A002408 FONDAZIONE INSIEME onlus

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A002408 FONDAZIONE INSIEME onlus
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FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da il sole 24 ore del 6/7/2015, <<PER LASCIARSI ALL’ESTERO BASTA
CHE UN CONIUGE SIA STRANIERO>>, di Selene Pascasi, giornalista.
Per la lettura completa del pezzo si rinvia al quotidiano citato.
Fuori Italia. Le possibilità concesse dal regolamento Ue.
Tagliati i tempi per divorziare, l'Italia -in attesa di compiere
l'altro passo per l'approvazione del divorzio immediato- si avvicina
agli standard di Paesi in cui la fase della separazione non è prevista,
o è solo facoltativa.
Si pensi, tra gli altri, alla Francia, ove non c'è alcun obbligo di
separarsi prima di divorziare, alla Germania, nazione in cui, in caso di
accordo, è sufficiente un anno di separazione “di letto e di mensa” o
alla Spagna, dove si può chiedere direttamente il divorzio, già decorsi
tre mesi dal matrimonio.
Ma divorziare all'estero, non è sempre possibile.
Ad occuparsene, è il regolamento Ue 1259/10, stilato per garantire
soluzioni di separazione/divorzio adeguate, in caso di contrasto tra le
leggi nazionali dei coniugi ed impedire il “forum shopping”, ovvero che
uno dei consorti chieda il divorzio prima dell'altro per assicurarsi che
il procedimento sia regolato dalla disciplina a sé più favorevole.
L'articolo 5 stabilisce che la coppia possa scegliere tra:
1__ la legge dello Stato di residenza abituale al momento della
conclusione dell'accordo;
2__ la legge dello Stato dell'ultima residenza abituale di uno dei
coniugi se uno vi risiede ancora al momento della conclusione
dell'accordo;
3__ la legge dello Stato di cui uno soltanto ha la cittadinanza al
momento della conclusione dell'accordo;
4__ la legge del foro.
NIENTE FORUM SHOPPING.
In base alla normativa è possibile scegliere la disciplina dello Stato di residenza o cittadinanza della coppia o
di uno dei due.
L'accesso al divorzio all'estero, dunque, è consentito soltanto a
coppie connotate da un «elemento di internazionalità», cioè da un legame
stretto -per cittadinanza o residenza- con un Paese straniero.
Non sarà trascrivibile in Italia, dunque, una sentenza straniera di
divorzio pronunciata su domanda congiunta di coniugi italiani, sposatisi
residenti in Italia (Cassazione 5710/2014).
L'accordo fra i coniugi è valido se viene messo per iscritto,
rispetta i requisiti richiesti dalla legge prescelta, quelli
supplementari indicati dalla legge dallo Stato membro partecipante in
cui la coppia abbia la residenza abituale al momento della stipula o,
comunque, quelli voluti dalla legge di uno dei due Stati, in caso di
residenze abituali diverse.
La legge straniera designata non potrà venire applicata (artico 12
del regolamento e articolo 15 della legge 218/1995) se è contraria ai
principi dell'ordine pubblico del foro e, dunque, a quelle norme che la
nazione detta a tutela dei diritti e dei valori fondamentali dell'uomo.
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Via libera, invece, a leggi che consentano di “saltare” la
separazione e chiedere subito il divorzio, ritenendo sufficiente -come
nel caso della Spagna- il venir meno della comunione di vita e di
affetti tra i coniugi (Tribunale di Parma, 599/2014).
La necessità di passare, dunque, per la separazione, non viene
considerata come uno dei principi di ordine pubblico, il cui contrasto
comporti un conflitto di leggi.
Da annotarsi, in fine, che l'articolo n. 2, lettera e) della legge
sul divorzio prevede che il cittadino italiano risulti ancora sposato e
il cittadino estero sia invece di nuovo libero.
Ipotesi, questa, ben probabile nel caso del diritto giapponese, ove
il divorzio è esaurito da un provvedimento amministrativo e non da una
decisione del giudice che possa riconoscersi in Italia (Tribunale di
Milano, 8870/2013).