari tipi di associazione attraverso il confronto dei contenuti reali della sua esperienza, l’adolescente nello stadio delle operazioni formali è in grado di pensare a tutte le combinazioni possibili per sottoporle a verifica in seguito» 4. Con il pensiero operatorio-formale il soggetto è in grado di ragionare a livello simbolico e, quindi, gli oggetti ora vengono costruiti mentalmente; le operazioni che nelle fasi precedenti dovevano essere espletate sul piano fisico, ora vengono “interiorizzate” e costituiscono le operazioni logiche fondamentali della conoscenza umana. La riflessione piagetiana è tutta incentrata su una analisi dello sviluppo degli stadi evolutivi e delle strutture biologiche del bambino. «In questo senso Piaget studia la psicogenesi in quanto processo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV che tende alla costruzione di strutture formali dell’intelligenza sempre più equilibrate, vale a dire dotate di una reversibilità operatoria interna sempre maggiore, che le emancipa progressivamente da ogni dipendenza temporale» 5 . Piaget delinea l’originalità del suo approccio che, tralasciando ogni problema di misurazione quantitativa, si propone di enucleare i caratteri qualitativi dello sviluppo. Problemi di natura specificamente qualitativa sono appunto la determinazione delle strutture caratterizzanti i vari livelli di sviluppo mentale, come pure la determinazione dei meccanismi e delle modalità di passaggio da una struttura ad una successiva. La questione centrale concerne, dunque, la natura dei mutamenti che intercorrono tra le successive tappe dello sviluppo cognitivo. Si tratta di valutare se questi siano di ordine qualitativo, poiché introducono effettive e globali novità nella “forma” delle conoscenze, oppure costituiscano soltanto (come ritiene l’epistemologia classica) dei progressi di ordine quantitativo, valutabili quindi in modo continuo con riferimento ad una scala di parametri. La risposta di Piaget, sin dalle prime indagini psicologiche, è orientata verso la prima direzione. Il compito dello studio genetico dell’intelligenza è allora, in tale prospettiva, quello di carpire in che modo tali strutture si originino attraverso una genesi temporale caratterizzata da tappe in cui la reversibilità operatoria si costruisce progressivamente. Piaget osservò nel bambino che esplora progressivamente l’ambiente le stesse facoltà di adattamento delle specie evolutive e affrontò il problema biologico dell’intelligenza, orientandosi verso lo studio degli schemi senso motori in cui ogni azione, ripetendosi su oggetti diversi, si generalizza e si affina attraverso il gioco dialettico delle “assimilazioni”, che consentono di incorporare all’azione oggetti nuovi e ulteriori “adattamenti”, i quali permettono allo stesso tempo di adattare l’azione alle condizioni particolari. É nell’azione che nasce il pensiero. Piaget si rese conto che l’adattamento del bambino all’ambiente non è mai una semplice reazione a quest’ultimo, ma piuttosto un processo attivo, nel corso del quale il bambino risolve i problemi: dapprima facendo appello alle proprie capacità senso-motorie, poi, al termine di una lunga evoluzione, raggiunge l’intelligenza delle operazioni astratte e della logica formale. 4 5 Ceruti M., La danza che crea, Feltrinelli, Milano 1989, pp. 153-154. Ivi, pp. 183-184. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV L’elaborazione della nozione di “stadio di sviluppo” vuole costituire, a questo punto, uno strumento adeguato per l’analisi della psicogenesi intesa come storia di successivi e determinabili mutamenti qualitativi nelle strutture dell’intelligenza e nelle forme di codificazione dell’esperienza. Piaget distingue, allora, lo sviluppo intellettivo dallo sviluppo del linguaggio, in riferimento alla discontinuità che si manifesta nel primo caso rispetto alla sostanziale continuità che appare nel secondo 6 . Lo studioso differenzia nettamente i risultati del funzionamento dell’intelligenza dalle modalità del funzionamento stesso (per ogni stadio); quindi, rispetto ad ogni conoscenza, viene fatta una chiara distinzione fra struttura e contenuto. Nel primo caso sono in discussione le proprietà organizzative e formali dell’intelligenza a un determinato stadio di sviluppo. Nel secondo si fa invece riferimento ai risultati dei processi cognitivi, cioè a quello che appare di un processo cognitivo del soggetto. Quando Piaget parla di sviluppo cognitivo si riferisce, in modo particolare, alle quattro fondamentali categorie di conoscenza: lo spazio, il tempo, il numero, la causalità. Gli apporti alla pedagogia che derivano dalla teoria degli stadi dello sviluppo cognitivo sono di notevole importanza in quanto, le caratteristiche socio-antropologiche di questo nuovo modello teorico, ribaltano lo stereotipo della dipendenza e della fragilità infantile, e propongono l’immagine del bambino come capace di pensiero produttivo e di notevoli performances cognitive7 . Infatti, poiché il soggetto si evolve mentalmente attraverso determinati stadi (qualitativamente e strutturalmente diversi, come conseguenza della maturazione biologica, del suo sforzo di organizzare l’esperienza e le sue interazioni sociali), si può stabilire se un bambino procede normalmente nello sviluppo, controllando se le “competenze operative” sono adeguate allo stadio corrispondente alla sua età, invece di calcolare il suo “quoziente intellettivo” 8 . «Piaget è consapevole che i tre grandi stadi evoluti dell’uomo non possono essere solo il risultato di fattori “esterni” al sistema cognitivo, come la crescita organica e la maturazione del complesso formato dal sistema nervoso e dai sistemi endocrini; l’esercizio e l’esperienza acquisita nell’azione effettuata sugli oggetti, sia sensomotoria che logico-matematica; le interazioni e le trasmissioni sociali» 9 . La spiegazione dello sviluppo deve tener conto di queste due dimensioni, l’una ontogenetica l’altra sociale (nel senso della trasmissione del lavoro successivo delle generazioni), e il problema si pone, 6 Ivi, pp. 140-141. Cfr. Acone G., Intersezioni Pedagogiche, Edisud, Salerno 1989, p. 155. 8 Minichiello G., Nuova razionalità e processi educativi, Morano, Napoli 1988, pag. 81. 9 Ivi, p. 89. 7 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV in termini parzialmente analoghi nei due casi, poiché è quello del meccanismo interno di ogni costruttivismo. Tale meccanismo interno (ma senza possibile riduzione al solo innatismo e senza piano prestabilito perché c’è costruzione reale) è, infatti, osservabile durante ogni costruzione parziale e ogni passaggio da uno stadio al seguente; è un processo di equilibrazione, non nel senso di semplice equilibrio delle forze (come in meccanica), ma nel significato, oggi preciso grazie alla cibernetica, di autoregolazione, vale a dire di una serie di compensazioni attive del soggetto in risposta alle perturbazioni esteriori e di un atteggiamento contemporaneamente retroattivo (sistemi a catene o feedbacks) e anticipatore che costituisce un sistema permanente di tali compensazioni 10 . Quindi il maggior grado di interazione che caratterizza ogni stadio cognitivo rispetto al precedente è tradotto da Piaget nei termini di equilibrio. Ogni nuova struttura possiede inoltre una particolare forma di equilibrazione maggiorante. Essa consiste in una crescente reversibilità delle strutture operatorie e in una progressiva integrazione nel sistema cognitivo delle possibili perturbazioni al suo equilibrio, che da fattori esterni ostacolanti diventano fattori interni prevedibili e anticipabili. 10 Cfr. Piaget J., Inhelder B., La Psicologia del bambino, Einaudi, Torino 1970, pp. 133-134. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV 2. Vygotskij: il ruolo del linguaggio Un elemento determinante nei processi cognitivi riguarda il ruolo del linguaggio, la sua influenza è stata evidenziata da importanti cognitivisti, tra i quali Bruner, che pur accettando le tesi di Piaget e partendo da esse, affronta le riflessioni di Vygotskij circa la funzione determinante del linguaggio nello sviluppo cognitivo dei giovani. Egli, infatti, scrive: «ricordo in particolare gli incontri con Aleksandr Lurija, vivace sostenitore delle teorie “storico-culturali” di Lev Vygotskij sullo sviluppo. I suoi entusiasmatici argomenti a favore del ruolo del linguaggio e della cultura nel funzionamento della mente finirono presto per far vacillare la mia fede nelle teorie più autonome e formalistiche del grande Jean Piaget, teorie che lasciavano pochissimo spazio al ruolo qualificante della cultura nello sviluppo mentale» 11 . Il linguaggio, che Vygotskij vede come elemento di rappresentazione della realtà e quindi in grado di produrre simbolizzazione e di esercitare finanche la funzione di controllo motorio, viene riconsiderato da Bruner, il quale attribuisce alla cultura la funzione di elemento centrale dello sviluppo del fanciullo in quanto «proprio quelle predisposizioni che riteniamo innate richiedono molto spesso, per prendere forma, l’intervento di un sistema di notazione largamente condiviso, quale ad esempio il linguaggio. Malgrado le nostre doti innate, pare che possediamo quella che Vygotskij chiama “area di sviluppo prossimale” cioè la capacità di riconoscere altre possibilità non riconducibili a quella dotazione» 12 . È nel momento in cui agisce socialmente con il linguaggio, che egli si appropria di nuovi strumenti cognitivi che gli serviranno ad alimentare l’“agire linguistico interiore” che gli permetterà di risolvere in maniera autonoma problemi analoghi a quelli precedentemente affrontati con altri 13 . Vygotskij nei suoi studi aveva individuato la possibilità di realizzare le condizioni favorevoli all’apprendimento quando le sollecitazioni intervengono nell’area della zona di sviluppo prossimale. Questa constatazione nasceva dall’esperimento nel quale aveva sottoposto a bambini di varie età test e compiti che reputava fossero adatti alla loro età mentale, anche in relazione ai loro studi. Dai risultati ottenuti si era visto che i soggetti erano in grado di comprendere i problemi e risolverli. 11 Bruner J. S., La cultura dell'educazione, Feltrinelli, Milano 1997, p. 11. Ivi, p. 31. 13 Varisco B. M., Nuove tecnologie per l’apprendimento, Garamond, Roma 1998, pp. 43-45. 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV In seguito, venivano sottoposti a problemi sempre più complessi i quali corrispondevano a età mentali e studi superiori. Dal risultato delle prove Vygotskij fu in grado di affermare che i soggetti riuscivano a comprendere i compiti solo con l’aiuto dell’insegnante. «Ciò che è fondamentale nell’apprendimento è proprio il fatto che il bambino apprende cose nuove. Perciò l’area di sviluppo prossimo, che definisce questo campo di passaggio accessibile al bambino, è proprio l’elemento più significativo in relazione all’apprendimento e allo sviluppo». 14 Connesse alla zona di sviluppo prossimale Vygotskij individua due livelli: il livello dello sviluppo reale il quale si riferisce a tutte quelle funzioni che sono già in possesso degli studenti ed il livello dello sviluppo potenziale che determina tutte quelle funzioni che gli studenti possono sviluppare grazie al sostegno degli adulti oppure collaborando con coetanei più esperti. In definitiva, la zona di sviluppo prossimale è «la distanza tra il livello dello sviluppo reale, determinato dalla capacità dei soggetti di risolvere indipendentemente un problema, e il livello di sviluppo potenziale, determinato dalla capacità di saper risolvere un problema sotto la guida dell’insegnante o in collaborazione con altri studenti più capaci» 15 . La zona dello sviluppo prossimale che definisce quelle funzioni che non sono ancora mature ma sono in un processo di maturazione potrebbero essere chiamate «i “boccioli” o i “fiori” dello sviluppo […]. Il livello reale di sviluppo caratterizza lo sviluppo mentale retrospettivamente, mentre la zona di sviluppo prossimale caratterizza prospettivamente lo sviluppo» 16 . Su tale assunto Vygotskij costruisce il suo ideale di educazione, sia scolastica che informale, basata sul livello potenziale dei bambini piuttosto che su quello reale, «l’unico buon apprendimento è quello in anticipo allo sviluppo». Ciò significa che in tale zona, un problema che non viene risolto dallo studente autonomamente può essere da lui stesso risolto attraverso lo scaffolding dialogico con qualcuno più competente di lui. Gli esperimenti condotti da Vygotskij condussero lo scienziato russo a risultati opposti a quelli ottenuti da Piaget. Secondo Piaget il legame che unisce tutte le caratteristiche specifiche della logica infantile è l’egocentrismo, che sarebbe una posizione intermedia tra il pensiero autistico e quello controllato (adulto). Il pensiero del bambino sarebbe originariamente autistico e solo con la pressione sociale diventerebbe realistico: questo perché ciò che interessa al bambino è la soddisfazione di piaceri, in 14 Vygotskij S. L., Pensiero e linguaggio, Editori Laterza, Bari 2000. Ivi, p. 34. 16 Ivi, p. 54. 15 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV antitesi al principio di realtà. Piaget avrebbe preso da Freud l’idea che il principio del piacere preceda quello di realtà; l’idea che il piacere sia una forza vitale indipendente. Vygotskij, invece, afferma che lo sforzo per ottenere la soddisfazione di un bisogno e lo sforzo per adattarsi alla realtà non sono separabili né opponibili, altrimenti c’è patologia. Piaget sostiene che il gioco (immaginazione) è la legge suprema dell’egocentrismo fino a 7-8 anni. Vygotskij, invece, sostiene che la funzione primaria del linguaggio nei bambini e negli adulti è la comunicazione. Il primo linguaggio è quello sociale (globale e plurifunzionale); in seguito le funzioni si differenziano, cioè si egocentrizzano, permettendo allo sviluppo del pensiero e del linguaggio d’interiorizzarsi. In altre parole il linguaggio diventa anche egocentrico, ma resta sociale, poiché l’egocentrismo rappresenta soltanto un’interiorizzazione di forme di comportamenti sociali. Nell’adulto c’è il linguaggio interiore (linguaggio egocentrico in profondità), che si sviluppa all’inizio dell’età scolare. Vygotskij poté constatare che di fronte alle difficoltà il coefficiente del linguaggio egocentrico aumentava, ma proprio perché con esso il bambino realizzava un processo di presa di coscienza che lo portava, in un modo o nell’altro, a cercare una soluzione del problema. Secondo Vygotskij la differenza, sotto questo aspetto, tra l’adulto e il bambino, è che il linguaggio egocentrico del bambino è stato ormai così assimilato dall’adulto che non si manifesta più come tale. Piaget direbbe che la mancata manifestazione del linguaggio egocentrico deriverebbe dalla sua scomparsa, ma in realtà esso è stato solo “interiorizzato”. L’egocentrismo rappresenta, dunque, quell’impulso che consente di evadere dal conformismo sociale che per sua natura è ripetitivo. Secondo Piaget, al contrario, il bambino sarebbe diventato un adulto nel momento in cui abbandonava il piacere egocentrico per far proprio il dovere sociale. Vygotskij definisce il pensiero autistico come il risultato del pensiero realistico di Piaget, poiché quest’ultimo pretende che il pensiero realistico (distaccandosi da bisogni-interessi-desideri) sia “puro”, cioè in grado di indagare la verità per se stessa. Sempre secondo Vygotskij nel momento in cui il pensiero realistico di Piaget presume di appagare con la fantasia i bisogni frustrati della vita si trasforma in autistico (la logica separandosi dalla vita conduce all’irrazionalismo). Entrambi gli studiosi hanno considerato nel bambino una elaborazione del linguaggio del tutto specifica. Per Piaget il linguaggio egocentrico rappresenta il punto di partenza per il consolidamento strutturale del linguaggio successivo. Lo psicologo considera tale linguaggio egocentrico come il modo per colloquiare con sé stesso e persiste fino ai sette anni circa. Infatti, in seguito, il linguaggio egocentrico sparisce e al suo posto subentra il linguaggio socializzato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV Vygotskij, al contrario, sostiene che anche il linguaggio egocentrico sia socializzato e si trasforma solo successivamente in linguaggio interiorizzato. Ciò significa che nella mente umana è presente una sorta di codice interno, che, in base alla personale esperienza percettiva, effettua una suddivisone e una classificazione delle possibili percezioni. «Qui abbiamo un processo [...] dall’esterno all’interno, un processo di volatilizzazione del linguaggio nel pensiero. Da qui la struttura di questo linguaggio e tutte le sue differenze rispetto alla struttura del linguaggio esterno» 17 . Vygotskij sostiene che lo studio del linguaggio egocentrico del bambino è di estrema importanza perché esso rappresenta l’embrione del linguaggio interno dell’adulto. A tal proposito in Pensiero e Linguaggio scrive «[...] il linguaggio per sé non può affatto trovare la sua espressione nella struttura del linguaggio esterno, completamente diverso per la sua natura; la forma di linguaggio, che è del tutto particolare per la sua struttura [...] deve avere necessariamente una sua forma d’espressione speciale, poiché il suo aspetto fasico cessa di coincidere con l’aspetto fasico del linguaggio esterno» 18 . Piaget non prende in considerazione i fattori culturali che condizionano le risposte del bambino (cioè le acquisizioni anteriori, ovvero l’appartenenza a un gruppo, ceto sociale…). Gli interessa soltanto descrivere le differenze del comportamento mentale del bambino, a seconda delle età, rispetto al comportamento mentale dell’adulto. In relazione, infine, alla teoria dell’intelligenza, Piaget sottolinea il contributo dato dallo strutturalismo che riconosce l’esistenza di “strutture operatorie” e prende le distanze sia dalle concezioni associazionistiche sia da quelle della Gestalt (le quali riconoscono l’esistenza delle strutture, ma le riducono tutte a un unico tipo, quello della percezione). La specifica caratteristica delle strutture intellettuali è stata individuata grazie all’analisi psicogenetica (cioè alla ricostruzione del loro processo di formazione): esse sono il risultato di una costruzione graduale da parte del soggetto. Tale concezione dello sviluppo dell’intelligenza è definito anche “costruttivismo”. «I lavori sulla formazione delle operazioni intellettuali a partire dalle regolazioni preoperatorie e sensorio-motrici, sul ruolo degli squilibri o contraddizioni, o delle riequilibrazioni per mezzo di nuove sintesi e di superamenti, in una parola l’intero costruttivismo che caratterizza la costruzione progressiva delle strutture conoscitive» 19 . 17 Vygotskij L. S., Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, Mecacci L. (a cura di), Laterza, Bari 1990, p. 347. Ivi, p. 354. 19 Piaget J., Le scienze dell’uomo, Laterza, Bari 1983 (3^ ed.), p. 73. 18 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV 3. La cultura dell’educazione di Bruner Nell’analisi dei processi di apprendimento Bruner ha seguito gli studi di Piaget, per cercare successivamente di “ampliarne” la prospettiva attraverso la decisiva influenza dei fattori socioculturali rispetto a quelli genetici. Anche per Bruner esistono gli stadi ma a differenza di Piaget essi si evolvono lungo tutto l’arco della vita senza precise scansioni biologiche e temporali. Bruner distingue tre fasi: la “fase operativa” in cui prevale la rappresentazione motoria dell’esperienza mentre nella “fase iconica” predomina l’applicazione di schemi visivi alla realtà, che dipendono dall’organizzazione sensorialepercettiva. Quindi si ha una organizzazione mentale della realtà (oggetto concreto – idea dell’oggetto); infine la fase della “rappresentazione simbolica” si avvale del sistema simbolico del linguaggio per esprimere concetti e categorizzazioni. Dopo una concezione basata sulla teoria piagetiana Bruner propone una visione vicina a quella di Vygotskij sia per l’importanza che dà alla matrice socio-culturale sia per la forte importanza che attribuisce al linguaggio. A tal proposito Bruner attribuisce un ruolo determinante al “pensiero narrativo”, e al ruolo che svolge la parola nell’interpretazione del mondo. La narrazione è, infatti, considerata da Bruner come un “modello mentale” cioè una “articolazione” del pensiero che determina conseguentemente una organizzazione della realtà rendendola realtà interpretata; andando oltre gli aspetti logici e sistematici della vita mentale così come venivano presentati da Piaget. Le fasi dell’apprendimento per Bruner sono la capacità d’azione, alla quale segue la riflessione, la condivisione e infine la cultura. In particolare la riflessione e conseguentemente l’apprendimento per Bruner sono legati inscindibilmente con l’interpretazione. Bruner propone, contro un modello scolastico basato su un apprendimento individualizzato e incentrato esclusivamente su se stesso, il metodo della narrazione, e dell’attivo coinvolgimento personale nel percorso formativo. Narrare i fatti diventa già un modo di interpretarli: la narrazione include non solo il conoscere ma prevede l’applicazione delle regole e degli schemi tra una molteplicità di modelli. La psicologia culturale cerca di trovare una soluzione ad alcune incongruenze della psicologia cognitiva di Piaget, che per fornire una spiegazione delle diverse fasi di sviluppo del bambino ipotizza dei “salti” logico strutturali, ponendo l’attenzione sul fatto che l’intelligenza non è un Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV fenomeno meramente individuale, ma rappresenta il prodotto dell’interazione con gli altri, ramificandosi sempre più tramite l’esperienza, la lettura, gli strumenti di cui si dispone e le persone con le quali ci si rapporta. In secondo luogo l’intelligenza è localizzata, essa cioè nasce in occasione di una specifica esperienza, ed è per questa ragione che il bambino una volta che l’ha acquisita non è immediatamente in grado di generalizzarla ad altri contesti. Secondo Bruner l’orientamento biologico non può non richiamarsi a quello culturale per comprendere il funzionamento e l’essenza della mente umana. Secondo lo psicologo culturale si può infatti concludere che: «se è vero che la mente crea la cultura, anche la cultura crea la mente» 20 . In base a tale orientamento la mente viene intesa come un “organo intersoggettivo” il cui sviluppo è favorito dal contatto con gli altri individui. Bruner sostiene che anche in questo contesto il pensiero narrativo ricopre un ruolo estremamente importante nei processi di apprendimento: è proprio infatti la narrazione che consente al bambino di partire dal sé e di relazionarsi con gli altri, e con le cose del mondo circostante in modo partecipativo. Questa comprensione partecipativa è, al contrario, completamente assente nel bambino autistico, per il quale la narrazione non ha senso, in quanto egli non percepisce in nessun modo che le persone che lo circondano possano somigliargli o condividere i suoi pensieri. La mente non rappresenta dunque un mero organo il cui sviluppo avviene tramite tappe biologicamente cadenzate e determinate, ma è altresì influenzata dall’atteggiamento di altre menti. Al di là della fase mimetica, cioè della propensione del soggetto a imitare o apprendere dai comportamenti delle altre persone con le quali entra in contatto, un’altra cosa che separa il soggetto dai primati superiori è il linguaggio, cioè la peculiare capacità, dell’uomo per Chomsky e Fodor innata, di dimostrare una specifica sensibilità «a cogliere la struttura lessicale-sintattica di ogni linguaggio naturale» 21 Secondo Bruner è, e sarà impossibile definire se nel genoma dell’uomo risiede il segreto dell’“organo del linguaggio”: non si tratta di effettuare una distinzione tra innatismo e antiinnatismo ma di considerare come il linguaggio sia reso possibile. Non solo esistono molti modi di usare la mente, e dunque di conoscere e costruire significati, ma svolgono funzioni differenti a seconda delle diverse situazioni. Ma questi modi di utilizzare la mente possono funzionare, spesso anzi possono addirittura esistere, solo se si acquisisce la 20 21 Bruner J. S., La cultura dell’educazione, op. cit., p. 180. Ivi, p. 198. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV padronanza dei sistemi simbolici e dei registri linguistici propri di una cultura anche se non tutte le persone acquisiscono lo stesso livello di padronanza. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV 4. Gardner e la teoria delle intelligenze multiple Secondo Gardner certe attitudini che definisce frames of mind (strutture mentali) hanno una base innata e universale come ad esempio la capacità di occuparsi di rapporti quantitativi, di sottigliezze linguistiche, di specifici movimenti del corpo nella danza, o di intuire i sentimenti degli altri. A tal proposito studi in campo psicologico e fisiologico hanno accertato che la mente riflette la struttura del cervello: una struttura a moduli costituita da facoltà separate. Gardner, infatti, sostiene che «tutto ciò che avviene nella mente sia prodotto dal cervello [...] da un cervello situato in un corpo umano che si sviluppa in un ambiente umano in perenne cambiamento [...]. Il cervello non si trova in un vuoto. È in un corpo che, a sua volta, vive in una cultura. Il cervello può svilupparsi in un’enorme varietà di culture ma una volta che lo sviluppo neurale sia incominciato (e cioè dopo poco il concepimento), la cultura in cui gli accade di vivere diventa una determinante decisiva della sua struttura e della sua organizzazione» 22 . Secondo Gardner non possediamo una intelligenza unica; infatti, lo studioso ha individuato nove intelligenze ognuna con una sua caratteristica ed unicità. Le intelligenze gardneriane sono: logico matematica, linguistico-verbale, musicale, corporale o cinestetica, spaziale, sociale, intrapersonale, naturalistica o ecologica ed infine esistenziale. L’intelligenza logico-matematica è connessa con l’abilità di analizzare i problemi, di fare operazioni matematiche e ragionare in maniera efficace. L’intelligenza logico-matematica prevede una grande sensibilità verso principi e relazioni, ed è connessa con l’abilità nel valutare oggetti concreti o astratti. L’intelligenza linguistico-verbale riguarda la capacità di usare le parole in modo appropriato. Questa intelligenza include la padronanza nel manipolare la sintassi o la struttura del linguaggio, e la capacità di saper spiegare, insegnare e apprendere verbalmente e la capacità di usare il linguaggio per raggiungere determinati scopi. L’intelligenza cinestetica-corporale è il potenziale di usare al meglio il corpo per esprimere idee e sentimenti e riguarda il controllo dei movimenti del corpo e quindi la facilità con cui si usano le mani per produrre o trasformare qualsiasi cosa. Questa intelligenza è connessa con specifiche abilità fisiche quali la coordinazione, la flessibilità e la velocità. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV L’intelligenza visivo-spaziale è l’abilità a percepire il mondo visivo/spaziale in maniera accurata ed è la capacità di riconoscere, manipolare e orientarsi nello spazio così come operare trasformazioni sulle percezioni visive; essa implica sensibilità verso il colore, la linea, la forma, includendo anche la capacità di visualizzare e rappresentare le idee attraverso la formazione di immagini mentali (memoria visiva). L’intelligenza musicale è legata alla capacità di percepire, discriminare, trasformare ed esprimere forme musicali e all’abilità di riconoscimento, creazione e riproduzione di suono, ritmo, musica, toni e vibrazioni. Essa si può anche esprimere attraverso l’apprezzamento per la struttura della musica e del ritmo. L’intelligenza intrapersonale nasce dal riconoscimento di sé e dalla capacità di capire se stessi, i propri desideri, le proprie attitudini e soprattutto di usare queste conoscenze, attraverso processi metacognitivi, per regolare la propria vita. Avere consapevolezza della coscienza dei propri stati d’animo; capacità per l’autodisciplina, l’autostima; concentrazione mentale; coscienza e discriminazione della gamma delle proprie emozioni sono tutti elementi determinanti dell’intelligenza intrapersonale. L’intelligenza interpersonale o sociale è l’abilità di percepire e interpretare gli stati d’animo, i sentimenti, i temperamenti altrui nonché di lavorare in modo efficace con gli altri come il saper creare e mantenere la “sinergia” comunicativa verbale e non verbale. Nel 1995, sulla base di nuovi dati, introdusse un’ottava intelligenza, quella naturalistica o ecologica, che permette il riconoscimento e la categorizzazione di oggetti naturali. La manifestazione dell’intelligenza naturalistica si esprime nel soggetto attraverso una intensa comunione con la natura, una sensibilità verso flora e fauna, l’attenzione per gli animali e per la cura di piante e fiori, l’interesse per l’ecologia in tutte le sue manifestazioni. Gardner, recentemente, ha ipotizzato l’esistenza di una nona intelligenza, quella esistenziale. Essa concerne la capacità di saper riflettere sulle tematiche fondamentali della nostra esistenza e la propensione al ragionamento astratto per categorie concettuali universali. Egli dice che compito e funzione di ognuna delle intelligenze è quella di favorire e sviluppare il prodursi della “funzione simbolica”. Lo sviluppo della intelligenza, per Gardner, si realizza secondo ondate, canali e correnti di simbolizzazione. «Evidentemente Piaget, Bruner e Gardner sono la dimostrazione – con moduli diversi nei particolari e nei dispositivi teorici-pratici e applicativi – che 22 Gardner H., Sapere per comprendere. Discipline di studio e disciplina dela mente, Feltrinelli, Milano 1999 p. 79. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV la sequenza azione-operazione (iconicità digitale-simbolizzazione) costitutiva di ogni forma di costruzione da parte del soggetto cognitivo della sua interfaccia con la realtà (e con la virtualità/apparenza). Gardner articola canali e onde di sviluppo simbolizzante, là dove Piaget e Bruner propendono per uno schema tendenzialmente mono-processuale e gerarchizzante: ma la direzione-meta è la simbolizzazione-ipersimbolizzazione» 23 . 23 Acone G., Dimensioni teoriche di una paideia della multimedialità e della cultura del reale/virtuale, in AA. VV., “Multimedialità, cultura, educazione”, La Scuola, Brescia 1995, p. 18. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV Conclusione Partendo dalla consapevolezza che esiste una stretta relazione tra linguaggio e pensiero, molti psicologi si sono interessati all’analisi di tale rapporto al fine di comprendere le modalità di tale relazione e discutendo quale delle due funzioni sia prevalente. Il dibattito diede origine a differenti ipotesi: In base alla teoria comportamentistica 24 sussiste uno stretto legame tra pensiero e linguaggio tanto da poter affermare che non esiste nessuna differenza tra di essi, vale a dire che il pensiero rappresenta un atteggiamento verbale interiorizzato, il linguaggio viene ad essere considerato come un’attività motoria acquisita col condizionamento operante dando vita ad un apprendimento semantico. Molti studiosi ritengono che il comportamentismo riprende il nominalismo empirico di Locke: i concetti rappresentano delle etichette verbali applicate a categorie di oggetti, per l’autore infatti, all’origine delle idee c’è l’esperienza, partendo, quindi, dal presupposto che l’anima sia “tabula rasa”, cioè che non abbia idee innate, egli sostiene che l’infinita varietà dei nostri pensieri, delle nostre conoscenze, cioè le nostre idee derivano dall’esperienza. Quindi ogni uomo, per Locke, comincia ad avere idee quando ha una qualsiasi sensazione. In contrapposizione a questa visione del comportamentismo sarà lo stesso Skinner ad evidenziarne la differenza: «L’idea che la conoscenza consista in impressione dei sensi e in concetti derivati da queste espressioni era già, evidentemente , quella dell’empirismo britannico e ancora condivisa da molti. Ma altri, tra cui io, pensano che questa concezione sia incapace di rappresentare correttamente la conoscenza umana. Anche l’idea più semplice non è, come supponeva Locke, un assemblamento di materiali sensoriali in risposta ad una stimolazione. Supporre che la conoscenza fisica esista nella mente del fisico sotto forma di materiale psichico o mentale – come il modo in cui io guardo il mondo – mi pare del tutto assurdo» 25 . Il determinismo linguistico di Whorf concepisce il pensiero e il comportamento come determinati dal linguaggio 26 , esso rappresenta una sorta di stampo per i processi logici e percettivi: la lingua, 24 Skinner B. F., Verbal Behavior, Appletown Century Crofts, N.Y. 1957. Richelle M., Skinner ou le pèril behavioriste, Mordaga, Bruxell 1977, p. 130. 26 Whorf B. L., Linguaggio, pensiero e realtà, Boringhieri, Torino 1970. 25 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV con le sue strutture, determina, infatti, la maniera di pensare e di percepire il mondo (“relativismo linguistico”). Il linguaggio non consente all’uomo solo di comunicare con gli altri e con se stesso, ma, come sostengono i teorici della relatività linguistica E. Sapir e B. Whorf, anche di «forgiare l’intera visione del mondo» 27 . Scrive B. Whorf che «Il sistema linguistico di sfondo (in altre parole la grammatica) di ciascuna lingua non è soltanto uno strumento di riproduzione per esprimere le idee, ma esso stesso dà forma alle idee, è il programma e la guida all’attività mentale dell’individuo» 28 . Il mondo si presenta, dunque, come un flusso di impressioni che deve essere predisposto dalla mente e ciò vuol dire che deve essere organizzato in larga misura dal sistema linguistico della mente. In questa teoria sono contenuti due principi: il primo è che la lingua determina il pensiero (determinismo linguistico), il secondo è che ogni lingua realizza una visione del mondo definita, cioè i sistemi cognitivi delle persone che parlano lingue diverse sono diversi (relativismo linguistico). Questa considerazione riflette il pensiero di Wittgenstein: “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo” 29 . Il linguaggio si pone in un rapporto di dipendenza con il pensiero (cognitivismo di Piaget), dunque, si pone come un sottosistema all’interno di una più totale capacità cognitiva, la “capacità simbolica”, ma sia il linguaggio che il pensiero dipendono dall’intelligenza stessa, che precede il linguaggio ed è indipendente da esso30 . Per Piaget, quindi, il linguaggio dipende dal pensiero che ne guida lo sviluppo: egli, infatti, nel ritenere che vi sia un’intima correlazione tra pensiero e linguaggio, individua in quest’ultimo una delle forme in cui si manifesta la conoscenza. Piaget afferma, infatti, che tra il linguaggio esiste così un cerchio genetico tale che l’uno dei due terminasi appoggia necessariamente all’altro in una forma solidale e in una azione reciproca. Secondo la psicologia sovietica rappresentata da Vygotskij originariamente linguaggio e pensiero sono indipendenti, hanno, cioè, sequenze evolutive autonome, ma successivamente si integrano in un processo di reciproco influenzamento e potenziamento. Linguaggio e pensiero, inizialmente indipendenti, avrebbero, quindi, una successione evolutiva autonoma in cui il primo ha una funzione di comunicazione e di rappresentazione, il secondo una funzione di adattamento e di 27 Chase J., Il potere delle parole, Bompiani, Milano 1966. 28 Whorf B. L., Linguaggio, pensiero e realtà, Boringhieri, Torino 1970, p. 169. 29 Wittgenstein L., Tractatus logico-philosophicus, Boringhieri, Torino 1970, p. 163. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV rappresentazione. Il linguaggio è, dunque, sociale, acquista, infatti, una funzione regolatrice del pensiero, che si trasforma così in una costruzione sociale e interiorizzandosi, diventa individuale (e lo stesso sociale diventa individuale). Secondo l’ipotesi vygotskijana il pensiero non è semplicemente espresso in parole, ma viene ad esistere attraverso di esse 31 . In base all’ipotesi di Bruner il linguaggio è un processo cognitivo, pertanto è pensiero. Bruner intende il rapporto linguaggio-pensiero come un’attività cognitiva in evoluzione in cui vi è corrispondenza tra sviluppo intellettivo in senso piagetiano e sviluppo linguistico. Per lo studioso, dunque, la sintassi linguistica non solo darebbe consistenza al pensiero cognitivo, ma sarebbe in rapporto con la qualità delle capacità cognitive: pertanto una persona che dispone di una sintassi mediocre ha anche delle capacità cognitive scadenti. Ciò non significa, però, che il linguaggio “dipenda dal pensiero né che il pensiero sia linguaggio” 32 bensì che il linguaggio è pensiero oggettivato verbalmente. Bruner è giunto ad elaborare una analisi legata alla psicologia culturale anche grazie alla sua grande sensibilità per i temi del multiculturalismo, dell’integrazione e delle eguali opportunità per i soggetti delle classi svantaggiate: e si comprende la sua insistenza sulla scuola come strumento e organo privilegiato per il miglioramento e la radicale trasformazione dell’educazione e della società. L’ipotesi di Bruner nel libro La cultura dell’educazione 33 consiste nel trovare un punto d’incontro tra due teorie della mente: il “computazionalismo” ed il “culturalismo”. Il computazionalismo lavora essenzialmente su informazioni in ingresso “ben formulate”, precise e non ambigue e sulla base di operazioni di calcolo “produce” operazioni e comportamenti conseguenti. Il culturalismo, partendo dall’osservazione che la mente umana è chiamata a comportarsi in un ambiente molto più caotico e ambiguo, sostiene che la conoscenza e l’apprendimento dell’uomo avvengano in maniera meno formalizzata e meno formalizzabile di quanto sostenga il modello computazionale. La tesi centrale del culturalismo è che, se i significati risiedono nella nostra mente, è altresì vero che essi «hanno origine e rilevanza nella cultura in cui sono stati creati» 34 . Bruner afferma: «[…] nello studio dell’uomo il problema non è solo quello di capire i principi causali della sua biologia e della 30 Canestrari R., Psicologia generale e dello sviluppo, Editrice CLUEB, Bologna 1984. Vygotskij L. S., Thought and language, The MIT Press, Cambridge, Mass. 1962. (trad. it.) Pensiero e linguaggio, Giunti- Barbera, Firenze 1974. 32 Canestrari R., Psicologia generale e dello sviluppo, op., pag. 307. 33 J. S., La cultura dell’educazione, op. cit., pp. 233. 31 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV sua evoluzione, ma di capirli alla luce dei processi interpretativi impliciti nel fare significato. Non tener conto delle limitazioni biologiche del funzionamento umano è peccare di superbia. Sottovalutare il potere della cultura di plasmare la mente umana e rinunciare ad assumere il controllo su questo potere è commettere un suicidio morale. Una psicologia ben formulata ci può aiutare a evitare entrambi questi disastri»35 . Per Bruner il culturalismo o la psicologia culturale è il modello mentale più adatto ad un’efficace metodologia educativa. Dichiara Jerome Bruner: «... la conoscenza di una «persona» non ha sede esclusivamente nella sua mente, in forma «solistica», bensì anche negli appunti che apprendiamo e consultiamo sui nostri Notes, nel libri con brani sottolineati che sono nel nostri scaffali, nei manuali che abbiamo imparato a consultare, nelle fonti di informazioni che abbiamo caricato nel computer, negli amici che si possono rintracciare per richiedere un riferimento o un’informazione, e cosi via quasi all’infinito giungere a conoscere qualcosa in questo senso è un’azione sia situata sia distribuita. Trascurare questa natura situazionale e distribuita della conoscenza e del conoscere significa perdere di vista non soltanto la natura culturale della conoscenza, ma anche la natura culturale del processo di acquisizione della conoscenza» 36 . Secondo Bruner l’apprendimento è essenzialmente attività che si svolge insieme agli altri, attraverso le conversazioni, da confronti, da dibattiti e da discussioni (pianificate e strutturate o anche libere) tra studenti, tra pari, tra colleghi, tra esperti e tra docenti. L’intervento di Bruner rappresenta il tentativo di spostare la programmazione istruttiva dall’oggettivazione dei metodi, di matrice skinneriana, alla oggettivazione dei contenuti. Quindi quello che Bruner sostiene riguarda la struttura profonda della disciplina e non dei contenuti specifici che non svolgono un ruolo di promozione delle operazioni mentali. Infatti Bruner afferma che il possesso/acquisizione di una disciplina da parte dei degli allievi, qualsiasi sia l’età si ha solo quando si acquisisce lo schema strutturale della disciplina o meglio quando il problema della disciplina viene finalizzato alla comprensione dei principi che sono alla base della struttura della disciplina stessa. 34 Ivi, p. 17. Ivi, p. 198. 36 Bruner J. S., La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 104-105. 35 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV Il nucleo centrale che si evince riguarda la ricerca delle strutture fondamentali delle discipline di studio. Questa impostazione rappresenta la prima importante indicazione metodologica delle strutturalismo didattico (quindi antinozionistico). La seguente frase di Bruner sintetizza bene la sua linea pedagogica: «L’educazione tende a sviluppare la sensibilità e la forza della mente» 37 . E mentre la «sensibilità» (valori, costumi e altri elementi della cultura di un popolo) è soddisfatta dai processi sociali cui un fanciullo partecipa, solo l’istruzione può contribuire decisamente a migliorare i processi intellettivi che fanno dell’uomo un innovatore, capace di adattarsi creativamente alle trasformazioni senza subirne i condizionamenti. [...] Così, l’insegnamento dovrebbe tendere prima a far intuire la struttura fondamentale delle discipline e poi a farne prendere consapevolezza, almeno per quello che serve a padroneggiarle operativamente» 38 . In questa analisi il processo di apprendimento non è visto come un travaso di conoscenze dal docente all’allievo ma è visto come un impegno attivo da parte dei discenti a costruire la propria conoscenza; queste riflessioni determinano e rappresentano gli aspetti fondanti del costruttivismo. 37 38 Bruner J. S., La cultura dell’educazione, op. cit. Santoni R., Storia sociale dell’educazione, Principato editore, Milano 1979, pp. 698-702. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 25 Pedagogia Generale Lezione IV Bibliografia • Acone G., Dimensioni teoriche di una paideia della multimedialità e della cultura del reale/virtuale, in AA. VV., “Multimedialità, cultura, educazione”, La Scuola, Brescia 1995. • Acone G., Intersezioni Pedagogiche, Edisud, Salerno 1989. • Bruner J. 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