Elif Shafak, la maggiore scrittrice turca

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Elif Shafak, la maggiore scrittrice turca
A COLLOQUIO CON
di
Giovanni Filosa
Elif Shafak,
la maggiore
scrittrice turca
Cittadina del mondo,
anima globale, critica verso
tutte le ideologie estremiste
T
utto è incominciato all’aeroporto di Kaìseri, diciamo
nel cuore della Turchia. Una chiacchierata con la guida,
Amin mi pare si chiamasse, che da una decina di giorni ci
scarrozzava per quello straordinario ed affascinante Paese,
sfocia in un faccia a faccia quasi intellettuale. “Quali autori turchi hai letto”, mi spara subito addosso. Gli rispondo
immediato, “ne conosco due, la Aykol e Pamuk, soprattutto lui, coi suoi sguardi sghembi sulla borghesia turca”. Mi
fa: “Prova a leggere Elif Shafak, avrai un’altra visione di
questo Paese, in ogni senso”. Dopo alcuni giorni, in Italia,
sbarcato, trovo all’aeroporto “Le quaranta porte”. Provo,
mi dico. Inizio e non lo lascio più. Non posso abbandonare
Shams e Rumi ma anche la vita, o forse meglio dire la storia,
che si confronta attraverso generazioni e contraddizioni. E
così ho comprato tutto, anche l’ultimo, “Honour”, in italiano “La casa dei quattro venti”. E poi alzi il telefono, perché
se non ci provi non ci riesci, abbozzi un’intervista, mentre ti
aiuta nella traduzione la collega Rita Perticaroli, e alla fine
esce fuori un vis a vis con Elif Shafak, una quarantenne,
la più grande scrittrice turca, donna bella e sensibile, che
scrive perché ama scrivere e raccontare storie di tradizioni
familiari, che ha rischiato la galera turca per aver parlato del
massacro subito dagli armeni all’inizio del ‘900, una che
non si tira mai indietro, che cura come un fiore la cultura e
la tradizione del suo Paese. Te ne accorgi ad ogni pagina che
sfogli. Ed hai voglia di rileggerla. Tieni una matita in mano,
c’è sempre qualcosa da sottolineare fra le righe, da ricordare
e far ricordare, per quando si sarà più grandi. Ecco, questo
spiega come mi sono innamorato della Shafak. La scrittrice, ovviamente, che della donna sarebbe capace chiunque.
Comunque la mia famiglia è stata avvertita e se n’è fatta
una ragione.
Tu scrivi in inglese e in turco ma appare sempre, nei tuoi
libri, l’orgoglio dell’appartenenza all’identità turca: giusto?
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A COLLOQUIO CON
Come scrittrice, sono interessata
all’esistenza umana e penso che essa
sia un tema universale. Ritengo che
la letteratura debba superare qualsiasi
tipo di confine: nazionale, etnico, religioso, di classe sociale. Uno scrittore
può essere particolarmente affezionato
a una terra o a una cultura, ma l’arte
della narrazione non può limitarsi a
un luogo o ad un Paese. Ci sono molte
cose in Turchia a cui sono legata: amo
Istanbul, amo la cultura femminile, la
cultura orale, ma sono cittadina del
mondo e sono un’anima ‘globale’.
Sono critica nei confronti di tutte le
ideologie estremiste. Penso che tutte le
varietà dell’ultra-nazionalismo creino
solo problemi e dividano l’umanità.
Qual è il ruolo della letteratura nel
cercare di superare i muri culturali
fra i popoli?
La letteratura è fatta di legami e di empatia. Quando leggiamo un romanzo,
ci mettiamo nei panni di un’altra persona. Forse per un’ora, o per qualche
giorno. Per un po’, smettiamo di essere “io” e diventiamo ‘qualcun’altro’.
E’ un esercizio tonificante per la mente
e per l’anima. Ci aiuta a prendere le distanze dalla nostra arroganza, dal nostro egocentrismo, dal nostro ego. Ci
permette di guardare la vita da angolature diverse. Se conosciamo la storia
di qualcuno, sappiamo capirlo meglio.
Le storie ci collegano, lo fanno da secoli.
Da “La bastarda di Istanbul” a “Latte nero” per arrivare a “Honour”,
quanta acqua è passata sotto i ponti
della cultura e della tradizione turca?
La Turchia è un Paese molto complicato. Ci sono così tanti conflitti. In generale, si può dire che la cultura turca
cambia rapidamente. Si tratta di una
società orientata al futuro. E’ anche
una società molto giovane. Metà della
popolazione ha meno di 30 anni. Per
questo il Paese è dinamico e ha tan-
te sfaccettature. La Turchia è unica,
se confrontata con il resto del Medio
Oriente. Ma la democrazia non è matura. C’è ancora molta strada da fare
verso la libertà di stampa, la libertà
d’espressione, i diritti umani, i diritti
delle minoranze. In più, si tratta di una
società patriarcale. Dobbiamo raggiungere la parità tra i sessi. Talvolta,
cambiare la mentalità sul genere e la
questione femminile è più dura che
cambiare la politica.
La Turchia e l’Europa, cosa le avvicina, cosa le tiene lontane?
Dipende da quale Turchia o quale Europa intendiamo. In Europa ci sono
persone contrarie all’Unione Europea
e in Turchia ci sono persone contrarie
all’ingresso della Turchia nell’UE. Ma
io ritengo che il pericolo maggiore per
l’umanità sia quello delle ‘comunità
chiuse e basate sulle somiglianze’. Se
i turchi fanno amicizia solo coi turchi,
gli olandesi si parlano solo con gli
olandesi, se ai tedeschi piacciono solo
i tedeschi … il mondo sarebbe migliore o peggiore? Penso che se l’umanità
si divide in ‘ghetti mentali’ il mondo
diventa più problematico e disposto allo scontro. La Turchia
e l’Europa possono ritrovarsi su ideali
comuni, come la democrazia, i diritti umani, la libertà di espressione, il
pluralismo, le relazioni economiche e
finanziarie.
Dì la verità, l’ultimo libro scritto è
sempre il più amato, il figlio migliore?
A dire la verità, penso che il mio libro
più amato è quello che non ho ancora scritto. Quello che ho in animo, ma
che devo ancora cominciare a scrivere.
A che punto della tua ispirazione artistica è nato lo straordinario “Honour”, in italiano “La casa dei quattro venti”?
Le famiglie mi hanno sempre molto
interessato, forse perché non ne ho
avuta una. A casa eravamo solo io e
mia madre. E sono cresciuta osservando con curiosità le famiglie patriarcali
intorno a me. Quando ho cominciato
a scrivere Honour, ho voluto interrogarmi sulla maniera in cui alleviamo
i nostri figli maschi, come fossero i
sultani della famiglia. E come noi donne, più o meno consapevolmente, contribuiamo a questa discriminazione.
Le donne hanno un ruolo importante
nel perpetuare le culture patriarcali.
Qual è il tuo rapporto con il pubblico
italiano?
Mi sento molto vicina all’Italia. La
cultura, le città, l’arte, la letteratura
contribuiscono a legarmi al vostro bellissimo Paese. Tanti scrittori italiani,
Cesare Pavese, Italo Calvino, Umberto Eco, Primo Levi, Alberto Moravia,
Pasolini e molti altri hanno lasciato un
segno su di me nel corso degli anni.
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