La casa

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La casa
Maria Wanda Caldironi
A Misa, le mie radici;
a Roberto, il mio mondo;
a Claudia e Viola, il cammino futuro
La casa
È rimasto per molti anni nel cassetto della mia fantasia, questo
racconto; poi, in un difficile momento della mia vita, è venuto a
bussare alla mia mente e mi ha chiesto di scriverlo.
È venuto alla luce così, una parola dopo l'altra, scritte da sole, di getto,
con l'urgenza di voler vivere.
È nato così, donando a me una gioia ed una serenità che da molto
tempo non sapevo trovare. Mi ha insegnato a rivivere sensazioni che
credevo perdute, ad osservare con nuovi occhi quanto mi circonda e a
riaprire il cuore all'incanto della creazione, alla dolcezza di una sera
d'autunno, allo splendore di una notte d'inverno ... Ha saputo
ridestare cose che credevo perdute per sempre.
Chi scrive vive con Roberto, i suoi cani (Axel e Thorn) e le colombe
bianche nella casa "incantata". Gli altri personaggi dei racconti e i
luoghi, sono frutto di rielaborazione fantastica.
Tratto da: Una manciata di sogni. La Riflessione, Davide Zedda Editore, Cagliari, 2010.
Il sogno
Era lì, in fondo al vialetto sterrato, ombreggiato da noccioli e sambuchi.
Era lì e sembrava mi aspettasse da sempre …
Il cancello di ferro, con le iniziali GS, si aprì con un lento movimento e un
lieve cigolio e, attorniato da una miriade di levrieri borzoi, ci apparve
Giacomo, il proprietario della casa.
- Non abbia paura dei cani; se ci sono io, sono buonissimi - mi disse con
una voce un po' stridula, dall'accento vagamente emiliano.
- Io amo moltissimo i cani - risposi, accarezzandone uno con il mantello
bianco e degli splendidi occhi azzurri.
- Quella è Stella, la mia preferita - rispose, accarezzandole a sua volta le
lunghe orecchie setose.
- Come mai viene a casa senza preavviso, signora Franca? - chiese poi, con
tono un po' sorpreso, all'imbarazzata agente immobiliare che ci aveva
accompagnato.
- Mi dispiace molto, signor Conte, di non avere avvisato, ma sono passata
con la signora solo per farle vedere da fuori la casa e capire se poteva
interessarle come tipologia e posizione -.
- Ci dispiace davvero questa intrusione, senza preavviso - rincarai io,
sbirciando il cortile pieno di cani e lo splendido terrazzo affacciato sulla
valle.
- Potremmo venire quando Le è comodo - insistetti, sperando che la
cortesia di cui sembrava ben provvisto avesse il sopravvento.
- Stavo uscendo ma, dato che siete qui, e che la signora ama i cani ...; se vi
va, vi faccio vedere la casa -.
Ce l'avevamo fatta!
Entrando nell'ampio ingresso, zeppo di mobili antichi e di improbabili
peluche, ricordai quel che la mia amica Rossella mi aveva detto pochi
minuti prima, mentre seguivamo l'auto dell'agente immobiliare, lungo la
stradina sterrata.
- Una casa è come un amore: ti accorgi all'improvviso se è quello giusto! -.
Quella casa sembrava lì da sempre per me, con tutte le sue macchie di
umidità sui muri, con tutti i suoi assurdi arredi e con l'abbaiare di quei
cani!
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Era come se mi dicesse: “Sono qui, mi hai desiderato da tutta la vita!".
Camminavo per le antiche stanze e guardavo le travi dei soffitti, le
finestrelle che lasciavano vedere il monte sul retro e la vallata sul
davanti, e mi chiedevo come avrei fatto a convincere mio marito che
quella era proprio la casa dei miei sogni e che quello poteva diventare
il nostro sogno per la vita che ancora avremmo trascorso insieme.
Non so quanto restammo perché il tempo si era fermato ed una
grande pace era scesa in me, come se fossi veramente arrivata alla fine
di un viaggio. Ricordo solo che Rossella, sempre attenta alle mie
emozioni, ed emozionata anche Lei per quella strana dimora, mi disse:
- È lei, vero?. È così che la vuoi? -.
- Sono in trattative con una coppia di clienti - disse Giacomo,
accompagnandoci alla porta - ma non ci siamo accordati sul prezzo
che, come Lei signora Franca sa, non è trattabile e credo che se
insistono per uno sconto, non ne faremo nulla; perciò, se alle signore
interessa, ci possiamo risentire -.
- Già! E come faccio a convincere Roberto? -, pensavo, salutandolo e
promettendo che ci saremmo rifatte vive, mentre lentamente il
grande cancello si richiudeva.
Quella sera, cenando con Rossella, dal momento che Roberto era fuori
con i suoi colleghi, non parlammo d'altro e continuammo a fare, per
convincerlo, strategie che, secondo me, crollavano l'una dopo l'altra,
sia per il prezzo richiesto sia per i lavori di restauro che, pur non
essendo ingegnere, immaginavo necessari.
- Devo almeno riuscire a portarlo a vedere - pensavo guidando verso
casa, con gli occhi ancora pieni di quella strana casa e del suo sottile
fascino.
- Tu sei matta! - fu l'esordio di una lunga, strenua battaglia fra noi che
consumammo, fra un impegno e l'altro, fra un giorno e l'altro di duro
lavoro, per i successivi sette giorni.
- Almeno vieni a vederla; così poi non te ne parlo più! - gli chiesi ed
ottenni alla fine della mia dura lotta.
E fu così che, in un assolato pomeriggio d'estate, con le cicale che
frinivano sullo sfondo e l'abbaiare di venti levrieri, ritornai alla Casa,
questa volta con Lui e risentii il fascino sottile di quelle vecchie mura,
di quegli spazi, di quel giardino incolto sommerso dai rovi, dai
sambuchi e dalle robinie che ci impedivano di vedere la fine della
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proprietà, dilatandone lo spazio in un bosco fatato.
- Ripeto che sei pazza! - fu il commento di Roberto, dopo.
- Ammetto che il posto è bello e che la casa sarebbe anche affascinante,
se fosse sana; ma tu, amor mio, hai gli occhi foderati di prosciutto e non
hai visto l'umidità fino a metà dei muri del salotto e l'intonaco scrostato
ovunque, segno che ci sono dei lavori molto impegnativi da fare. Non hai
visto poi che il monte arriva a coprire tutta la parte dietro la casa e che
sarebbe necessario uno sbancamento del colle ed un muro di
contenimento per risanarla; il che ci verrebbe a costare un patrimonio! -.
- Secondo me, però, è bellissima e i lavori potrebbero essere fatti con
calma, in un secondo momento. Comunque vorrei farla vedere a
Francesco e Marita che, essendo architetti, potrebbero darci un parere sia
sulla casa sia sui lavori da fare - tentai di convincerlo, con lo sguardo
velato e la voce più dolce che riuscii a produrre.
- Falla pure vedere a chi vuoi; vedrai che è improponibile - fu la secca,
inesorabile risposta che, come un macigno, schiacciò i miei sogni e la mia
casa fatata.
- Marita, scusa, avresti voglia di perdere dieci minuti per vedere una casa
vicino all'Abbazia della Santa Madre, che secondo me è splendida, ma che
per Roberto è in pessime condizioni e non è proponibile? -.
Era la mia ultima speranza e pregai con tutta me stessa che la mia amica
accettasse.
- Volentieri - rispose - so da quanto tempo desideri una casa in campagna
e quante ne hai viste che non ti hanno soddisfatto. Ci vediamo martedì
pomeriggio -.
E di nuovo, nell'entrare nella casa mi colse una strana pace e la
consapevolezza che lì, in quel posto, ero arrivata, dopo una lunga strada,
per uno scopo che ancora non conoscevo.
- È veramente splendida sia per la posizione che per la struttura, anche se
certamente ci sono importanti lavori da fare per restaurarla -. Marita era
davvero entusiasta e mi promise di parlarne con Francesco, suo marito,
che meglio di noi avrebbe cercato di convincere il mio.
Passarono alcuni lunghissimi giorni di silenzi tesi e frasi non dette; la
nostra vita apparentemente continuava con il solito tram-tram, ma quella
casa era sempre fra noi come una presenza ingombrante …
Non volevo forzare mio marito, sapendo, per esperienza, che avrebbe
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dovuto riflettere su molti aspetti economici e non e soprattutto
convincersi che quanto dicevamo, io e i nostri amici, poteva essere
vero.
Io però volevo capire perché ero tanto colpita da quella casa, e se
questa mia infatuazione era solo legata a testardaggine o alla
stanchezza della mia lunga ricerca.
- La disturbo se ritorno da sola a vedere la sua casa? - chiesi perciò al
Conte Giacomo, dopo qualche giorno di amletici dubbi.
- Esco fra un'ora; però se vuole adesso sono libero - mi rispose con un
tono cordiale, come se attendesse la mia richiesta.
Non avevo mai guardato il proprietario con attenzione tutte le volte
che ero andata a vedere la casa; ma questa volta, incuriosita dal tono
di complicità che avevo colto nella telefonata, lo osservai con
attenzione: alto, grosso, con grigi capelli un po' lunghi, viso squadrato
dai lineamenti regolari; naso deciso, aristocratico, fronte ampia; scuri
occhi penetranti, mento un po' sfuggente con una piccola fossetta nel
mezzo: complessivamente poteva essere un interessante uomo di
mezza età, ma colpiva un qualcosa di molle nelle sue fattezze, come di
decadente. Il modo di fare era decisamente raffinato ma un po'
sfuggente ed effeminato.
- Vedo che la mia casa le piace veramente, ma che ha molti dubbi o
forse molte tensioni - esordì acutamente mentre mi accompagnava nel
salotto, allietato da trespoli su cui troneggiavano grandi pappagalli
Ara.
- Odiano le correnti d’aria e per questo le mie finestre sono sempre
chiuse - mi disse mentre bevevamo un necessario bicchiere di
freddissima coca-cola.
- Lei sarà felice in questa casa, come lo sono stato io, perché sa
coglierne lo spirito e forse leggerne i segreti - mi disse poi,
all'improvviso, con un tono complice e con sguardo intenso.
- Non so se riuscirò a convincere mio marito, ma è vero che questa sua
casa mi ha parlato dal primo momento e sembra chiedermi di entrarci
per raccontarmi delle storie - risposi con la voce, mio malgrado, molto
turbata.
- Lo so - rispose - questa casa è stata molto amata dai suoi proprietari
e lascia nel tempo ritrovare i segni delle sue storie passate -.
Così dicendo si avvicinò ad un cassettone, traendone una manciata di
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oggetti che raccolse nella mano, senza porgermeli.
- Se la compra - mi disse - glieli darò insieme alla casa, e forse altri ne
troverà che la faranno sognare e ritrovare le orme di chi, come noi, l'ha
amata -.
- Se sarà mia la rispetterò, come gli altri hanno fatto prima di me, e
cercherò di ritrovare i pezzetti di vita che hanno impregnato questi muri risposi, commossa e felice perché finalmente cominciavo a intuire il
perché di quel fascino strano.
- Chissà, Signora, un giorno potrebbe persino raccontarla la storia di
questa casa e, perché no?, anche la mia, se gliela narrassi - mi disse,
sornione, accompagnandomi alla porta.
Uscendo fra l'abbaiare dei cani, mi parve di sentire un sussurro che
dolcemente mi accompagnava al ritorno nella realtà.
- E facciamola questa follia! - disse alla fine, un po' esasperato, Roberto,
dopo una strenua opera di convincimento fatta da me e dai miei amici.
- Vedrai in che cosa ci imbarchiamo; vedrai quanto tempo e quanti soldi ci
vorranno per rendere abitabile quella topaia! - aggiunse per sottolineare il
suo dissenso.
- Non te ne pentirai. Vedrai che bella diventerà la nostra casa, questo
nostro sogno che da sempre abbiamo desiderato - gli dissi emozionata,
sperando che il tono della mia voce e l'entusiasmo che provavo servissero
ad infrangere la sfiducia che chiaramente dimostrava in questa scelta.
- Ci chiede sei mesi dall'atto dell'acquisto, il tuo Conte, per trovare una
nuova casa per tutte le sue bestie - disse dopo qualche giorno mio marito
che aveva riparlato con l'agente immobiliare - la casa sarà libera per fine
anno -.
Furono lunghi mesi di sogni, speranze e paure di aver iniziato
un'avventura ad un'età in cui, di solito, si raccolgono le fila e si godono i
frutti di una vita di lavoro mentre noi mettevamo su casa come due
ventenni, cacciandoci nei mutui, e nel lavoro di un restauro che si
prospettava lungo ed impegnativo.
L'ultimo giorno dell'anno finalmente arrivò e, dopo la conferma che
Giacomo aveva lasciato libera la casa, portando via tutti i suoi cani ed i
pappagalli, andammo, per la prima volta soli, a rivederla.
Che silenzio fra quelle vecchie mura scrostate ed umide; che aspetto
squallido, ora che gli innumerevoli mobili e gli assurdi peluche erano stati
portati via! Eppure che fascino e quanta storia mi sembrava di cogliere
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mentre facevo il giro delle stanze con un arrabbiatissimo Roberto che
continuava a farmi notare la muffa e le crepe sui muri dovute
all'umidità.
- Sapevi che sarebbe stato necessario tagliare il monte dietro la casa
per bonificarla, e sapevi anche che per anni Giacomo non ha fatto
alcuna manutenzione - gli dissi, con un tono stanco, perché, per me,
quel momento così importante della nostra vita non doveva essere
rovinato.
Lo lasciai quindi a controllare tutti i guai che la sua mente da ingegnere
aveva visto fin dalla prima volta e me ne andai un po' in giro da sola.
La sala del camino, soffocata come era stata da tutti i mobili e le
suppellettili che Giacomo aveva accatastato negli anni, era molto più
grande ed accogliente di come la ricordassi. Il camino, antico,
dominava la parete di fondo e con le sue vecchie pietre faceva pensare
a lunghe serate d'inverno attorno al fuoco.
Distrattamente, nel toccare un mattone alla base del focolare, mi
accorsi che la pietra era appoggiata al fondo e, nello scostarla, vidi una
piccola cavità contenente all'interno una grossa busta di carta. Il nome
"Giacomo" era scritto con un'elegante calligrafia.
- Hai il telefono del Conte? - chiesi a Roberto, facendogli vedere
quanto avevo trovato.
- Si, segnalo - mi rispose - anzi, ho dimenticato di darti questo
pacchetto da parte sua. Mi ha detto che tu avresti capito ... -.
Conteneva gli oggetti che mi aveva mostrato l'estate prima quando mi
aveva parlato dei vecchi abitanti e delle tracce che si potevano
percepire. Avrei voluto guardare subito, ma sentivo il bisogno di essere
sola per vivere quel momento. Era quello il benvenuto che la mia casa
mi dava, dicendomi che mi aspettava da tanto tempo per essere
svelata!
- Ho provato cento volte a chiamare il numero del cellulare che mi hai
dato, ma non risponde nessuno ed anche l'agente immobiliare non
riesce più a rintracciarlo - dissi dopo qualche giorno a mio marito.
- Appena avuto il nostro denaro, avrà deciso di andarsene e, dato il
bidone che abbiamo preso, non vuole farsi più trovare! - disse
Roberto, sarcastico.
- Sono convinta che questa casa sia tutt'altro che un bidone, e sono
felicissima di averla presa, anche se tu non condividi per nulla il mio
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entusiasmo. Vorrà dire che i sogni sono solo miei! - gli risposi con una gran
voglia di piangere.
Sola, nella mia poltrona preferita in casa della mamma, rigiravo fra le mani
i miei tesori, la busta ed il pacchetto, senza decidermi ad aprirli. Visto che
Giacomo era introvabile, decisi di aprire prima la busta, ricordando quelle
strane parole che mi aveva detto, l'estate scorsa: - Un giorno potrebbe
raccontarla lei la storia di questa casa ed anche, perché no?, la mia ... se
gliela narrassi -. Il caso non aveva forse voluto questo?
Mi tremavano le mani nell'aprire la busta e provavo una forte emozione,
quasi la gioia di ritrovare un amico da tanto tempo scomparso.
Che strani effetti gioca la fantasia! Mi sembrava che tutte le cose successe
in quegli ultimi mesi fossero accadute per farmi arrivare a questa storia
che, forse, neppure il destinatario conosceva.
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Giacomo
Amore mio
forse non leggerai mai questa lettera ed io me ne andrò senza che tu
sappia mai la verità! Ma non importa ... io la conosco, per entrambi.
Ricordo la prima volta che ti ho visto, a quella festa dalla tua amica che
forse si chiamava Flora e che aveva quella bella casa in mezzo agli ulivi
... Ricordo che ti vidi di spalle e pensai che se il tuo viso era come il tuo
corpo, così forte ed insieme agile, dovevi proprio essere una bellezza!
E, in effetti, per me lo sei stato fin dal primo sguardo, con quei tuoi
occhi così scuri e profondi che mi ci sono annegato e con quel tuo
sorriso ironico, a volte dolcissimo.
Ti sei chiesto mai perché trovai il pretesto dell'auto in panne ... lo
sapevi, vero?, che volevo farmi accompagnare a casa da te e, ti ricordi,
che già quella prima sera rimanemmo svegli tutta la notte a
raccontarci mille piccoli aneddoti delle nostre precedenti vite che, ora,
sembravano così insignificanti ...
Ricordi quante volte siamo rimasti a parlare per ore, davanti al fuoco di
questo camino che ora conserva questo mio ultimo ricordo per te.
Ricordi la prima volta che abbiamo fatto l'amore nel grande letto con il
baldacchino sotto lo sguardo annoiato dei tuoi due levrieri preferiti? Le
tue mani sul mio corpo suonavano sinfonie che non credevo
esistessero, la tua voce fra i miei capelli sussurrava poesie sconosciute
... Il tuo corpo così forte e gentile, mi avvolgeva in una coltre incantata!
Ti ho amato molto, Giacomo; forse anche più di quanto credevo
possibile.
Ti ho amato anche quando mi hai sbattuto fuori di casa perché eri
certo che ti avessi tradito con quello studente calabrese che spesso
veniva a trovarci … Non hai creduto alle mie lacrime, ai miei
giuramenti, alla mia disperazione. Ti sei lasciato subornare da quella
vipera della tua amica Caterina che, secondo me, ha sempre sperato di
riuscire a portarti a letto!
Me ne sono andato sotto la pioggia, fra l'abbaiare dei tuoi cani e tu
non mi hai degnato di uno sguardo, di una sola parola ... Me ne sono
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andato e ti ho lasciato la mia giovinezza, i miei sogni che ho creduto per
un momento potessero essere i nostri sogni! Me ne sono andato ed ho
cominciato a morire dentro, anche se l'angelo nero si è affacciato solo
dopo.
Ricordi? Qualche giorno prima di andarmene ti avevo detto di sentirmi da
qualche tempo stanco e svogliato e che, facendo la doccia, avevo sentito
una ghiandola sotto l'ascella ... una piccola noce dolente che nascondeva
la mia sorte!
Ho l'AIDS, Giacomo, e presto morirò in barba a tutte le promesse di
guarigione che mi hanno fatto i medici, sottoponendomi a terapie
devastanti. La mia vita è finita dal momento che sei uscito dalla mia vita,
perciò la morte fisica non mi spaventa più di tanto ... ho voglia di non
pensare più, di non piangerti più, amore mio!
Chissà perché la gente "normale" pensa che l'amore fra due uomini sia
diverso da quello fra un uomo e una donna; chissà perché rifiuta l'idea che
il dolore per un amore finito debba essere meno struggente e meno vero ...
Sorrido se penso all'espressione di tua madre quando mi portasti a
Bologna, nella grande villa della tua famiglia e me la presentasti! Ricordi,
amore, quante risate ci facemmo dopo? Ma quante volte quello sguardo e
quel disprezzo li abbiamo colti negli occhi degli "amici" … noi, così forti e
così innamorati da sentirci immortali!
Quasi, sono felice se non troverai questa lettera e penserai a me, forse con
odio, certo però con il rimpianto di un tempo bellissimo vissuto insieme in
questa casa ad infilare sogni nella collana della nostra vita ... Sono felice
che tu non mi veda così, mentre la morte mi scava ogni giorno e mi
distrugge nell'animo e nel fisico, lasciandomi come uno straccio vecchio e
sporco ... Ho voluto però lasciare al caso il tuo conoscere questa amara
realtà e l'ho fatto, complice la Carmela, sai?, la tua vecchia domestica che
ho visto per caso durante uno dei miei ricoveri in ospedale e alla quale ho
chiesto, come ultimo dono, di nascondere nel camino la mia lettera,
facendole giurare che non te lo avrebbe mai detto ... Spero solo che tu la
possa trovare quando non ci sarò più e che ti serva a capire che per quello
che abbiamo vissuto, nei pochi anni della nostra storia, è valsa la pena di
vivere e di morire.
Addio, Giacomo, le nostre colombe bianche stanno volando sul tetto della
tua casa incantata e mi stanno portando in alto, in alto, dove il dolore
scompare e c'è solo tanta luce!
Mi accorsi che le lacrime avevano sfumato la firma: "Andrea".
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Trascorsi alcuni giorni come trasognata, svolgendo il mio lavoro
apparentemente nel solito modo, ma in realtà continuando a pensare
ad Andrea e Giacomo e alla loro struggente storia... Sentivo quasi,
nella camera dove ora io dormivo con mio marito, i sussurri e le risate
di quei due ragazzi innamorati che la vita aveva separato in modo così
triste.
Chissà, pensavo, se gli oggetti che mi ha lasciato Giacomo, mi
racconteranno storie capaci di emozionarmi così ... Continuavo però a
rimandare il momento in cui avrei aperto il pacchetto: non mi sentivo
pronta. Mi sembrava che qualcosa o qualcuno dovessero indicarmi il
filo ...
- Sono una sciocca - mi dissi dopo un paio di settimane - devo aprire il
pacco e vedere quali tesori contiene. Devo, soprattutto, capire se dagli
oggetti che contiene riuscirò a capire che storie nasconde -.
Come la prima volta, mi rifugiai nella poltrona della mamma e sciolsi il
cordoncino, raccogliendo nella mano i miei tesori: una catenina
d'argento con una piccola medaglia che portava scritto "Ambrogio e
Maria, per sempre"; una piccola bambola di pezza con trecce bionde
fatte di lana, due grandi occhi azzurri di smalto ed un vestitino lilla con
la scritta "Viola" sul davanti; un block-notes di pelle con la scritta
"Carlo" sulla prima pagina e una fede d'oro che portava inciso
all'interno il nome “Francesca" e una data: 13 /12/ 1933.
E adesso? Come mettere insieme da quei segni le storie di quelle vite?
- Prendi tempo - mi dissi - forse troverò qualcuno in paese che ricordi
qualcosa di questa casa e dei suoi abitanti -.
Il tempo però passava senza progressi nella mia ricerca anche se i miei
vicini e i negozianti erano socievoli e ben felici di fare quattro
chiacchiere con la nuova proprietaria della casa.
Un caldo pomeriggio d'estate, mentre camminavo lungo l'antico muro
di pietra dell'Abbazia per la solita passeggiata con i miei inseparabili
cani, incontrai un anziano frate che portava un paio di borse. A
giudicare dallo sforzo sembravano pesanti e mi offrii di aiutarlo,
accompagnandolo in convento.
Nel bellissimo chiostro cinquecentesco mi ringraziò, promettendomi
che sarebbe presto venuto a benedire la casa.
- Conosco bene la casa che ora è sua - mi disse - Venti anni fa venivo
spesso a trovare Ambrogio e Maria, bravi parrocchiani, finiti, poveretti,
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in modo tragico! -.
Avevo la voce tesa quando gli raccontai della medaglia che avevo trovato
con i loro nomi, uniti da quel "per sempre" che sembrava ora assumere il
significato di un destino.
- La prego, mi racconti la loro storia - chiesi.
- Sediamoci qui, se i cani stanno tranquilli. - mi propose - Sono contento di
parlare di quelle brave persone con chi non ha avuto possibilità di
conoscerle ed apprezzarle -.
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Ambrogio e Maria
Erano contadini ed erano poveri.
Con molti sacrifici e duro lavoro, si erano sistemati la casa dove ora
abita Lei, che era appartenuta al nonno di Ambrogio. Molto diversa da
come è ora, la casa comprendeva due stanze, la cucina ed un bagno e,
al posto del giardino e del bosco, un piccolo vigneto ed un orto che i
due sposi coltivavano.
Spesso, andando a salutarli, tornavo al convento con l'insalata appena
colta o qualche cavolo e, a volte, con qualche uovo fresco per i miei
confratelli più anziani.
Per sbarcare il lunario e per sistemare la vecchia casa, Maria lavorava a
ore da una vicina e Ambrogio era custode in una piccola fabbrica.
Riservato e di poche parole lui, ma sempre pronto ad aiutare chi ne
avesse bisogno e generoso nello spartire con i più poveri quel poco che
aveva.
Vivace ed allegra lei, felice di fare quattro chiacchiere con le
parrocchiane, la Domenica dopo la Messa.
Due brave persone insomma, contente del poco che erano riusciti a
strappare alla vita.
Quell'ultimo Natale, sotto l'albero, Maria mi fece vedere, con gli occhi
che brillavano, il prezioso dono che Ambrogio le aveva fatto: una
catenina d'argento con una piccola medaglia e scritti i loro nomi, legati
da "per sempre". Insieme al piccolo gioiello, c'era un biglietto della
lotteria organizzata dalla nostra parrocchia.
- Il primo premio è un viaggio di quattro giorni, a Vienna! Pensi Padre
se lo vincessi proprio io! Potrei festeggiare con Ambrogio il nostro
anniversario di matrimonio ... Potremmo fare quella luna di miele che
mai ci siamo potuti permettere! - Non farti illusioni, figlia mia - le suggerii - rischi di fare dei castelli di
carta e poi di vederli crollare -.
- Sognare, Padre Remigio, non costa niente ed aiuta a vivere meglio rispose serena, infilando al collo il suo prezioso dono d'amore.
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La sera dell'estrazione, ero presente in parrocchia e quando vidi Maria
saltare dalla sedia, urlando che il biglietto estratto per il primo premio era
proprio il suo, devo dire che mi commossi e ringraziai il Padre Eterno per il
dono fatto a quelle due brave persone.
- Partiremo il 20 Gennaio. - mi disse entusiasta, dopo qualche giorno - Ho
già cominciato a fare la valigia, anche se mancano ancora due settimane! Mi vennero a trovare il giorno della partenza, con la loro piccola auto,
tutta lustra e splendente e, vedendoli andar via, ebbi, non so spiegare
come, una premonizione, perché li rincorsi e, dal finestrino abbassato,
dissi loro di andare piano fino all'aeroporto perché le strade erano
ghiacciate.
- Non abbia paura, Padre; con questo macinino non faremo certo le corse!
- mi sorrise Ambrogio, raggiante. La felicità dei due sposi riempiva l'auto ...
Venne il figlio, dopo due giorni ad avvisarmi: erano morti, annegati, in un
canale di scolo, pieno per le nevicate. Non si è mai saputo se sia stata una
manovra sbagliata o un fuori-strada per le strade ghiacciate. Due passanti
li avevano trovati abbracciati dentro l'auto sommersa, poche ore dopo
che ci eravamo salutati, per l'ultima volta ...
Era sconvolto, il figlio, ma al tempo stesso contento che le loro vite
fossero cessate insieme, in un momento di gioia.
- I carabinieri mi hanno dato la catenina della Mamma - mi disse - l'ultimo
regalo che Papà le aveva fatto! L'ho voluta lasciare nella loro casa, che
tanto avevano amato, perché resti nel tempo il segno della loro vita -.
- Lei l'ha trovata, forse, per permettere a me di raccontare ancora la loro
storia - concluse il frate con le lacrime agli occhi.
- Ho trovato anche altri oggetti - gli dissi, commossa - vorrei mostrarglieli,
quando verrà a benedire la casa -.
- Che strano destino, continuavo a ripetermi, ripensando alla lettera di
Andrea, rimasta sepolta per anni nel camino ed alla storia di Ambrogio e
Maria che Padre Remigio mi aveva raccontato, quando gli avevo parlato
della medaglia! Avevo, sempre più netta, la sensazione che, lentamente e per oscure
strade, le storie di quelle vite di cui conservavo piccoli ricordi, si sarebbero
svelate a me, perché le facessi ancora rivivere ... e, sempre più chiara, la
percezione che quella casa fosse divenuta mia per farsi raccontare!
Venne l'autunno con il trionfo degli ori e dei rossi sugli alberi, con la
ricchezza dei funghi e degli ultimi fiori sul terreno. Passavo molte ore a
passeggiare con i cani, sia nei dintorni, sia soprattutto nel mio bosco,
dove mi rilassavo raccogliendo i piccoli ultimi fiori e togliendo i rami
secchi dal terreno.
Sentivo una grande pace inebriandomi del profumo del bosco e
cogliendone l'immutabile, antica maestosità. I miei cani sembravano
condividere queste sensazioni e mi guardavano con occhi dolcissimi,
quasi a ringraziare del dono di quel nostro esistere insieme ...
Una sera, mentre stavamo tornando a casa, il pastore belga, Axel,
cominciò ad abbaiare furiosamente e a scavare nel terreno, reso
morbido dalle abbondanti piogge, vicino ad una vecchia radice. Il
bracco, Thorn, lo osservava attento in posizione di punta, fiutando l'aria.
- Cosa vi prende, cuccioli? - chiesi, chiamandoli con il loro vezzeggiativo,
ed avvicinandomi per accarezzarli.
In fondo alla buca che Axel aveva scavato in pochi minuti, si intravedeva
un pezzo di cartone giallo ...
- Scava, Axel, scava! - incitai il cane, aiutandolo con le mani a
dissotterrare quel nostro tesoro: era un vecchio quaderno di cartoncino
giallo, plastificato, avvolto nei resti di un sacchetto di nailon. Recava,
nella prima pagina un nome "Carlo" ed una data "12 Aprile 1981”.
Era certamente la stessa persona l'autore dell'agenda e del diario e,
così, in modo inatteso, mi arrivava dal passato il filo di quella vita che
riannodava ancora quel legame misterioso con coloro che erano vissuti
nella casa prima di me.
Nella mia solita poltrona tenni a lungo nelle mani il diario e l'agenda,
decidendo infine di leggere il primo, che sembrava cronologicamente
anteriore.
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Carlo
12 Aprile 1981
Se qualcuno mi avesse detto, solo due mesi fa, che avrei tenuto un diario,
l'avrei preso per pazzo ... E invece ora sto scrivendo le strane cose che
credevo non potessero capitare, ad uno come me!
Sono un rappresentante di abbigliamento, ho trent'anni e sono nato a
Roma.
La mia famiglia si è trasferita in Veneto quando ero bambino . Sono
diplomato in ragioneria. Dopo molti tentativi falliti di trovare un lavoro,
sono riuscito ad avere alcune rappresentanze di buone marche di
abbigliamento ed ho cominciato un lavoro che, seppure non molto
prestigioso, mi dà discrete soddisfazioni ed un buon guadagno. Quando
finisco di lavorare, la sera, spesso sono contento degli ordini fatti e,
ancora di più, della stima e dell'amicizia che i miei clienti mi dimostrano.
Insomma, anche se il mio titolo di studio mi serve a poco, questo lavoro
mi piace e mi dà anche il tempo per riflettere.
Ho deciso di cercare una casa in campagna, perché quella che i miei mi
hanno lasciato è piena delle loro presenze e di ricordi ... e poi non mi è
mai piaciuta!
Voglio una piccola casa, in mezzo al verde, dove coltivare dei fiori, tenere
dei cani e magari mettere su famiglia!
20 Aprile
Credo di averla trovata, la casa dei miei sogni! È piccola, addossata ad una
collina, vicina all'Abbazia della Santa Madre, con una bellissima vista sulla
vallata. Certo, avrebbe bisogno di qualche lavoro ma, per ora, potrei già
abitarla così.
Il vecchio proprietario la vende a un prezzo ragionevole perché ha fretta di
tornare in città dove la figlia potrà prendersi cura di lui, rimasto vedovo da
poco.
Credo proprio che raggiungeremo un accordo.
15
20 Maggio
Sono entrato oggi nella mia nuova casa! Che gioia pensare che queste
vecchie mura sono mie e che pace sento, camminando nel bosco,
dietro casa, fra rovi e sambuchi.
Comincerò subito a togliere i rovi dal terreno e a piantare qualche
albero da frutto e dei fiori; poi sistemerò il terrazzo che è stato molto
trascurato e, infine, quando avrò qualche soldo, chiamerò un paio di
pittori per ridipingere la facciata. Non mi sentivo così pieno di
entusiasmo da anni!
13 Luglio
Ho lavorato molto, ogni giorno, nella casa al termine del lavoro e si
vedono già dei buoni risultati! Il bosco ora sembra un giardino e si può
percorrere tutto, senza graffiarsi nei rovi; gli alberelli piantati (fichi,
ciliegi e albicocchi) occupano la spianata del colle dietro la casa ed il
terrazzo, ripulito e sistemato, è pieno di vasi con lavanda, margherite,
oleandri e gardenie. Ho ridipinto la facciata di un bel rosso veneziano,
come doveva essere originariamente e, dalla strada, la vista della casa
è davvero gradevole ... Restano ancora parecchie cose da sistemare
all'interno e, soprattutto, da pensare all'arredamento ma, per ora, il
tempo e le finanze non mi permettono altro ... Però sono già molto
soddisfatto così!
Ho portato a casa due cuccioloni meticci, trovati al canile e subito
divenuti miei inseparabili ed ora, la sera, ceno in terrazza guardando la
vallata, con i miei amici ai piedi e una gran pace nel cuore. Le lucciole
illuminano queste notti fatate ed il profumo dei fiori mi inebria,
mentre anche al buio le cicale continuano il loro eterno canto alla vita
... Ci voleva questa casa per rivelare il mio insospettato lato poetico!
20 Luglio
Ho fatto amicizia con i ragazzi del paese e spesso vengono a farmi
visita e a mangiare pane e salame sotto le stelle. Abbiamo un paio di
chitarre ed è molto bello "tirare tardi" cantando e bevendo senza
nessun vicino che ci possa zittire ... Il tempo si dilata e spesso facciamo
le ore piccole, senza accorgercene, assaporando la vita in un bicchiere
di vino novello e nel suono dolce delle vecchie canzoni. È dura, al
mattino, mettersi in auto per andare a lavorare presto, ma quelle ore
vissute in modo così diverso dal passato non hanno prezzo e mi
16
lasciano più ricco e appagato.
Poi, una sera, si sono unite alla compagnia di soli uomini tre ragazze,
colleghe di Mario nel bar dove lavora. Certo, con la presenza delle donne,
le battute grasse e le risate non sono più le stesse ma la musica e le
canzoni hanno assunto valenze diverse. La sottile seduzione del grande
terrazzo pieno di fiori, i rumori lontani del traffico e della città, il dolce
canto dei grilli e il pazzo frinire delle cicale giocano su tutti una strana
magia, un languore da tempo dimenticato ma solo sopito.
Ed è accaduto così che mi sono accorto degli occhi di Michela, azzurri
come il mare, del suo sorriso timido, eppure così sensuale e della sua voce
leggermente roca. Complice l'incanto della notte stellata, mi sono
ritrovato a ballare con lei al suono di una vecchia canzone.
Non ricordo cosa ci siamo detti quella sera, ricordo solo la sua pelle
accaldata, liscia, sotto la stoffa leggera della maglietta che lasciava
intravedere le forme; ricordo il profumo dei suoi capelli neri sul mio viso
ed il suo corpo sodo ed elastico, stretto al mio nel ballo.
Le ho chiesto un appuntamento per un gelato, e contato i minuti che mi
separano da quell'incontro, dall'istante in cui l'avrei rivista.
22 Luglio
Le ragazze mi hanno sempre giudicato attraente; pur non essendo bello,
sono alto, atletico, con un viso regolare, occhi neri e profondi, folti capelli
ricci e scuri. Ho sempre avuto una discreta autostima e successo con
l'altro sesso, ma tutto è svanito quel giorno, davanti a quel gelato!
Mi sento goffo e impacciato e mi sembra impossibile che una donna come
lei possa vedere uno come me ... Che scherzi fa l'amore!
Abbiamo camminato a lungo per strade deserte, dopo che le luci dei
negozi e dei bar si sono spente; camminato, mano nella mano, narrandoci
le nostre vite, sorpresi dalla gioia di scoprirsi e ritrovarsi, quasi, dopo un
lungo distacco. In quella notte senza tempo, ci siamo lasciati dietro tutti
quelli che avevamo creduto amori, comprendendo che stava capitando a
noi una cosa irripetibile e magica ... L'alba ci ha colto assonnati e felici,
seduti sul muretto di casa, con i miei cani accucciati vicino. Una nebbia
leggera vela i campi mentre il cielo si tinge di rosa e di viola; le tortore
cantano il loro triste richiamo e le cornacchie volteggiano lente sopra i
tetti.
- Vivrò solo per rivederti - le ho detto, lasciandomi prendere dalla magia di
quell'istante e dal dolce sfinimento di una notte insonne.
13 Agosto
Ci vediamo tutti i giorni, e ogni volta mi stupisco di provare il folle
terrore di perderla. La conosco da così poco eppure mi pare di averla
incontrata da sempre e, con lei, di essere finalmente arrivato nel mio
porto sicuro.
La mia vita è totalmente cambiata ed ora, dopo il lavoro, torno di
corsa a casa per trovare chi mi attende con il sorriso sul volto. La
notte il frinire delle cicale fa da sfondo alla nostra passione che
sembra inesauribile e spesso l'alba ci trova abbracciati, addormentati
sull'erba. Nel suo corpo ho ritrovato i sogni dell'infanzia, le ansie
dell'adolescenza, i trionfi della giovinezza; sulle sue labbra ho
pronunciato poesie che credevo dimenticate ed ho inventato, solo
per lei, canzoni d'amore. Nei suoi capelli ho respirato il profumo del
grano maturo e dell'uva appena raccolta, dei mazzi di lavanda e delle
viole di primavera. Sembrerò ridicolo, ma la felicità che ho provato in
quei giorni mi è parsa assoluta e, sfidando gli Dei invidiosi, ho giurato
che il mio amore e la mia felicità sarebbero durati per sempre!
30 Agosto
- Voglio sposarti - le dico in un pomeriggio assolato, mentre
passeggiamo, mano nella mano, nel bosco. I cani, attenti ad ogni mio
gesto, sembrava sentissero la magia di quel momento - e vivere con
te in questa casa fatata! Michela mi guarda con uno sguardo felice, ma al tempo stesso
misterioso.
- Vivere con te sarà un'avventura unica - risponde con la sua voce un
po' roca, rotta dalla commozione.
- Sei proprio sicuro di voler vivere in questa casa così isolata e di
crescere qui i nostri figli? - ha aggiunto poi con un tono quasi di sfida.
- Questa è e sarà la casa dei miei sogni, e credo che qui potremo
essere molto felici - rispondo in tono deciso, cercando di nascondere
la lieve delusione che quella domanda ha saputo provocare.
10 Ottobre
La cerimonia è stata molto semplice, come entrambi volevamo: al
pranzo sono venuti solo i pochi amici del paese e qualche parente
della sposa, visto che i miei sono lontani e da anni non ci
frequentiamo.
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Lei è bellissima nel suo abito bianco di seta con bianche gardenie nei
capelli e fra le mani; io, commosso e ancora incredulo per la felicità, non
riesco a staccare lo sguardo da quel dolce viso e da quegli occhi azzurri,
assaporando quel momento e pregustando i giorni e gli anni che avrei
vissuto con la mia sposa.
Soli, nel grande letto a baldacchino che troneggiava nella nostra camera,
abbiamo passato la notte a ricordare i momenti del nostro incontro e i
mille istanti felici, fino ad allora vissuti insieme. Poi, mentre l'alba sorgeva
ed i primi raggi illuminavano i nostri volti, ci siamo addormentati
abbracciati, paghi di quell'unione così completa.
5 Novembre
La vita, da quando sono sposato, è frenetica e non riesco più a passeggiare
nel bosco e a scrivere; ci sono sempre un sacco di cose da fare ed il tempo
non basta mai.
Michela, troppo impegnata a seguire la casa e me, ha smesso di lavorare
ma ugualmente appare stanca e più volte ha ripetuto che questa casa,
l'orto, il frutteto, il bosco e i cani sono troppo pesanti da gestire per una
coppia giovane, che dovrebbe avere un po' di tempo anche per potersi
godere la vita.
Io però sono irremovibile e, per continuare a vivere qui, cerco di aiutarla
in tutti i modi, quando sono libero dal lavoro, spendendo poi tutto il
denaro che guadagno per rendere più bella la nostra casa e per far regali a
mia moglie.
Qualche sera, quando resto solo davanti al camino a fumare, mi chiedo se
ero proprio io che, una volta, riuscivo a provare una profonda pace,
camminando nel bosco con i miei cani, mentre la sera scendeva ed il
profumo della legna bruciata si mescolava a quello della lavanda e della
menta selvatica.
15 Dicembre
- Aspetto un bambino - mi ha detto, accogliendomi sulla porta con il viso
stanco e gli occhi cerchiati.
La gioia che ho provato in quel momento è stata talmente intensa che non
ho voluto accorgermi di quanto Michela apparisse sconvolta.
- Non pensare che non voglia questo bambino - ha ripetuto molte volte
durante quella gravidanza che sembrava eterna, tanto prostrata e stanca
appariva, giorno dopo giorno, mia moglie.
- È che non credo che questo posto sia adatto a crescervi un figlio insisteva, cercando di convincermi ad andarcene via.
Tutto ciò che avevo costruito in quei mesi, tutti i miei tramonti tinti di
rosa e di viola, tutte le mie albe e le mie notti stellate, mi sembrano
ora così vuote e fasulle: dove sono finiti i miei sogni e la voglia di
affrontare con lei tutto il mondo?
Mi sostiene solo la speranza che questo figlio sia come me e mi aiuti a
tenere vivo questo mio piccolo mondo incantato.
10 Gennaio 1982
Non riesco più a scrivere come in passato, ma ho ripreso l'abitudine di
passeggiare per il bosco con i cani e di riempirmi l'anima dei profumi e
dei colori, sempre diversi.
Sogno ad occhi aperti la mia creatura e vedo lo stupore dei suoi occhi
quando con me scoprirà meravigliosi misteri.
Michela è sempre più lontana, aggrappata al suo mondo di parenti,
amici ed insulsi incontri in cui la banalità e la forma regnano sovrane.
Vive questo bambino come un pesante fardello e non come una
meravigliosa sfida per lasciare la nostra impronta nel tempo.
2 Febbraio
È domenica mattina.
Mi sono svegliato tardi, dopo una notte agitata, perchè Michela accusa
nausee che la costringono ad alzarsi spesso e che la lasciano pallida e
prostrata.
Apro le imposte: c'è la neve! II nostro mondo sembra incantato! Tutto
è bianco, coperto da mille brillanti purissimi che riverberano la limpida
luce del mattino, dilatandola in un tripudio di candore. Gli alberi spogli
hanno trine di ghiaccio e neve, ed il giardino è un manto bianco
percorso solo dalle impronte dei cani, che attendono, accucciati
davanti alla porta, la loro razione di cibo e di amore.
Da tanto tempo non provo una simile emozione ed una pace così vera
ed antica.
Sono sceso in cucina ed ho preparato il caffè che ho portato a mia
moglie, ancora a letto.
- Svegliati, amore! C'è la neve! - le ho detto felice, aprendo le imposte
della camera.
- Il mondo sembra una grande torta di panna montata! -
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Voltandomi le spalle, Lei mi ha risposto di lasciarla dormire.
6 Marzo
Da mesi ho aumentato il lavoro, per affrontare le spese che stanno
lievitando, come il ventre di mia moglie. Il bimbo dovrebbe nascere a
metà Agosto e Michela ha già annunciato che nelle ultime settimane si
trasferirà in città, da sua madre, per attendere lì il parto. L'ecografia è
fissata fra dieci giorni e, oltre alle dimensioni e ad eventuali anomalie, si
dovrebbe sapere il sesso del bambino ... Speriamo che vada tutto bene.
16 Marzo
È femmina e sembra piuttosto grossa! Siamo emozionati e felici tutti e
due, mentre guardiamo sul monitor dell'apparecchio la nostra bimba che
si succhia il dito e che muove poi la sua piccola mano, quasi a salutarci.
- Vorrei chiamarla Viola - provo a dire dopo qualche giorno a mia moglie,
approfittando di uno degli ormai rari momenti di serenità.
Inaspettatamente la scelta è piaciuta a Michela, forse perché era stato il
nome di una sua zia da tempo scomparsa ma da lei molto amata
nell'infanzia.
- È anche un nome adatto a un abitante di questo posto che tu ami tanto!
- ha aggiunto poi, acida.
- E così sarai la mia Viola - fantastico nei momenti di solitudine, la sera,
davanti al camino con i miei cani - e ti porterò per mano a scoprire il
nostro piccolo mondo fatato, che alla tua mamma ormai non interessa
più! Vedrò nei tuoi occhi lo stupore delle nuove meraviglie che ogni giorno
scoprirai e sarò lì, con te, quando coglierai l'incantesimo di quanto ci
circonda e l'amore di cui ti riempirò per sempre! Tu sarai le mie speranze,
i miei sogni, la mia vita, la mia casa! 20 Aprile
L'aria si è fatta tiepida e lo splendore del verde appena nato e dei fiori
ancora in boccio riempie di luce queste lunghe giornate. Qualcuno dei
vecchi amici è tornato a salutarci e a bere un bicchiere con noi, anche se
Michela lascia capire la sua insofferenza, non legata solo alla gravidanza.
I miei amici non le sono mai piaciuti, perché, come me, amano le cose
semplici e la vita in campagna. Io però fingo di non cogliere le scortesie di
mia moglie e faccio tesoro di quei momenti di serenità, ben sapendo che
vi saranno poi recriminazioni e lunghi silenzi, quando la porta di casa si
21
chiuderà. Il mio umore ondeggia fra l'ansia dell'attesa ed il timore che
la realtà sia molto diversa dai miei sogni e che mia figlia diventi come
la madre e faccia spegnere ad uno ad uno tutti i miei entusiasmi.
Spesso, accarezzando i cani, vedo nei loro occhi quello sconfinato
amore, quell'assoluta dedizione che ho creduto di provare per
Michela, quando abbiamo iniziato la nostra storia ... mille anni fa. Mi
chiedo se riuscirò a provare un amore così profondo anche per quel
piccolo essere misterioso che fra qualche mese stringerò fra le braccia.
30 Maggio
Non riesco più a scrivere né a pensare. Mia moglie è sempre più
stanca, e molto spesso, al termine del lavoro, devo occuparmi della
casa, della spesa e di tutte le mille incombenze che lei non è più in
grado di assolvere. Mi sembra però più serena, quasi che sentir
muovere dentro di lei la nostra creatura le dia finalmente la
consapevolezza di quel miracolo che il nostro amore ha prodotto.
Spero che la nascita di Viola possa anche riavvicinarci e farci ritrovare
la gioia di vivere e di sognare insieme.
Questa mattina la vecchia signora, che ci aiuta in casa da quando
Michela è entrata nella mia vita, mi ha portato, tutta orgogliosa, una
piccola bambola di pezza, fatta con le sue mani: ha le trecce bionde,
un tenero vestitino viola ed il nome della mia bambina ricamato sul
petto ... Mi sono commosso nel farlo vedere a mia moglie che,
mettendola nel cassetto, ha esclamato - si vede che l'ha fatto lei! È
proprio brutta! Smisi per un momento di leggere il diario, prendendo fra le mani la
piccola, dolce bambola che avevo trovato fra le cose lasciate da
Giacomo! Era quindi questo il legame che univa la vita di quel giovane
sognatore, sposato ad una donna così diversa da lui e quella bambina,
in cui l'uomo stava riponendo tutte le sue speranze ed i sogni! Ero
certa che, da quel giorno in poi, il diario di Carlo sarebbe stato
dedicato a sua figlia. ed infatti la data che lessi nella pagina successiva,
era quella della sua nascita: 16 Agosto 1982.
22
Viola
16 Agosto 1982
È nata in una calda notte di Agosto, la mia piccola Viola! Ho passato la
notte accanto a Michela in travaglio, in ospedale. Guardavo attraverso i
vetri della sala d'attesa quella luci scialbe della città, sommersa da tutto
quel cemento. Due stentati alberi di magnolia nascondevano in parte
l'edificio vicino e pallide stelle tentavano di raccontarci il miracolo della
tua nascita.
Quanto avrei voluto che potessi venire al mondo nella nostra casa,
nell'incanto del manto di stelle e dei mille profumi che ogni notte respiro.
Quanto desidero cullarti fra le braccia, sussurrandoti piano i nomi delle
stelle e dei fiori, i colori della notte e dei nostri sogni!
E finalmente ti ho vista! Sei un batuffolo roseo, con vispi occhietti di
colore indefinito e pochi capelli biondi sulla testolina rotonda. Le manine
ed i piedini sembrano di porcellana.
Poi mi hai guardato e sembrava che volessi dirmi: - Ciao Papà, sono
arrivata per vivere con te nel nostro piccolo mondo incantato! 18 Ottobre
Non credevo di riuscire a provare ancora un amore così totale! Ogni volta
che ti prendo fra le braccia mi sembra impossibile godere di questo
miracolo che sei tu, piccolo amore, e respirando il tuo profumo di latte e
di pulito mi sento assalire da una emozione e da una gioia indicibile e
penso che è proprio valsa la pena vivere fino ad ora ed affrontare tutte le
difficoltà per godere di questa felicità così piena!
La notte, quando piangi nel tuo lettino e chiedi latte ed amore, corro a
cullarti: sento sul mio petto il tuo dolce respiro quando, sazia di latte e di
baci, ti abbandoni nel sonno.
Qualche notte fa, tenendoti fra le braccia, ti ho portato in salotto, vicino al
camino, dove si consumavano le ultime braci; dalla finestra si vedeva la
luna, piena e rotonda, come una grande polenta! Sui rami degli alberi,
ormai quasi spogli, le stelle sembravano appese e riempivano il buio dei
loro mille bagliori.
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L'incanto della notte era antico e insieme nuovo, il silenzio rotto
soltanto dal verso della civetta. Ti parlo dolcemente, per farti
riaddormentare e tu, con la testina appoggiata al mio collo, respiri
quieta e sicura fra le mie braccia. Ad un certo momento hai riaperto gli
occhi e, del tutto sveglia, hai guardato la luna emettendo un gridolino
di gioia, come a dire: - la vedo, Papà, questa bellissima luna! 5 Dicembre
Facciamo lunghe passeggiate con te, tutta imbacuccata nelle
coperte, ed i cani che corrono avanti a noi due che procediamo
lentamente nel bosco; ti racconto le storie delle fate e dei folletti che
hanno abitato questo paese tanti e tanti anni prima di noi e mi
riscopro bambino, mentre per te dò voce alle fiabe che avrei voluto
mi fossero raccontate da piccolo. Per te troverò la forza di affrontare
ogni difficoltà; con te riuscirò a raggiungere i miei traguardi; in te
potrò riporre tutte le mie speranze ed i miei sogni.
Michela ci guarda sarcastica e spesso mi dice che sono diventato
matto e che parlo da solo, con la piccola in braccio, per non parlare
con i muri!
10 Febbraio 1983
Ogni giorno, tornando dal lavoro, trovo un cambiamento nella mia
piccola Viola. Oggi un sorriso, domani un tentativo di prender
qualche oggetto colorato o uno sguardo attento dei suoi bellissimi
occhi azzurri su questo grande mondo sconosciuto. È stupendo poter
cogliere queste continue scoperte e rivivere in quel batuffolo roseo
tutti gli entusiasmi passati ... prego solo che questa mia felicità possa
continuare per sempre!
Oggi, dopo una pesante giornata passata a guidare nella nebbia per
visitare i clienti, ho trovato madre e figlia in salotto davanti al camino
acceso: la piccola è rannicchiata in grembo a Michela e la osserva
rapita mentre la mamma canta una dolce canzone per
addormentarla. Il fuoco illumina i due volti vicini e, per un momento,
ho pregato che quell'attimo non finisse mai.
Per la prima volta, nel sentire la mia voce che sussurra il suo nome, la
bimba ha teso le braccine verso di me, illuminandomi con il suo
sorriso.
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15 Aprile
Da qualche giorno mia figlia ha cominciato a camminare a quattro zampe!
Sembra un gattino indaffarato, mentre veloce percorre le stanze al piano
terra. Dovremo chiudere la scala con un cancello per evitare pericoli.
Oggi è venuta mia suocera per vedere la figlia e la nipote. Arcigna da
sempre nei miei confronti, non è minimamente cambiata con la nascita di
Viola, anche se, purtroppo, ora viene spesso a trovarci. Seduti davanti ad
una tazza di the, abbiamo passato molto tempo a parlare della bimba e
dei suoi progressi, mentre Lei gironzolava per la casa, tentando di
sollevarsi sulle sedie.
- Credo che Michela abbia ragione quando afferma che questa casa è
piena di pericoli per un bimbo così piccolo! – si è lasciata infine sfuggire
mia suocera, facendo chiaramente intendere che quell'argomento era già
stato oggetto di numerosi colloqui con la figlia.
- Farò un cancello per le scale e, quando farà abbastanza caldo, metterò
cancelli anche sul terrazzo e sul viottolo che porta al bosco. Nostra figlia
qui sta bene ed è felice! - la sfido con la voce alterata dalla rabbia.
- Perché? – mi domando - Michela deve far intromettere questa donna
che non sopporto in questioni che mi fanno star male e che credevo da
tempo superate? Mia moglie mi guarda in silenzio con uno sguardo lontano ed un sorrisetto
ironico sulle labbra.
2 Luglio
Le lucciole danzano intorno a noi, mentre nel terrazzo, illuminato da
piccole candele colorate, mangiamo una deliziosa fetta di anguria con
vecchi amici.
Viola siede tranquilla accanto a me sul seggiolone e sembra incantata
quanto me da quella calda notte stellata carica dei profumi dell'estate.
All'improvviso, tendendo una manina verso di me, quasi ad accarezzarmi,
avvolgendomi nel mare azzurro dei suoi occhioni, mi dice: - Pa … pa … -,
lasciandomi incredulo, ubriaco di quella felicità così assoluta. Mia moglie
sembra infastidita, gelosa forse, che la prima parola della nostra bambina
fosse stata per me. Fra le mie braccia abbiamo festeggiato l'evento,
danzando al suono di una musica che solo noi due potevamo sentire. I
grilli e le cicale ci fanno il coro, una civetta canta alla luna il suo triste
canto d'amore.
4 Agosto
Sono le due di un caldissimo pomeriggio. Michela, stanca e sudata, è
andata a riposare lasciandomi con Viola, tutta allegra per la recente
conquista del camminare.
Trotterella incerta per il salotto, indicando con la manina gli oggetti
che la colpiscono ed annusando con il piccolo naso tutti i fiori che
riesce a trovare in terrazzo. Per farla restare nella fresca penombra
della sua cameretta, ho aperto l'armadio cercando il libro di fiabe che
leggiamo sempre, la sera; in fondo ad un cassetto è apparsa la piccola
bambola di pezza fatta dalla nostra vecchia donna e dimenticata lì
dall'indifferenza di mia moglie.
L'avvicino alla bimba. Lei tende le manine, la abbraccia e, con un
sorriso dolcissimo, le stampa un umido bacio sulla faccia, dicendole: Tata -. Le piace davvero e, malgrado il malumore di mia moglie che
giudica poco igienico quell'umile gioco di pezza, la sera Viola se la
porta sempre nel lettino e prende sonno con lei.
Quando, qualche sera, camminiamo per mano lungo il vialetto seguiti
dai cani, abbiamo sempre la bambola appresso: respiriamo insieme il
profumo della terra riscaldata dal sole e del fieno tagliato e seguiamo il
volo delle libellule mentre le prime ombre della notte sfumano i colori
e le forme delle cose.
6 Luglio 1984
Apro questo mio diario e mi accorgo che è passato quasi un anno
dall'ultima volta che vi ho scritto! Mio Dio, come scorre veloce il
tempo e quanto rapidamente si dipana la nostra esistenza!
Sono stato male in questi ultimi mesi. Accusavo da tempo dolori
all'addome e difficoltà a digerire e, dopo vari tentativi di risolvere con
la dieta i miei problemi, mi sono deciso a fare degli esami, scoprendo
che la mia colecisti era piena di calcoli. Dopo l'intervento, il Chirurgo
mi ha fatto dono del mucchietto di sassolini che prima abitavano
dentro di me. Viola è apparsa molto interessata alle pietruzze e si è
portata il vasetto pieno nella sua cameretta, per fare la pappa alla sua
inseparabile bambola di pezza!
Come è cresciuta mia figlia in quest'anno! È sempre bellissima con i
suoi riccioli bruni e gli stessi incredibili occhi azzurri della madre; ora
però è in grado di fare brevi ma sensati discorsi e mi segue ovunque
con passo ormai sicuro.
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Durante la mia convalescenza abbiamo avuto molto tempo per
camminare insieme nel bosco e nelle stradine qui intorno, scoprendo ogni
giorno un insetto, un fiore, un nuovo profumo. La bimba sembra avere il
mio carattere sognatore e, pur essendo così piccina, talora la scopro con
lo sguardo perso nei sogni.
Come al solito mia moglie è chiusa nel suo mondo, indifferente ai nostri
entusiasmi e sempre più distante da noi, anche se la nostra piccola
famiglia sembra all'apparenza solida e felice. Qualche giorno fa, anzi, mi
ha espresso il desiderio di un altro figlio, confermando la mia idea della
sua incapacità di penetrare nell'animo delle persone che crede di amare.
5 Agosto
Io e mia figlia ci siamo fatti un regalo! Da tempo avevo notato in fondo al
viottolo, vicino all'ingresso della casa,una grande vasca semi-interrata. La
donna che aiuta mia moglie e che da molti anni frequenta questo posto,
mi ha detto che la vasca raccoglieva l'acqua di un'antica fonte proveniente
dal monte e dotata, pare, di proprietà terapeutiche.
Ho trovato dei giovani operai che, con la forza della pala e dei loro
vent'anni, hanno ripulito la vasca e liberato l'imboccatura del condotto:
ora scorre solo un filo di acqua perchè la fonte è quasi inaridita per la
siccità ma, con l'inizio delle piogge, la nostra vasca dovrebbe riempirsi. Per
allora, abbiamo deciso di comprare dei pesci rossi e, forse, una tartaruga e
Viola ha voluto una piccola rete da pesca per ripulire lo specchio d'acqua
(quando ci sarà ...) dalle foglie. In attesa della pioggia, le rane hanno
occupato il fondo melmoso e riempiono l'aria del loro festoso gracidio e,
qualche sera, abbiamo visto sul bordo una piccola salamandra nera con
grandi macchie gialle sul dorso che, timida, è fuggita all'accorrere festoso
dei cani.
25 Settembre
La nostra vasca è finalmente piena e lo specchio d'acqua è ben rifornito da
un rivolo continuo: abbiamo comprato otto pesci colorati che si perdono
nella grande vasca e che sfrecciano velocissimi quando si accorgono che
portiamo loro del cibo.
Tutte le sere, al mio ritorno, io, mia figlia, i cani e la bambola, in fila
indiana, percorriamo il vialetto che porta alla vasca e ripetiamo
solennemente quel rito, gettando una manciata di mangime che
rapidamente sparisce. La bimba guarda assorta i pesci che avidamente
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mangiano, poi mi sorride felice e ripete: - mangiano tanta pappa! Ogni volta, di fronte a quel sorriso, il cuore si smarrisce in una dolcezza
senza tempo e resto lì mentre la sera lentamente avanza a godere
quella pace antica.
13 Ottobre
È stata una giornata pesante, passata prima al lavoro e poi in ospedale
per accompagnare Michela a fare le prime analisi per questa seconda
gravidanza. Chissà perché, non riesco a provare lo stesso entusiasmo
della prima volta e mi sento oppresso da un peso, da una tristezza
senza nome e senza tempo.
Svogliatamente rientro in casa, con Viola che mi salta addosso,
coprendomi di baci e di parole; festosi i cani agitano la coda,
attendendo il nostro rito serale.
Apro il cancello del viottolo e preparo il cibo per i pesci, mentre,
insistente, squilla il telefono; ritrovo il piacere di un vecchio amico che
da mesi non sentivo e col quale rievoco momenti di gioia passati in
questa casa , mille anni fa.
L'abbaiare furioso dei cani, una morsa d'ansia che mi serra la gola e
non fa uscire quel nome "Viola"; quella stanza, divenuta così
silenziosa, la cornetta del telefono che oscilla appesa al filo, la mia
corsa eterna fino alla vasca e quel piccolo tenero corpo, fluttuante
nell'acqua scura con i riccioli bruni che fanno corona.
Mi immergo nell'acqua, la sollevo, mentre il suo volto pallido non da'
segno di vita; la stendo sull'erba bagnata e comincio a rianimarla. Le
urla della madre, alle mie spalle, sembrano il grido di una belva ferita
ma passano attraverso il macigno del mio sconfinato dolore.
- Non è il tempo per piangere. Dio, ti prego, non me la portare via! E poi la folle corsa in auto all'ospedale, con Viola che rantola e vomita
fra le braccia di sua madre; le luci accecanti della sala d'attesa, i lunghi,
interminabili minuti prima del responso del medico: - È una bimba
forte. Ce la farà, anche se dovrà restare in ospedale qualche giorno per
escludere complicazioni -.
15 Ottobre
Vado ogni giorno a trovare la bimba, distesa nel bianco lettino di
un'anonima cameretta, con i suoi giochi preferiti vicino. Parla poco,
Viola, ancora pallida, con profonde occhiaie ed uno sguardo spaurito
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che mi strappa il cuore.
- Perché sei andata alla vasca dei pesci da sola, amore? - le chiedo quando
mi sembra un po' meno prostrata.
- Volevo vedere la samalanda - mi risponde con una vocina flebile e con i
lucciconi agli occhi. - È tanto bella e, se fai silenzio, non scappa! - Salamandra - la correggo automaticamente - Si chiama salamandra,
tesoro mio! Una pioggia sottile scende sul parabrezza; c'è un pesante silenzio fra noi,
mentre torniamo a casa, rotto soltanto dal fruscio del tergicristalli.
- Non crescerò i nostri figli in quella casa, Carlo! Devi decidere se venire
via con noi o restare da solo -.
La sua voce suona triste e lontana; le parole, da tempo attese, incombono
fra noi come macigni.
6 Dicembre
Ho venduto la casa ad una giovane coppia appena sposata; darò loro
anche gran parte dei mobili, i cani ed i pesci e, insieme, lascerò i miei
sogni ed il nostro mondo incantato.
Andremo a vivere in città, in un appartamento vicino a mia suocera, che
così potrà meglio aiutarci e seguire i bambini.
C'è un vento gelido e scende qualche fiocco di neve quando, con Viola per
mano, salgo per l'ultima volta nel bosco. Per la prima volta, i cani non
vengono con noi e si accucciano tristi davanti alla porta di casa. Porto una
vanga, un sacchetto di plastica e il mio diario.
- Cosa fai, Papà ? - Metto il mio libro a nanna nel bosco, perché forse qualcuno, fra tanti
anni, leggerà della piccola Viola e del suo Papà - Le rispondo, soffiandomi
il naso per nascondere le lacrime.
Lei mi guarda seria e mi dice: - Lascia qui anche la mia Viola, Papà! - Si, amore - le rispondo - Con noi, in questa casa, la tua bambola è stata
felice! -.
Scavo una buca fonda, scrivo le ultime parole e adagio il mio diario,
avvolto in una busta di plastica, nella profumata terra del bosco.
Anch'io mi soffio il naso per nascondere le lacrime. Apro la piccola agenda
di Carlo: contiene i numeri di negozi di abbigliamento, di fornitori, di
qualche amico e dell'Ospedale. In fondo, attaccata con nastro adesivo,
una piccola foto sbiadita, ritrae una bella bambina bruna, con la bambola
29
di pezza e due grossi cani accucciati ai suoi piedi. Sotto, una scritta:
“Viola nel suo secondo compleanno” ed una data : “16 Agosto 1984”.
Per giorni e giorni, mentre una triste pioggia riempiva il mondo di
malinconia, il ricordo di Carlo e Viola mi ha accompagnato, mentre la
vita, con le sue mille difficoltà quotidiane, mi impediva di ripensare alla
dolcezza e alla struggente malinconia di quelle vecchie pagine. Poi
finalmente il sole è nato, timido e pallido come un bambino malato,
ma ha portato con sé la gioia dei colori e la voglia di rivedere la vecchia
vasca.
Era lì, in fondo al vialetto, la grande vasca che anche noi avevamo da
poco ripulito e riempito di pesci rossi. Con i miei cani, accucciati
accanto a me, sono rimasta ad osservare lo specchio scuro e liscio
dell'acqua, in cui mi sembrava di vedere il corpicino fluttuante di Viola.
Un tonfo lieve interrompe il ricordo: dal bordo della vasca, una piccola
salamandra nera, con grandi macchie gialle, si tuffa nell'acqua e nuota,
rapidissima, verso il fondo.
I mesi passano; ritorna finalmente la primavera con la voglia di vivere i
colori ed i profumi sempre nuovi eppure sempre uguali. Ogni tanto
penso alle storie di questa casa e mi chiedo se e quando scoprirò
qualcosa di Francesca che ha lasciato qui la sua fede di nozze. Non ho
fretta; so che un giorno qualcuno mi parlerà e mi racconterà anche
questa storia. Mi ricordo le parole di Giacomo che mi chiedeva di
raccontare questa casa con il suo passato e sono sempre più convinta
che un invisibile filo abbia legato il mio destino a questo luogo, per
questo scopo.
In paese c’è un piccolo negozio dove si può trovare di tutto, dalle
pentole a vecchi oggetti introvabili in città, adatti a questa strana casa
che vive del passato.
Cerco un portaombrelli di ferro da mettere in cortile e gironzolo per il
negozio, accarezzando le vecchie stampe, le lampade, i polverosi
bicchieri.
Mi capita fra le mani un piccolo acquerello che riproduce la casa come
doveva essere un secolo fa: nel cortile, davanti alla piccola
costruzione, ci sono dei cavalli legati e, sul terrazzo, degli uomini che
bevono e giocano a carte.
- Conosce questa casa? - chiedo sorpresa alla proprietaria del negozio,
una simpatica signora corpulenta, sempre disposta a far quattro
chiacchere con i rari clienti.
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- Certo! - risponde - In passato era una stazione di posta, dove si
fermavano i pellegrini che si recavano all’Abbazia.
Si racconta che vi abbia dormito un principe, recatosi in pellegrinaggio
prima di dar battaglia e che abbia fatto costruire una vasca per raccogliere
l’acqua che sgorga dal monte, in segno di ringraziamento.
Si dice che abbia trascorso la notte, solo, nel bosco dietro la casa, mentre i
suoi uomini bevevano e giocavano a carte.
Nessuno sa cosa abbia visto o sentito durante quella lunga notte solitaria,
ma all’alba dicono che fosse tornato con uno sguardo sereno e
determinato.
Una preghiera in Chiesa e poi la battaglia, che vinse coprendosi di gloria.
Ancor oggi esiste la vecchia vasca, dove per molti anni i pellegrini che si
recavano all’Abbazia, si sono dissetati.- È una bella storia - le dissi; - una delle tante vissute in quella casa -.
Non mi sembrava sorpresa, mentre con il quadretto sottobraccio, uscivo
dal negozio.
Da molti anni sogno di comprare un cavallo e fare lunghe, solitarie
passeggiate nella campagna. Ora, con questo grande giardino, è
finalmente possibile e mi sono regalata un bel cavallo baio che ho
chiamato Vento e che ho sistemato in un box nel giardino dietro casa. È
un purosangue inglese intelligente e nevrile, come è tipico della razza.
È bellissimo quando mi avvicino per sellarlo, sentirlo nitrire piano, felice
nell'attesa delle nostre scorribande. Poi, la sera, quando torniamo dai
nostri giri, sudati e felici, mentre lo preparo per la notte, strofina il muso
sulla mia spalla e mi lecca la mano piena di biscotti, spingendomi con
l'elegante testa per chiedere ancora cibo ed affetto. I cani, gelosi di
quell'intruso, abbaiano furiosi finché non dò loro le carezze che il nuovo
arrivato ha sottratto. La sera scende dolce mentre condivido con i miei
animali queste semplici gioie e mi pare di essere da sempre appartenuta a
questo piccolo mondo incantato.
I nostri giri si fanno sempre più lunghi, mano a mano che le giornate si
allungano e che la mia fiducia nel cavallo cresce. È molto affidabile, non ha
paura di nulla e passa, intrepido, in mezzo alle auto ed ai camion. Ogni
tanto, quando un fagiano si alza in volo o quando all'improvviso vede
qualche pedone, fa qualche scarto, senza però mai prendermi la mano.
Oggi ho deciso di provare il percorso che costeggia il colle vicino a casa. La
magia del galoppo leggero di Vento, mentre percorriamo una strada
sterrata, ombreggiata da profumate robinie in fiore! Gli alberi sfilano
veloci e l'intenso profumo dei fiori si mischia all'odore del cavallo e del
fieno!
Costeggiamo una bella casa bianca e rallento l'andatura perché mi
affascina l'austera bellezza della facciata impreziosita da un loggiato.
Deve essere stata costruita all'inizio del secolo scorso perché le
inferriate e le vetrate colorate sembrano in stile liberty; un bel parco
curatissimo, ricco di magnolie e di faggi, circonda l'edificio; cespugli di
ortensie rosa e azzurre fioriscono rigogliose a ridosso della recinzione
su cui si arrampica una bella siepe di gelsomino.
- Che bel cavallo! - sento alle mie spalle. Ci giriamo e, dietro la siepe,
appare una vecchia signora.
- Grazie; è molto bravo e gli piace passeggiare con me in questi bei
posti - rispondo con un sorriso.
- Anch'io, quando ero giovane, andavo a cavallo e, come lei, amavo
fare passeggiate solitarie, assaporando gli odori ed i colori del
paesaggio -.
Mentre parla la osservo, notando in quel viso rugoso i segni di una
passata bellezza; gli occhi, nerissimi ed ancora molto vivaci, parlano di
una mente che l'età avanzata non ha annebbiato; il suo abbigliamento,
pur semplice ed informale, denota un'eleganza innata di altri tempi.
Sento l'impulso di fermarmi a parlare con lei e, non trovando di
meglio, mi trincero dietro una frase banale: - Questo posto è
veramente molto bello -.
- Si, è vero - risponde dolcemente - ma ancora più bella è la vallata
dietro l'Abbazia, dove si può galoppare in mezzo ai campi e vedere le
cornacchie in stormo e gli aironi bianchi nel canale! La conosce? -.
- Si; io abito da quelle parti - . La mia voce risuona tesa, impaziente.
- Mia mamma è nata in una casetta rossa, vicino alla chiesa ...sembrava aspettasse un mio cenno per continuare.
- Io ho comprato di recente la casa rossa, vicino all'Abbazia e ho
trovato degli oggetti appartenuti al passato - poi, precipitosamente:
- Ho una fede d'oro appartenuta a Francesca, con la data 1933 … Ecco, l'avevo detto!
- Francesca era mia madre ed è nata e vissuta fino al matrimonio in
quella casa. Io mi chiamo Vittoria e sono la sua unica figlia. Prima di
morire, mi fece promettere che avrei lasciato nella sua vecchia casa
tanto amata la sua fede nuziale … ed ora lei l'ha trovata! -.
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Era commossa, Vittoria, ma al tempo stesso per nulla stupita di
quell'episodio così singolare, che sembrava attendere.
- Mi piacerebbe farle vedere la casa, come è ora, e la fede della mamma le dissi, scendendo da cavallo ed avvicinandomi a lei.
- Sono troppo vecchia per guidare ed i miei figli lavorano tutto il giorno;
purtroppo mi è difficile uscire da sola -. La voce era triste, rassegnata, ma,
insieme, mi guardava con uno sguardo di attesa.
- Se vuole, posso venire io a prenderla. Come sa, la casa è vicina e
potremmo bere insieme un the -.
- Vieni, ti prego, raccontami la storia di Francesca! - pregavo, intanto,
dentro di me, in attesa della sua risposta.
- È gentile. Verrò volentieri a rivedere quella casa che tanta storia ha
avuto nella vita di Francesca. Berrò il the e le porterò le mie bellissime
ortensie! -.
La sua mano, fra le mie, era calda e sicura mentre ci salutavamo, quel
pomeriggio ...
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Francesca
Davanti ad una tazza di the alla frutta, sgranocchiando i biscotti che
avevo appena sfornato, Vittoria appariva contenta, a proprio agio. In
un vaso trionfavano le belle ortensie rosa che mi aveva portato. Un
notturno di Chopin rinnovava il suo eterno incanto.
- È bella la sua casa - mi disse - credo che dall'epoca della mamma
siano stati fatti molti lavori di ampliamento e di restauro, perchè Lei
me l'ha sempre descritta piccola e piuttosto spartana. Mi sembra però
di cogliere ancora quell'atmosfera un po' misteriosa che tante volte
Francesca ricordava quando, ormai vecchia, amava parlarmi della sua
giovinezza -.
Era un invito, che colsi subito: - Mi piacerebbe molto conoscere la
storia della sua mamma - le dissi porgendole la sottile fede d'oro.
Con naturalezza, come se si compisse l'atto di una commedia a Lei
nota, la vecchia signora sorrise, rigirando fra le dita l'anello.
- Sapevo che me l'avrebbe chiesto e sono felice di ricordare, con Lei, in
questa casa, la giovinezza di mia madre.
Francesca da giovane era molto bella: conservo le sue foto che la
ritraggono intorno ai vent'anni. Alta, sottile, con lunghi capelli biondi
ed uno sguardo assorto dei suoi grandi occhi grigi. Faceva la maestra
nella vecchia scuola che un tempo sorgeva vicino all'Abbazia. Amava il
suo lavoro e spesso mi ricordava gli aneddoti più divertenti di quelli
che, teneramente, chiamava "i miei bambini". I suoi genitori, i miei
nonni, erano molto severi con i figli e non permettevano loro molti
svaghi: solo la domenica, dopo la Messa, Francesca andava a
passeggiare in paese con la sorellina, una vivace bambina di dodici
anni. Dopo un'ora di libertà c'era il "coprifuoco" e l'obbligo di tornare a
casa, puntuali per il pranzo domenicale, che invariabilmente si
svolgeva con gli zii ed i cugini ed era sempre costituito dalle tagliatelle
fatte in casa e dal pollo arrosto! Guai a tardare qualche minuto e guai
ad iniziare il pranzo senza avere prima ringraziato il Padreterno ...
Quando la mamma mi raccontava queste cose, mi sembrava sempre
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un racconto ambientato nell'Ottocento e ogni volta le chiedevo come
riuscisse a tollerare quelle regole -.
- Mi sembrava naturale - mi rispondeva Francesca con la sua dolce voce
melodiosa che gli anni non avevano alterato.
- Non ho mai sentito il desiderio della libertà, finché non ho conosciuto
Leonardo -.
- Leonardo, a quell'epoca, era un bel ragazzo bruno, figlio del farmacista
del paese, pieno di soldi e ... di donne. Francesca lo conobbe alla fiera del
paese, mentre si pavoneggiava a bordo di un'auto rossa fiammante,
circondato dagli amici e da belle ragazze con gli occhi adoranti.
Fu un colpo di fulmine per mia mamma, e forse lo fu anche per Leonardo!
Solo due parole, uno sguardo ed una stretta di mano lunga e calda come
una carezza ... poi più nulla per giorni, fino alla domenica successiva, in
Chiesa, quando quello sguardo, carico di fuoco e promesse, si fissò ancora
sul volto della ragazza.
Credo che già quella volta il ragazzo le chiese di rivederla e che Lei riuscì
ad eludere il rigido controllo dei genitori, fingendo un impegno
pomeridiano a scuola.
Cominciarono a vedersi di nascosto quasi ogni giorno, rubando gli attimi
con ogni pretesto immaginabile.
L'amore divampava, con la forza dei loro vent'anni e, con esso, il
desiderio. La mamma aveva escogitato uno stratagemma per vederlo la
notte, uscendo dalla finestrina dietro la casa, quando tutti dormivano.
Anche se la confidenza con me l'ha fatta sempre essere molto franca,
Francesca non mi ha mai parlato dei dettagli di quel suo folle amore;
conoscendola so che il profumo del fieno sulla pelle, il canto dei grilli ed il
danzare notturno delle lucciole facevano da sfondo a quella passione,
strappata alla rigidità delle regole e dei pregiudizi!
Rimase incinta, sprovveduta ed innamorata com'era!
Gli confessò subito di attendere un figlio e, con ansia , attese la reazione
del ragazzo. Mi pare di vivere quella scena, mentre Leonardo, con lo
sguardo improvvisamente freddo e distante, chiede come sia potuto
succedere e come si poteva risolvere il problema! Vedo mia madre, con i
suoi grandi occhi grigi smarriti, spiegare (come se ce ne fosse stato
bisogno!) come era successa quella cosa più grande di loro e come lei
considerasse questo un segno eterno del loro grande amore. Sento nella
mia mente quelle parole che diventano via via più incerte, mentre lo
sguardo di Leonardo la schiaccia come un macigno.
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E poi le sue parole che spezzano tutti i sogni: si sarebbe sposato con
una ragazza, figlia di un grande possidente terriero, di lì a tre mesi.
Certo, non l'amava, ma il matrimonio era stato deciso da tempo dalle
famiglie e, a questo punto, non si poteva tornare indietro!
Sono certa che la mamma abbia reagito come molte volte la vidi fare,
durante la sua lunga vita: con dignità, senza proferire una parola e
senza chiedere altre spiegazioni. Il suo sguardo deve avere fissato
Leonardo come una spada di ghiaccio, prima di voltargli le spalle,
mentre si allontanava da lui.
Passarono giorni di dolore e di incertezza, finché Francesca decise che
quel figlio l'avrebbe tenuto ed ostentato al mondo come una bandiera!
I miei nonni, bigotti e all'antica come erano, impazzirono di rabbia e di
vergogna ma, alla fine, non poterono far altro che accettare. Mi
raccontava spesso, la mamma, delle lunghe ore passate nella sua
camera (quella dove dorme ora Lei) a guardare il vicino colle, così
remoto nella sua immutabile pace e delle notti trascorse a piangere
per quell'assurdo amore che le aveva stravolto la vita!
La gente del paese la evitava ed il suo confessore, all'Abbazia, era stato
molto duro nel giudicarla e nel lasciarla uscire, sola e disperata, dalla
Chiesa ... Eppure Francesca si sentiva forte e decisa ad affrontare, con
la creatura che le cresceva dentro, quel mondo che non capiva e che
aridamente la giudicava.
Ho sempre provato per quella giovane donna, vissuta in un'epoca in
cui un figlio illegittimo era una vergogna per la vita, un'enorme
ammirazione e, anche se non fosse stata mia madre, credo che l'avrei
egualmente amata e stimata per quella sua forza incrollabile!
Vennero affisse le pubblicazioni per il matrimonio di Leonardo, che
prometteva di essere l'evento dell'anno, l'unione di due patrimoni e di
due fra le più importanti famiglie.
Entro un mese e mezzo sarebbe finito tutto, insieme alla speranza di
riaverlo che ogni tanto di notte l'assaliva, mentre le lacrime venivano
soffocate dal cuscino, anche se Leonardo non l'aveva mai più cercata .
- Non sono mai riuscita ad odiarlo, l'amavo troppo! - era solita dirmi la
mamma, quando nell'autunno della sua vita, amava ricordare quel
momento così importante della sua esistenza.
- Poi, d'improvviso, una sera, Leonardo bussa alla porta e chiede, ai
miei nonni allibiti, di vedere Francesca. La fissa con i suoi magnifici
occhi neri e, semplicemente, le dice che non esiste che Lei e quella
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creatura che si porta dentro e che non può sposare un'altra, costi quello
che costi; vuole Lei, solo Lei e per la vita! Tutto questo lo dice in un fiato,
mentre mia madre piange e ride ed i miei nonni non sanno se provare
gioia o fingere rancore. Piangono alla fine tutti, e i due innamorati si
mettono a ballare abbracciati nel giardino, al suono di una musica solo
loro, mentre i passanti osservano stupiti quella scena e la sera dipinge dei
suoi teneri colori l'incanto di quel momento.
Credo che la famiglia di Leonardo abbia reagito con pesanti minacce alla
decisione del figlio. Credo, però, dall'amore che poi mi dimostrarono, che
la rabbia e le sfuriate siano scivolate via con il trascorrere degli anni, come
la neve al primo sole di primavera.
Si sposarono nell'Abbazia, con la dolce curva del ventre di mia madre,
bellissima nel suo abito, color perla -.
Vittoria mi aveva portato la foto del matrimonio: Francesca, con quel suo
sguardo assorto, fissava radiosa il volto bruno di Leonardo che, a sua
volta, la inondava d'amore.
Si sono amati tutta la vita di un amore tenero e forte insieme, dolce e
appassionato.
Ciò che mancava a mio padre, si ritrovava in Francesca e mai, in tutti i miei
ricordi con loro, ho colto un pentimento per quella loro scelta così
coraggiosa. Mi chiamarono Vittoria, perché, per la loro vita, questo io
rappresentavo: una vittoria del loro amore su tutto!
Leonardo morì vecchio fra le braccia di Francesca due anni prima di lei, e
sulla loro tomba ho scritto solo i loro nomi e una frase: insieme, nella vita,
e oltre la morte.
In primavera porto sempre delle violette in cimitero.
È una bella storia d'amore d'altri tempi - concluse, rigirando fra le dita la
fede nuziale di Francesca e accarezzando con lo sguardo quelle mura
piene dei suoi ricordi, mentre la riaccompagnavo a casa.
Un leggero profumo di viole la seguiva.
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In fondo al viale
Sono passate le stagioni, l'autunno è tornato a dipingere il mio
giardino con il suo rosso e il suo oro, poi l'inverno è arrivato con la luce
della neve e lo scintillìo del ghiaccio e di nuovo, la primavera, con la
sua esplosione di profumi e di fiori.
Ho rivisto Vittoria, sempre felice di mostrarmi i suoi ricordi, siano essi
oggetti o foto di Lei piccola con i suoi genitori.
Spesso ho pensato di chiudere qui questa storia, perché gli oggetti
appartenuti ai vecchi proprietari mi avevano tutti raccontato la loro
storia ed avevano permesso di costruire il mosaico della vita di questa
strana casa; eppure mi sembrava di non avere ancora finito, quasi che
al disegno mancasse qualche tessera.
Poi, un pomeriggio, mentre stavo annaffiando le piante del giardino,
un'utilitaria rossa si è fermata davanti al cancello; festosi, i miei cani
hanno accolto un'anziana signora che mi ha chiesto se ero la nuova
proprietaria della casa di Giacomo.
Facendola entrare ed aiutandola a salire i pochi scalini fino al salotto,
ne osservavo la pesante mole e l'andatura zoppicante, mentre lei mi
confermava la sua fatica a fare anche quei pochi passi per colpa
dell'artrosi, certo aggravata dal peso cospicuo. Non era poi tanto
vecchia, e sotto i capelli biondi gli occhi azzurri brillavano scaltri e
vivaci.
- Sono un'amica di Giacomo ed ero curiosa di vedere i cambiamenti
fatti in questa casa che ho tanto frequentato e che mi è sempre parsa
affascinante - mi disse subito con una voce inaspettatamente dolce e
giovanile.
Gli chiesi subito notizie di Giacomo, che avrei desiderato rivedere ma
di cui non possedevo più alcun recapito.
- Dopo la vendita della casa - mi disse - è andato ad abitare a Vicenza,
comprando una vecchia casa di campagna, dove vive con i suoi amati
cani, ed i suoi pappagalli. Lo vedo, talvolta, e gli dirò del suo desiderio
di rivederlo. Credo che gli farà piacere, perché spesso mi parla di
questa casa e di quanto in essa è stato felice -.
Passando nelle stanze e facendole vedere le modifiche che avevo
fatto, mi raccontò di quante feste, sul terrazzo, si facessero d'estate e
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di quanta gente, la più strana, frequentasse questo luogo. Mi accennò
solo di sfuggita ad un giovane amico cui Giacomo era stato per anni
legato, ma di cui non sapeva più nulla.
Non ritenni di parlare della lettera di Andrea, ne' di farle domande; era
una cosa soltanto di Giacomo, una parte della sua vita che io, per caso o
per destino, avevo conosciuto.
Con la promessa di far pervenire a Giacomo il mio desiderio di rivederlo, ci
lasciammo ... non la rividi mai più.
Era una dolce sera di Maggio, fresca e profumata dopo la recente pioggia;
con Axel e Thorn, stavo passeggiando lungo il vialetto che costeggia la
casa. Raccoglievo dei rametti secchi e li tiravo ai cani che correvano felici a
riprenderli. Eravamo così intenti nel gioco che non mi accorsi dell'alta
figura, un po' curva, che mi veniva incontro a lenti passi.
Me lo trovai davanti, Giacomo, un po' invecchiato, ma con quel suo
sguardo ironico e attento. Vi erano, però, rispetto alle volte in cui gli
avevo parlato, una tristezza negli occhi ed una piega amara nella bocca,
nuove; nella voce strascicata, malinconia e rassegnazione.
- Mi hanno detto che desiderava vedermi: è felice qui? Cosa sente in
questa casa fatata? Ha ricostruito le storie del passato? -.
Mi poneva queste domande affannosamente, senza attendere una
risposta; dall'ansia che dimostrava compresi che la sua nuova casa e la sua
vita di adesso non erano più in grado di dargli nulla e mi sembrava di
vederlo trascinare i suoi giorni senza una speranza, senza un sogno.
- Venga in casa - gli dissi, prendendolo per mano.
Gli consegnai la lettera di Andrea:
- Non sapevo come rintracciarla ... questa le appartiene; è rimasta
nascosta per anni nel camino -.
Era un uomo diverso quello che uscì dopo un'ora dalla casa; le lacrime
continuavano a scorrergli sul viso, ma insieme era comparsa una
struggente dolcezza; il suo sguardo si perdeva nei ricordi del suo amore
perduto e mai dimenticato.
Anche quella storia, ritornata a me dal passato, si completava con la visita
di quell'uomo che, solo, si allontanava nella sera, regalandomi un triste e
dolce sorriso.
Ripercorsi lentamente il vialetto, cinto dai sambuchi e dai noccioli, e
guardai la Casa … Sembrava accogliermi nel suo grembo: lacrime dolci
scendevano sul mio viso.
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INDICE
Il sogno
pag. 1
Giacomo
“
8
Ambrogio e Maria
" 12
Carlo
“ 15
Viola
“ 23
Francesca
“ 34
In fondo al viale
“ 38
40