L™energia idroelettrica

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L™energia idroelettrica
L’energia idroelettrica
Esistono nel Paese ancora numerosi corsi d’acqua e risorse idriche passibili di sfruttamento
idroelettrico. Parliamo di piccoli impianti ad acqua fluente o di derivazioni che necessitino di
piccoli invasi. Queste risorse tuttavia continuano a restare inutilizzate per il perdurare di un
diffuso pregiudizio che alimenta una ingiustificata apprensione per le ripercussioni ambientali
che il loro utilizzo potrebbe produrre. Dobbiamo dire che in molti casi questi timori sono dilatati
dai mezzi di informazione trascinati da una campagna ideologica, talvolta irragionevole, delle
associazioni ambientaliste. Gli effetti ambientali di simili impianti sono da questo punto di vista
nella maggioranza delle circostanze neutrali, ininfluenti o addirittura benefici. In tutti i casi
possiamo affermare che questi impianti comportano sempre ovunque conseguenze largamente
meno offensive per l’ambiente di quelle che possono essere provocate dalla produzione di
energia da fonti convenzionali.
La normativa che le diverse regioni italiane si sono date su questa materia è molto restrittiva e
prudente per assicurare la massima protezione dell’ambiente, dell’ittio-fauna e del paesaggio. La
legge pone in mano all’amministrazione due strumenti per esercitare un adeguato controllo sul
rilascio di concessioni di nuove derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico: il deflusso minimo
vitale (D.M.V.) e la valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.).
Il D.M.V. è la portata d’acqua che colui che ottiene la concessione di derivazione, s’impegna a
lasciare defluire a valle del punto di derivazione. Lo scopo è quello di evitare un eccessivo
depauperamento della portata idrica nel corso d’acqua naturale. In sostanza non si vuole che il
concessionario convogli al proprio impianto l’intera portata idrica, ma lasci un adeguata
quantità di acqua nel corso d’acqua naturale (D.M.V.). La quantità è stabilita secondo criteri
cautelativi che variano da regione a regione e che tengono conto delle tipologie del corso
d’acqua, delle condizioni orografiche, dell’estensione del bacino, della vegetazione e della fauna.
La V.I.A è una specifica procedura amministrativa, che si applica in generale nella risoluzione di
problemi decisionali per la realizzazione di iniziative, pubbliche o private, ai fini di garantire il
rispetto e la tutela dell' ambiente. Essa si pone il problema di indirizzare le decisioni là dove
esistono interessi contrastanti ed è concepita come uno strumento preventivo, che sappia cioè
intervenire a monte di problemi potenzialmente indotti dalla realizzazione e dalla presenza di
una particolare iniziativa. Con la V.I.A. gli interessi conflittuali sono superati e valutati secondo
un metodo di giudizio che gioco forza comporta una certa soggettività. Il metodo della V.I.A. non
è quindi tecnico, ma bensì politico. Essa contempla una partecipazione da parte di tutti i soggetti
coinvolti, compresi i privati cittadini, all'intero processo decisionale.
È chiaro che la V.I.A. comportando una partecipazione così estesa, non è un processo snello, e
costituisce un momento di freno alla realizzazione delle iniziative.
A queste difficoltà si aggiunge la politica di fatto applicata da molte Amministrazioni regionali
di scoraggiare le iniziative idroelettriche. Così si allunga l’iter delle approvazioni delle domande
di derivazione, il rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni, si rallenta la realizzazione dei
progetti, si introducono complessità burocratiche e lunghi tempi di istruttoria.
Questo atteggiamento non corrisponde agli indirizzi culturali in materia di energia che
vorrebbero invece sviluppare le energie da fonti rinnovabili, così come è previsto nel piano
dell'Unione Europea per contrastare i cambiamenti climatici, piano notoriamente sintetizzato
nella sigla "20-20-20". Ovvero il raggiungimento, entro il 2020, del 20 per cento della
produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20 per cento dell'efficienza e un
taglio del 20 per cento nelle emissioni di anidride carbonica.
Questo comporta per l’Italia l’obbligo di aumentare entro il 2020 i consumi energetici da fonti rinnovabili
del 17%, rispetto ai livelli del 2005. Questa cifra molto consistente può essere raggiunta solo con un forte
contributo dell’idroelettrico (e in minor misura dell’eolico e del fotovoltaico). Solo l’idroelettrico può
concepire impianti di potenzialità abbastanza elevata da poter tentare di raggiungere quegli ambiziosi
obiettivi fissati dall’U.E.