Le stirpi canore - Liceo Scientifico “Sereni”

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Le stirpi canore - Liceo Scientifico “Sereni”
Le stirpi canore
(Da Alcyone)
I miei carmi son prole
delle foreste
altri dell'onde,
altri delle arene,
altri del Sole,
altri del vento Argeste.
Le mie parole
sono profonde
come le radici
terrene,
altre serene
come i firmamenti,
fervide come le vene
degli adolescenti,
ispide come i dumi,
confuse come i fumi
confusi,
nette come i cristalli
del monte,
tremule come le fronde
del pioppo,
tumide come le narici
dei cavalli
a galoppo,
labili come i profumi
diffusi,
vergini come i calici
appena schiusi,
notturne come le rugiade
dei cieli,
funebri come gli asfodeli
dell'Ade,
pieghevoli come i salici
dello stagno,
tenui come i teli
che fra due steli
tesse il ragno.
Qui giacciono i miei cani
Qui giacciono i miei cani
gli inutili miei cani,
stupidi ed impudichi,
novi sempre et antichi,
fedeli et infedeli
all'Ozio lor signore,
non a me uom da nulla.
Rosicchiano sotterra
nel buio senza fine
rodon gli ossi i lor ossi,
non cessano di rodere i lor ossi
vuotati di medulla
et io potrei farne
la fistola di Pan
come di sette canne
i' potrei senza cera e senza lino
farne il flauto di Pan
se Pan è il tutto e
se la morte è il tutto.
Ogni uomo nella culla
succia e sbava il suo dito
ogni uomo seppellito
è il cane del suo nulla.
Dal Notturno
Arriviamo. Salto su l'imbarcatoio. Entro.
Chiedo di Giuseppe Miraglia all'ufficiale di guardia. M'è indicata una porta. Entro.
Sopra un lettuccio a ruote è disteso il cadavere.
La testa fasciata.
La bocca serrata.
L'occhio destro offeso, livido.
La mascella destra spezzata: comincia il gonfiore.
Il viso olivastro: una serenità insolita nell'espressione.
Il labbro superiore un poco sporgente, un po' gonfio.
Batuffoli di cotone nelle narici.
L'aspetto di un principe indiano col turbante bianco.
Le mani conserte sul petto, giallastre.
I due piedi fasciati di garza bianca.
Il piede destro è rotto. Il pollice di una mano è rotto. Una gamba è rotta. Alcune costole sono rotte.
Ha la giacca azzurra coi bottoni d'oro, quella di ieri.
Vogliono trascinarmi via. Mi rifiuto. Resto in ginocchio. Prego di lasciarmi solo.
Quando sono solo, mi chino sopra il morto, lo chiamo più volte. Le lacrime gli piovono sul viso.
Non risponde, non si muove.
Ricado in ginocchio.
I romori del giorno.
Il pulsare dei motoscafi nel canale.
Il tonfo dei passi sul tavolato.
Un marinaio entra con un fascio di ceri: mette i quattro ceri agli angoli del lettuccio.
Entra Luigi Bologna; entra Carlo della Rocca. Non posso muovermi, non posso alzarmi.