Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle Le persone
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Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle Le persone
Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle Le persone possono essere intelligenti in almeno tre modi: analitico, creativo, pratico. Una delle carenze del nostro sistema scolastico è che generalmente uno solo di essi viene valutato nei test e in classe. Eppure non è vero che un tipo di intelligenza sia migliore degli altri ma, per ironia, quello che la scuola riconosce con più prontezza è quello che per molti studenti sarà il meno utile nella vita adulta. Sternberg, Spear-Swerling, Le tre intelligenze, Erickson, Trento 1997. L’arte e la comunicazione visiva Nel mondo di cultura anglosassone pedagogisti di fama sostengono l’importanza dello studio delle arti figurative e della loro storia non solo in ambito di formazione umanistica ma anche nell’economia più genericamente formativa della persona: importanza scientificamente riconosciuta e rilevante nello sviluppo di facoltà critiche, nello sviluppo delle capacità speculative e sinestetiche. H. Gardner La rilevanza della comunicazione visiva nella società odierna, e si intuisce la connessione tra queste facoltà in sviluppo e il potenziale offerto dalle nuove tecnologie per incrementarne la portata, indurrebbe a pensare alla consapevolezza della centralità del nodo comunicazioni visive nell’educazione da parte di chi governa le sorti della politica scolastic e ambiental culturale. L’opera d’arte racchiude in sè emblematicamente una carica informativa della massima portata per cui diventa parametro e riferimento nella lettura della comunicazione visiva ma anche nodo dove convergono sistemi di lettura e decodifica afferenti alle diverse discipline. Il pamphlet di Salvatore Settis Italia S.p.A., Einaudi, Torino 2002 è allarmante a riguardo di quanto sta invece accadendo da noi: lo studio dell’arte, come la percezione dell’importanza dell’ambiente storico culturale che ci circonda, il Territorio, rischia l’emarginazione, l’atrofia, diventando alle superiori materia opzionale. La storia dell’arte raramente nella realtà scolastica è praticato con buoni metodi e risultati nel primo ciclo: le immagini sono usate spesso come il riempitivo di spazi vuoti sul quaderno o di tempi morti nella giornata. Attualmente si salva nella scuola media laddove la “ storia dell’arte ” non viene insegnata come al vecchio liceo, ma l’educazione alla lettura e alla produzione delle immagini è parte viva e operante della pratica didattica. Il disegno Paradossalmente si può saper guidare una automobile senza la patente ma quest’ultima è la garanzia che si è acquisita una competenza di guida, a salvaguardia della propria come dell’altrui incolumità, così come si possono praticare le profesioni del design senza saper 1 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 disegnare, usando solamente il computer. Certo saper disegnare aiuta a esprimersi, come saper scrivere o parlare, tanto più in una professione che, oltre all’uso delle parole, comunica attraverso l’immagine. In più, imparare a disegnare insegna a guardare e interpretare meglio le cose che ci stanno intorno: in sostanza il disegno è uno strumento di analisi del mondo, come lo sono la scrittura o la fotografia. “ Disegnare… è il mezzo migliore fare attenzione a ciò che guardiamo. Prestare attenzione… è estremamente difficile per questo evitiamo spesso di farlo. ” M. Glaser, Art is work, Leonardo arte 2000. La pratica del disegno in tutte le sue possibili declinazioni sta perdendo terreno nella formazione scolastica: negli istituti professionali, per esempio, di fronte alle 21 ore settimanali di disegno professionale dello studente degli anni ottanta siamo scesi oggi alla normalità delle 7 ore a tutto vantaggio delle materie incentrate sul linguaggio verbale. Nelle Accademie, dove si presuppone anche una vocazione alla pratica del disegno, il prevalere della performance o dell’immaterialità dell’arte degli anni settanta e ottanta a tutto favore del “concetto ” ha esonerato docenti e studenti dal passaggio precedentemente obbligato del “saper disegnare ”: il salto di una generazione di abili e consapevoli praticanti è stato mortale per la disciplina, lo vediamo accadere in egual misura nell’artigianato, nelle costruzioni, nella carpenteria laddove la perizia e l’abilità si trasmette con la pratica e la vicinanza del maestro più che attraverso lo studio dei manuali. Con una differenza sostanziale. La perdita di competenze nell’ambito pratico/artigianale significa la rinuncia al saper costruire un artefatto piuttosto che un altro (la doratura a foglia d’oro, il mosaico di vetro, la carpenteria nautica e così via) la rinuncia al disegno comporta la perdita di uno dei più importanti “artefatti cognitivi ” della storia dell’uomo, di uno strumento cioè che potenzia la facoltà del pensiero. Non sono un sostenitore dei vecchi tempi contro i nuovi; sono altrettanto disposto a battermi sulla validità della pratica formativa e intelligente dell’uso del computer, ma occorre riconoscere le potenzialità della pratica del disegno, dei “disegni ”, come strumento di lettura e analisi della realtà, di oggettivazione del pensiero, di organizzazione dei percorsi progettuali. Credo che disegnare abbia una valenza “f ormativa ” alla pari dello studio del latino o del pianoforte –forse quando ne otterremo in via scientifica sperimentale le prove sarà già tardi, ne avremo già smarrito la frequenza e il ricordo-. I nuovi mezzi “Come l’acqua, il gas o la corrente elettrica, entrano grazie ad uno sforzo quasi nullo, provenendo da lontano, nelle nostre abitazioni per rispondere 2 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 ai nostri bisogni, così saremo approvigionati di immagini e di sequenze di suoni, che si manifestano a un piccolo gesto, quasi un segno, e poi subito ci lasciano” “C’è da aspettarsi che novità di una simile portata trasformino tutta la tecnica artistica, e che così agiscano sulla stessa invenzione, fino magari a modificare meravigliosamente la nozione stessa di Arte” Paul Valéry, Piéces sur l’art, Paris 1934, p. 105 (La conquista dell’ubiquità) A lunga distanza dalla prima lettura confesso di aver riletto con altrettanta meraviglia “ L ’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica ” il testo di Walter Benjamin, 1936 come fosse una nuova scoperta; Benjamin afferma che otto e novecento sono stati i secoli della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, litografia e fotografia, fonografo, cinematografo; ora giusto gli anni trascorsi dalla mia prima lettura ad oggi, venticinque circa, sono quelli che, rispetto alle considerazioni dell’autore, più hanno sparigliato le carte sulla riproducibilità, ma questi nuovi rivolgimenti tecnologici non fanno diventare inattuali le sue parole semmai le caricano di altri valori e la lettura sembra poter penetrare verso nuovi e più nascosti livelli che assumono ora toni profetici. Oltre alla riproducibilità di massa dell’opera d’arte inaugurata dalla litografia e dalla fotografia, l’avvento del computer e di internet ha inaugurato il periodo dell’accessibilità e della manipolabilità dell’opera d’arte. L’oggetto artistico riprodotto entra nelle nostre abitazioni come l’acqua, il gas o la corrente elettrica, diventa accessibile con un clic e modificabile con un altro clic; l’opere d’arte disegnata, costruita appositamente per la rete non possiede più neppure il carattere di originalità “l ’aura ” il qui e ora, la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si trova, ma vive ubiquamente nella rete e metamorficamente in quanto usata, fruita dagli spettatori. “…oggi, attraverso il peso assoluto assunto dal suo (dell’opera d’arte) valore di esponibilità, l’opera d’arte diventa una formazione con funzioni completamente nuove, delle quali quella di cui siamo consapevoli, cioè quella artistica, si profila come quella che in futuro potrà venir riconosciuta marginale”. P. 28 Credo si possano allargare con facilità al mondo internet le considerazione fatte sul cinema da Benjamin: parla infatti di - approfondimento dell’appercezione su tutto l’arco del mondo della sensibilità ottica…acustica - maggior analizzabilità delle prestazioni 3 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 La ricontestualizzazione dell’opera in un ambiente originario, cioè quello che la riproduzione virtuale ci consente, ci illumina anche sulla sua lettura, ne estende per così dire gli angoli di vista. Quali sono le potenzialità che abbiamo a portata di mano per operare mediante i software di ritocco fotografico, di simulazione della terza dimensione, i motori di ricerca e la disponibilità di internet sulle immagini e sul patrimonio artistico raggiungibile, il nostro Territorio, o irraggiungibile, universo dei musei e mondo? 1 Poter disporre di notevoli quantità di immagini Fino a qualche decennio fa anche per gli addetti ai lavori la comunicazione avveniva attraverso le riviste di settore o le visite sul campo, a New York o a Seoul e con una dilatazione dei tempi: anni poi ristretti a mesi accorciati a settimane. Oggi per noi è naturale raggiungere subito qualsiasi fonte iconografica; le opere esposte alla Biennale che si inaugura, l’artista di cui si sta parlando a New York o a Seoul che ha una sua pagina su internet. Ancora negli anni 70 era vivace il dibattito nel campo editoriale sull’uso del colore nella riproduzione delle opere; la storia dell’Arte Einaudi che esce nel 1979 sceglie studiatamente di riprodurre le opere in b/n perché ritiene siano meno “ tradite ” nella lettura critica rispetto ad una possibile degradazione dei colori subita dalla riproduzione fotomeccanica. Portare su internet un’opera in bianco e nero oppure a colori ha costi indifferenti: l’editore attento può quindi fare l’uno e l’altro consentendo la comparazione delle due diverse visioni. La disponibilità del numero delle immagini d’arte è praticamente illimitata, se teniamo conto anche dei siti che le offrono dietro il pagamento di una royalty. 2 Poterle manipolare Con un software adatto l’analisi visiva dell’opera può avvenire per scomposizione di elementi, isolamento dei particolari, per misurazione/sostituzione del colore, per sovrapposizione, per individuazione di ritmi, andamenti compositivi, per ingrandimenti/riduzioni o visioni simultanee (dai cubisti a D. hockney) 3 Poterle utilizzare in più situazioni (allestire presentazioni) Nell’ambito di ricerche pluridisciplinari, potendola destinare alla presentazione multimediale e al confronto all’interno del gruppo di lavoro, alla documentazione cartacea, alla pubblicazione su internet, all’allestimento materiale dell’esposizione 4 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 4 Poter ricostruire Ambienti, oppure opere smembrate; costruire il proprio museo virtuale in base ai propri gusti e alla sensibilità o ai criteri dati dal docente; ad esempio un percorso ragionato sul paesaggio dai preimpressionisti ad alcuni impressionisti. Simulare contesti, allestire un ambiente virtuale attraverso il 3D o mondi virtuali Alcuni utili spunti ci vengono da Settis, op. cit. sul perché e per chi vanno utilizzate le tecnologie informatiche nel campo dei beni culturali. Settis si chiede infatti perché creiamo originali “digitali ” allo scopo di proteggerli, consentendone una visita o una consultazione non distruttiva? - allo scopo di stimolare la curiosità, spingere alla visita, promuovere il turismo? - ancora, vogliamo puntare sull’offerta digitale di dettagli “invisibili ”? “Infine: perché le potenzialità della tecnologia non dovrebbero essere usate in funzione della specificità del “modello Italia” di tutela, e cioè per creare “musei virtuali del territorio”, connettendo gli oggetti dei musei con le altre opere sparse nel territorio, mettendo in evidenza la rete e i nessi tra i beni musealizzati e quelli diffusi in città, chiese, ville?”S. Settis op. cit. Computer e didattica Che posto occupa il computer nella attività di organizzazione della scuola? Quali sono le potenzialità didattiche del computer nell’insegnamento in generale e in particolare nell’insegnamento di discipline specifiche “artistiche ” o meglio di comunicazione visiva? Se il software diventa l’oggetto dell’insegnamento, come nel caso specifico che stiamo considerando in alcune abilitazioni, siamo autorizzati ad affrontarlo come se fosse uno strumento evoluto -il tecnigrafo potenziato- oppure è necessaria una rivoluzione negli schemi dell’apprendimento e dell’uso? Proviamo a fare una panoramica sulle problematiche accennate e ad avanzare qualche proposta di intervento: molto rimane ancora da esplorare. L’artefatto cognitivo Nella sua storia l’uomo ha creato una serie di artefatti, opere eseguite con arte dalla mano umana, che hanno migliorato le sue capacità di vita e di comprensione di quanto accade intorno e di conseguenza di scambio delle informazioni. Nel corso dei millenni, le invenzioni hanno rivoluzionato i comportamenti individuali e sociali dando spesso un vantaggio a chi ne dispone. Possiamo suddividere in due categorie gli artefatti: quelli atti a potenziare l’energia muscolare dell’uomo –l’ascia, la ruota, il motore- e quelli atti a potenziare le sue capacità intellettuali, gli artefatti cognitivi, e tra questi possiamo elencare la scrittura, la numerazione e il pallottoliere, la notazione musicale, la stampa, la registrazione vocale e sonora, il computer. 5 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 Quando nella storia appare un nuovo artefatto cognitivo si possono generare alterazioni negli equilibri sensoriali e nelle forme di pensiero. Una parte del carico cognitivo può essere spostato su supporti esterni mentre altre funzioni o potenzialità interne della mente, sino a quel momento tenute nell’ombra, possono trovare migliori opportunità di venire alla luce; in qualche caso, se adeguatamente corroborate nel contesto sociale, possono favorire nuove pratiche cognitive e culturali. Antonio Calvani, I nuovi media nella scuola, Carocci editore, Roma 1999, p. 17. Al comparire di ogni nuovo artefatto cognitivo si sono registrate scosse di assestamento sociale e il timore che la nuova invenzione possa sottrarre qualcosa anziché portare nuovi vantaggi. Socrate dice a Fedro parlando della scrittura, artefatto di recente introduzione, “ Se gli uomini imparano quest’arte l’oblio entrerà nelle loro anime: cesseranno di esercitare la memoria perché potranno ricorrere a ciò che è scritto, affidando le cose da ricordare non più alle loro menti, ma a dei segni esteriori. ” Platone, Fedro. Con la scrittura, rispetto alla tradizione orale, e con il computer, rispetto alla tradizione del libro, abbiamo perso sicuramente l’uso della memoria come archivio di ogni conoscenza, ma sappiamo che al momento opportuno basta consultare l’enciclopedia/internet per ritrovare con precisione i dati che ci servono; nello stesso tempo possiamo dedicare ad altro il tempo e l’energia altrimenti dedicate all’immagazzinare informazioni, possiamo spostare al di fuori della nostra mente, sull’artefatto cognitivo, l’onere del “ricordare ”, guadagnando tempo e risparmiando energia. Sempre nel Fedro di Platone si fa dire a Socrate che la scrittura è un espediente idiota: “ sembra parlarti come se fosse intelligente, ma se tu le chiedi qualcosa al di là di ciò che dice, per desiderio di sapere di più, essa continua a ripetere le stesse cose che ti ha già detto… ” Accade anche oggi, analogamente a quanto si disse per la scrittura, che il computer sia considerato un “utile idiota ” e su questo pregiudizio potremmo discutere a lungo, quel che è certo è che si tratta di un potenziamento delle nostre facoltà che può coinvolgere anche emotivamente l’utente a vari livelli, come tutti gli artefatti cognitivi. Il computer è uno dei più importanti artefatti cognitivi: può assumere il carico di alcune funzioni che dovremmo esercitare noi, lasciandoci liberi di esercitarne altre nel migliore dei modi. Perché non sia solo uno strumento sul quale “scaricare ” le fatiche intellettuali o i compiti che ogni studente deve comunque assumere come training e perché questo accada nella scuola con efficacia, è necessario che si verifichino alcune condizioni essenziali, ed è compito dell’insegnante favorire l’insorgere di queste condizioni. Il computer ha cambiato o rivoluzionato di fatto molte pratiche e professioni intellettuali: dalla scrittura alla composizione musicale, dalla progettazione alla gestione di informazioni. Pensiamo alla scrittura, alle espressioni figurative, alla musica, al design, pensiamo alle attività creative in una parola, che hanno adottato i nuovi mezzi ne sono state profondamente condizionate: quanto profondamente e in che modo lo stiamo ancora 6 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 verificando e sperimentando. Sviluppare o inibire capacità? Con il computer si lavora a scuola da dieci o quindici anni: quel che si può fare e ottenere è stato sperimentato, valutato e descritto. Sono molte e autorevoli le pubblicazioni che ne parlano in modo a volte positivo a volte critico (in appendice una raccolta bibliografica e sitografica). Nella scuola in molte situazioni si lamenta una mancanza o insufficienza di mezzi, in altre si può vantare una dotazione più ricca e cospicua: nella scuola primaria i mezzi informatici sono entrati spesso con buoni risultati e gli insegnanti meno preoccupati di insegnare i “ fondamentali ” sono andati dritto al sodo inventando attività e sistemi di apprendimento e rinforzo molto efficaci. Lo sviluppo delle capacità Si sostiene, a torto a mio avviso, che solo una reale conoscenza dei linguaggi di programmazione “aiuta lo sviluppo delle capacità logiche, sia come strumento utilizzabile per raggiungere vari obiettivi scientifici. La possibilità di usare un linguaggio di programmazione, anche elementare, permette infatti di esplorare della “fenomenologia matematica ” altrimenti inaccessibile e di simulare fenomeni di varia natura. ” p. 48. Russo Luigi, Segmenti e bastoncini, Feltrinelli, Milano 1998. È assai opinabile che questa sia l’unica strada percorribile per un uso didatticamente formativo e motivante del computer. All’opinione di Russo risponde argomentando Antinucci, Computer per un figlio, Laterza 1999. È innegabile che anche lo studio della programmazione, delle funzioni matematiche e degli algoritmi ad essa collegati giovano allo sviluppo del ragionamento. Anche questa è un’opinione, che nessuno si è preso la briga di dimostrare scientificamente, ed è affine ad una delle motivazioni per cui in Italia si giustifica lo studio del latino che aiuterebbe a sviluppare le medesime facoltà di logica, per cui fin dalla prima lezione via con rosa, rosae, rosae. Anche se in questa opinione ci fosse del vero, chi ha provato nella scuola a fare formazione su un programma di disegno, poniamo Autocad, di ritocco fotografico Photoshop, o ancor più di modellazione solida, (ma anche con l’uso dei giochi di strategia o simulazione come SymCity oppure Age Of Empire) si è reso conto che agli studenti è richiesta la messa in atto di una sofisticata strategia di progettazione e di procedura che sicuramente “aiuta lo sviluppo delle capacità logiche ” non strettamente linguistiche: capita spesso di osservare che studenti considerati “bravi ” nelle discipline di area letteraria-scientifica siano in difficoltà nel pianificare coerentemente l’attività con l’uso del software e al contrario studenti ritenuti “deboli ” siano abili e rigorosi nella progettazione e nella pianificazione della procedura per arrivare ad uno scopo. Provo a spiegarlo con una analogia: sono consapevole che saper mettere le mani sul motore della mia automobile è operazione arricchente anche dal punto di vista intellettivo (oltre che aumentare le mie probabilità di sopravvivenza nel caso in cui mi avventuri nel deserto) ma 7 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 generalmente preferisco che siano altri a farlo, e spendo il mio tempo libero facendomi trasportare dall’auto a visitare musei o città che è quello che mi interessa veramente fare; questa è sicuramente un’attività che fa crescere le mie conoscenze e in modo piacevole. Quello che si desidera è fare didattica disciplinare avvalendosi di quel moltiplicatore di potenzialità che è il computer; ogni operazione “pianificata ” al computer funziona dal punto di vista dell’apprendimento, del training intellettuale, come la soluzione di una equazione o la traduzione dal latino o la comprensione di una legge di fisica. Circola una popolazione di luddisti che spende tempo ed energie per dimostrarne l’inutilità, se non il danno provocato dai computer: non si può semplicemente ignorarla o biasimarla. Si può tentare di capirne, se non giustificarne le ragioni riflettendo sulle oggettive responsabilità di chi progetta e commercializza strumenti tecnologici. Il maggior problema del PC odierno risiede nella sua complessità. Una complessità sicuramente intrinseca, cementata nelle sue stesse fondamenta. Ciò è dovuto a tre motivi principali: il tentativo di realizzare un unico apparecchio in grado di compiere numerose attività diverse; la necessità di avere una sola macchina adatta ad ogni individuo al mondo; il modello commerciale dell’industria informatica. Norman Donald in “Il computer invisibile ”, Apogeo, Milano, 2000, p. 82. Donald Norman, uno dei massimi teorici della progettazione delle interfacce, ha ampiamente dimostrato che il computer è una macchina dannatamente e inutilmente complessa e i software, usati in realtà dall’utente medio per esigenze molto semplici, hanno accumulato nel tempo e nelle successive versioni tali e tante funzioni che dal medesimo utente non sono assolutamente richieste o desiderate. Un esempio sotto gli occhi di tutti è Word®, il programma di videoscrittura maggiormente diffuso: il solo manuale cartaceo d’uso superava le mille pagine oggi è solo in versione digitale ed è stato dotato nel tempo di una miriade di funzioni che vanno ben oltre le esigenze dell’utente comune ma che compaiono sotto forma di opzioni o errori che in realtà ne appesantiscono l’uso e l’interazione. Per fare videoscrittura sono nati oggi dei semplici programmi gratuiti, si possono usare semplicemente attraverso il browser, explorer o Mozilla, archiviano i dati e permettono di salvare in tutti i formati più diffusi. semplicità, gratuità, archiviazione dei dati su remot con l’accessibilità quindi da ogni computer senza avere il programma caricato, lettura e scrittura nei formati più diffusi compreso acrobat. Le esperienze degli altri Sui tentativi fin qui fatti, cosa insegna l’esperienza degli USA dove l’introduzione del computer a scuola risale a qualche anno prima che da noi? Primo: rinchiudere i computer dentro un laboratorio informatico consentendo alle diverse classi di usare le macchine un’ora o due per settimana è del tutto inutile, persino negativo.[…] Secondo: l’esperienza mostra che gli studenti che hanno avuto un beneficio più evidente sono quelli che partono da una situazione di base più arretrata con problemi di lettura e calcolo. […] Terzo: il problema più grave è rappresentato dagli insegnanti, che nella grande maggioranza dei casi, 80 su cento negli Stati Uniti, non sanno come utilizzare il computer per insegnare anche quando sono esperti nell’uso dello strumento, perché 8 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 nessuno lo ha insegnato loro. Quarto: è del tutto inutile se non dannoso, installare computer sui banchi senza avere progetti precisi. […] Quinto: il massimo vantaggio si ha […] quando ogni studente ha il suo computer, sempre che le condizioni precedenti siano rispettate. Indagine del Wall Street Journal del novembre 1997 riportata da Enrico Pedemonte, Personal Media, Bollati Boringhieri, Torino 1998. Per quanto attiene alla preparazione specifica degli insegnanti è in fase di realizzazione le seconda tornata dei corsi avviati col Piano nazionale di formazione sulle competenze informatiche e tecnologiche del personale della scuola, corsi FORTIC erogati dall’INDIRE, CM 55 del 21/5/2002. I corsi A prevedono “l ’uso del computer nella didattica e nella gestione della scuola ”; sarà un vero avvio all’uso delle nuove tecnologie per nuove modalità di insegnamento o sarà l’ennesimo corso di alfabetizzazione informatica destinato a lasciare immutate le attuali condizioni? Alfabetizzare o formare Oltre alla complessità del mezzo, una grossa responsabilità nel mantenere la distanza tra l’utente comune e il computer, è attribuibile a chi fa formazione, e in particolare agli informatici o ai cosiddetti esperti che tentano di “alfabetizzare ”. Interessante e divertente in proposito la lettura di Giancarlo Livraghi, L’umanità dell’internet, Hops Libri, Milano, 2001 p. 39 Da parecchi anni sono infastidito quando sento parlare di “alfabetizzazione ”. Un modo superficiale, ostile e protervo di affrontare l’arte difficile di imparare e insegnare. […] Questo metodo pedante e disumano di fare “formazione ” è uno dei motivi fondamentali del rifiuto, da parte di persone sensate e tutt’altro che “tecnofobe ”, di usare un computer o collegarsi alla rete; e, peggio ancora, dell’imbarazzo di chi cerca di “alfabetizzarsi ” e si trova a disagio. È facile individuare le ragioni per le quali una parte di noi avversa l’uso del computer: un diffidente rapporto con le tecnologie in genere • per le generazioni più in là negli anni, come la mia, un brutto inizio, risalente ai primi anni 90 quando il sistema DOS era particolarmente ostile nei confronti dell’utente • un training di addestramento molto generico e incentrato sulla macchina e non sui bisogni dell’utente. Per esperienza si può affermare che l’avversione non è fattore generazionale o di genere; ci sono maschi o femmine che si sono avvicinati all’informatica a cinquant’anni, ed hanno rapidamente trasferito tutta la loro attività professionale sul digitale con grande soddisfazione. Forse la ragione principale di resistenza è legata ad una sorta di barriera psicologica e non dipende da età, sesso o preparazione culturale. All’interno del mondo scolastico resta tuttora evidente e visibile una larga zona scura di resistenza all’uso degli strumenti digitali: tuttavia diviene sempre più importante e pressante 9 Arte e disegno e nuove tecnologie Giovanni Federle ©2006 la necessità di farne buon uso. Una conclusione provvisoria: i computer sono macchine inutilmente complicate che hanno un sacco di difetti, ma possono essere utilissime anche nella nostra vita quotidiana e professionale, l’importante è sapere cosa si vuole ottenere e perseguire lo scopo con accanimento. Possiamo portare numerosi esempi già attivi di buon utilizzo, anche se spesso in via di sperimentazione o di evoluzione. 10