DONNE IN BIANCO E NERO!

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DONNE IN BIANCO E NERO!
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Sport
29 gennaio 2016 / n. 4
AD ITRIA SCACCHI
DONNE IN BIANCO E NERO!
Nel XXI secolo ancora, purtroppo, si sente parlare delle donne
definendole come intelligenze “diverse”, nel senso di inferiori, rispetto
all’uomo. Purtroppo anche alcuni scacchisti, per fortuna pochi,
la pensano nel medesimo modo. Come mai gente che dovrebbe
essere l’emblema della razionalità cade in questi eccessi?
di Marika Chirulli
L’
argomento
nell’ambiente scacchistico è
ormai stato
sviscerato ripetutamente,
ma una dichiarazione di
Nigel Short, noto scacchista e Gran Maestro, ha
riacceso la polemica sulla
riuscita delle donne nel
gioco degli scacchi.
Nell’ultimo numero di
“The New In Chess” il GM
inglese, in un articolo dal
titolo “Vive la Différence”
ha scritto che: “Il cervello
di uomini e donne sono
“cablati” diversamente,
quindi perché dovrebbero funzionare nello stesso
modo? Non ho il minimo
problema nel riconoscere
che mia moglie possiede
un grado di intelligenza
emotiva molto più alto di
me. Allo stesso modo, lei
non si sente in imbarazzo
a chiedermi di manovrare
la macchina fuori del nostro stretto garage. Uno
non è meglio dell’altro.
Abbiamo solo competenze diverse. Sarebbe bello
vedere più ragazze giocare a scacchi, e ad un livello superiore, ma piuttosto
che preoccuparsi riguardo
la disuguaglianza, forse
dovremmo graziosamente
accettare questo come un
dato di fatto.”
Ho avuto modo di leggere
l’articolo che è stato pubblicato integralmente dal
sito Chessbase lo scorso
Luglio. Naturalmente ha
acceso una polemica che
è arrivata persino sulle colonne dei principali
quotidiani inglesi, quali
The Guardian, The Indipendent e The Telegraph e
anche sul blog del Corriere della Sera, con un articolo dal titolo: “Il maschilismo (fuori tempo) dello
scacchista.” L’autore, Paolo Maurensig, afferma
che sia inutile perdersi
nelle diatribe tra neuroni maschili e femminili,
poiché le donne hanno
già raggiunto il livello di
Maestro Internazionale.
Sono sempre in numero
inferiore, però, rispetto ai
maschi. Secondo lo scrittore se le donne che si
appassionano agli scacchi
sono poche, si tratta forse
di una questione di gusti,
di priorità, sulle quali non
si può discutere e non di
attitudini intellettive!
Immediatamente la mia
mente mi riconduce alle
battaglie che per decenni
sono state combattute dalle donne per affermare la
propria identità di essere
umano, dotato di capacità
intellettiva perfettamente
alla pari di quella maschile. E’ assurdo, siamo nel
XXI secolo e ancora dob-
biamo
leggere dichiarazioni di
questo tipo! Sicuramente
dal punto di vista biologico uomo e donna sono differenti, con tutto ciò che
ne consegue: forza fisica,
resistenza, ecc…, ma non
accetto assolutamente che
si consideri la donna differente dall’uomo per intelligenza! Anche perché
dietro questa apparente e
fasulla diversità, si cela
la presunzione maschile
di considerare la figura
femminile inferiore, dato
assolutamente falso.
Per fortuna, non tutti gli
scacchisti hanno questo
approccio maschilista, più
o meno consapevole, al
gioco e alla sfida con la
donna. Per alcuni perdere
con un uomo, è deludente
e difficile da digerire, ma
Problema numero 361
Muove il Bianco
Matto in due mosse
essere sconfitti da una donna
è pari ad una grave onta! Per
non parlare dell’atteggiamento
spesso poco rispettoso e sprezzante tenuto in alcuni contesti.
Questo è il mio personalissimo
parere, maturato con l’esperienza. In alcuni ambienti dove
prevale il numero di maschi la
donna, invece di essere compresa e trattata con il rispetto che
merita, proprio perché di sesso
differente, viene elevata al rango di “capro espiatorio”, diventando il bersaglio preferito di
gente che soffre di misoginia o
forse, ancora peggio, di grossi
complessi di inferiorità. Questi cosiddetti
“uomini” hanno paura di affrontare alla
pari il proprio sesso
e preferiscono attaccare la donna sola,
perché la considera
più fragile, più debole e incapace di
reagire.
Deduco che questo “cancro” del
maschilismo è ancora lontano dal
guarire,
l’unica
cura possibile è la
prevenzione che si
deve attuare sin da
giovane età da parte delle famiglie e
delle istituzioni, affinché ogni forma
di discriminazione cessi e diventi
mentalità corrente
inquadrare la donna
non come essere inferiore, ma alla pari dell’uomo
anche nella sua diversità fisiologica.
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