La Responsabilità professionale del veterinario: profili civilistici

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La Responsabilità professionale del veterinario: profili civilistici
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La esponsabilità
professionale del veterinario:
profili civilistici
Laura Lamberti
Avvocato
Il veterinario nell’esercizio della propria attività professionale assume nei confronti dei
proprietari degli animali che gli vengono affidati delle responsabilità che interessano
anche un profilo legale: in particolare si discute in questa sede degli aspetti legali civilistici connessi all’attività del sanitario curante.
Partendo quindi dalla definizione di responsabilità civile e professionale si passerà poi a descrivere le caratteristiche della
forma di responsabilità che grava sul veterinario.
La responsabilità civile deriva dalla violazione delle norme di natura privalistica e comporta l’obbligo per il responsabile di risarcire il danno cagionato.
La caratteristica infatti di questo tipo di responsabilità è quella di indennizzare il soggetto danneggiato: a differenza quindi della
responsabilità penale, in questo caso prevale la funzione risarcitoria rispetto a quella
sanzionatoria.
In particolare, la responsabilità civile del ve-
terinario si inquadra nella responsabilità del
prestatore d’opera disciplinato dall’art. 2236
del codice civile: quest’ultima norma prevede che qualora la prestazione medica richiesta implichi la soluzione di problemi
tecnici di speciale difficoltà, il prestatore
d’opera risponde dei danni solo in caso di
dolo o colpa grave.
L’obbligazione del veterinario si configura
pertanto come un’obbligazione di mezzi
per la quale il professionista non può garantire il raggiungimento del risultato, ad eccezione di interventi o cure di facile esecuzione.
L’art. 2236 c.c. distingue poi l’ipotesi in cui
l’errore del professionista, chiamato a risolvere problemi tecnici di speciale difficoltà,
derivi da dolo o colpa grave da quella in cui
il medesimo dipenda da colpa lieve: questa distinzione comporta che il sanitario
debba rispondere esclusivamente quando
non raggiunge il risultato voluto in quanto
intenzionalmente oppure a causa di un
comportamento gravemente colposo causa
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un danno. La giurisprudenza sul punto è intervenuta ripetutamente, limitando l’applicazione dell’art. 2236 c.c. agli episodi
di colpa grave per i casi di imperizia, attribuendo invece la
responsabilità anche per colpo lieve per gli episodi colposi
riconducibili a imprudenza e negligenza del curante.
Questo filone giurisprudenziale, introdotto già negli anni novanta, è tutt’ora l’interpretazione prevalente: esso – è bene precisare – si applica solo in campo civile in quanto l’ambito penale
non prevede una diversificazione dei vari livelli e tipologia di
colpa prevedendo l’esistenza di una “sola colpa”.
Premesso questo, quando si discute di responsabilità civile si
devono distinguere i due tipi di responsabilità civile esistenti:
quella contrattuale e quella extracontrattuale o aquiliana.
Classificare la responsabilità del professionista in una delle due
tipologie citate comporta delle importantissime conseguenze
legali in tema di onere della prova, di determinazione del risarcimento del danno ed infine di regime prescrizionale.
La differenza tra i due tipi di responsabilità è di facile intuizione: la responsabilità contrattuale si fonda su un rapporto obbli7 / 308
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gatorio precostituito che trova origine in un contratto, nella
legge od in un atto unilaterale. La parte contrattuale che non
esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuta, ai sensi
dell’art. 1217 c.c., al risarcimento del danno.
La responsabilità extracontrattuale o acquiliana, invece, si
fonda sulla violazione del principio generale del “neminen leadere”, a prescindere quindi dall’esistenza o meno di un rapporto preesistente tra le parti (artt. 2043 e seguenti c.c.).
La responsabilità del veterinario verso i clienti proprietari degli
animali a lui affidati sembrava potersi annoverare nell’ambito
del primo tipo di responsabilità, quello contrattuale: esiste
infatti un rapporto preesistente tra il professionista ed il cliente
proprietario dell’animale che anche se raramente trova forma in
un contratto scritto implica certamente un accordo di tipo
fiduciario tra le parti.
Questa classificazione comporta legalmente prima di tutto la
conseguenza che il danneggiato per provare giudizialmente i
fatti che costituiscono il fondamento del suo diritto deve soltanto dimostrare l’esistenza del rapporto giuridico preesistente, mentre spetta invece al professionista fornire la prova che
l’inadempimento dell’obbligazione non sia a lui imputabile.
Il proprietario dell’animale mal curato dal veterinario non deve
quindi provare l’inadempimento del professionista o la colpa
di quest’ultimo in quanto spetta a controparte fornire la
prova della propria diligenza.
In secondo luogo, i danni che il proprietario dell’animale può
chiedere (danni che possono essere di tipo patrimoniale – valore dell’animale, cure pagate, ecc. – e/o di tipo extra-patrimoniale – danno morale, esistenziale subito dal proprietario
medesimo a causa per esempio della morte del proprio animale) sono solo quelli prevedibili al tempo in cui è sorta l’obbligazione (art. 1225 c.c.), mentre il termine entro il quale è
possibile chiedere il risarcimento è, a differenza di quello
quinquennale previsto per la responsabilità extracontrattuale,
decennale.
Queste sono le caratteristiche che distinguono la responsabilità contrattuale e che determinano per il danneggiato un regime più favorevole rispetto a quello a cui sarebbe sottoposto
secondo la disciplina della responsabilità extracontrattuale.
Premessi questi cenni sul tipo di responsabilità a cui legalmente il veterinario è sottoposto, vista anche la particolare difficoltà
della professione esercitata ed il sempre maggior numero di
giudizi pendenti presso i tribunali aventi ad oggetto danni agli
animali, si propone come ultima riflessione di considerare l’importanza di una polizza assicurativa nell’ambito della disciplina della responsabilità civile.
Con la stipulazione di detta polizza, infatti, l’operatore sanitario si può cautelare dall’eventualità di dover risarcire ad un
terzo i danni cagionati nell’esercizio della professione; i veterinari, infine, che esercitano in forma di libera professione e che
hanno personale dipendente possono avere la possibilità di
contare su una garanzia che copra la responsabilità non solo
personale ma anche di tutto il personale curante dello studio.
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