Appunti per il governo dell`idroelettrico in Friuli Venezia Giulia

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Appunti per il governo dell`idroelettrico in Friuli Venezia Giulia
Appunti per il governo dell’idroelettrico in Friuli Venezia Giulia
Censimento delle utilizzazioni - Acque superficiali [dal sito della Regione FVG]
Convegno “Ripensare l’idroelettrico” Preone (Udine) 8.06.2013
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Idroelettrico e montagna
Come si evince dalla cartina la produzione idroelettrica è concentrata nell’area montana. Ciò per le ovvie ragioni che
tale produzione richiede volumi d’acqua e dislivello, caratteri propri del territorio montano. Ne consegue che
l’idroelettrico è un componente fondamentale della montanità, lo è in quanto principale ricchezza di tale territorio –
portata altrove attraverso gli elettrodotti - e contemporaneamente grave problema dello stesso: dicendo idroelettrico
si dice “problema montagna”.
Un po’ di storia
Ad eccezione di alcune ammirevoli iniziative di modeste dimensioni sorte nei primi anni del secolo scorso – tra cui va
certamente annoverata la Società Elettrica Cooperativa Alto but (Secab) di Paluzza fondata nel 1911 e la centrale di
Malnisio 1900 – il grande idroelettrico siè sviluppato negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra
mondiale in relazione alla ricostruzione postbellica con gli impianti del Tagliamento (Sade), del Meduna (Saici
Caffaro), del Cellina (Sade), del Vajont (Sade). Dopo di che si è avuta una stasi protrattasi sino ai primi anni ’80 quando
l’Enel, subentrato alle società private a seguito della nazionalizzazione dell’energia elettrica nel 1962, iniziò le
procedure per la realizzazione della centrale di Amaro, caricata dal costruendo bacino artificiale del Variola a cui
sarebbero state convogliate in lunghe gallerie le acque del Fella, captate a Pontebba, e del Chiarsò, captate a Chiaulis.
Tale progetto fu abbandonato per la forte opposizione delle popolazioni, memori dei disastri ambientali provocati
dalle grandi derivazioni già realizzate, in alternativa alle quali si iniziò a indicare la realizzazione delle cosiddette
“centraline” ritenute di gran lunga meno impattanti sull’ambiente, se non addirittura – ma a torto - “ecologiche”.
Paradossalmente, l’invasione distruttrice delle centraline sugli ultimi torrenti, rii e ruscelli rimasti ha inizio con il
ritiro del progetto della megacentrrale di Amaro e registra il suo momento apicale in questi ultimi anni, in cui, su
alcuni corsi d’acqua, si è passati dalla costruzione di centraline “puntuali” e centraline “a catena” provocando la
scomparsa dell’acqua nell’asta, come sul torrente Raccolana con le centraline della società Idroelettriche Gestioni
Friulane (IGF).
Lo stato di fatto
La privatizzazione dell’Enel nel 1999 ha originato una frammentazione del settore elettrico, accentuata –
nell’idroelettrico – dall’ingresso via via crescente di un gran numero di piccoli produttori, proprietari di “centraline” .
Frammentazione giunta alla fase del caos grazie ad una concezione liberista e del “lasciar fare”, per cui una
concessione non si nega a nessuno, mentre i grandi gruppi – tutti “foresti” - se la fanno da padroni sul nostro
territorio, con ricadute negative sullo stesso ed alcun reddito per le comunità locali.
Basta il buon senso del “constatare” – e la cartina lo testimonia eloquentemente - per rendersi conto che il nostro
territorio è ormai saturo di idroelettrico e che è ormai indilazionabile adottare adeguate forme
di governo dello stesso.
Per individuare tali forme di governo è indispensabile conoscere lo stato di fatto sul terreno e gli assetti proprietari
dei concessionari, limitandoci in questa sede a riportare i più importanti, quelli d’importanza locale, senza la pretesa di
essere esaustivi su questi ultimi, e tralasciando per brevità le numerose centraline. Sì, gli assetti proprietari per sapere
chi siano le reali controparti.
1) Edipower è certamente la società presente con il maggior numero di impianti idroelettrici grandi, medi e piccoli.
Tra i grandi impianti figurano:
quello del Tagliamento con le centrali di Ampezzo e Somplago e un centinaio di kilometri di gallerie di derivazione, 2
grandi dighe (Sauris e Verzegnis), 3 sbarramenti, 39 opere di captazione su molteplici corsi d’acqua montani
quello del Cellina con la diga di Barcis ed il sistema di centrali sui canali alimentati da detto invaso
la serie d’impianti sui canali derivati dal Tagliamento e dall’Isonzo
Il complesso degli impianti in concessione ad Edipower è rappresentato qui di seguito.
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L’assetto societario di Edipower è costituito da A2A (Comuni di Milano, Brescia, Bergamo), IREN (Comuni di Torino,
Genova, Parma, Piacenza, Reggio Emilia), Dolomiti Energia (Provincia Autonoma di Trento), SEL (Provincia Autonoma
di Bolzano), Mediobanca, Fondazione CrT, Banca Popolare di Milano. Non c’è un azionista – dicesi uno – della nostra
regione
2) Edison ha in concessione l’asta idroelettrica del Meduna (ex Snia Viscosa-Saici) costituita dalle centrali di Valina,
Chievolis, Meduno, Colle, Istrago e dalle dighe di Ca’ Zul, Ca’ Selva e Ponte Racli e relativi invasi. Électricitè de France
(EDF) ha il controllo assoluto della società.
Tra i gestori d’importanza locale ricordiamo:
1) Secab, società cooperativa con sede a Paluzza, che con 6 centrali, 2.700 soci, quasi 5.000 utenti copre il territorio
dell’Alto But e della Val Calda
2) Comunità montana della Carnia con 6 centrali ubicate in varie vallate del suo territorio
3) Idroelettrica Valcanale SAS ( Tarvisio) di M.G.Massarutto, che copre quel territorio con una serie di centrali sui
corsi d’acqua dello stesso
4) Lumiei Impianti di Villa Santina con centrali sull’alto Lumiei e in Val Pesarina
5) Idroelettriche Gestioni Friulane con una serie di centrali sulla Val Raccolana.
Non sarà mai sottolineato a sufficienza il fatto che ogni concessionario agisce con una mentalità che considera “suo” il
corso d’acqua, che ritiene “sprecata” l’acqua che non finisce nella sua turbina a produrre kW e quindi denaro, che cerca
ogni cavillo per non versare ai Consorzi BIM i canoni e sovracanoni dovuti.
Inoltre, ciascuno di questi produttori agisce in completa autonomia secondo le esigenze e logiche
aziendali e di mercato senza, quindi, un quadro regionale che ne valorizzi, finalizzi e razionalizzi
l’attività.
Ripensare l’idroelettrico
Il rapido sviluppo del solare e dell’eolico e le centinaia di chilometri di alvei desertificati, l’abbassamento delle falde
acquifere, i dissesti idrogeologici conseguenti, i danni al paesaggio, all’ambiente ed al turismo, devono consigliarci di
fermare la corsa – forsennata nel caso del mini- all’idroelettrico, sia esso, mini, mega o a pompaggio, tanto più che
l’utilizzo idroelettrico della risorsa acqua si è rivelato essere una predazione dei territori montani e dei loro abitanti.
L’idroelettrico va ripensato sul piano tecnico e politico tenendo ben fermi alcuni capisaldi che la Regione liberista,
priva di un piano energetico e generosa di concessioni ai privati, ha trascurato.
Occorre affermare con forza sul piano politico e gestionale che l’acqua è un primario bene comune, sempre più
prezioso, con tutto ciò che ne consegue:
che, come tale, non può essere utilizzata per produrre solo kW a vantaggio di pochi,
che i suoi beneficiari devono essere innanzitutto le popolazioni locali, le quali hanno il diritto di essere messe nelle
condizioni di diventare attori privilegiati nella produzione e destinazione idroelettrica anziché accontentarsi delle
briciole del banchetto altrui, quali sono i canoni versati ai Consorzi BIM o le “compensazioni” offerte ai Comuni,
che acqua e democrazia sono un binomio inscindibile.
Un governo efficiente e democratico dell’idroelettrico
Lo stato del settore idroelettrico impone il superamento del liberismo privatistico, del “lasciar fare”, della sudditanza
verso i grandi gruppi, del caos attuale, mediante un provvedimento legislativo – chiamiamolo pure piano energetico –
che non si limiti ad indicazioni generiche, ma recepisca i principi sopraindicati, ponga precisi vincoli sul piano tecnico e
concessorio, introduca nuovi criteri e strumenti di gestione, rivaluti in questo settore i poteri di Regione a statuto di
autonomia speciale.
Tale provvedimento legislativo deve prevedere:
1. una moratoria del rilascio di concessioni
2. una dettagliata rilevazione in loco della situazione reale su tutti i corsi d’acqua della regione
3. la verifica della rispondenza delle captazioni in atto alla concessione ed alle prescrizioni relative
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4. l’individuazione dei corsi d’acqua che per il loro pregio vanno mantenuti integri
5.Approvazione in tempi rapidi di linee guida precise, restrittive e severe per la concessione di nuove derivazioni
idriche
6. il seguente ordine di priorità nel rilascio delle concessioni: al Comune/i su cui insiste il corso d’acqua, agli Enti
Pubblici Locali del territorio montano, alle cooperative locali, agli imprenditori locali che s’impegnino ad utilizzare in
loco in attività produttive l’energia prodotta pena la revoca della concessione
7. istituzione di un apposito fondo di rotazione a tasso agevolato a cui possano attingere i richiedenti la concessione
con l’ordine di priorità di cui sopra, finanziato anche dai grandi derivatori, che finora hanno realizzato grandi profitti
sfruttando le nostre acque
8. sanzioni severe, compresa la revoca della concessione, per i concessionari che derivano (rubando) maggiori volumi
di quelli concessi
9. un riesame di tutte le captazioni allo scopo di garantire la presenza costante di un adeguato flusso d’acqua a valle
10. adozione del criterio di volume derivabile a quello di minimo deflusso vitale allo scopo di preservare
prioritariamente il corso d’acqua rispetto alla produzione idroelettrica
11. completa e piena attuazione della potestà primaria in capo alla Regione in materia di acque ai sensi del Dls
265/2001
12. porre fine alla proroga delle concessioni e riportare, a scadenza, in capo alla Regione le concessioni in essere
detenute da soggetti “foresti” per assegnarle secondo le priorità di cui al punto 6, o alla società regionale di cui al
successivo punto 15
13. l’obbligo dei concessionari di grandi derivazioni idroelettriche di fornire annualmente e gratuitamente alla
Regione per servizi pubblici e categorie di utenti una quantità di energia per ogni kW di potenza nominale media di
concessione
14. l’obbligo per il concessionario, che abbia ottenuto una proroga della concessione a rispettare ulteriori impegni
rispetto a quelli vigenti per effetto della concessione, cioè il versamento dei canoni e sovraccanoni ai Consorzi BIM, ed
in particolare a versare alla Regione, per il periodo di proroga, un canone aggiuntivo, da destinarsi anche ai Comuni ed
alle Comunità Montane, nonché un ulteriore importo relativo al concorso, da parte del concessionario idroelettrico, al
finanziamento di misure e di interventi di miglioramento ambientale (Canone ambientale)
15. sull’esempio della Province Autonome di Trento e di Bolzano, che hanno una propria società elettrica di
produzione e distribuzione – Dolomiti Energia e SEL AG spa, rispettivamente – la costituzione di una propria analoga
società elettrica in cui riunire anche i vari produttori locali. Società che potrebbe praticare tariffe agevolate per gli
utenti locali sul modello da tempo attuato dalla Secab.
16. la partecipazione degli abitanti dei territori interessati da impianti idroelettrici in modo da garantire che le
decisioni assunte siano partecipate e con essi condivise.
Un’apposita agenzia regionale per la gestione del settore
Ferme restando le competenze e le funzioni dei Consorzi di Bacino Imbrifero determinate dalla Legge nazionale
959/1953, ci sembra che lo stumento più idoneo per la gestione del settore idroelettrico sia un’apposita Agenzia
Regionale per le risorse idriche e l’energia che riunisca le competenze sia in materia di energia sia in materia
di acque. In tale direzione si è mossa la Provincia Autonoma di Trento con buoni risultati.
Compiti di tale agenzia :
a) adempimenti concernenti le concessioni e gli altri provvedimenti di utilizzazione delle acque pubbliche nelle varie
forme d’uso, classificate sia come grandi che piccole derivazioni, comprese le acque sotterranee
b) vigilanza sul corrente uso delle risorse idriche
c) determinazione dei canoni dovuti per l’utilizzazione delle acque pubbliche, nonché la determinazione e ripartizione
dei sovraccanoni e degli altri oneri dovuti per l’uso idroelettrico delle acque
d) consulenza e supporto tecnico alla Giunta regionale ed agli Enti locali in materia di energia e di pianificazione
energetica
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e) promozionedi iniziative di coordinamento delle imprese che erogano servizi energeticidi interesse pubblico e a
favore degli utenti
f) raccolta e analisi dei dati e delle informazioni a supporto della pianificazione energetica a livello locale e per la
valutazione dell’organizzazione e dello stato dei servizi erogati sul territorio
g) gestione dell’energia elettrica fornita annualmente e gratuitamente alla Regione dai concessionari di grandi
derivazioni idroelettriche (vedi precedente punto 13)
h) attuazione della normativa regionale nel settore energetico ed in particolare per il risparmio e l’efficienza
energetica negli usi finali
i) rilascio delle autorizzazionie delle concessioni in materia di energia, nonché di vigilanza e controllo nei confronti
dei soggetti titolari delle stesse
l) promozione del risparmio e dell’efficienza energetica negli usi finali, anche attraverso la ricerca, la
sperimentazione, la realizzazione o il finanziamento di progetti ed interventi presso le utenze pubbliche destinatarie
dell’energia elettrica di cui al punto g)
m) finanziamenti a favore di Enti locali per la realizzazione di progetti e piani finalizzati al completamento delle
infrastrutture elettriche ed il risanamento delle stesse per esigenze di carattere urbanistico e paesaggistico
n) gestione dei canoni aggiuntivi relativi alla proroga delle concessioni (vedi il precedente punto 14.)
Il rapporto con i concessionari di grandi derivazioni
Edison ed Edipower sono dei potentati di fronte ai quali la nostra Regione ha tenuto un atteggiamento di sudditanza,
che ha svilito l’autonomia speciale della Regione.
Con queste grandi società è necessario che in Regione, partendo dalla Presidente Serracchiani ed assessori giù sino ai
dirigenti ed all’ultimo funzionario, si tenga dignitosamente la schiena diritta.
Un’attenzione particolare merita Edipower non solo perchè concessionaria di grandi derivazioni e di una molteplicità
di minori, ma anche per il particolare assetto azionario interamente costituito da grandi banche e da società
appartenenti a Comuni e Province “foreste”, nonchè per un atteggiamento sul nostro territorio che sa di coloniale, di
cui il recente disastroso sfangamento del bacino di Sauris, lo speculativo progetto di pompaggio che distruggerebbe il
lago di Cavazzo, la mancanza di manutenzione delle opere di captazione e degli accessi alle stesse per massimizzare il
profitto sono palesi testimonianze.
La Regione (e gli imprenditori regionali) ha già commesso l’errore di non rilevare le centrali idroelettriche, ora
Edipower, al momento della privatizzazione dell’Enel, continuerebbe a sbagliare tollerando tale comportamento
coloniale e concedendo proroghe anziché operare per il rientro delle concessioni quanto prima possibile.
Anzichè dialogare in posizione di sudditanza con i dirigenti di Edipower, la Regione farebbe meglio ad attenersi al
saggio detto di “parlare ai padroni, non ai famigli”. E in questo caso i padroni reali di Edipower sono i Presidenti delle
Province di Trento e di Bolzano - le cui anzidette loro società elettriche lassù si comportano ben diversamente da
Edipower da noi – i sindaci dei Comuni di Milano, Brescia, Bergamo, Torino, Genova. Reggio Emilia, Parma e Piacenza
nei cui bilanci finiscono i profitti realizzati da Edipower sfruttando le nostre acque. Comuni che sfruttano altri Comuni!
Queste sono le cariche istituzionali alle quali la nostra Regione deve dimostrare di avere e tenere la schiena diritta.
Diritta come deve essere quella di una Regione a statuto di autonomia speciale e della sua classe dirigente.
Il caso Carnia
La Carnia è un’entità orograficamente, storicamente, istituzionalmente e culturalmente ben definita. Esclusa
Edipower, sul suo territorio operano oltre a numerosi produttori idroelettrici minori, la Comunità Montana con 6
centrali e la Secab, che distribuisce e fornisce ai suoi utenti l’energia prodotta dalle sue 6 centrali.
Ebbene, riteniamo che questi due produttori, per il loro profilo di ente pubblico la prima e cooperativo la seconda
possano costiture la base su cui aggregare tutti gli altri produttori in un’unica società che garantisca efficienza,
energia a costi agevolati ai carnici, autosufficienza e autogoverno energetici, responsabile utilizzo delle risorse idriche,
partecipazione e democrazia.
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