L`infermiere nella cooperazione internazionale

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L`infermiere nella cooperazione internazionale
attualità
L’infermiere nella cooperazione
internazionale
Maria Letizia Guardoni, Infermiera DUI, Ospedale Sacco, T.I.P.O. Cardiochirurgia
L
a professione infermieristica può esprimersi in ambiti molto specifici ed in contesti estremamente vari: al di là delle diverse opportunità di lavoro che il panorama italiano propone
ad un infermiere, ci sono occasioni per applicare la propria professionalità anche in situazioni particolari ed in paesi esteri. Tra queste,
un ambito in cui la figura dell’infermiere è
sempre più richiesta è quello della cooperazione internazionale. Quanto qui proposto è
solo una minima parte di quello che si potrebbe trattare sull’argomento: si è voluto affrontare l’aspetto infermieristico delle cooperazioni
sanitarie nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS)
attraverso le Organizzazioni Non Governative
(ONG) con sede anche in Italia.
Purtroppo fonti scritte che approfondiscano
l’argomento sono ben scarse e gli elementi da
cui si è tratta questa sintesi derivano soprattutto dagli incontri tenuti con infermieri cooperanti ed i responsabili di alcune ONG che gentilmente hanno messo a disposizione le loro
risorse e la loro competenza in materia per
delineare alcuni aspetti salienti: pur emergendo la mancanza di dati statistici precisi che
possano inquadrare meglio il fenomeno(1),
quanto esposto è da considerarsi un punto di
partenza per conoscere l’ambiente e l’attività
legati alle ONG.
Si può brevemente definire “Organizzazione
Non Governativa” un ente senza finalità di
1) Potrebbe essere utile ed interessante avviare un monitoraggio
di questa realtà per condurre lavori di ricerca infermieristica per,
ad esempio, raccogliere ed analizzare dati inerenti le motivazioni che spingono gli infermieri a compiere tale scelta, censire la
dimensione del fenomeno degli infermieri cooperanti, individuare
il tasso di abbandono delle missioni e relative motivazioni, individuare l’incidenza della sindrome da stress postraumatica,
quantificare e qualificare le difficoltà insorte durante le missioni
o validare scientificamente i programmi di selezione e di preparazione dei candidati.
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lucro, a carattere privato, che si impegna in
attività mirate alla cooperazione ed educazione allo sviluppo, con finalità di solidarietà
dirette alle popolazioni dei PVS. La ragione
d’essere di ogni ONG risiede nella propria
capacità di mobilitazione di idee, uomini e
risorse, nella mancanza di interessi di parte e
di ricerca di profitto, nella capacità organizzativa e professionale. L’apparato legislativo che
regola sia la costituzione che le attività delle
ONG viene rimandato alla Legge n°49 del 26
febbraio 1987; indubbiamente tale riferimento
legislativo richiede una revisione, poiché dal
1987 ad oggi è cambiato molto sia sulla scena
italiana che su quella europea e mondiale.
Attualmente ci si deve ancora attenere ai contenuti della citata legge per qualsiasi riferimento inerente la cooperazione internazionale e la
collaborazione professionale con le ONG italiane, anche se gli organi competenti del
Ministero degli Affari Esteri (MAE) ed il
Comitato Interministeriale per la Cooperazione
allo Sviluppo (CICS) stanno lavorando da
tempo ad una revisione di questa legge.
Come si arriva alla decisione di contattare
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un’ONG? Dietro a questa scelta è possibile
individuare molte motivazioni che determinano il desiderio e il bisogno di compiere scelte
così “forti”. Dalle fonti interpellate e dai frammentari dati forniti dai responsabili del reclutamento del personale sanitario è possibile
individuare le più ricorrenti:
• I valori umanitari ed il desiderio di una
giustizia universale sono tra i primi motivi
che inducono gli infermieri a dedicarsi alla
sfera della cooperazione internazionale.
Un’infermiera racconta: “la povertà è una
malattia, è un’infermità del cuore e della
mente. Mi sono chiesta: ci sarà un rimedio
che la possa guarire o curare? La risposta è
no, ma c’è qualcosa che ancora ci può far
sperare di vincere: la solidarietà e la voglia
di lottare per il cambiamento… Essere solidali significa provare a fare qualcosa per gli
altri senza che siamo migliori di loro”. Molto
sentita è la responsabilità e il senso di colpa
del mondo occidentale verso le condizioni in
cui versano i paesi del terzo mondo, come
emerge dalla testimonianza di un’altra
collega che afferma che tra le motivazioni
che l’hanno spinta a compiere una tale
scelta “(…) la più importante è stata quella
di rendermi conto che il mio benessere, il
benessere del mondo occidentale, si è
sviluppato e si accresce spudoratamente a
discapito di tutta un’altra parte di mondo
che invece non può averlo, ma che viene
mantenuto così com’è per gli interessi del
mondo occidentale. Ho sempre sentito come
una sorta di dovere quello di fare qualcosa
per questa gente che tanto ha sofferto e tanto
soffre per colpa nostra. Abbiamo molte
responsabilità noi occidentali sulla povertà e
sulle guerre del terzo mondo”;
• La ricerca di relazioni e rapporti autentici sia
con l’equipe in cui si viene inseriti che con
gli utenti è un altro aspetto che si presenta
frequentemente;
• Il desiderio di sperimentarsi e mettersi alla
prova è un incentivo a partire; si desidera
provare per lo più a sé stessi di essere in
grado di compiere il proprio lavoro in
qualsiasi condizione, anche estrema;
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• La fuga è una componente molto presente
nelle decisioni dei cooperanti; può trattarsi
di una rinuncia all’ambiente sanitario italiano
che molti ritengono alterato dall’eccesso di
tecnica e tecnicismo, dalla troppa burocrazia
e dalla mancanza di professionalità e
sensibilità da parte del personale presente.
Un infermiere racconta in una sua lettera
inviata durante una missione in Somalia: “Se
sapeste: sono qui anche perché sono fuggito
da loro, lecchini e primari dalla R moscia,
gli occhiali legati al laccetto di cuoio, il
fonendo colorato e all’ultimo grido che
ciondola in petto, l’aura del sapere intorno a
queste figure, sì questo soprattutto, quella
luce che brilla come una specie di cerchio,
rendendoli diversi dai comuni mortali e
giudici supremi delle vite degli altri.”
Possono esserci fughe da problemi personali
o familiari di diverso genere, quali crisi
interiori o rotture di rapporti amorosi;
• Emergono infine anche problematiche
inerenti la noia della quotidianità e la ricerca
di situazioni ed emozioni forti scaturite da
una cultura sostenuta dai mass-media, che
suggerisce l’insoddisfazione per il quotidiano
determinando la necessità di distinguersi per
fama ed eroismo.
Per poter essere inseriti in un progetto occorre contattare una ONG(2) presentando domanda. Un’equipe formata da infermieri esperti,
personale d’ufficio debitamente formato e psicologi esamina, effettuando una prima cernita,
i curricula vitae che ricevono dai candidati e si
occupa della selezione attraverso incontri sia
per valutare direttamente le competenze professionali che le caratteristiche personali al fine
di stabilire l’idoneità del soggetto (vedi Tab. I).
Contrariamente al passato, negli ultimi anni il
reclutamento del personale sta acquistando
caratteri molto selettivi ed esigenti, poiché
inviare in missione personale non adatto com2) Grazie ai mass-media le principali ONG sono conosciute e facilmente contattabili. Per chi volesse effettuare una scelta più accurata, si consiglia di consultare la “Guida alla cooperazione e al
volontariato internazionale” a cura del Servizio Orientamento
Cooperazione Internazionale (SOCI) nella quale sono censite
accuratamente tutte le ONG italiane e alcune delle
Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS) che promuovono progetti sanitari all’estero.
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porta il rischio di ripercussioni negative sia sull’equipe che sui risultati del progetto che sul
soggetto stesso esponendolo, in assenza di
adeguate risorse, al rischio di traumi. Superata
la selezione, i tempi di partenza possono essere estremamente variabili (da poche settimane
ad un anno).
Tab. I
Caratteristiche e requisiti richiesti ad
un infermiere per intraprendere un programma di cooperazione internazionale
CAPACITÀ E CARATTERISTICHE
PERSONALI ESSENZIALI PER OGNI
INFERMIERE DESTINATO
A MISSIONI ESTERE
forte spirito di collaborazione
capacità di lavorare in gruppo
capacità di lavorare in condizioni
di emergenza e sotto stress
capacità di raggiungere obiettivi
prefissati
capacità di adattamento
tolleranza
flessibilità
disponibilità a comprendere altre
culture ed a collaborarci
sensibilità sociale e culturale
attitudine alla diplomazia
interesse all’insegnamento
attitudine allo scambio di esperienze
conoscenza approfondita scritta e
parlata di una lingua straniera
PREREQUISITI NECESSARI
diploma di infermiere
da 2 a 5 anni di esperienza professionale,
preferibilmente in reparti d’urgenza ed
emergenza o a carattere chirurgico
corso di medicina tropicale (sedi
accreditate: Londra, Liverpool, Anversa,
Barcellona, Brescia)
REQUISITI PREFERENZIALI
esperienza di insegnamento
esperienza di supervisione
precedenti esperienze in paesi in via
di sviluppo (lavoro, studio, volontariato)
capacità di management
esperienze sia in reparti che sul territorio
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Una volta in missione, l’infermiere si troverà
ad assumere ruoli ben diversi da quelli ai quali
è abituato:
• Formativo, per il quale è chiamato ad
istruire il personale sanitario locale. Sarà
infatti quest’ultimo che dovrà occuparsi
direttamente dell’assistenza sostituendo in
toto il personale cooperante. A tal riguardo
un’infermiera che da anni si occupa di
formazione del personale locale afferma che
“è un dovere morale ed etico condividere il
sapere che abbiamo; portarsi il sapere nella
tomba non serve a nulla, ma insegnarlo ad
altri conferisce dignità e rispetto alle persone
e dà loro la possibilità di avere qualcosa su
cui basarsi per riscattarsi dalle guerre che
hanno tolto loro qualsiasi ragione per vivere”.
• Supervisione: una volta preparato teoricamente
il personale locale, sarà necessario
supervisionarlo nella pratica per accertarsi
della corretta applicazione delle abilità e
nozioni apprese.
• Organizzativo. Viene riservato solo agli
infermieri più esperti nell’ambito della
cooperazione, poiché necessita capacità e
conoscenze organizzative di tutti gli aspetti
del progetto sanitario (unità operative
ospedaliere,
ambulatori,
assistenza
domiciliare, dispensari, campagne vaccinali,
campi profughi, ecc.), che si acquisiscono
nel tempo unicamente con l’esperienza e
competenze specifiche.
• Diplomatico. Per portare avanti un progetto
sanitario è necessario intraprendere relazioni
con il personale locale, con la popolazione,
con i capi villaggio o tribù e con le autorità
locali e nazionali. La diplomazia è necessaria
per giungere ad accordi, per convincere chi
di dovere della necessità di alcuni interventi,
per ottenere permessi ed aiuti o anche più
semplicemente per farsi accettare dalle
autorità e dalla popolazione.
In missione viene eliminato il gap di ruoli e
status anche tra infermieri e medici: nessuna
professione vale più di altre e nessuno ha più
potere o autorità di altri se non per il ruolo
amministrativo che ricopre. Spesso i medici
stessi sono tenuti a dipendere da un infermie11
re se questo ha un ruolo
di medical coordinator, il
che non è così raro, visto
che, generalmente, quasi
tutti i responsabili sanitari
sul campo sono infermieri.
Mentre la responsabilità
professionale e l’esercizio
professionale in Italia
sono vincolati e normati,
nella cooperazione questi
paletti vengono a decadere per lasciar posto alla
legge dello stato di necessità. In contesti di missioni
estere, infatti, nessuna
normativa regola l’agire
professionale del personale sanitario (e non):
l’unico riferimento per poter gestire con
coscienza la libertà, autonomia e responsabilità di cui si è investiti rimane il Codice
Deontologico. Ad ogni infermiere sono richieste responsabilità e maturità, oltre che preparazione. Responsabilità nel senso di saper
accettare le conseguenze dei propri atti e
maturità nel riconoscere i propri limiti. A questo proposito un collega racconta: “tutti possono fare tutto, puoi davvero fare ciò che vuoi,
ma eticamente devi limitarti e fare solo quello
che sai di saper fare. Per questo servono una
grande preparazione e molta umiltà”.
Le modalità con cui un infermiere collabora in
ambito cooperativo possono essere diverse e
riassumibili in tre grosse categorie:
• Molti sono gli infermieri che decidono di
fare della cooperazione con le ONG il loro
unico impegno professionale: potrebbero
essere definiti cooperanti professionisti,
perché abbandonano ogni rapporto di
lavoro in Italia e si dedicano esclusivamente
alla collaborazione a progetti sanitari all’estero.
Essi lavorano autonomamente firmando
contratti con le ONG ed assumendo incarichi
ora in un paese, ora in un altro.
3) Va precisato che questo dato deve essere letto con cautela, poiché rispecchiante l’andamento di una sola organizzazione; inoltre
è frequente che degli infermieri scelgano di proseguire l’esperienza
con ONG diverse.
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• Altri infermieri sviluppano esperienze di
cooperazione senza però abbandonare la
loro vita personale e lavorativa in Italia,
alternando periodi all’estero con periodi
lavorativi in Italia, “(…) come se fosse un
impegno preso con i popoli che ne hanno
bisogno”, o per accrescere la propria
formazione e metterla poi al servizio di chi
ne ha bisogno, perché “non è etico imparare
sulla pelle di popoli già stremati da ogni
dolore possibile”. Sono quelli che si potrebbero
identificare come cooperanti non professionisti.
Questa alternanza è resa possibile e
regolamentata dalla già citata Legge n°49/87,
che prevede la concessione per i dipendenti
pubblici di periodi di aspettativa non
retribuita per progetti di cooperazione
finanziati dal Ministero degli Affari Esteri o
dall’Unione Europea con la conservazione
del posto di lavoro. In tutti gli altri casi sarà
necessario il licenziamento e la successiva
riassunzione se non viene concessa
l’aspettativa per motivi personali o la fruizione
in un’unica soluzione del periodo di congedo
ordinario.
• Da ultimo è molto frequente incontrare
infermieri che hanno vissuto una sola
esperienza di cooperazione. Secondo dati
forniti da una delle ONG vi è un tasso di
abbandono dopo la prima missione dell’80%
circa3. I motivi possono essere molteplici:
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delusioni, aspettative mancate, caratteristiche
personali inadatte a queste esperienze,
mancata sussistenza delle motivazioni che li
hanno spinti alla prima esperienza, traumi
subiti.
S’intendono per traumi sia le difficoltà del
ritrovarsi in un paese straniero in condizioni
precarie sotto stress con gente sconosciuta, sia
i ben più drammatici episodi definiti come
“incidenti critici”. È capitato che infermieri
vedessero i loro colleghi saltare su una mina
proprio sulla jeep davanti alla loro; alcuni
infermieri hanno vissuto la tragica esperienza
del sequestro, altri sono stati addirittura imprigionati nelle carceri del paese in cui si trovavano per aver prestato soccorso alle persone
“sbagliate”. Non pochi hanno visto morire
amici per malattie acute ed improvvise o uccisi dal fuoco dei guerriglieri o delle truppe
regolari, dalle bombe. In letteratura sono
riportati casi di suicidio tra membri di equipe
sanitarie europee. In situazioni politiche o belliche precarie sono capitate evacuazioni
improvvise che hanno costretto i sanitari ad
abbandonare di corsa le strutture sotto i bombardamenti, lasciando alle spalle a volte morti
e feriti anche tra i colleghi. In missione si ha
occasione di “(…) vedere cose atroci che devi
digerire e collocare nel modo giusto perché
non ti diano problemi, ma senza dimenticarle”.
C’è chi racconta che “il giorno che le bombe
“amiche” caddero nel punto sbagliato e finirono dove si stava festeggiando un matrimonio,
nel nostro posto di pronto soccorso arrivarono
più di quaranta feriti in condizioni gravissime.
Non so ancora adesso come siamo riusciti a far
fronte ad un simile disastro. Il pavimento era
talmente inondato di sangue al punto che non
si riusciva quasi a camminare per il rischio di
scivolare (…)”. Anche il momento del rientro
può essere problematico, sia per il fatto di
dover dire addio ad un gruppo con il quale si
ha condiviso esperienze uniche, forti e penetranti, sia per un senso di amarezza e nostalgia
inimmaginabile alla partenza, sia per i cambiamenti personali avvenuti in conseguenza all’esperienza fatta e alle realtà in cui ci si è calati
che lasciano segni indelebili che contrastano
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con la realtà del ricco occidente. Vivere queste
esperienze può lasciare segni molto pesanti e
profondi nel vissuto di una persona. Per questo motivo sempre più si sta sviluppando
un’attenzione al benessere psico-fisico del personale in missione, con l’aiuto di psicologi in
grado di affrontare tali problematiche affiancandosi al personale sia prima che dopo la
partenza e al rientro dalla missione con il
debriefing finale.
Bibliografia
Fonti scritte:
AA.VV., Cronache palestinesi, prigionieri della guerra,
Medici Senza Frontiere ONLUS, 2002
AA.VV., Documento informativo per gli aspiranti volontari, Medici Senza Frontiere ONLUS
AA.VV., Enti non profit, Ipsoa Editore, 2002, CD-ROM
AA.VV., Lettere senza frontiere, II Ed., Roma, Medici Senza
Frontiere ONLUS, 1997
AA.VV., ONG 2000, Guida alla cooperazione e al volontariato internazionale, VI Ed., Milano, ABpiù, 2000
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AA.VV., rapporto delle attività 2000-2001, Medecins Sans
Frontieres, Ufficio Internazionale, 2001
AA.VV., Rapporto delle attività 2002, Milano, Medici del
Mondo
AA.VV., Report 1994-2001, Milano, Emergency, 2002
Correggia M., Somalia, oltre la guerra, Medici Senza
Frontiere ONLUS, s.d.
Legge n°49 del 26 febbraio 1987
Fonti online:
www.emergency.it
www.esteri.it
www.focsiv.it
www.infermierieretici.it
www.intersos.it
www.medecinsdumonde.org
www.medicidelmondo.org
www.msf.it
www.noprofit.org
www.opl.it
www.psicotraumatologia.com
www.volontaririentrati.it
Fonti orali:
- infermieri :
Caterina, Donaldo, Emanuela, Ignazia, Irene, Lucia,
Marco, Matteo, Mirko
- Desk Office:
Barbara e Carmen (Medici Senza Frontiere, Italia),
Cristina (CIESSEVI), Ester e Marina (COPI), Isabelle
(Ufficio Relazioni Internazionali, Medecins du Monde,
Bruxelles), Paola e Barbara (Medici del Mondo, Italia),
Rachel e Matteo (Emergency, Italia)
- altri contatti:
Elena, psicologa Emergency, Franca, referente tesisti
Medici Senza Frontiere, Roma, Myriam, Presidente
Medicus Mundi, Italia, Simonetta, Capo redattrice giornale di Emergency
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