Trib. Roma 30/5/13 - Rivista critica di diritto del lavoro

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Trib. Roma 30/5/13 - Rivista critica di diritto del lavoro
Tribunale Roma sez. lav. 30/05/2013 n. 7513
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della dott.ssa MARIA
PIA MAGALDI nella causa civile N. 939/2012 R.G.A.C.
TRA GOETHE INSTITUT elettivamente domiciliato in Roma, via B.
presso lo studio dell'Avv. Marucchi che la rappresenta e difende, giusto mandato a margine dell'atto
introduttivo
- ricorrente E
C.B.D.O.
elettivamente domiciliato in Roma, via A.G. presso lo studio dell'Avv. Hernandez
che la rappresenta e difende, giusto mandato a margine dell'atto introduttivo
- resistente all'udienza del 3/5/2013 ha pronunciato seguente SENTENZA CONTESTUALE
Ogni altra istanza respinta, in accoglimento della spiegata opposizione, revoca l'opposto decreto
ingiuntivo.
Spese compensate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente notificato alla controparte unitamente al pedissequo decreto di fissazione di
udienza il GOETHE INSTITUT proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale
veniva ingiunto il pagamento in favore di C.B.D.O. della somma di euro 46.069,37 a titolo di
maturato sino al 28/2/2007, oltre accessori.
A sostegno dell'opposizione deduceva che la lavoratrice non aveva fornito idonea prova scritta del
credito e contestava i conteggi effettuati dalla controparte, sostenendo che la somma eventualmente
dovuta era di € 42.932,46.
Sosteneva, inoltre, che il GOETHE INSTITUT era ente di diritto pubblico e che nessuna
ingiunzione poteva essere emessa nei confronti della sede di Roma, non avendo autonoma
soggettività giuridica, con conseguente carenza di legittimazione passiva.
Affermava, quindi, che dalla natura di ente pubblico conseguiva l'immunità giurisdizione riserva
agli Stati sovrani, con conseguente difetto di giurisdizione del Giudice adito.
Nel merito eccepiva la prescrizione della pretesa vantata dalla parte opposta e rilevava che la
lavoratrice aveva accettato di applicare al proprio rapporto il contratto collettivo di volta in volta in
vigore presso il Goethe Institut, nel quale non è previsto il Tfr a fronte di una retribuzione maggiore
rispetto a quella corrisposta ad un dipendente cittadino italiano nella misura di € 120,437,14.
Concludeva chiedendo revocarsi l'opposto decreto ingiuntivo. Si costituiva C.B.D.O. contestando
quanto dedotto dalla controparte e concludendo per il rigetto del ricorso.
Nel merito rilevava che aveva la doppia cittadinanza, italiana e tedesca; che la parte opponente
applicava il contralto collettivo della Repubblica Federale tedesca il quale indicava come legge
cogente quella del luogo di lavoro; che non aveva mail concordato una retribuzione che non
comprendesse anche il Tfr che nelle more del presente giudizio veniva citata in giudizio davanti al
Giudice tedesco al fine di accertare l'assenza del diritto alla percezione del trattamento di fine
rapporto; che il giudizio si concludeva con sentenza che affermava la giurisdizione del Giudice
italiano.
Esaurita la trattazione, la causa veniva trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'opposizione è fondata e deve, pertanto, essere accolta per le ragioni che si diranno.
Va, in primo luogo, affermata la giurisdizione del Giudice italiano a conoscere della controversia in
esame.
Al riguardo la S,C. ha avuto più volte modo di esprimersi affermando la giurisdizione del Giudice
Italiano per le controversie di lavoro nei confronti di un ente pubblico straniero quando queste non
involgono questioni relative alle funzioni istituzionali dell'ente.
Tn particolare, la S.C, ha affermato che: "In tema di rapporti di lavoro alle dipendenze di Stati
esteri, l'esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno non solo nel caso
di controversie relative a rapporti lavorativi aventi per oggetto l'esecuzione di attività meramente
ausiliarie delle funzioni istituzionali del datore di lavoro convenuto, ma anche nel caso in cui il
dipendente richieda al giudice italiano una decisione che, attenendo ad aspetti soltanto patrimoniali,
sia inidonea ad incidere e ad interferire sulle funzioni dello Stato Italiano (cfr. ord. n. 1774/2011).
Da ultimo le S.U. hanno affermato che: "In tema di rapporto di lavoro alle dipendenze di Stati
esteri, ai sensi dell'art. 43 della convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari,
sussiste la giurisdizione italiana in relazione a controversie concernenti rapporti di lavoro alle
dipendenze di ambasciate di stati esteri in Italia non soltanto quando si tratti di dipendenti con
mansioni meramente ausili arie, ma anche di dipendenti con funzioni consolari, ove la domanda sia
indirizzata solo al conseguimento di spettanze retributive o comunque investa esclusivamente
questioni patrimoniali, le quali non interferiscano con l'organizzazione dell'ufficio consolare." (Cfr.
Cass. S.U. n. 7382/2013).
Pertanto, deve affermarsi la giurisdizione del Giudice Italiano in quanto la controversia in esame
attiene ad un diritto di credito vantato da un lavoratore che, peraltro, non svolgeva mansioni
riconducibili ai fini istituzionali dell'ente.
Ritiene, poi, questo Giudice che sussiste anche la legittimazione dell'istituto convenuto.
Al riguardo, infatti, sì condivide quanto affermato da altri Giudici di questo Ufficio (cfr. sent N.
5928/2012) laddove si sostiene che le filiali italiane sono solo mere articolazioni aziendali senza
autonomia soggettiva, dispositiva e negoziale.
Quanto al merito, va, preliminarmente disattesa l'eccezione di prescrizione in quanto la
documentazione in atti consente di affermare che tra le parti si e svolto un unico ed ininterrotto
rapporto di lavoro, cessato nel 2007.
Deve, invece trovare accoglimento la domanda volta ad affermare l'infondatezza delle pretese
avanzate nel merito dalla lavoratrice.
Al riguardo si osserva che è pacifico che il rapporto intercorso tra le parti trova il suo fondamento
nel BAT e, quindi lo stesso è stato regolamentato sulla base della contrattazione collettiva
dell'ordinamento straniero.
Il BAT contiene una clausola di salvaguardia del diritto cogente straniero ed occorre, pertanto,
verificare se l'istituto del trattamento di fine rapporto sia riconducibile ad una norma cogente.
Orbene nell'ordinamento italiano, la norma dalla quale prendere le mosse è l'art. 36 Cost. il quale
riconosce il diritto del lavoratore ad una retribuzione commisurata alla quantità e qualità del lavoro
prestato.
Da tale norma discende che ciò che occorre considerare è il trattamento retributivo
complessivamente goduto dal lavoratore.
La S.C, ha, infatti, affermato che: "In particolare, non si pone in contrasto con l'ordine pubblico un
contratto individuale di lavoro che, soggetto alla legislazione straniera secondo le prescrizioni di
diritto internazionale privato, non riconosca allo stesso lavoratore la tredicesima mensilità e il
trattamento di fine rapporto, sempre che lo stesso lavoratore goda di fatto di un trattamento
retributivo che globalmente risulti superiore a quello cui avrebbe diritto secondo la legislazione
nazionale sulla cui base rivendichi i suddetti emolumenti" (cfr. Cass. n. 22332/2004).
Nel caso in esame la lavoratrice richiede il pagamento del Tfr che altro non e se non il pagamento
differito della retribuzione: se tale retribuzione viene, invece, corrisposta senza alcun differimento,
non si verifica alcun danno in capo al lavoratore se l'importo complessivamente goduto non è
inferiore.
Conseguentemente, la spiegata opposizione deve trovare accoglimento e l'opposto decreto
ingiuntivo va revocato.
Sussistono, comunque, in considerazione della particolare complessità delle questioni esaminate,
giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le parti
P.Q.M.
Ogni altra istanza respinta, in accoglimento della spiegata opposizione, revoca l'opposto decreto
ingiuntivo.
Spese compensate.
ROMA, 30.5.2013