CINEMA, MON AMOUR “Almanya”
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CINEMA, MON AMOUR “Almanya”
COMUNE DI BUCCINASCO Servizio Cultura e Comunicazione Associazione Culturale Teatrale GLI ADULTI in collaborazione con l’Associazione Culturale “Gli Adulti” CINEMA, MON AMOUR 16 ottobre 2015 ore 21.00 - Auditorium Fagnana via Tiziano, 7 “Almanya” (la mia famiglia va in Germania) di Yasemin Samdereli Principali interpreti: Vedat Erincin, Fahri Ogün Yardim, Lilay Huser, Demet Gül, Denis Moschitto. Durata 101 min. - Germania 2011. Questo è un film grazioso, accolto calorosamente al festival di Berlino. Il titolo originale del film è “Almanya - Willkommen in Deutschland” (benvenuti in Germania), quello italiano recita “la mia famiglia va in Germania”. Sicuramente entrambe le versioni del titolo ci introducono direttamente nel tema del film. Intanto va detto che vero protagonista del film è la famiglia Ylmaz nel suo insieme, con i diversi ruoli giocati dai suoi componenti. Tutta la famiglia ha vissuto, in modi e tempi diversi, l'emigrazione in Germania e le sue conseguenze. Ora, dopo trent'anni, vive il viaggio a ritroso in Turchia, così come deciso dal patriarca Huseyn. Due sono le nazioni e diverse le epoche che si alternano nel racconto. Si alternano ambientazioni diverse, differenze sfumature, differenze abitudini e diversi sono gli oggetti che fanno da sfondo alla vicenda. La regista raccontando la partenza dei personaggi dalla Turchia sottolinea una tradizione turca che si riferisce al viaggio che ad un certo punto viene spiegata dalla voce narrante. Una delle particolarità del film è l'uso continuo del flashback con un frequente salto temporale che conferisce ritmo alla vicenda ma non crea confusione nello spettatore perché sia le epoche che i luoghi sono connotati in maniera spiccata. Altra particolarità del film è il tono, lo stile della commedia scelto per raccontare l'emigrazione. In Germania c'è sì una tradizione di film a tematica “turca”, ma si tratta di film essenzialmente drammatici, mentre questo lungometraggio affronta il tema caldissimo dell’emigrazione, di sicuro con serietà , ma con garbo e leggerezza. L'emigrazione che viene raccontata nel film, quella dei turchi arrivati in Germania a partire dal 1961, ha la particolarità di essere stata un'emigrazione, concordata in base ad un trattato, firmato da Turchia e Germania in quell'anno. Tale circostanza è comicamente rappresentata, nel film, da scenette di turchi che sentono la “chiamata tedesca” dai megafoni nei momenti più disparati della loro vita quotidiana. Un sistema di accordi già utilizzato per l'Italia, la Spagna e la Grecia. In tal modo si veniva incontro alle esigenze della Repubblica Federale Tedesca di trovare lavoratori per le sue aziende e nei paesi in questione di trovare lavoro per i propri cittadini. Come prima accennato, il cinema a tema “ emigrazione turca” in Germania c'era già, ma ha solitamente raccontato una faccia della realtà dal colore drammatico, di padri che trattavano in modo repressivo i figli contribuendo a rafforzare l'idea di persone diverse rispetto alla cultura tedesca, cioè film che avevano un sottinteso pregiudizio. Questa volta la regista è stata molto brava ed efficace a raccontare il preconcetto e il pregiudizio ma rovesciato, e cioè quello che hanno gli emigranti nei confronti degli abitanti del paese in cui stanno per andare: “I tedeschi mangiano il maiale e gli uomini, ne hanno messo uno in croce e ogni domenica ne mangiano il corpo.” Pregiudizio che crea non poche difficoltà nel più piccolo della famiglia, Ceck, il quale, nato in Germania, non parla turco e non conosce la storia della sua famiglia. Ceck è a disagio nel non riuscire a trovare una sua collocazione nel tifo del calcio, Tedeschi contro Turchi, o quando s'accorge che sulla cartina dell'Europa a scuola, l'Anatolia, regione d'origine della sua famiglia non è rappresentata. Il viaggio proposto dal nonno e il racconto di tutto il film ha pure il compito di colmare tale vuoto e non è un caso che sia proprio Ceck a fare il discorso al posto del nonno nella commemorazione per gli immigrati alla presenza della Merkel. La storia di Ceck pone interrogativi di grande attualità anche nel nostro paese. Un figlio di immigrati, nato in Germania e nel caso di Ceck, di terza generazione, è turco o tedesco? Quanto è importante integrarsi con la cultura del paese in cui si vive? Sono tanti gli episodi del film che puntano l'attenzione proprio su questo punto come il Natale ed il cibo. Questo film lo propongo perché è bello da vedere, ma anche perché in Italia, da parte di molti, è diventato rancoroso e a volte violento il rifiuto di accogliere con civiltà e umanità gli immigrati che non sono solo braccia da lavoro, ma uomini in carne e ossa, come il film vuole ricordarci esplicitamente. a cura di Pino Nuccio Regia e sceneggiatura Yasemin Samdereli Nata a Dortmund nel 1973, studia cinema alla Hochschule für Fernsehen und Film di Monaco. A soli 20 anni inizia a lavorare come assistente alla regia e sceneggiatrice, quindi approda come free lance alla Bavaria Film, dove si occupa del progetto didattico “Das filmende Klassenzimmer”. Negli anni successivi si fa le ossa collaborando a grandi produzioni internazionali come Senza nome e senza regole (1998, con Jackie Chan) o Fields of Dreams (2002, di Stanley Tong), mentre inizia a dirigere diversi cortometraggi: Schlüssellöcher (1994), Lieber Gott (1995), Lachnummern (1996), Kismet (2001), Sextasy (2004). Nel 2002 dirige il suo primo film per la tv, la commedia multiculturale Alles Getürkt, a cui segue nel 2007 Ich Chefe, Du Nix, mentre nel 2006 è tra le firme della serie tv di culto Turkish for Beginners. Almanya - La mia famiglia va in Germania è il suo primo lungometraggio per il cinema. Scheda: “L'immigrazione in Germania” Nel secondo dopoguerra, le aziende della Repubblica Federale Tedesca iniziarono a lamentarsi per la mancanza di operai. La prima causa del problema era la guerra stessa, che aveva ridotto drasticamente la popolazione maschile. I primi accordi tra stati per reclutare dei lavoratori stranieri furono stipulati con l’Italia nel 1955, quindi seguirono la Spagna e la Grecia. Riguardo agli italiani, furono ben 3 milioni i lavoratori a varcare la frontiera tedesca, prevalentemente di origine siciliana, calabrese, abruzzese e pugliese, ma anche veneta ed emiliana. In base a un trattato firmato con la Turchia nel 1961, iniziarono ad arrivare in Germania Ovest anche i Gastarbeiters turchi, che raggiunsero in poco tempo le 826.000 unità: per la Turchia era un modo di cercare una soluzione ai propri problemi economici e sociali, per i tedeschi quello di ottenere manodopera a basso costo a sostegno del boom di quegli anni. Inoltre, era nell’interesse della NATO stabilizzare un paese come la Turchia, di grande valenza strategica durante la Guerra Fredda. La maggior parte dei lavoratori turchi arrivavano da Istanbul con treni speciali, che impiegavano circa 50 ore per giungere a destinazione passando per la Grecia. Solo negli anni Settanta furono inaugurati dei tragitti più rapidi attraverso la Bulgaria, ma d’altra parte nel 1973 venne posta fine al trattato di reclutamento fra i due stati. In quell’anno il numero complessivo di lavoratori stranieri presenti in Germania Ovest era di ben 4 milioni. Tra il 1961 e il 1973 più di 2,6 milioni di turchi hanno fatto richiesta di lavoro per entrare in Germania e a chiunque passasse i test imposti dalle autorità tedesche (che riguardavano la salute, l’istruzione, le attitudini professionali) era concesso il visto. La maggior parte di queste persone veniva inviato nella Regione della Ruhr, enorme agglomerato urbano nato intorno ai ricchissimi giacimenti minerari. La popolazione turca in Germania ha continuato a crescere negli anni grazie alla politica dei ricongiungimenti famigliari e ai matrimoni contratti nel nuovo paese. Oggi i cittadini di origine turca sono alla quarta generazione. Secondo l’Istituto di Statistica tedesco, dei 6,7 milioni di stranieri che nel 2009 vivevano nella Germania riunificata, i turchi costituiscono il gruppo più ampio con 1 milione 660mila unità. La rappresentanza italiana è invece di 650.000 persone. PROSSIMO APPUNTAMENTO 30 ottobre 2015 - ore 21 Song’e Napule di Antonio e Marco Manetti