elif shafak scrittrice
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elif shafak scrittrice
ANNO 21° N.1012 - 29 OTTOBRE 2016 SETTIMANALE, SUPPLEMENTO AL NUMERO ODIERNO - DA VENDERSI ESCLUSIVAMENTE CON IL QUOTIDIANO “LA REPUBBLICA” - SPED. ABB. POST. ART. 1, LEGGE 46/04 DEL 27/02/2004-ROMA Reportage FÆR ØER LE ISOLE FELICI HILLARY, COME TI VORREI Rispondono FRANZEN, AMOS OZ, LAURA BOLDRINI, LENA DUNHAM, URQUIOLA, SALMA HAYEK, SIGOURNEY WEAVER, LIBESKIND... ELIF SHAFAK SCRITTRICE «La mia Turchia, tormentata e meravigliosa» y(7HB1C8*QKSKKN( +]!#!"!=!$ ELIF SHAFAK NEL NUOVO ROMANZO LA SCRITTRICE METTE IN SCENA LA VITA DI TRE DONNE A ISTANBUL. E QUI RACCONTA SE STESSA E IL SUO PAESE SEMPRE MENO LIBERO di Mara Accettura Foto di Zeynel Abidin D 32 Foto di fotografo COSE TURCHE Foto di fotografo COVERSTORY P C OV E R STO RY “potenzialità” era una parola infda: una volta dicevano tutti che la Turchia aveva grandi potenzialità, e guarda com’era andata a fnire. Perciò lei pure si era convinta che le sue oscure potenzialità, in defnitiva, non avrebbero portato a nulla». Così rifette amara Peri, la protagonista di Le tre fglie di Eva della scrittrice turca Elif Shafak. E malinconica appare pure lei quando la incontriamo in un cafè nei pressi di Regent’s Park a Londra, dove vive da qualche anno. Altissima, i grandi occhi verdi segnati dal kajal, l’espressione imbronciata, Shafak sorseggia un tè nero, le mani inanellate da grossi turchesi e lapislazzuli. Le tre figlie di Eva, in testa alle classifche in Turchia e in uscita per Rizzoli il 10 novembre, è il suo quindicesimo libro (decimo romanzo), uno spaccato acuto e impietoso della società turca contemporanea dove storie personali si intersecano a quelle del Paese. Al centro ci sono tre giovani donne musulmane, Shirin, Mona e Peri, che si incontrano per una breve stagione all’università di Oxford nel 2000. Ma il confronto con la cultura occidentale, la libertà, la cultura e l’amore, all’inizio inebriante, risulterà fatale: Peri farà un drammatico, precipitoso dietrofront. Esattamente come la Turchia degli ultimi tempi. «Sì, la Turchia sta precipitando D 34 «TUTTI I COLPI DI STATO HANNO PORTATO A GIGANTESCHE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI. IL MIO PAESE NON HA BISOGNO DI GOLPE, MA DI UNA MIGLIORE DEMOCRAZIA» pericolosamente indietro e questo è molto triste», rifette Shafak. «Fino a una decina di anni fa il mood era completamente diverso. C’era un grosso supporto pubblico per l’entrata, oggi invece le relazioni con l’Occidente hanno toccato il minimo storico. Critico il governo turco per non aver ottemperato ai criteri richiesti ma anche le tendenze populiste di paesi che usano la Turchia come l’“altro” nelle loro campagne, allontanandola». Un approccio miope, secondo lei. «Perché ha dato man forte agli isolazionisti, ai nazionalisti e ai religiosi, che ora dicono: “Vedete? L’Ue non ci vuole” o “l’Ue non è la sola opzione. Ci sono anche il Pakistan, l’Arabia Saudita, la Russia”. La Turchia quindi scivola a est, diventando più autoritaria. Parlare della membership turca è diventato un sogno quasi impossibile, eppure è necessario tenerlo vivo». Il terrorismo e il tentativo di colpo di stato dell’estate scorsa hanno peggiorato le cose. «È stato terribile, sbagliato e io condanno il colpo di stato», si accalora. «Come quelli precedenti nei ’60, ’70 e ’80 ha creato violazioni gigantesche dei diritti umani. E ora ci ritroviamo con le purghe. Migliaia e migliaia di persone hanno perso il lavoro, sono detenute in cercere, i loro passaporti confscati. Ho molti amici in prigione, scrittori e accademici. Io difendo la libertà di pensiero e non voglio che siano trattati in questo modo». Eppure nel libro la buona borghesia istanbuliota, ritratta a tavola in una lussuosa villa sul Bosforo, considera la democrazia uno spreco di tempo e denaro. «È triste, ma c’è un sacco di gente che dice che abbiamo bisogno di uno Stato forte, di un “baba”, un padre che ci guidi. Che la democrazia è roba da occi- 29 OTTOBRE 2016 Foto di fotografo Elif Shafak. Il suo libro Le tre figlie di Eva (Rizzoli) sarà in libreria dal 10 novembre. 29 OTTOBRE 2016 D 35 C OV E R STO RY Elif Shafak sarà a Milano al Teatro Dal Verme il 17 novembre nell’ambito di BookCity. dentali. Molti hanno sogni neo-ottomani. Trovo queste idee pericolose, ma sento certi discorsi anche nelle cerchie più sofsticate, come quella del libro. Persone che parlano inglese, viaggiano, hanno contatti internazionali e lavori all’estero, eppure sono molto nazionaliste». A pagare le conseguenze di questo nuovo isolazionismo sono soprattutto le donne. «L’Akp, il partito al governo, ha una visione patriarcale del mondo e la società è sessista. Ci sono politici che negano l’eguaglianza tra i generi e che considerano disdicevole per una donna persino ridere rumorosamente in pubblico. I ministri vogliono che ci concentriamo sulla maternità. Abortire è diventato molto difcile, al punto che ormai lo fa soltanto chi può andare in cliniche all’estero. Le altre rischiano la vita». Anche la violenza è cresciuta drammaticamente. «Gli stupri e i femminicidi sono aumentati ma i politici tacciono. E le donne sono molto divise tra loro. È necessario rispettare le diferenze e coltivare la sorellanza per combattere il patriarcato. Io stessa, democratica e liberale, ho criticato il divieto del velo in Università, perché non ha senso bloccare l’ingresso alle donne velate e accogliere senza problemi uomini fondamentalisti. Le donne devono essere istruite, riportate nello spazio pubblico. Non cacciate via». Con tre milioni di rifugiati sulle spalle la Turchia ha anche problemi di ordine pubblico. «A livello umanitario l’accoglienza è sicuramente da elogiare ma non c’è alcuna strategia, nessun piano per istruzione e lavoro. Molti di loro vivono per strada, nei parchi delle città. E molte famiglie danno in sposa le loro fglie bambine anche come seconde e terze mogli, perché pensano che sia più sicuro». Femminista laica e paladina delle minoranze, Shafak ha ab- D 36 «FEMMINICIDI E STUPRI SONO IN AUMENTO, MA I POLITICI TACCIONO. E LE DONNE SONO TROPPO DIVISE TRA LORO PER ROMPERE IL SILENZIO CON LA PROTESTA» bracciato l’Europa dopo anni di nomadismo. Nata in Francia ha seguito la madre, diplomatica, ad Ankara, Madrid e Colonia. A vent’anni è tornata a Istanbul per studiare Relazioni internazionali per poi ripartire alla volta di Boston, del Michigan e dell’Arizona, dove ha insegnato. «Ho appartenenze multiple, sono un’anima globale», dice. Anche il suo matrimonio con il giornalista Eyüp Can è stato segnato dal pendolarismo tra Londra e Istanbul fno allo scorso anno, quando lui si è trasferito nella capitale britannica. «È molto difcile per lui lavorare in Turchia». Oggi la famiglia, con i fgli Zelda, 10 anni, e Zahir, 8, è riunita sotto lo stesso tetto a Pimlico. Shafak ama Istanbul ma ci torna sempre col cuore in gola. «Come scrittrice la trovo sofocante». Perché? «In Turchia gli scrittori sono personaggi pubblici, amati oppu- 29 OTTOBRE 2016 C OV E R STO RY re odiati anche per ragioni che non hanno nulla a che fare con quello che scrivono. È entusiasmante, perché signifca che le storie sono importanti e che la gente legge, ma anche opprimente, perché la letteratura ha bisogno di libertà per esistere. Quindici anni fa ho iniziato a scrivere direttamente in inglese, mi sento più libera e più leggera, ma in Turchia dà fastidio a molti. Dicono che ho scelto “la lingua degli occidentali”, che ho “abbandonato la madrelingua”. Invece non ho abbandonato nulla, è possibile sognare in più lingue. La mentalità ottocentesca del nazionalismo non è la mia, questa è l’età del movimento e delle migrazioni. La mia vera terra è quella delle storie». L’accusa di tradimento non le è stata rivolta solo a livello linguisitico. Dieci anni Shafak è stata processata per aver insultato la Turchia con La bastarda di Istanbul, in cui ha toccato il tema tabù del genocidio degli Armeni. Non fu una bella esperienza. «Ho vissuto con le guardie del corpo alle costole per due anni. Poi sono stata denunciata di nuovo per un articolo. Nel mio Paese ogni scrittore, giornalista, professore universitario sa che a causa delle parole può essere denunciato, processato, messo in prigione, esiliato, linciato sui social media. E se sei una donna è ancora peggio. Il linguaggio è sessista, aggressivo. Ogni singola parola può metterti nei guai». È probabile che questo clima crei una sorta di paranoia. In un’ora e mezza di conversazione Shafak è MINI BIO riuscita a non fare mai il nome di 1971 Nasce a Strasburgo Erdogan, il dittatore autocrate di figlia di un filosofo e di Ankara, riferendosi genericamenuna diplomatica. te alla “situazione”. «C’è molta 1996 Si laurea in Relazioni autocensura in Turchia a causa Internazionali ad Ankara con della “situazione”. E se qualcuno un master in Gender Studies. afermasse il contrario non gli cre1998 Pubblica Pinhan, derei afatto. Tutti esercitano un che vince il Great Rumi Award. certo autocontrollo anche se non 2002 Il suo Il palazzo ne parlano, perché è imbarazzandelle pulci (Rizzoli) diventa un te. Ma c’è una diferenza, per me, bestseller. tra fction e non fction. Esprime2005 Sposa Eyup Can, re le mie idee in un articolo mi direttore di Radikal da cui ha mette ansia. In un romanzo sono due figli, Zelda e Zahim. più libera e coraggiosa perché abi2006 La bastarda di Istanbul to in un mondo immaginario». (Rizzoli) vince l’Orange Prize. È ironico che Shafak si trovi a viveL’autrice viene denunciata per re nel Regno Unito che solo pochi aver offeso l’identità turca. mesi fa, per spingere la Brexit, ha Esce Latte nero (Rizzoli) sulla sventolato proprio l’argomento depressione post parto. xenofobo, in particolare la paura 2009 Pubblica Le quaranta della Turchia. Ride. «Sì. È stato regole dell’amore (Rizzoli). interessante perché la campagna 2011 Viene assolta al Leave ha usato la Turchia come processo e pubblica La casa “l’altro”, e io non mi dimentichedei quattro venti. rò mai il giorno in cui ho visto un 2014 È la volta di La città ai poster per strada in cui era scritto confini del cielo (Rizzoli). che i turchi erano alle porte. 75 2016 Il 10 novembre esce milioni di turchi stavano arrivanLe tre figlie di Eva (Rizzoli). D 38 «LA MENTALITÀ NAZIONALISTA NON È LA MIA. QUESTA È L’ETÀ DELLE MIGRAZIONI E DELLE VISIONI GLOBALI. E LA MIA VERA TERRA È QUELLA DELLE STORIE» do in Uk! Tutti sapevano che non era vero ma la propaganda ha trionfato». Incoraggiare il dialogo è necessario. «Per molti, in Francia come qui, l’Ue signifca fnanza, economia. Per me rappresenta valori che non do per scontati perché so che potremmo perderli. E nonostante l’Unione abbia bisogno di riforme trovo bellissima l’idea di andare al di là dello stato nazione, della tribù, di unire gente diversa attorno a ideali condivisi: Stato di diritto, separazione dei poteri, rispetto dei diritti umani, libertà di espressione». Nel romanzo il carismatico e arrogante professor Azur (suo alter ego) cerca di insegnare a studenti di fede diversa cosa è Dio. Shafak non è religiosa - «non approvo il modo in cui le religioni dividono le persone tra “noi” e “loro”» - ma assai curiosa dell’idea di Dio. «Mi sono sempre sentita vicina agli agnostici e ai mistici di tutte le tradizioni, dal sufsmo all’ebraismo, al cristianesimo, al taoismo. Mi afascina il viaggio individuale di chi si confronta con la fede e il dubbio». Questa dialettica non è una faccenda strettamente religiosa. «Scrivere un libro, trasferirsi in una città nuova, innamorarsi, sono tutti atti di fede. Non sappiamo cosa succederà». Consapevole di questo, il professore incita i suoi studenti al confronto perché dibattere è un po’ come innamorarsi: alla fne ci si trasforma, si cambia. Anche leggere un libro può farci “innamorare” degli altri, proiettarci oltre certe barriere... «Assolutamente sì. Perché mostrandoci tanti personaggi - e tanti punti di vista - mette in dubbio la nostra personale verità. Ci apre la mente. I libri ci spingono a interrogarci e le domande sono più importanti delle risposte. La letteratura rende possibile l’incontro al di là dei confni nazionali, etnici, religiosi, attraverso l’empatia». In questo senso ha davvero una funzione politica. «Quando leggiamo la storia di qualcuno, in quello spazio di solitudine che creano le pagine, costruiamo dei ponti, siamo profondamente connessi. Tutti i fondamentalisti hanno una cosa in comune: la disumanizzazione dell’altro. È il motivo per cui il nazista odia l’ebreo e il membro dell’Isis tortura lo yazida: vedono gli umani come specie diverse. L’arte, e soprattutto la letteratura, fanno il percorso opposto, mettendoci davanti agli occhi la nostra comune umanità. Per questo sono così importanti». n 29 OTTOBRE 2016