MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI: abbandonare una

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MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI: abbandonare una
MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI:
abbandonare una pratica pericolosa senza tradire una cultura
L. Toma, G. Franco, O. Latini, L. Nosotti, M. Valenzano, A. Morrone
Struttura Complessa di Medicina Preventiva delle Migrazioni, del Turismo e di
Dermatologia Tropicale Ospedale San Gallicano (IRCCS) - Roma
INTRODUZIONE
La pratica tradizionale della Mutilazione Genitale Femminile (FGM) ha sollevato una
crescente attenzione internazionale negli ultimi anni. Una parte di questo interesse è dipeso
principalmente dai fenomeni migratori che hanno reso visibili nei paesi industrializzati realtà e
abitudini che in precedenza non erano ben conosciute. La dichiarazione congiunta sulla FGM
pubblicata nell'aprile 1997 da WHO, UNICEF e UNFPA ha posto la seguente definizione: "La
mutilazione genitale femminile comprende tutte le procedure che includono la rimozione
parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili per
ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche".
La FGM non è solo una pratica culturale tradizionale, ma anche una forma di violenza
contro la ragazza o la bambina che influenzerà la sua vita futura come donna adulta. Benché
questa pratica sia illegale e penalmente perseguibile in numerosi paesi, si stima che circa 132
milioni di bambine e donne sono sottoposte a mutilazione genitale in tutto il mondo e che ogni
anno almeno 2 milioni di bambine sono a rischio di mutilazione.
LA NOSTRA CASISTICA
Nel corso degli ultimi 20 anni abbiamo osservato 237 casi di FGM in donne provenienti
da 13 paesi diversi che in ordine di frequenza assoluta sono risultati essere i seguenti:
Somalia, Egitto, Etiopia, Eritrea, Nigeria, Sudan, Chad, Mali, Burkina Faso, Sierra Leone,
Repubblica Centro Africana, Camerun e Niger. Quasi tutte le donne (98,8%) da noi osservate
erano nate nei rispettivi paesi di provenienza e tutte avevano subito la mutilazione genitale
subito dopo la nascita o durante la primissima infanzia. Negli ultimi due anni però abbiamo
osservato tre casi (pari a 1,2% del totale dei casi) di donne nate nel nostro paese; due di esse
avevano subito la mutilazione nel paese di origine della madre ed una in Germania.
CONCLUSIONI
I paesi in cui la mutilazione genitale femminile non è una pratica tradizionale
dovrebbero essere consapevoli che essa potrebbe essere praticata nelle comunità di
immigrati o che le donne immigrate che sono state sottoposte a questa procedura nei loro
paesi di origine possano avere bisogno di una particolare assistenza medica. Siccome i gruppi
di immigrati che praticano la mutilazione genitale femminile sono spesso emarginati nei paesi
occidentali, le loro necessità possono non essere visibili. Lo stato dovrebbe stanziare delle
risorse per l'educazione dei gruppi di immigrati che praticano la mutilazione e per le ricerche
sulle necessità sanitarie delle donne e delle bambine immigrate.
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