2016-giugno-nr-45-movimento

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2016-giugno-nr-45-movimento
Per io dico d el la D es tra S o c ia l e Vero n es e
Anno XI - Numero 45 - Giugno 2016 - Editore e Proprietario: Massimo Mariotti - Direttore Responsabile: Marco Ballini
Registrazione: Tribunale di Verona N. 1671 del 9/11/2004
SE ATENE PIANGE, SPARTA NON RIDE
Archiviate le Elezioni Amministrative,
caratterizzate da risultati altalenanti
per le varie formazioni politiche del
centro Destra, non servono analisti
di professione per capire
che quella classe dirigente,
che ha avuto, fallendo, lo
spazio di ben due governi
per cambiare l’Italia, ha
fatto il suo tempo. Il centro
Destra passa da 4 a 10 :
Trieste, Pordenone, Novara,
Savona, Grosseto, Olbia,
Benevento, Isernia, Crotone,
Cosenza. Il Centro sinistra
amministrava 21 città,
ora ne governa 9 : Milano,
Bologna, Cagliari, Salerno,
Rimini, Caserta, Bolzano,
Varese, Ravenna. La Sinistra
continua a governare
Napoli. I 5 Stelle si insediano
a Roma, Torino e Carbonia.
A Latina e Brindisi vincono
Liste Civiche. Significativo
il risultato di Milano dove,
tra due candidati speculari,
il centro Destra ha perso
una buona occasione a
causa della professione di
antifascismo espressa dal
suo sconosciuto candidato ! I nuovi,
necessari, processi di aggregazione
avranno successo solo se verrà trovata
la capacità di raccogliere attorno
ad una figura dinamica e dotata di
comprovate capacità amministrative,
tutte le energie che permetteranno
di rinnovarsi profondamente per
affrontare le sfide che minacciano
quei Valori Tradizionali che hanno
sempre caratterizzato il nostro
percorso politico. Il futuro potrà
ancora sorriderci se il centro Destra
sarà in grado di salvare il patrimonio
storico e culturale di cui siamo
portatori, parlando, non ai partiti, ma
al Popolo Italiano, affinché smetta
di lamentarsi e delegare ai “piacioni”
di turno scelte e responsabilità che
invece gli spettano ! Lo stesso popolo
che dovrà smettere di illudersi ai
vari proclami dell’attuale governo,
come l’ultimo : la flessibilità per 14
miliardi di euro concessa all’Italia
dalla Commissione Europea. Quello
che non è stato detto è che si tratta di
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altri 14 miliardi di debiti che l’Europa
ci permette di fare, che andranno
ad aggiungersi al nostro gigantesco
debito pubblico, il più alto d’Europa,
che lo stesso governo si
era impegnato a ridurre !
Concludo con un riferimento
alla recente raccolta di firme
per una Proposta di Legge di
Iniziativa Popolare intesa a
modificare le attuali norme
sulla “ Legittima Difesa “ che
invece di tutelare il Cittadino
aggredito nella propria casa da
un criminale, intento a rubare
o peggio violentare, persegue
l’onesto Cittadino Italiano che
si difende condannandolo a
risarcire il danno procurato
al delinquente ! Siamo
diventati uno Stato che non
riuscendo a tutelare i propri
Cittadini, non permette loro
di difendersi, soprattutto
adesso che l’immigrazione
sta assumendo i caratteri di
una invasione. Gente fatta
passare per profughi quando
nella maggior parte dei casi
si tratta di giovani in cerca di
fortuna economica, a nostro
carico, accolti con il tappeto rosso, in
questa Italia paradiso dell’illegalità,
da Paesi che hanno svuotato le loro
carceri per riempire le nostre ! Fino
a quando gli Italiani sopporteranno
questa incapace “classe dirigente”
completamente
disinteressata
al futuro del proprio Popolo,
preoccupata solo di soffocare, con
l’aiuto dei media, ogni legittima
aspettativa di Identità Nazionale ?
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INTERVISTA AL PROFESSOR CARMELO
FERLITO (SECONDA PARTE)
Carmelo Ferlito, nato nel 1978 a Verona,
è professore di Storia del Pensiero
Economico e Microeconomia presso
l’INTI International College Subang
di Subang Jaya, in Malaysia. Inoltre
è Senior Fellow presso l’Istituto per
la democrazia e gli affari economici
(IDEAS), un importante think tank
liberale con sede a Kuala Lumpur.
Dal 2011 vive in Malaysia, dove ha
sempre ricoperto cariche manageriali
per multinazionali nel settore agricolo.
Nel 2003 ha conseguito il Master
in Economia e Commercio presso
l’Università di Verona lavorando
sulla teoria del ciclo economico di
Schumpeter. Nel 2007 ha conseguito un
dottorato di ricerca in Storia economica,
occupandosi di storia delle istituzioni
bancarie, con attenzione particolare ai
Monti di Pietà e al credito solidaristico.
Diverse sono le sue pubblicazioni
anche a livello internazionale; tra le
più recenti particolare menzione merita
Hermeneutics of Capital: A PostAustrian Theory for a Kaleidic World,
nel quale Ferlito porta alle estreme
conseguenze la prospettiva soggettivista
di Lachmann sul capitale. Il volume
vedrà la luce prima dell’estate per i tipi
della Nova Science Publishers di New
York.
Come vede dal suo osservatorio
questo nostro Paese che arranca ?
Il Governo Renzi di fatto non taglia
la spesa pubblica che continua ad
aumentare, come pure le tasse…
Vivo all’estero da cinque anni e guardo
al mio Paese con nostalgia, non riesco a
farne a meno. Ma anche con tristezza.
Vede, la Malaysia è, dal punto di vista
estetico, un Paese brutto e imbruttito
ulteriormente dall’amore dei sui cittadini
per i centri commerciali e dal permanente
tentativo anestetico operato dal governo.
L’Italia è un Paese bellissimo; ma non
dobbiamo dimenticare che l’Italia è
quello che è non per dotazione naturale
ma perché nei secoli uomini guidati
da una visione l’hanno costantemente
trasformata, resa bella per uno scopo.
Nel mio ufficio ho una parete dedicata
ad una riproduzione de La Scuola di
Atene di Raffaello. Mi aiuta a lavorare
meglio. Mi offre un orizzonte. Renzi,
invece, è un primo ministro guidato da
un orizzonte di bruttezza. Si preoccupa
di cose spicciole, lancia grandi
proclami mentre sistema gli amici del
circolino. Non comprende che l’Italia
non ha bisogno di proclami ma di
cure drastiche, di una boccata vitale di
ossigeno che solo un taglio radicale
delle tasse può portare. Renzi annebbia
la bellezza. Quello che i governanti non
comprendono è il ruolo delle aspettative
di profitto: se esse non ripartono non
v’è manovra che tenga. L’unico modo
per rilanciare le aspettative di profitto
è creare un ambiente in cui si possa
respirare un’atmosfera positiva. Coloro
che restano a fare impresa in Italia, con
una pressione fiscale vicina al 70%, sono
degli eroi, per usare un termine positivo.
Come si può sperare di rilanciare un
paese in cui i profitti vengono considerati
un peccato da punire? Solo imprese
floride possono rilanciare il sistema
Italia anche sul piano occupazionale. Se
invece i profitti vengono puniti, meglio
andare a produrre ricchezza altrove.
Data la situazione, la gente è piuttosto
pessimista. Come guardare al futuro
?
Io tendo a pensare in modo pessimistico
e ad agire in modo ottimistico, in virtù
della natura contraddittoria della mia
personalità che molti amici mi fanno
notare. Come osservavo anche nella
nostra precedente intervista, i nostri
nonni costruirono sulle rovine della
Seconda guerra mondiale, mentre oggi
imprenditori in difficoltà si suicidano.
Credo che sia necessario per ciascuno
andare alla ricerca del luogo in cui
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ritrovare la speranza per immaginare un
futuro possibile. Tutto sembra remare
contro di noi. Non solo la politica, ma
lo stesso livello del dibattito culturale;
si pensi alla questione del matrimonio
omosessuale assunta a priorità.
Ci muoviamo come palline di un
flipper in uno scenario che punta a
renderci schizofrenici. È necessaria una
battaglia personalissima per realizzare
anzitutto che senza un orizzonte non ci
si muove. Detto questo, si può iniziare
ad identificare un orizzonte.
Per
tornare all’ottimismo, ad un ottimismo
ragionevole e non gaio, credo sia
necessario anzitutto liberarsi dalla
zavorra che ci vogliono buttare addosso:
i sentimenti hollywoodiani, gli isterismi
televisivi, il trionfo delle emozioni.
Ricordo che da studente amavo ripetere
ai miei amici: «zavorra a mare!».
Recuperiamo la domanda di Camus,
tratteniamo l’essenziale, liberiamoci
da ciò che appesantisce lo spirito per
far posto ad un Io rigenerato e in moto
in un processo dinamico di scoperta
delle proprie esigenze profonde.
Lasciamoci abbracciare dalla freschezza
della Libertà di cui si fa esperienza
nell’incontro con qualcuno in grado di
ridestare l’autocoscienza più autentica.
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26 GIUGNO 1933: IL GIGANTE ITALIANO PIU’ FORTE DEL MONDO
Primo Carneraè stato il più grande pugile italiano del Novecento conquistandoil titolo mondiale nei pesi massimi il 26 giugno 1933 !Alto più di due metri, per 120 chilogrammi, Carnera riuscì a primeggiare in un campo
in cui gli americani erano solitamente i padroni incontrastati, ridando fiato e vigore alla magra tradizionepugilistica italiana degli anni ’30.Carnera parte da Sequals, il paesino a quaranta chilometri da Udine dove nasce
il 25 ottobre del 1906, a diciotto anni decide di trasferirsi presso alcuni parenti in Francia, vicino Le Mans.
Malgrado la stazza gigantesca che lo contraddistingueva fin da piccolo, per sua natura era lontano dal pensiero di dedicarsi alla boxe, si vedeva meglio come falegname ma, vista la sua mole, non erano pochi quelli che,
in un’Italia povera e ansiosa di riscatto, gli consigliavano di intraprendere una carriera sportiva agonistica.
Il ruolo fondamentale per la scelta del gigante buono di dedicarsi al ring si deve proprio alle insistenze dello
zio che lo ospitava in Francia.Nel suo primo incontro, un dilettante locale viene massacrato dal gigantesco
italiano, dato l’inizio fulminante, l’America è dietro l’angolo e sogni di gloria e di ricchezza cominciano a stagliarsi davanti agli occhi dell’ingenuo campione.
Le tappe della sua faticosa carriera si aprono con il dramma di Ernie Schaaf, morto dopo il match il 10 febbraio del
1933; seguono la sfida con Uzcudumper concludersi con
l’exploit della sua vita, il successo per K.O. su JackSharkey
in sei riprese il 26 giugno 1933. All’apice della sua carriera,
Carnera, “l’uomo più forte del mondo”, presta il volto ammaccato anche a diverse campagne pubblicitarie ma nonostante la fama non perde mai la sua disarmante spontaneità.
Nella sua storia il gigante buono è stato anche eroe dei fumetti e interprete di una ventina di pellicole cinematografiche tra cui “L’idolo delle donne” con Myrna Loy, Jack
Dempsey e “La corona di ferro”, con Gino Cervi, Massimo Girotti, Luisa Ferida, Osvaldo Valenti e Paolo Stoppa.
Andrea Bernardi
Giovanni Martino: un italiano a Little Big Horn
Verso la fine del 1875 le tribù Dakota, Cheyenne e Arapaho delle pianure scesero nuovamente in guerra contro i bianchi che erano penetrati
nei sacri territori delle Colline Nere, in Sud Dakota, dove era stato scoperto l’oro. A queste si unirono presto molti indiani che lasciarono le
riserve, in violazione ai trattati con il governo americano. Nell’estate dell’anno successivo una spedizione militare fu organizzata per colpire le tribù ancora libere nei territori del Montana e Wyoming. Tre colonne di cavalleria dovevano convergere nella regione abitata dagli indiani e attaccarli, una di queste era formata dal 7° Cavalleria comandato dal Tenente Colonnello George Armstrong Custer, diventato famoso all’epoca della Guerra Civile. Il 25 Giugno 1876 verso mezzogiorno le truppe di Custer entrarono nella valle del fiume Little Big Horn,
dove gli scout indiani avevano localizzato un grande accampamento, con circa 3.000 guerrieri guidati da Toro Seduto e Cavallo Pazzo.
Custer, impossibilitato a riunirsi alle altre due colonne, finisce in trappola su un crinale polveroso a poche miglia di distanza dal villaggio
che dovevano attaccare. Unico sopravvissuto fu il trombettiere Giovanni Crisostomo Martino, alias John Martin. Nato a Sala Consilina in
provincia di Salerno, nel 1866 il quattordicenne Trombettiere Martini suonò la Carica delle Camice Rosse di Garibaldi a Bezzecca, unica vittoria italiana della Terza Guerra d’Indipendenza. Emigrato negli Stati Uniti nel 1874, si arruola nell’esercito e quel giorno di Giugno è fra le truppe di Custer, nello squadrone H, al Little Big Horn. Sarà proprio Custer ad
affidargli il messaggio che gli salvò la vita : il Generale gli scrisse il comando dicendogli
“Tornate indietro, dite al capitano Benteen di correre qua, ditegli che abbiamo trovato un
grosso villaggio e che porti altre munizioni“Su quel foglio stropicciato, tuttora esistente,
è ancora possibile leggere le parole scritte in fretta: “Benteen. Come on. Big Village. Be
Quick. Bring Packs. PS Bring pacs” (Benteenvieni. Trovato grande villaggio. Fai in fretta.
Porta le munizioni”, ripetuto due volte). Dopo l’esercito Martino entrò nella Polizia di
New York, si sposò ed ebbe otto figli, raggiunta la pensione, morì la vigilia di Natale del
1922 investito da un Camion, è sepolto nel Cypress Hill National Cemetery di Brooklyn.
Claudio Baglieri
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20 GIUGNO 1928, NASCE JEAN MARIE LE PEN
Jean-Marie Le Pen nasce a La Trinité-sur-mer in Bretagna. All’inizio degli anni ’50 si arruola nella Legione
Straniera e combatte, come paracadutista, nei conflitti intrapresi dalla Francia in Indocina e poi in Algeria
contro i ribelli che tentano di emanciparsi dal dominio coloniale.La sua carriera politica inizia nel 1956,
quando viene eletto deputato per il partito di Pierre Poujade. Nel 1965 sostiene la campagna elettorale del
candidato di Destra Jean-Louis Vigancour. Nel 1972, in accordo con il MSI di Giorgio Almirante,fonda il
Fronte Nazionale e inizia le sue battaglie contro l’immigrazione nordafricana che definisce fonte di disoccupazione e criminalità, caldeggiando la difesa dell’identità nazionale francese. “L’immigrazione di massa è il
più grande problema che la Francia, l’Europa e probabilmente il mondo dovranno affrontare. Rischiamo di
essere sommersi”. Un messaggio forte e che convince una larga parte dell’opinione pubblica, la stessa che lo
porterà ad ottenere il 14 % alle presidenziali del 1988 e il 15 % a quelle del 1995.A volte i comportamenti e le
dichiarazioni di Le Pen sembrano fatti apposta per scandalizzare e sollevare polveroni polemici, come certe
affermazioni sulla II’ guerra mondiale che non gli hanno certo attirato le simpatie dei moderati. Più volte si
è rivolto con parole assai crude verso i massimi rappresentanti della cultura francese del passato, definendo
Sartre, Camus, e Mauriac “una banda di apolidi e di pederasti”.Alle elezioni presidenziali del 2002 si è presentato puntando soprattutto all’abolizione di alcune tasse maggiormente invise ai francesi e promettendo
in generale una considerevole diminuzione della pressione fiscale. Anche se ha poi perso contro l’acerrimo
nemico di sempre, Jacques Chirac, è risultato la vera sorpresa delle elezioni, allarmando con la prospettiva di
una sua possibile vincita i media di tutto il mondo.Durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2007
suscitò clamore un manifesto nel quale era presente una ragazza nordafricana che invitava a votare il Fronte
Nazionale, infatti Le Pen ha sempre raccolto consensi anche in bacini distanti dagli stereotipi della Destra,
come ex comunisti e ceti poveri della popolazione, tra cui anche immigrati.Alle elezioni del 2010 si candidò in prima persona alla Presidenza
della Regione Provence-Alpes-Côte
d’Azur ottenendo oltre il 20 % dei
voti. In seguito, in un’intervista, affermò di essere politicamente “immortale” ma lasciando trasparire
una successione della figlia Marine
alla guida del FN che avvenne infatti il 15 gennaio 2011.Jean-Marie è
inoltre il nonno di Marion Marechal
Le Pen, la più giovane parlamentare
della V Repubblica, anche lei esponente del FN, eletta deputata nel
2012 nel dipartimento di Vaucluse.
Nel 2013 viene rieletto Deputato al
Parlamento Europeo dove tuttora,
nonostante l’età, continua la sua battaglia politica contro il mondialismo
materialista, caratterizzato in particolar modo dall’apparato burocratico della Commissione Europea !
Leonardo Meoni
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A PROPOSITO DI PANNELLA
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“Ei fu!” Dagli onori e lodi tributati al defunto Pannella sia da parte civile che ecclesiastica in genere, sembra che
sia mancato un grande benefattore dell’umanità. E se è vero che prima di morire ha stretto tra le mani un crocifisso
regalatogli da Papa Bergoglio, questo nulla toglie alla gravità del suo operato, sempre all’insegna dell’ateismo
mai rinnegato. E non sarà certo il suo amore per papa Bergoglio che lo salverà, se non ha amato prima Dio, perché
anche il Papa deve essere un umile servitore di Dio se vuole salvarsi l’anima. In decenni di battaglie è riuscito
a distorcere la coscienza di milioni di persone facendo passare per “diritti civili”, con la complicità dei media,
abominevoli delitti, i cui effetti deleteri sono tuttora visibili. Con la legge sul divorzio ha distrutto la famiglia, creando figli depressi, squilibrati e drogati, ha moltiplicato povertà e angoscia nei coniugi separati che hanno perso
casa, famiglia, spesso anche il lavoro, con figli consegnati “a giorni alterni” come pacchi postali; ha provocato
una tale disperazione soprattutto nei mariti abbandonati da arrivare al punto di suicidarsi dopo aver ammazzato la
moglie, e lo chiamano femminicidio, mentre è la conseguenza diretta del divorzio! Con la legge sull’aborto, per la
quale si è sempre battuto, Pannella ha provocato milioni di vittime innocenti e un vuoto generazionale che, oltre
alla gravità del crimine in sé, costituisce uno dei motivi determinanti, a detta anche dell’economista dott. Gotti
Tedeschi, che ha causato la recessione economica in Italia e in Europa. Non c’è più gente che nasce, che produce,
che studia, che lavora, che consuma, tanto che l’Europa deve importare i figli dagli africani per sopravvivere, dicono. Al prezzo della nostra civiltà cristiana e identità culturale e professionale buttata alle ortiche. La legge sulla
liberalizzazione delle droghe è stata in qualche modo bloccata viste le conseguenze che ne sarebbero derivate per
i nostri figli; così pure la libertà o semi-libertà ai carcerati da lui voluta come grande “amnistia” a titolo gratuito,
è una vera follia perché la pena per i delitti commessi deve essere sempre scontata e i cittadini tutelati da certi
criminali. E queste “conquiste civili” elogiate perfino dal portavoce del Vaticano padre Lombardi come “eredità
umana e spirituale importante” sono quelle che hanno aperto la porta ai matrimoni gay con gli abominevoli uteri
in affitto, all’insegnamento del gender nelle scuole dove si insegna ai bambini il dubbio sulla loro identità sessuale
invitandoli a rapporti precoci etero-omo-bis-plus, come bestiole irrazionali a cui viene sottratta la fase bellissima dell’innamoramento e quindi l’amore stesso secondo il progetto di Dio che, attraverso la complementarietà
sessuale dei due corpi, maschile e femminile, difende la nostra identità e felicità. Fino alla lotta per l’eutanasia
in discussione in Parlamento, perché, per Pannella and company, la vita vale solo se è all’insegna dell’efficienza
e dell’istinto, tutto e sempre telecomandato da potenti lobby a scapito della nostra libertà e volontà. Dicono le
cronache che hanno causato più vittime, dal punto di vista fisico, morale, economico, civile, culturale…queste
leggi nefaste che le peggiori guerre, tanto che le atrocità volute da Pannella soprattutto per i milioni di bambini
stritolati con l’aborto, potrebbero essere paragonate, sia pure con modalità diverse, all’altrettanto noto personaggio sanguinario di Manzoniana memoria che fu Napoleone, “Ei fu!”. Pannella per cieca ideologia, Napoleone per
sete di potere, ma con uguali risultati sanguinari anche se purtroppo le leggi di Pannella sono tuttora in vigore
come conquista sociale. Che stoltezza rinnegare l’unico vero Dio, per inginocchiarsi davanti ai nuovi “idoli” sanguinari. Alla fine della nostra vita ci aspetta il giudizio di Dio sul nostro operato perché la vita sulla terra è breve
e la nostra patria è in Cielo, e anche se la misericordia di Dio è grande al punto di accogliere il peccatore pentito
fin sulla soglia dell’aldilà per sottrarlo alle terribili pene dell’inferno, altrettanto severa e dura sarà la penitenza
che si dovrà fare in Purgatorio per espiare tutti quei crimini, peccati, malvagità, immoralità ecc. che si sono commessi sulla terra. Nulla esiste di ciò che l’uomo compie
sulla terra, nel bene o nel male, che non venga o premiato o punito nell’aldilà da Dio, giusto Giudice, senza dire
delle ripercussioni nel bene o nel male che già qui sulla
terra sperimentiamo dalle nostre azioni buone o malvage.
Purtroppo queste fondamentali verità della nostra fede
vengono taciute perfino da certe autorità ecclesiastiche,
intente come sono a costruire o distruggere la città terrena
anziché quella eterna, tant’è vero che una volta la massoneria inviava i suoi adepti sull’uscio di certi morenti per
impedire l’accesso del sacerdote nel timore che li riconciliasse con Dio, (nel quale credono, come Lucifero, ma
lo odiano) mentre adesso la stessa massoneria invia certi
suoi “Prelati massoni” al capezzale del morente per ottenere lo stesso scopo. Che Gesù venga presto a liberarci.
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NUOVO STUDIO DI MARCELLO CAPRARELLA
È appena stato pubblicato in Spagna (Postmetropolis Editorial, maggio 2016) il nuovo libro di Marcello
Caprarella, intitolato Crónica de (una) capital en tránsito. Crisis económica, luchas ciudadanas y cambio
cultural en Madrid (1975-1985). La tesi di fondo è che il cambiamento che avrebbe in seguito dato luogo al processo politico che va sotto il nome di transizione spagnola ebbe inizio negli anni del regime di
Franco. La novità principale dello studio è che il processo viene seguito non solo attraverso le fonti e le
cronache della protesta, ma rileggendo la “contronarrativa franchista” elaborata dalle strutture del Sindicato Vertical e del Movimiento tra il 1970 e il 1975. Il titolo e il gioco di parole in esso racchiuso alludono
a una accezione multipla del termine “capital”: la città in sé, la capitale che cambia, ma anche il capitale
economico, cioè la politica di investimenti pubblici e privati durante la fase di passaggio dal franchismo
a una democrazia fragile, ma capace di sfruttare tutte le contraddizioni di un regime che, paradossalmente ma non troppo, contribuisce a crearla. Lo studio si divide in quattro capitoli. Nel primo si offrono
le statistiche macroeconomiche statali e madrilene, dagli anni sessanta del ‘900-quelli del boom-fino
al 1982, l’anno del primo governo socialista di Felipe González. Il punto di rottura è la crisi pertolifera
del 1973, che in Spagna ebbe un impatto devastante. Si analizzano, in definitiva, le premesse e il profilo
della congiuntura economica vissuta a Madrid durante la fase finale del regime franchista, in un contesto
di riduzione degli investimenti, inflazione,
licenziamenti e, in parallelo, di crisi dell’apparato statale della dittatura e riposizionamento e riciclaggio in senso “democratico”
delle sue classi dirigenti.Nel secondo capitolo si studia la protesta dei lavoratori in un
contesto normativo di passaggio da un sistema di regolazione dei rapporti del lavoro
basato sul corporativismo verticale a un sistema di libertà sindacale. Il terzo blocco tematico è dedicato alla protesta degli abitanti
dell’Área Metropolitana de Madrid, cioè
alle conseguenze della pianificazione tecnocratica franchista e alla linea di continuità
che si stabilisce con I nuovi poteri democratici sulla base di interessi speculativi e di
lottizzazione del territorio. Il libro si chiude
con uno studio del capitale simbolico, cioè
dei romanzi e della cinematografia dedicati
alla città di Madrid durante gli ultimi anni
del franchismo e l’inizio della transizione.
Roberto Perticone, Milano
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MATTEO RENZI È LA REINCARNAZIONE DI GIAN GALEAZZO CIANO
A breve un editore di Tempe, Florida, pubblicherà il mio romanzo The Dew of Heaven avente una forte base
storica ma nel quale il misticismo tibetano vi gioca un ruolo fondamentale. Per tal motivo, durante gli ultimi 5
anni, ho dovuto studiare molta della lettura disponibile sull’argomento ‘reincarnazione’. Ebbene, terminata questa
doverosa premessa, vorrei aggiungere il fatto che il Primo Ministro Matteo Renzi mi ha sempre colpito come un
deja vu ma solo recentemente ho avuto una intuizione su chi davvero egli possa essere stato in una sua precedente
reincarnazione. Gian Galeazzo Ciano, Conte di Cortellazzo ! I due uomini appaiono davvero simili: entrambi toscani, nativo di Firenze Matteo Renzi e di Livorno Gian Galeazzo Ciano. Entrambi facili allo sfottò e alla battuta.
Ottimi studenti tutti e due, diplomati con il massimo dei voti, in un liceo fiorentino, il Renzi; uno di Genova, il
Ciano. Poi, per entrambi laurea in legge, sempre con il massimo dei voti. La precocità e l’agilità mentale – nonché
il loro essere un po’ guitti – può esser osservata in entrambi. Per esempio nel fatto che Renzi a 19 anni guadagnò
48 milioni di lire partecipando al programma televisivo la Ruota della Fortuna. Dopo la laurea entrambi ebbero
delle esperienze in campo letterario, con Renzi che scrisse articoli per la rivista Camminando Insieme dove fu pure
caporedattore. Ciano, invece scrisse di critica teatrale e compose delle commedie che pochi andarono a vedere.
Poi, spinto dal potente padre, entrò nella carriera diplomatica, finendo a Rio de Janeiro e poi a Buenos Aires, da
dove fu rimosso e poi mandato a Pechino per via d’una burla finita male. Erano alla fine di un ricevimento e Ciano
disse un vecchio generale e statista locale: ‘E ora vecchio bacucco le auguro buona notte!’ Non immaginava che
quello sapesse l’italiano. La vita di Ciano mutò radicalmente a 29 anni quando gli imposero di sposare la figlia di
Mussolini, Edda. E giusto 29 anni aveva Renzi quando divenne presidente della Provincia di Firenze. Dopo aver
sposato Edda, Ciano partì per Shanghai, dove fu Console Generale, comportandosi tutto sommato bene, a parte
le numerose scappatelle erotiche alle quali era quasi costretto per provare il proprio macismo. Edda se ne accorse
e lo ripagò con la stessa moneta, rendendolo più cornuto d’un vecchio cervo. A Shanghai ebbe anche un incontro
con il sovrannaturale. Vicino al Peace Hotel di Shanghai fu avvicinato da una vecchia che per per un soldo gli lesse la mano. Era con altra gente e Ciano, con il suo solito fare da toscanaccio, le intimò: “Dimmi quando morirò.”
Lei rispose: ” Di morte violenta, a 40 anni.” Che questo sia vero lo sappiamo da alcune sue lettere, nelle quali si
vantava di questa profezia. Rientrato in Italia il generissimo dalla molte battute, veniva a sua volta canzonato con
il ritornello: Gian Galezzo Ciano, Conte di Cortellazzo, bella la rima in ‘azzo, meglio quella in ano. Nel 1936 Mussolini lo nominò Ministro degli Esteri, il più giovane d’europa, a soli 33 anni. Quella è l’età in cui il nostro Renzi
diviene Sindaco di Firenze e poi, a 39 anni e 42
giorni, Primo Ministro, battendo per 53 giorni il record di Benito Mussolini, che durava dal 1922. La
sua opera al ministero degli Esteri, al di là di tutto il
suo ‘maschio attivismo’ vien così definita da Gianpasquale Santomassimo: “Le numerose memorie e
testimonianze di diplomatici italiani e stranieri concordano nel far coincidere, con l’avvento del Ciano
agli Esteri, una accentuazione del dilettantismo e
della faciloneria, che già aveva preso piede nella
direzione della politica estera italiana in seguito
alla progressiva fascistizzazione del ministero degli Esteri, che il Ciano intensificò durante gli anni
del suo ministero. Volubilità, vaghezza di propositi,
scadimento del tono e dello stile vengono correntemente addebitati alla stessa personalità del Ciano
nelle sue funzioni di ministro.” Ciano, a 39 anni, fu
nominato Ambasciatore presso la Santa Sede e la
chiromante di Shanghai alla fine ebbe ragione: morì
fucilato a Verona, a 40 anni, l’11 gennaio 1944.
Esattamente 31 anni dopo, al minuto, il giorno 11
gennaio 1975 si registra la nascita di Matteo Renzi.
Angelo Paratico, Hong Kong
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L’UCRAINA E IL SUO FASCISMO
Ancora oggi, nel 2016, Kiev, capitale dell’odierna Ucraina, appare divisa tra un fronte russofilo e uno filooccidentale. Perché ? Per buona parte del XX secolo, le realtà geopolitiche dell’Ucraina erano, e sono tuttora,
quattro: occidentale, orientale, meridionale e centrale. Con il passare del tempo i fronti hanno tentato di accorpare le altre aree per dar vita così ad una “Grande Ukraina” ma il Paese ha mantenuto diversità profondissime
in ambito linguistico, religioso, culturale e inevitabilmente politico. Per semplificare il quadro potremmo dire
che ad oggi è possibile individuare, in Ucraina due fronti e confermare l’esistenza di due vere e proprie Ucraine
: una, orientale, con un’anima russofila e panslavista in cui la maggioranza della popolazione guarda ancora a
Mosca, e viceversa l’altra, occidentale, di connotazione asburgica e germanofila. Quali gli elementi fondanti
di quelle diversità? L’Ukraina orientale si chiamava “Piccola Russia” e i suoi abitanti venivano chiamati “Piccoli Russi” o semplicemente “Russi”, la religione dominante era la cristiano-ortodossa, strettamente legata al
Patriarcato di Mosca e linguisticamente predominava l’idioma della “Grande Madre Slava”. La collocazione
politica era consequenziale: al fianco della Russia zarista; poi, nonostante una fortissima diffidenza, della Russia comunista ed oggi della Russia di Putin. Completamente diversa la fisionomia dell’Ukraina occidentale
tendenzialmente nazionalista e che in ambito confessionale si proclama di matrice cattolica uniate e non ortodossa, fedele alla Chiesa di Roma e non al Patriarcato di Mosca. Esisterebbe tuttavia una terza Ukraina, quella
che abbraccia Kyiev, le due sponde del Nipro e tutta la parte centrale del Paese. Nel tempo, l’Ukraina centrale
aveva fatto blocco ora con l’orientale, ora con l’occidentale, acquisendo elementi di entrambe le culture, di
entrambe le tradizioni, di entrambe le anime ukraine. D’altro canto, la popolazione dell’Ukraina centrale era,
ed è, in buona parte “mista”: per lingua, per confessione religiosa, per orientamento politico. Nel suo ultimo
libro, Michele Rallo, studioso della storia europea tra le due guerre mondiali, già parlamentare membro della
Commissione Esteri della Camera dei Deputati, ripercorre le vicende dell’Ucraina moderna, in parallelo a quella
della più attiva ed interessante tra le sue forze politiche, l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, formazione
che per molti versi si è ispirata al Fascismo italiano. Il lavoro fornisce anche una interessante chiave di lettura per le vicende odierne di quel Paese, sempre in bilico, storicamente fra est e ovest, fra Russia e Germania.
Michele Rallo è nato a Trapani nel 1946. Studioso della storia
europea tra le due guerre mondiali, è stato anche parlamentare e
menbro della commissione esteri della Camera dei Deputati.
Michele Rallo
L’Ukraina
e il suo fascismo
L’organizzazione dei Nazionalisti Ukraini
dalle origini alla guerra fredda
L’Ukraina e il suo fascismo
L’Ukraina e il suo fascismo ripercorre la storia dell’Ukraina moderna, in parallelo a quella della più attiva ed interessante tra le sue forze politiche, l’Organizzazione dei Nazionalisti Ukraini, formazione che
per molti versi si è ispirata al fascismo italiano. Il lavoro fornisce anche
una interessante chiave di lettura per le vicende odierne di quel Paese,
sempre in bilico, storicmente, fra est e ovest, fra Russia e Germania
Michele Rallo
Enzo Cipriano : [email protected]
ISBN 978-88-6148-176-3
e 20,00
9 788861 481763
www.alleanzanazionale.it
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23 GIUGNO 1405: VERONA ENTRA A FAR PARTE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA
Dopo l’effimero tentativo dei Carraresi, Signori di Padova, d’impossessarsi
di Verona nel 1404, Pietro Da Sacco fu eletto Capitano del Popolo per trattare la dedizione della città alla Serenissima. I rappresentanti veronesi da lui guidati conferirono con quelli veneziani davanti alla Porta di Campo Marzo,
vicino all’attuale chiesa di San Paolo : Verona avrebbe conservato moneta,
calendario e tutti i propri statuti e magistrati, con potestà di governo e legiferante. Il 23 giugno 1405 le Autorità veneziane entrarono con gran pompa in Verona dalla Porta del Calzaro, fra Porta Nuova e Porta Palio.
La
provincia
di
Verona,
entrò
così
a
far
parte
della Repubblica di Venezia sino al 1797 anno della caduta della Serenissima.
Aurelio Stoppele
15 GIUGNO 1906, NASCE LEON DEGRELLE
“Un grande ideale dà sempre la forza di dominare il proprio corpo, di soffrire la fatica, la fame, il freddo.
Che importano le notti bianche, il lavoro opprimente, gli affanni o la povertà ! L’essenziale è avere in fondo
al proprio cuore una grande forza che rianima e spinge avanti, che rinsalda i nervi, che fa pulsare a forti
battiti il sangue stanco, che infonde negli occhi il fuoco ardente e conquistatore. Allora più nulla dà sofferenza, il dolore stesso diviene gioia perché esso è un mezzo di più per elevare il suo dono, per purificare il
suo sacrificio.”
Léon Joseph Marie Degrelle nasce a Bouillon, nelle Ardenne del Belgio,il 15 Giugno 1906, nello splendido
borgo medievale che diede natali a Goffredo V, l’eroico condottiero della Iª Crociata liberatore di Gerusalemme. La sua giovinezza è estremamente avventurosa : inizia come reporter in un piccolo giornale,
viaggiando per il mondo, arriva anche negli Stati Uniti degli anni ‘30, ma resta colpito soprattutto dalle
vicende dei Cristeros, i cattolici massacrati, in Messico, per la loro fede. Tornato in patria, inizialmente
aderisce all’Azione Cattolica ma nel 1935 fonda il movimento nazional-popolare “Rex”, caratterizzato da
misticismo cristiano e da una visione corporativa dello Stato. Presentatosi alle elezioni legislative del 1936,
riscuote un notevole successo, ottenendo oltre trenta parlamentari. Allo scoppio della II’ guerra mondiale in
seguito all’occupazione del Belgio da parte tedesca, Degrelle da vita ad una Legione di Volontari, soprattutto Valloni, guidandoli nella Crociata contro il bolscevismo. Alla fine dell’agosto 1944 sarà l’ultimo reparto a ritirarsi, retroguardia della divisione Wiking, non cedendo fino a quando gli viene esplicitamente ordinato, bloccando
comunque l’avanzata sovietica verso Tallin; lo stesso Degrelle,
ferito, viene decorato con la «Croce di Ferro con foglie di quercia», l’unico non tedesco a ricevere questa medaglia. Alla fine
della guerra Degrelle sarà processato dal nuovo governo belga
per tradimento e condannato a morte in contumacia, ma riesce
a rifugiarsi in Spagna dove arriva con un atterraggio di fortuna,
avendo finito il carburante, su una spiaggia basca. Le domande
di estradizione non saranno accolte dal Caudillo, perché Degrelle, ottenendo asilo politico dal Governo Spagnolo di Franco, rinuncia alla nazionalità belga per prendere quella spagnola stabilendosi a Malaga, dove muore il 1’ Aprile del 1994.
Gianfranco Sangalli, Perù
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