Rapporto annuale 2012 - amnesty :: Rapporto annuale

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Africa Subsahariana
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DUEMILA
Etiopia
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è giunta notizia che altri 118 eritrei detenuti in Egitto erano a rischio di imminente espulsione. Rappresentanti diplomatici eritrei hanno avuto accesso ai detenuti, ai quali è stato chiesto di compilare dei
moduli per organizzare il loro rientro in patria. Secondo le denunce, molti sono stati percossi dalle forze di
sicurezza dopo che si erano rifiutati di farlo.
ETIOPIA
REPUBBLICA FEDERALE
DEMOCRATICA D’ETIOPIA
Capo di stato: Girma Wolde-Giorgis
Capo del governo: Meles Zenawi
Pena di morte: mantenitore
Popolazione: 84,7 milioni
Aspettativa di vita: 59,3 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 104,4‰
Alfabetizzazione adulti: 29,8%
Un giro di vite sulla libertà d’espressione ha portato all’arresto di decine di giornalisti ed
esponenti politici d’opposizione accusati di terrorismo, tradimento e altri reati. Una legislazione repressiva ha di fatto impedito il lavoro delle organizzazioni per i diritti umani.
Vasti appezzamenti di terreno sono stati dati in concessione a società estere, determinando lo sfollamento su vasta scala della popolazione locale. È proseguita la costruzione
di una diga con possibili conseguenze sulla vita di mezzo milione di persone.
CONTESTO
Il 28 maggio, il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiope ha celebrato il suo
20° anniversario dall’ascesa al potere. Ad Addis Abeba si è svolta una manifestazione filogovernativa a cui i dipendenti pubblici sono stati obbligati a partecipare. Il governo ha
attuato misure per assicurare che le programmate proteste contro il governo non avessero
luogo.
L’Etiopia è stata colpita dalla siccità che ha interessato la regione. Sono state segnalate
gravi scarsità di cibo, in particolare nelle regioni di Somali e Oromia.
Sono proseguite le schermaglie tra le forze governative e i gruppi armati d’opposizione
in diverse parti del paese, tra cui le regioni di Somali, Oromia, Afar e Tigray.
A febbraio, si sono svolte le elezioni per migliaia di seggi dei consigli distrettuali, locali
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e municipali. L’opposizione ha annunciato che avrebbe boicottato le elezioni, ritenendo
che il risultato fosse già deciso.
A novembre e dicembre, l’esercito etiope ha effettuato incursioni in Somalia.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Le autorità hanno utilizzato incriminazioni e accuse di terrorismo per mettere a tacere il
dissenso. Numerosi giornalisti indipendenti e membri dei partiti politici d’opposizione
sono stati arrestati perché sospettati di aver commesso reati terroristici, molti dopo aver
scritto articoli che criticavano il governo, invocato riforme o richiesto permessi per tenere
manifestazioni. Ai detenuti è stato negato il completo e tempestivo accesso agli avvocati
e ai familiari.
A marzo e aprile, almeno 250 membri e sostenitori del Movimento democratico federalista oromo (Oromo
Federalist Democratic Movement – Ofdm) e del Congresso del popolo oromo (Oromo People’s Congress –
Opc) sono stati arrestati in tutta la regione di Oromia. Molti erano ex parlamentari o ex deputati dell’assemblea regionale. Secondo quanto riferito, alcuni sono stati vittime di sparizione forzata dopo essere
stati arrestati.
A giugno, i giornalisti Woubshet Taye e Reyot Alemu e i membri del partito d’opposizione Partito democratico
nazionale etiope, Zerihun Gebre-Egziabher e Dejene Tefera, sono stati arrestati.
A luglio, i giornalisti svedesi Martin Schibbye e Johan Persson sono stati arrestati nella regione di Somali.
Erano entrati illegalmente nel paese per coprire il conflitto in corso nella regione.
Ad agosto e settembre, sono stati arrestati altri nove membri dell’Ofdm e dell’Opc. Due di essi, Bekele
Gerba e Olbana Lelisa, sono stati arrestati pochi giorni dopo aver incontrato delegati di Amnesty International.
A settembre, sono stati arrestati almeno altri sette esponenti di partito d’opposizione e due giornalisti, tra
cui gli ex prigionieri di coscienza Eskinder Nega e Andualem Arage.
A novembre, 107 dei giornalisti ed esponenti dell’opposizione citati sopra erano stati
formalmente accusati di reati collegati al terrorismo. Altri sei giornalisti, due membri
dell’opposizione e un difensore dei diritti umani, tutti in esilio, sono stati incriminati in
contumacia. A quanto pare, tutti sono stati perseguiti a causa delle loro pacifiche e legittime attività. A dicembre, Martin Schibbye e Johan Persson sono stati giudicati colpevoli e condannati a 11 anni di carcere.
A settembre, un altro giornalista è fuggito dal paese, dopo essere stato citato in un cablogramma di Wikileaks e convocato per essere interrogato da funzionari governativi e
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dalla polizia federale. A novembre, il quotidiano indipendente Awramba Times ha chiuso
e altri due giornalisti hanno abbandonato il paese dopo essere stati minacciati d’arresto.
A maggio, autorità governative e leader dei sindacati della stampa controllati dal governo
hanno interrotto un evento celebrativo dell’Unesco, in occasione della Giornata mondiale
della libertà di stampa, escludendo i giornalisti indipendenti e inserendo un moderatore
dell’azienda radiotelevisiva finanziata dallo stato.
Molte emittenti radiofoniche, stazioni televisive satellitari, siti web d’informazione e siti
web di organizzazioni per i diritti umani sono stati bloccati, tra cui Al Jazeera, Voice of
America, Esat satellite Tv, Addis Neger e il sito web di Amnesty International.
DETENZIONI E ARRESTI ARBITRARI
Centinaia di oromo sono stati arrestati, accusati di sostenere il Fronte di liberazione
oromo. I diritti dei detenuti spesso non sono stati rispettati. Molti sono stati trattenuti
arbitrariamente senza accusa o processo.
Ad aprile, secondo quanto riferito, molti studenti sono stati arrestati nelle università di Jimma, Haromaya
e Nekemte. Alcuni stavano protestando riguardo ad altri arresti in Oromia.
A dicembre, 135 oromo sono stati arrestati, compresi altri membri dei partiti dell’Opc e dell’Ofdm.
È stato riferito che anche molti civili sono stati arrestati e arbitrariamente detenuti nella
regione di Somali, in quanto sospettati di appoggiare il Fronte di liberazione nazionale
ogaden (Ogaden National Liberation Front – Onlf). Nella regione sono state denunciate
sistematicamente torture ed esecuzioni extragiudiziali di detenuti.
Si ritiene che moltissimi oromo e somali, arrestati negli anni precedenti, fossero ancora
detenuti arbitrariamente nelle loro rispettive regioni e ad Addis Abeba. La mancanza di
trasparenza ha reso impossibile verificare l’esatto numero delle persone detenute.
Un dipendente locale delle Nazioni Unite, arrestato verso la fine del 2010, continuava a essere arbitrariamente detenuto, a quanto pare per aver tentato di far tornare suo fratello, in esilio in Danimarca, il quale
era accusato di essere legato all’Onlf.
TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
Sono pervenute continue denunce di tortura in detenzione.
Un numero considerevole dei 107 membri dell’opposizione e giornalisti già menzionati
in precedenza hanno denunciato torture e altri maltrattamenti durante gli interrogatori
nel centro di detenzione di Maikelawi. I detenuti hanno riferito di percosse, anche con
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pezzi di cavo elettrico, metallo e mobili; di sospensione per i polsi e privazione del sonno
e di essere stati tenuti in isolamento e completamente al buio per periodi prolungati.
Molti hanno raccontato di essere stati costretti a firmare confessioni e altri documenti
da utilizzare come prova a loro carico.
È stato inoltre segnalato durante l’anno l’impiego di luoghi di detenzione non ufficiali, dove
i detenuti sono stati duramente percossi e sottoposti ad altre forme di maltrattamento.
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
Organizzazioni per i diritti umani si sono sforzate di operare entro i limiti dettati dalle restrizioni
al loro lavoro introdotte con il decreto sugli enti e le associazioni di beneficenza del 2009.
A febbraio, il comitato direttivo dell’agenzia per gli enti e le associazioni di beneficenza
ha confermato la precedente decisione di congelare i conti bancari delle due principali
organizzazioni per i diritti umani del paese, il Consiglio per i diritti umani e l’Associazione
delle donne avvocato etiopi, che hanno in seguito presentato ricorso all’Alta corte. A ottobre, quest’ultima ha confermato la decisione del comitato direttivo in relazione al caso
del Consiglio per i diritti umani.
SGOMBERI FORZATI
Sgomberi forzati hanno causato decine di migliaia di sfollati nella Regione delle nazioni,
nazionalità e popoli del sud (Southern Nations, Nationalities, and People’s Region –
Snnpr) e nelle regioni di Gambella, Oromia, Tigray e Somali. Alcune persone che protestavano contro gli sgomberi forzati sono state arrestate.
A febbraio, il ministro dell’Agricoltura ha annunciato che il governo aveva riservato 3,9
milioni di ettari di terreno agricolo, da dare in concessione agli investitori esteri, compresi
800.000 ettari nella regione di Gambella. Vasti appezzamenti di terreno sono stati di
conseguenza dati in concessione nella Gambella, determinando un gran numero di sfollati e una vasta deforestazione.
Secondo le notizie ricevute, a febbraio, 15.000 persone della regione di Gambella sono
state reinsediate in villaggi di nuova costruzione, nell’intento di spostare 45.000 nuclei familiari (all’incirca 225.000 persone), nell’arco di tre anni. Il governo ha affermato che il
programma della cosiddetta “villaggizzazione” non era legato alla concessione del terreno,
ma faceva parte di un progetto distinto per migliorare l’accesso alle necessità di base e che
la maggior parte delle persone era stata reinsediata volontariamente. Tuttavia è stato da più
parti segnalato che la maggior parte era stata spostata con la forza e che i nuovi “villaggi”
erano privi delle tanto promesse strutture, infrastrutture e opportunità di sussistenza.
Ad aprile, nel contesto di un’annunciata azione contro la corruzione, a 5000 residenti
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di Mekele, nella regione di Tigray, è stato ordinato di demolire le loro abitazioni, in quanto
il terreno su cui erano costruite era stato concesso illegalmente da funzionari corrotti.
Secondo le notizie ricevute, in risposta alle proteste degli abitanti, la polizia ha sparato
gas lacrimogeni e ha temporaneamente detenuto circa 400 manifestanti. La maggior
parte è stata rilasciata, ma cinque donne che erano sospettate di aver organizzato le proteste sarebbero state vittime di sparizione forzata in seguito all’arresto. Le demolizioni
sono proseguite a maggio, lasciando circa 15.000 persone senzatetto.
È proseguita la costruzione della diga Gibe III sul fiume Omo. A settembre, il Comitato
Cerd ha chiesto all’Etiopia di fornire informazioni sulle misure adottate per condurre una
valutazione indipendente delle conseguenze negative della costruzione della diga sulla
vita locale e di condurre opportune consultazioni con la popolazione nativa. Secondo gli
esperti la diga potrebbe causare lo sfollamento di circa 200.000 persone nella valle
dell’Omo e di altre centinaia di migliaia in Kenya, provocando gravi problemi ambientali,
minacciare due siti archeologici e provocare un conflitto al confine. A ottobre, è stato riferito che circa 100 persone native erano state arrestate per essersi opposte alla diga.
A ottobre, pare che 60 persone nella Snnpr siano state arrestate dopo aver presentato
un reclamo al primo ministro, in merito alla confisca del terreno da parte dell’amministrazione regionale.
CONFLITTO NELLA REGIONE DI SOMALI
Sono continuate le schermaglie nel contesto dell’annoso conflitto tra l’Onlf e le forze governative.
Secondo quanto riferito, le forze governative e le milizie locali alleate hanno continuato
a commettere violazioni dei diritti umani, tra cui esecuzioni extragiudiziali, arresti di
massa e detenzioni arbitrarie, torture e stupri. A ottobre, fonti hanno riferito che l’esercito
stava reinsediando con la forza migliaia di persone per motivi legati alle esplorazioni petrolifere. Molte notizie sono state impossibili da verificare a causa delle rigide restrizioni
d’accesso alla regione per giornalisti indipendenti, agenzie di monitoraggio dei diritti
umani e altri osservatori.
A maggio, un dipendente delle Nazioni Unite è stato ucciso e altri due sono stati rapiti
nella regione, stando alle fonti, da parte dell’Onlf. Un impiegato delle Nazioni Unite che
aveva negoziato con l’Onlf il rilascio dell’uomo è stato in seguito arrestato e accusato di
reati di terrorismo.
RIFUGIATI
L’Etiopia ha ospitato oltre 250.000 persone provenienti dai paesi vicini e ha al contempo
chiesto il rimpatrio forzato di alcuni rifugiati etiopi all’estero.
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Nel paese sono arrivati molti rifugiati dalla vicina Eritrea ed eritrei mandati via con la
forza da altri paesi, compresi almeno 212 espulsi dall’Egitto. Decine di migliaia di rifugiati sono entrati in Etiopia, in fuga dalla crisi umanitaria in Somalia e dai combattimenti
in corso nello stato sudanese del Nilo Blu. Sono stati aperti nuovi campi profughi per far
fronte al flusso.
Nel corso dell’anno rifugiati etiopi sono stati rimpatriati con la forza in Etiopia dal Sudan,
da Gibuti e dal Somaliland, tutti, stando alle fonti, su richiesta del governo etiope. I rimpatriati erano a rischio di detenzione arbitraria e tortura.
VIOLENZA COMUNITARIA
A marzo, sono scoppiati scontri tra musulmani e cristiani a Jimma, nella regione di Oromia, innescati dalla presunta profanazione di una copia del Corano. Una persona è rimasta uccisa, almeno 34 chiese cristiane e 16 case private sono state bruciate e migliaia
di residenti sono stati temporaneamente sfollati. Il governo ha comunicato che erano
state incriminate 130 persone sospettate di istigazione all’odio religioso e di violenza.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno visitato l’Etiopia ma sono stati espulsi ad agosto.
Justice under fire: Trials of opposition leaders, journalists and human rights defenders
in Ethiopia (AFR 25/002/2011)
Ethiopia: Submission to the United Nations Human Rights Committee (AFR
25/003/2011)
Ethiopia: Briefing to the UN Committee on the Elimination of Discrimination against
Women (AFR 25/004/2011)
Dismantling dissent: Intensified crackdown on free speech in Ethiopia (AFR
25/011/2011)
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