Giovane che guarda Lorenzo Lotto, 1967

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Giovane che guarda Lorenzo Lotto, 1967
Giovane che guarda Lorenzo Lotto, 1967
Fotografia su tela emulsionata
30 x 24 cm
Firmato, titolato e datato al verso, sul telaio a sinistra: “Giulio Paolini / Giovane che guarda Lorenzo Lotto /
1967”
FER Collection
Giovane che guarda Lorenzo Lotto riproduce nelle dimensioni originali il Ritratto di giovane di Lorenzo Lotto:
è la “ricostruzione nello spazio e nel tempo del punto occupato dall’autore (1505) e (ora) dall’osservatore
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di questo quadro” . “Il quadro si fa specchio mentale di una situazione, perché dà allo spettatore in quel
momento l’illusione di trovarsi nella posizione, e quindi nella persona, di Lorenzo Lotto. Non vive quindi
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come quadro, ma come dichiarazione astratta” .
“Se nei primi anni Sessanta l’attenzione era deviata dalla superficie visibile del quadro verso il suo rovescio,
qui è interamente concentrata su chi guarda: l’immagine del quadro è nascosta dietro il sipario della sua
riproduzione e la sua ‘verità’ si sposta nel punto di vista dello spettatore. L’idea del quadro non è dunque
l’immagine che ci mostra, ma il fatto stesso che noi siamo lì ad osservarlo. Il quadro non si esaurisce
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insomma nel piano orizzontale della sua superficie, ma è il teatro dell’asse ottico che lo attraversa” .
“Teatro della visione” che istituisce la necessità del confronto con lo sguardo dello spettatore, Giovane che
guarda Lorenzo Lotto approfondisce ulteriormente la riflessione sulla figura e sul ruolo dell’autore sviluppata
da Paolini nel corso degli anni Sessanta. “Attraverso l’uso del mezzo fotografico, mi inoltro ancor più
in quella che era la mia vocazione, più che di autore o di pittore, di spettatore in attesa: con la fotografia,
in Giovane che guarda Lorenzo Lotto e in altri quadri che seguiranno, cambio identità: da spettatore
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travestito da pittore mi ritrovo autore travestito da spettatore” .
La fotografia, introdotta nel 1965, è qui impiegata per la prima volta come strumento linguistico per
“appropriarsi, attraverso il tempo, di una situazione che non si è vissuta nel reale, ma che si recupera
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attraverso il linguaggio” . Se nel 1965 Paolini aveva usato la fotografia come “certificato d’identità”, ossia
come dispositivo oggettivo che accerta l’esistenza di un determinato momento, nel 1967-68 la adopera
invece come strumento che consente di uscire dal tempo, di annullare la distanza, offrendo l’illusione
di un eterno presente.
E proprio questo “miracolo” reso possibile dalla fotografia permette a Paolini di utilizzare delle riproduzioni
di opere di artisti del passato: in Giovane che guarda Lorenzo Lotto riprende per la prima volta l’immagine
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di un dipinto antico . La citazione mirata diventa un tema centrale nei lavori successivi, realizzati a cavallo
fra il 1967 e il 1968, rappresentativi di un atteggiamento “concettuale” rispetto ai fermenti “poveristi”
dell’epoca. Identificando il proprio “io” con quello del pittore di tutti i tempi, Paolini inscrive la propria identità
nella discendenza della sua “dinastia”: “il problema è di sottrarre la mia identità al suo ruolo e di assumerla
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invece a un ruolo elettivo, storico ed ipotetico” .
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1
L’artista in Giulio Paolini. 2121969, catalogo della mostra, Galleria De Nieubourg, Milano 1969.
2
L’artista nell’intervista di A. Bonito Oliva, in Paolini: opere 1961/73, catalogo della mostra, Studio Marconi, Milano 1973, s.p. (ripubblicato
in Giulio Paolini. La voce del pittore - Scritti e interviste 1965-1995, a cura di M. Disch, ADV Publishing House, Lugano 1995, p. 154).
3
L’artista in conversazione con M. Disch, dicembre 2005.
4
G. Paolini, Per un verso o per l’altro. E altro ancora, Edizioni L’Obliquo, Brescia 2007, vol. E altro ancora, p. 16 (estratto da un’intervista
inedita con M. Panzera).
5
L’artista in G. Celant, Giulio Paolini, Sonnabend Press, New York 1972, p. 55 (ripubblicato in Giulio Paolini 1960-1972, a cura
di G. Celant, Fondazione Prada, Milano 2003, p. 188).
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L’unico precedente è costituito dall’impiego di una riproduzione fotografica dell’Eleonora di Toledo nell’opera E (1963, cfr. in questo
sito web nella sezione “Opere”).
7
L’artista in G. Celant, Giulio Paolini cit., p. 74 (ripubblicato in Giulio Paolini 1960-1972 cit., p. 234). Cfr. a questo proposito l’opera
Autoritratto (1968) documentata in questo sito web nella sezione “Opere”.
Esposizioni e bibliografia cfr. M. Disch, Giulio Paolini. Catalogo ragionato 1960-1999, Skira editore,
Milano 2008, vol. 2, pp. 902-905, cat. n. 140.
© Maddalena Disch