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LEZIONE:
“COMUNICARE MEGLIO PER STAR BENE INSIEME”
PROF.SSA ANNAMARIA IMPARATO
Comunicare meglio per star bene insieme
Indice
1
LA COMUNICAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
1.1
1.2
L’ETIMOLOGIA DELLA PAROLA “COMUNICAZIONE” ------------------------------------------------------------------------- 4
SIGNIFICATI E SCENARI COMUNICATIVI ---------------------------------------------------------------------------------------- 5
2
FASI STORICHE E CARATTERISTICHE SALIENTI DELLA COMUNICAZIONE ------------------------ 6
3
IL CIRCUITO COMUNICATIVO E GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE ------------------------ 10
4
LA DISTORSIONE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
5
L’INFLUENZA DEL CONTESTO NELLA DECODIFICA DI UN MESSAGGIO ----------------------------- 17
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 La comunicazione
La vita di tutti i giorni impone a ogni essere vivente di entrare in contatto con i suoi simili
per i motivi più disparati e con gli scopi più diversi.
Sempre gli esseri viventi si trovano nella condizione di scambiare messaggi con gli individui
con cui entrano in contatto, cioè di comunicare tra loro.
La comunicazione è una conditio sine qua non della vita umana e dell’ordinamento sociale.
Per tale motivo ogni essere umano è coinvolto fin dall’inizio della sua esistenza in un complesso
processo di acquisizione delle regole della comunicazione, anche se ne è consapevole solo in
minima parte.
Ora, alla luce di quanto esposto e nel novero delle diverse opinioni e definizioni che ci
vengono da esperti della comunicazione, possiamo condividere l’idea che la capacità di comunicare
significa entrare in relazione con gli altri, essenziale alla vita, alla sopravvivenza dell’individuo e
della specie: ‹‹si può dire che vita e comunicazione coincidano››1. D’altra parte, ogni uomo è per
definizione un “animale sociale”: egli non potrebbe costituirsi come cifra individuale se non in
relazione all’altro-da-sé, egli ha bisogno di stabilire contatti, di tracciare itinerari comuni all’essere
sociale. In realtà ‹‹l’uomo quale animale sociale per eccellenza è anche animale comunicativo per
eccellenza››2.
È pertanto necessario osservare la comunicazione umana anche da un punto di vista
evoluzionistico, considerandone la nascita a partire dai primi ominidi ed il successivo sviluppo.
Ogni vera ed autentica relazione è scambio reciproco e ogni scambio è possibile tramite la
comunicazione, l’azione comune, l’azione-insieme, il rapporto interpersonale e attivo, il processo di
influenza tra soggetti.
1
Perilli A., Comunicazione e alterità, introduzione a T. A. Sebeok, Come comunicano gli animali che non parlano,
Edizioni dal Sud, Bari, 1998.
2
Beretta M., La comunicazione, problemi e spunti didattici, Micella Galatina, 1980, p. 39.
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1.1
L’etimologia della parola “comunicazione”
Il concetto di comunicazione si definisce meglio se si esamina l’etimologia del termine.
La radice del termine latino è esplicita: communio commune, che “appartiene a tutti”, che
“viene messo in azione”, da communicatio comunicazione, che suggerisce l’azione di svolgere un
incarico con altri. In effetti la comunicazione è sempre l’atto intenzionale di qualcuno, che in un
contesto determinato si rivolge ad altri interlocutori. E non basta: il verbo latino “comunicare”
(altari), nel suo significato di partecipare alla mensa eucaristica, è un calco del greco koinònein,
“mettere in comune”. Comunicare è perciò un atto di socializzazione che coinvolge l’altro, che lo
stimola a partecipare.
La radice del termine comunicazione risale infatti al verbo koinoneo (partecipo),
chiaramente legato all’idea della koine, della comunità, del mettere in comune, del condividere.
Le azioni racchiuse in questa cornice terminologica stabiliscono una connessione basata sul
presupposto per cui “mettere al corrente” qualcuno vuol dire coinvolgerlo, fino all’instaurazione di
impegnativi vincoli comunitari.
Allora, cosa s’intende per comunicazione?
E’ un processo che avviene non solo tra due persone, ma anche con processi di
comunicazione fisica e sociale.
Facciamo alcuni esempi:

un processo comunicativo tra soggetti inanimati: la trasmissione di calore da un
termosifone all’ambiente circostante;

un processo comunicativo tra soggetti parzialmente inanimati: la spia luminosa del
livello della benzina;

un processo di comunicazione sociale: un individuo che ascolta e guarda
la
televisione;

ed infine un processo di comunicazione interpersonale: trasmissione inintenzionale di
informazioni tra due persone.
Riferendoci al campo sociale per comunicazione intendiamo: trasferimento di un messaggio
attraverso un canale da un trasmittente a un ricevente.
Nel campo sociale la comunicazione è certamente uno dei fenomeni più importanti. I suoi
effetti influenzano l’agire degli individui di specie umana.
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La conoscenza del processo comunicativo è dunque indispensabile per comprendere il
comportamento umano.
Comunicare significa:
 rendere comune ad altri ciò che è a nostra conoscenza;
 rendere i componenti di un gruppo consapevoli di ciò che in sanno pochi od uno
soltanto;
 trasmettere un messaggio (informazioni, idee, sensazioni, concetti, istruzioni).
Gli scopi per cui gli uomini comunicano con i propri simili possono essere tanti. Ogni essere
vivente attraverso la comunicazione svolge le attività connesse alla sua esistenza di individuo e di
membro della società. Se non comunicasse non potrebbe entrare in contatto con gli altri e compiere
quelle che sono le funzioni essenziali della sua condizione di vivente. Vivere, insomma, è
comunicare, allo stesso tempo , comunicare è vivere.
1.2
Significati e scenari comunicativi
L’indagine sulla comunicazione è un punto obbligato del nostro viaggio che intende sondare
i pilastri sommersi che sostengono le interazioni tra giovani e adulti, nella convinzione che la
diffusione di conoscenze e abilità relazionali possano esaltare la gioia del vivere all’interno di uno
stesso contesto. L’analisi sarà orientata in prima istanza, ad esaminare le modalità verbali con cui si
comunica. In seguito sarà dedicata un’attenzione particolare alla rilevanza della comunicazione non
verbale. Strumento privilegiato della comunicazione è sempre stata la parola (in principio fu il
verbo).
Vale perciò la pena di ricostruire sinteticamente l’evoluzione impressa dall’uomo alle
modalità d’uso di quel potente mezzo, nel tentativo di individuare pure le trasformazioni che egli ha
subito per effetto di eventi straordinari verificatisi nel corso della storia.
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2 Fasi storiche e caratteristiche salienti della
comunicazione
Un rapido sguardo al passato ci consente di individuare quattro fasi diverse che hanno
caratterizzato la comunicazione verbale:
1^ fase: l’oralità esclusiva
Tale fase esercita ancora oggi, per fortuna, un ruolo importante (si pensi, ad esempio, alla
tenace persistenza dell’oralità). Esaminiamo ora le caratteristiche salienti della fase dell’oralità.
Quando non si conosceva la scrittura, per millenni l’uomo si è servito del più potente strumento
disponibile: la voce, canale che consente una velocità di circolazione molto lenta del sapere che, per
essere conservato e trasmesso alle generazioni future, veniva affidato alla capacità di una memoria
sostenuta dall’orecchio, destinato a diventare perciò il senso più importante
Per facilitare quel processo di conservazione era necessario esprimersi in forme facilmente
memorizzabili: formule, proverbi, versi o una prosa molto ritmica.
Caratteristiche peculiari della cultura orale erano la ridondanza (la ripetizione aiutava il
processo di memorizzazione sia del parlante che dell’ascoltatore) e la paratassi (la costruzione di
un periodo strutturato sulla coordinazione comunicativa). La stessa nascita della poesia alla quale
naturalmente si associavano la musica e la danza, si spiega in relazione al bisogno di costruire un
significativo “magazzino della memoria” che conteneva precetti giuridico-religiosi ma pure
suggerimenti tecnologici. Alla poesia veniva dunque affidata una funzione didattica (si pensi ai
poemi omerici).
Riflettendo sulle caratteristiche della cultura orale si comprende facilmente che l’uomo
inserito in essa era molto più enfatico e partecipativo, più tradizionalista, ma meno analitico di
quello che vivrà nelle culture successive.
Cosa avviene infatti quando si sedimenta l’abitudine di scrivere a mano?
Potendo disporre di una memoria artificiale, costituita dal testo scritto, la memorizzazione
non si impone più con l’implacabile necessità che la sollecitava nei processi di apprendimento.
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In effetti la parola destabilizza l’assoluta tirannia dell’orecchio 3. Si sa che nei tempi antichi,
prima della diffusione dell’uso della scrittura, la memoria era l’indispensabile ed unico strumento
dell’apprendimento e ad essa servivano il verso e la musica, o almeno la cantilena; e perciò ogni
insegnamento era un carmen, come il carmen de moribus di Catone o le leggi delle dodici tavole,
apprese – a quanto diceva Cicerone – come un carmen necessarium. Un’altra ragione costringeva
all’uso della memoria: la sacralità, il carattere esoterico degli apprendimenti, riservati in genere ad
un ceto chiuso, ad una casta sacerdotale.
2^ fase: rivoluzione chirografica (fino al XV secolo)
La rivoluzione chirografica (dal greco keir = mano e grafia = scrittura) si realizza per effetto
dell’invenzione della scrittura, avvenuta nel quarto millennio a.C. ad opera dei Sumeri della
Mesopotamia.
Finalmente si ha la possibilità di conservare materialmente il sapere.
Si celebra il timido ingresso dell’occhio. L’espressione del pensiero non più condizionata
dalla necessità ritmica che costringeva a produrre un sapere formulaico, diventa più analitica, più
astratta. La cultura chirografica consente all’uomo di guadagnare una sintassi complessa, di
accedere ai concetti universali, di aprirsi cioè alla filosofia, alla scienza, all’etica, alla logica.
Scompaiono lentamente le enciclopedie in versi, nascono i trattati e i codici. Nascono anche le
prime biblioteche pubbliche ed il libro (volumen o codex), scritto a mano dai copisti, segna
gradualmente la nascita di nuove figure professionali accanto a quella dell’autore, dello scriba e
dell’editore.
3^ fase denominata: la rivoluzione gutemberghiana (fino al sec. XIX)
Effettivamente se riflettiamo sul privilegio che la stampa accorda all’occhio sancendone la
vittoria sull’orecchio, ci rendiamo conto che la possibilità di disporre, con relativa facilità, di un
testo che a differenza del manoscritto non richiedeva un faticoso lavoro di decodificazione, dovette
rapidamente trasformare le abitudini dell’uomo. La lettura diventò silenziosa ed il libro, facilmente
disponibile, modificò sia il modo di studiare che di insegnare, perché la lettura da fatto pubblico
diventò prerogativa del singolo che poteva leggere e consultare il testo quando e dove riteneva più
opportuno.
3
Pompilio S., La prossemica, in Saracino V. (a cura di), Progettare la formazione. Teoria e pratica dell’intervento
educativo
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Ora, occorre sottolineare l’importanza dell’invenzione della stampa definita la più grande
“Rivoluzione silenziosa”. Si ritiene che tale invenzione ha celebrato la nascita di un uomo nuovo:
“L’uomo tipografico”.
4^ fase: la rivoluzione elettrica ed elettronica
Siamo nella fase attuale. Registriamo i caratteri della cultura dei media elettrici ed elettronici
che hanno trasformato il mondo in “villaggio planetario”.
M. Baldini osserva che ‹‹grazie all’elettricità e all’elettronica la terra è diventata un
“villaggio planetario” e il sensorio dell’uomo è stato costretto a riorientarsi, passando di nuovo
dall’occhio, troppo lento per essere efficace, all’orecchio, dallo spazio visivo allo spazio acustico.››
Grazie alle scoperte degli ultimi centocinquanta anni, dopo quella del telegrafo elettrico da parte di
Samuel Morse, si sono avvicendate una miriade di evoluzioni tecnologiche che hanno impresso un
ritmo vertiginoso alla velocità della trasmissione dei messaggi. La notizia raggiunge, grazie ai nuovi
media, il destinatario in “tempo reale”. I nuovi strumenti hanno rivoluzionato la dimensione del
tempo e dello spazio, caratterizzando i contesti come luoghi al limite dell’immateriale, immersi in
un eterno presente. Questa nuova rivoluzione ha imposto all’uomo profonde trasformazioni. La
radio, la televisione, il telefono hanno indotto una fase di “oralità secondaria” che ha diversi punti di
contatto con quella antica anche se rispetto ad essa si caratterizza per un più alto grado di
consapevolezza. I nuovi media esercitano un fascino su milioni di persone che si sentono,
ascoltando, parte di un gruppo, anche se sono sole. ‹‹La forza dei mezzi audiovisivi è dovuta al fatto
che colpiscono direttamente la sfera dell’affettività4››.
Popper ha definito la televisione ‹‹ladra di tempo››, ‹‹serva infedele››, ‹‹cattiva maestra››. Il
grande pensatore proponeva un rigoroso controllo su quanti sono coinvolti nella produzione
televisiva: per essi dovrebbe essere previsto il rilascio di una “patente” da ritirare quando si rilevino
comportamenti in contrasto con i principi della democrazia. Aldilà di questo possiamo affermare
con assoluta certezza che l’epoca in cui viviamo è caratterizzata dalla complessità dei sui
paradigmi, della sua alta tecnologia, dal suo stesso smarrimento di senso. Non a caso questa è “l’era
dell’informazione”, non solo per il diluvio di notizie che vengono scaricate sul consumatore, ma
soprattutto perché molto più della metà della popolazione è impegnato a raccogliere, elaborare e
vendere informazioni.
Tale ricerca ha reso possibile una nuova forma di testo multiplo, interattivo: l’ipertesto.
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Cosa intendiamo per ipertesto?
Theodor H. Nelson coniò il termine “ipertesto” per indicare una forma particolare di testo
elettronico costituito da una serie di brani tra cui sono definiti dei collegamenti che consentono al
lettore differenti cammini. Un esempio di ipertesto sono le enciclopedie elettroniche in cui da un
testo con un determinato percorso multimediale, si può passare ad altri testi, ma anche ad
animazioni, foto, schemi e talora musiche.
La maggiore dinamicità dell’ipertesto rispetto al libro stampato, la sua capacità di rendere
protagonista attivo il fruitore che può scegliere liberamente i percorsi di una lettura che non può
essere “lineare” ma “nomade”, hanno scatenato polemiche ed insinuato il terrore di un imminente
morte del libro.
Si è però fortunatamente verificato che nessuna crisi ha colpito la produzione del testo
scritto, anzi che di libri ce ne sono di più, nuovi o ristampe di vecchi, anche se si deve prendere atto
che il suo monopolio culturale è venuto meno.
4
Laborit H., Lo spirito del solaio, Mondatori , Milano, 1994, pag. 161.
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3 Il circuito comunicativo e gli elementi della
comunicazione
Cerchiamo ora di tratteggiare rapidamente e in forma sintetica la sintassi della
comunicazione. È necessario osservare che ogni vera e autentica relazione è scambio reciproco, e
ogni scambio è possibile tramite la comunicazione. “L’azione-insieme” – dove il rapporto
interpersonale è attivo – genera il processo che influenza i soggetti coinvolti.
Si precisa che l’atto comunicativo è di tutti e le azioni ad esso connessa si basano sul
presupposto che “mettere al corrente qualcuno di un qualcosa” vuol dire coinvolgerlo, fino
all’istaurarsi di impegnativi vincoli comunicativi5.
Ma quali sono i presupposti del processo di comunicazione?
 chi comunica = trasmittente;
 un contenuto = messaggio;
 chi riceve = ricevente;
 collegamento tra chi comunica e chi riceve = canale di comunicazione.
Di fatto, la finalità di ogni comunicazione è quella di trasmettere a qualcuno informazioni e
messaggi. Tuttavia è possibile individuare il meccanismo della comunicazione.
Ogni atto comunicativo, infatti, anche quello apparentemente più semplice, è un fenomeno
complesso che presuppone la presenza di alcuni fattori essenziali: un emittente, la fonte della
trasmissione dell’informazione che, dopo aver elaborato un pensiero, si serve di un codice per
codificare l’informazione all’interno del quale opera una scelta di segnali e li combina nella forma
più opportuna per conferire efficacia al messaggio che intende inviare. Esempio: una persona che
parla al telefono per comunicare qualcosa, poiché è colui che emette il messaggio, è l’emittente.
Il ricevente, cioè il destinatario del messaggio, riesce grazie ad un codice condiviso a
decodificarlo, cioè a comprenderlo dopo un’operazione complessa di analisi dei segnali ricevuti e
delle modalità con cui quei segnali sono stati combinati insieme. Esempio: c’è una persona che
ascolta ciò che l’altro le comunica. Poiché è colui che riceve il messaggio lo chiamiamo ricevente.
Il messaggio è l’informazione che viene comunicata.
5
Venturi C., In parole, Zanichelli, 1991, p.15.
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Il referente è l’oggetto a cui l’emittente si riferisce. In quest’ottica non può mancare
l’informazione di ritorno, o come si dice con termine inglese feed-back (retroazione, rifornimento
all’indietro da feed, “alimento” e back “indietro”).
Tuttavia nonostante questa continua alternanza di ruoli, nel corso di ogni singolo atto
comunicativo i ruoli di emittente e ricevente sono fissi e ben distinti.
Perché la comunicazione si realizzi è però necessario che il messaggio emesso dall’emittente
raggiunga il ricevente attraverso il canale e venga decodificato. Per fare ciò, il ricevente deve
conoscere i segni con i quali il messaggio gli viene trasmesso, deve cioè conoscere i criteri e le
regole in base ai quali il messaggio è stato costruito dall’emittente. Di fatto, i segni che possono
essere utilizzati per trasmettere messaggi di per sé non hanno alcun significato. Perché ne acquistino
uno è necessario che l’emittente e il ricevente si muovano all’interno dello stesso codice.
Il codice è sempre frutto di una convenzione che deve essere ben nota sia all’emittente che
al ricevente e deve essere scelto prima di formulare un qualsiasi messaggio. Tutti possono inventare
un codice, si pensi all’alfabeto Morse o alla formulazione dei codici segreti dei vari paesi. Si
attribuiscono, cioè, particolari significati ai segni dell’alfabeto o ai numeri o s’inventano addirittura
nuovi segni.
Tra gli elementi fondamentali della comunicazione c’è da considerare un elemento in più: il
contesto. In effetti c’è un forte legame tra messaggio e referente, ma spesso il rapporto che li lega
non è univoco e può dar luogo a equivoci che compromettono l’esito della comunicazione.
Il messaggio “che coda!”, infatti ha almeno quattro referenti possibili:
 la coda di un gatto;
 la coda di persone davanti a uno sportello;
 la coda delle auto in autostrade;
 la coda di cavallo di una ragazza;
In casi come questi come si fa a capire il messaggio? Solo l’analisi della situazione in cui è
collocato il messaggio e la valutazione delle particolari circostanze in cui esso viene comunicato
possono permettere di stabilire quale sia il referente cui il messaggio si riferisce.
Così, se l’emittente e il ricevente sono affacciati a una finestra e scorgono un gatto soriano
sul tetto della casa di fronte, è chiaro che la “coda” oggetto del messaggio è quella del gatto. Se
invece hanno deciso di recarsi al cinema e davanti alla biglietteria trovano molte persone in attesa di
entrare, la “coda” in questione sarà quella delle persone in fila. Se poi, i due sono bloccati in una
lunga colonna di automobili, la “coda” questa volta sarà quella causata dall’improvviso ingorgo
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stradale. Se infine, essi vedono passare una ragazza con i capelli raccolti dietro la nuca, è chiaro che
la “coda “ cui si riferiscono è quella costituita dalla pettinatura della ragazza.
Per essere sicuri di capire bene il messaggio, dunque, è necessario non solo conoscere il
referente, cioè l’argomento specifico di cui si tratta, ma anche cogliere e valutare opportunamente
tutto ciò che sta intorno al referente e che fa da sfondo alla comunicazione.
L’insieme della situazione generale e delle particolari circostanze in cui ogni evento
comunicativo è, per forza di cose, inserito si chiama contesto, “ciò che sta insieme al testo”. Il
contesto è quindi un elemento importante della comunicazione: esso è costituito da un insieme di
informazioni, nozioni e conoscenze che devono essere comuni tanto all’emittente quanto al
ricevente perché la comunicazione si realizzi pienamente.6
Il codice rappresenta l’insieme dei segni verbali, gestuali, mimici, iconici, luminosi, acustici,
e delle regole che presiedono alla loro significativa combinazione.
In una sola giornata ci può capitare di dover interpretare moltissimi codici, da quelli
economici, scelti grazie alla loro semplicità, dall’uomo per regolare la vita quotidiana (si pensi al
semaforo ed ai segnali stradali, a quelli acustici durante la navigazione a quelli complessi come i
codici simbolici digitali (termine coniato in riferimento all’uso della tastiera del calcolatore).
Esistono pure codici analogici ( espressioni, gesti, mimica) contenenti analogie con la realtà.
Il canale, cavo elettrico, linea telefonica o telegrafica , parola, onde sonore, foglio o stampa,
è il mezzo o i mezzi che permettono la comunicazione. Le caratteristiche del canale sono:
 velocità: rapidità di
trasmissione del messaggio in base al rapporto tra spazio
percorso e tempo impiegato;
 capienza: capacità di trasmettere più messaggi contemporaneamente, la loro
ricezione e comprensione dipende dalla “capacità di canale” di sintetizzare o
categorizzare una certa quantità di informazioni in un certo momento;
 disturbi: rumori intrinseci o incidentali, che disperdono o rendono incomprensibili
una certa quantità di informazioni.
6
Sensini M., Il sistema della lingua, Arnoldo Mondatori, 1996, p.7.
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MESSAGGIO
TRASMITTENTE
RICEVENTE
(CODIFICA)
(DECODIFICA)
CANALE DI COMUNICAZIONE
FEED-BACK
CODIFICA:
trasformazione da parte del trasmittente delle proprie
informazioni in messaggio.
DECODIFICA: trasformazione da parte del ricevente del messaggio in
proprie informazioni.
FEED-BACK: informazione di ritorno.
Fig. 1.1 Il circuito comunicativo
In sintesi il processo comunicativo (si veda fig 1.2) è dunque il seguente: una fonte
trasmittente emette un messaggio con il proprio codice attraverso il canale. Il messaggio, affinché
sia compreso dal ricevente, viene da questi decodificato e nuovamente codificato secondo il proprio
codice.
Tra codice e canale esiste una relazione7 (fig. 1.4).
L’uso del codice molto spesso impone la scelta di un determinato canale (non scelgo un
mezzo acustico, per es. la radio, se devo comunicare con i sordi).
Molto spesso la incomprensione di un messaggio deriva da un errato accoppiamento tra
canale e codice o da un uso improprio del canale.
Solo quando le fonti usano il medesimo codice ed esso è conosciuto da entrambe, avviene la
comunicazione, la comprensione del messaggio e non la sola ricezione di esso; ogni codice possiede
caratteristiche che possono essere note in misura diversa ai due soggetti, dunque anche da tale
differenza dipende l’esatta comprensione del messaggio.
7
Ibidem, p. 20.
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CANALE
TRASMITTENTE
RICEVENTE
MESSAGGIO
CODICE
TRASMITTENTE
MESSAGGIO
DECODIFICA
Fig. 1.2 : Il processo comunicativo
CANALE
TRASMITTENTE
RICEVENTE
MESSAGGIO
CODICE
RICEVENTE
CODICE
TRASMITTENTE
MESSAGGIO
Fig. 1.3 : Il processo di comunicazione
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CANALE
TRASMITTENTE
RICEVENTE
MESSAGGIO
MESSAGGIO
CODICE
CODICE
Fig.1.4 : Differenze tra codice e canale
COMPRENSIONE
CODICE EMITTENTE = CODICE RICEVENTE
RICEZIONE
CODICE EMITTENTE ≠ CODICE RICEVENTE
Fig 1.6: Differenza tra comprensione e ricezione
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4 La distorsione
La comunicazione di un messaggio presenta quasi sempre un angolo detto “di distorsione” la
cui conoscenza permette di ridurlo con appropriate tecniche (es. la ripetizione, il controllo) al fine
di avere una più esatta comprensione del messaggio.
Fig 1.7: L’angolo di distorsione
La distorsione deriva da:
 codice, perché ogni codice possiede caratteristiche che possono essere note a due
soggetti in misura diversa;
 percezione, ossia selezione, organizzazione e interpretazione a livello conscio e
inconscio della struttura del messaggio. In tal caso per uno stesso stimolo o
messaggio può esserci una differente percezione da parte del ricevente.
A riprova di quanto detto, se osserviamo la figura 1.7 si possono avere due letture della
medesima immagine il profili di una giovane donna ed il volto di una donna anziana.
E ancora la figura 1.8 può essere percepita come una coppa (tratto pieno) che come due
facce che si guardano (tratto vuoto).
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5 L’influenza del contesto nella decodifica di un
messaggio
Gli aspetti che influiscono nella decodificazione di un messaggio sono:
 Contesto;
 Stimoli significativi.
Il contesto, il luogo fisico, la situazione , il momento particolare in cui avviene l’interazione
comunicativa che, svolgendosi in coerenza con quello, assume caratteristiche di congruenza e di
efficacia.8
Fig. 1.7: Visualizzazione percettiva in ottica duale (I esempio)
Il concetto risulta meglio comprensibile se ricorriamo a degli esempi. Un suono di una certa
entità non verrà percepito alla stessa maniera nel silenzio della notte e nel diurno traffico cittadino,
anzi sarà difficile anche nella stessa situazione, percepirlo come costante e regolare perché e
probabile che esso, dopo un po’ di tempo, possa diventare impercettibile.
8
Akmajan A., Demers R., Farmier A., Harnish R., Linguistica, Il Mulino, Bologna1996, p.137.
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Fig 1.8: Visualizzazione percettiva in ottica duale (II esempio)
Possiamo definire il contesto come una forma particolare di relazione in corso.
In questa relazione sempre determinata assumono significati diversi i messaggi che le
persone si scambiano e risultano diverse quindi le loro reazioni.
Una comunicazione per essere efficace, cioè una reale integrazione tra persone, necessità
che queste riescano a creare un contesto condiviso.
Il contesto può essere altresì definito come un insieme di aspettative, atteggiamenti mentali.
Le personalità dei singoli finiscono per determinare le cosiddette categorizzazioni necessarie alla
codifica di un messaggio, ad esempio, nelle due sequenze di lettere e numeri riportate in basso, il
quarto elemento è il medesimo, ma nel contesto delle lettere lo leggiamo come lettera B, mentre nel
contesto dei numeri come numero 13.
Fig. 1.9: Significato del contesto
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Ogni messaggio viene più facilmente codificato e quindi compreso se contiene “stimoli
significativi” a noi più familiari (ad es. un appassionato di auto è richiamato dal passaggio di un
auto sportiva, in una colonna di traffico). Inoltre, da esperimenti fatti si rileva che la ricompensa
rafforza un certo tipo di decodificazione del messaggio. Ad esempio, nella lettura della fig. 1.10, i
soggetti che erano ricompensati ogniqualvolta veniva loro mostrato il profilo A, tendevano a
riconoscerlo anche quando i profili erano mostrati insieme.
Fig. 1.10: Stimoli significativi
Molte formulazioni del processo di comunicazione lo raffigurano come un semplice
trasferimento di informazioni da una persona all’altra. In realtà, l’informazione è una
comunicazione unilaterale, deterministica e un intenzionale, mentre la comunicazione nel senso
proprio è plurilaterale, intersoggettiva, critica e creativa.
Ai sette elementi enunciati si accompagna, però, quasi sempre “l’interferenza” o “rumore”
che può disturbare la comunicazione, diminuendo la sua efficacia,e perfino inibirla. Volendo fare
qualche esempio, possiamo indicare un rumore fisico esterno che altera i significati di una
conversazione, un’eccessiva distanza oppure una distanza molto ravvicinata che impedisce la
visione ottimale del segnale, un raffreddore che impedisce la percezione degli odori.
Tuttavia è opportuno sottolineare che elementi di disturbo possono essere presenti in
ognuno dei sette elementi ed agiscono influenzandosi reciprocamente.9
9
Watzlawick P., Beavin J.H., Jackson Don D., Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi,
delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma 1971, p.24.
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Un solo esempio chiarirà quest’ultima osservazione: riferirsi ad un gruppo di alunni che
possiedono un codice verbale ristretto, parlando un linguaggio dotto, usando cioè un “codice
elaborato”, e perciò non condiviso, espone non solo la comunicazione al fallimento ma può perfino
inibire la motivazione all’apprendimento. È evidente che tutto ciò che disturba, ostacola o
impedisce il realizzarsi di una comunicazione, danneggiando uno dei suoi elementi costitutivi, si
chiama “rumore”. Altri fattori, invece, possono facilitare o addirittura rafforzare la comunicazione.
La comunicazione è, dunque, un processo continuo di tipo circolare, in cui le fonti
interagiscono non su un piano di casualità unidirezionale e lineare ma su un piano di casualità
reciproca.
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