Limiti della non brevettabilità di scoperte scientifiche, metodi

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Limiti della non brevettabilità di scoperte scientifiche, metodi
RELAZIONE DI ADRIANA BOVE
INTRODUZIONE
Il sistema brevettuale europeo appare fondato su vari principi. Alla
previsione, contenuta nell’art. 52, I comma CBE, secondo cui
un’invenzione per essere brevettabile deve presentare i tradizionali requisiti
di novità, attività inventiva e idoneità ad un’applicazione industriale, si
accompagna infatti l’elenco non tassativo, contenuto all’art. 52, II comma
CBE, dei trovati che “non sono considerati come invenzioni” in ragione del
loro oggetto, fra i quali sono compresi i metodi matematici, i piani e i
metodi per attività commerciali e intellettuali, i programmi per elaboratore,
le presentazioni di informazioni. Tuttavia l'art. 52, III comma CBE
stabilisce che la brevettabilità è esclusa soltanto ove la domanda di brevetto
concerna quei trovati “considerati in quanto tali”. Tutto ciò è recepito nel
nostro codice della Proprietà Industriale, che chiarisce che oggetto del
brevetto per invenzione possono essere le invenzioni nuove che implicano
un’attività inventiva e sono idonee ad essere utilizzate nel settore
industriale.
La normativa vigente inoltre non considera come invenzioni i metodi
per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale.
INVENZIONI SCIENTIFICHE E BIOTECNOLOGIE
A proposito delle scoperte scientifiche, negli ultimi anni si è acceso un
intenso dibattito in dottrina che ha portato infine all’emanazione della
Legge 22 febbraio 2006 n. 78 di conversione in legge del decreto di
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attuazione della direttiva comunitaria n. 44/1998. Tale direttiva si occupa
nello specifico di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche ed
introduce il principio della brevettabilità per alcuni casi quali ad esempio
quello di un materiale biologico, isolato dal suo ambiente naturale o
prodotto tramite un procedimento tecnico, anche se preesistente allo stato
naturale.
Naturalmente la legge esclude dalla brevettabilità il corpo umano, la
clonazione ed in genere tutti i procedimenti di modificazione del
patrimonio genetico dell’essere umano.
Come si vede, la direttiva non introduce grandi novità nella disciplina
delle invenzioni e dei brevetti; forse la preoccupazione maggiore avvertita
dalle istituzioni dell’Unione Europea è stata quella di porre alcuni limiti in
una materia che, se non disciplinata in modo organico, rischia di generare
vere e proprie mostruosità.
Secondo la dottrina dominante, il termine “scoperta” designa il
risultato dell’attività consistente nel riconoscere ciò che preesiste in natura
ma che non era prima noto.
Si parla invece di “teorie” o di “principi” per indicare la creazione
da parte dell’uomo di ipotesi e modelli per interpretare e spiegare fenomeni
della realtà.
Nel sistema dei brevetti la “scoperta”, che non è brevettabile in
quanto tale, cioè considerata per se stessa, si contrappone alla cosiddetta
“invenzione” brevettabile. In altri termini, l’invenzione resa possibile
grazie ad una scoperta è brevettabile in quanto questa rappresenta una
forma di applicazione pratica delle conoscenze, che porta ad un risultato
tecnicamente utile e idoneo ad uno sfruttamento industriale, come richiesto
dalla normativa di diritto industriale prima richiamata.
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Tuttavia, esiste una serie di situazioni di confine nelle quali la
distinzione tra “scoperta” ed “invenzione” non è così netta come la
terminologia usata dal legislatore potrebbe suggerire.
Esistono infatti molte situazioni in cui
immediatamente
con sé
un’applicazione
una scoperta porta
tecnica
suscettibile
di
applicazione industriale.
Insieme alla scoperta risulta subito evidente qual è l’applicazione
industriale in grado di risolvere determinati problemi tecnici, senza
necessità di ulteriore ricerca inventiva.
Queste situazioni di confine tra “scoperta” ed “invenzione” si
verificano un po’ in tutti i settori dello sviluppo dei tempi moderni. Si pensi
alle biotecnologie, ai software, ai metodi matematici e commerciali. Queste
sono tutte materie in cui accade spesso che la scoperta porta ad
un’immediata applicazione industriale.
L’articolo 2585 c.c., secondo comma, circoscrive la brevettazione ai
soli risultati indicati dall’inventore ed il fatto che il legislatore abbia
avvertito l’esigenza di sottolineare questo elemento aiuta a comprendere
anche le ragioni della esclusione della brevettazione delle scoperte e
principi scientifici in sé considerati.
Parte della dottrina ritiene che la spiegazione del divieto non risiede
soltanto nella considerazione che scoperte e principi scientifici si
riferiscono a qualcosa che già esiste in natura, perché la preesistenza non
toglie necessariamente novità. Inoltre, si osserva che la brevettazione delle
scoperte in quanto tali implicherebbe l’estensione del brevetto a tutte le
possibili e spesso a priori indeterminabili forme di sfruttamento concrete di
essi.
Un sistema che riconoscesse diritti brevettuali anche su scoperte
scientifiche di carattere astratto rischierebbe di paralizzare la libertà di
ricerca. Inoltre, sempre secondo una parte della dottrina, attribuire allo
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scopritore di un nuovo principio scientifico astratto , un diritto esclusivo su
tutte le successive realizzazioni tecniche che oggettivamente possono
essere spiegate come applicazioni del principio scoperto, significherebbe
allora garantirgli un compenso che non è normalmente proporzionato al suo
contributo
al
corso
del
progresso
tecnico,
anzi
un
compenso
paradossalmente tanto maggiore quanto più il principio scientifico scoperto
è generale e quindi distante da uno scopo pratico. Quindi, se fossero
brevettabili le scoperte in quanto tali, ma così per fortuna non è, si
giungerebbe ad elevare a dismisura i costi della ricerca tecnica per
finanziare quella scientifica.
Cio’ vale per tutte le moderne scoperte scientifiche, siano di tipo
matematico, informatico, medico o biotecnologico.
Considerato il caso paradossale della brevettabilità delle scoperte
scientifiche in quanto tali, occorre infine ricordare che lo stato attuale della
ricerca è carazzerizzato da continui fenomeni di confine tra invenzione
brevettabile e scoperta, poiché è molto sviluppato attualmente il settore
della cosiddetta “ricerca applicata”, una ricerca in cui la scoperta non
mantiene un livello astratto ma viene subito calata in un’applicazione
concreta.
Il problema dei limiti alla non brevettabilità delle scoperte
scientifiche, per tutti i rilievi ora svolti, è in costante evoluzione, a causa
dell’evolvere rapido ed incessante della società contemporanea e
necessiterà,
presumibilmente,
di
nell’immediato futuro.
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numerosi
riadattamenti
anche
METODI COMMERCIALI E COMPUTER IMPLEMENTED
INVENTIONS
Negli ultimi anni si è rapidamente affermata l’idea di allargare la
protezione brevettuale alle invenzioni relative a metodi commerciali e a
tecniche di organizzazione del lavoro, soprattutto se attuate mediante
computer.
Tuttavia è controverso se la tutela debba essere accordata –
ovviamente in presenza dei generali requisiti di brevettabilità – a qualsiasi
computer implemented invention relativa a metodi commerciali, ovvero
solo a quelle che apportino un contributo tecnico, o più semplicemente
abbiano un carattere tecnico.
Sul punto l’ordinamento europeo differisce rispetto a quello
statunitense: negli stati uniti il dibattito
ha oscillato fra la posizione
secondo cui tutti i business methods sono brevettabili e quella che
condiziona la brevettabilità al fatto che essi abbiano un carattere tecnico; in
Europa prevale la posizione più restrittiva secondo cui, ai fini della
brevettabilità, è sufficiente che l’invenzione abbia carattere tecnico o si
realizza grazie ad un contributo di tipo tecnico.
SOFTWARE
Il brevetto del software pone alcuni problemi che hanno indotto il
legislatore comunitario a riconsiderare il settore di queste creazioni e
dall’esame della situazione sotto il profilo del fenomeno e della normativa
che lo riguarda è sorta la convinzione che sia necessario intervenire sulla
disciplina di questo tipo di innovazioni per diversi motivi.
Infatti, da un lato, le creazioni di software appaiono un importante
fattore di sviluppo collettivo, ma la ricerca in questo settore, che è molto
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avanzato, appare sempre più difficile e costosa, e l’innovazione realizzata
può essere facilmente copiata, da un altro lato la situazione giuridica attuale
è per molti aspetti incerta e confusa.
L’idea dominante in materia di software è che questo tipo di
innovazioni non possono essere considerate invenzioni ai sensi della
disciplina brevettuale europea poiché sarebbero pure attività mentali,
astratte, prive, quindi, di applicabilità conreta. Esse, inoltre, non
presenterebbero quella natura tecnica propria delle creazioni cui
tradizionalmente si riconosce la tutela giuridica assicurata con i brevetti di
invenzione. In conclusione, il software
è una creazione non tecnica e
quindi non può essere protetto con il brevetto di invenzione.
Anche in questo campo si è affermato l’orientamento secondo cui il
software non è brevettabile in sé, in quanto programma di elaboratore:
infatti possono essere accolte ed il brevetto può essere concesso, le
domande di brevetto per programmi di elaboratore dove tali programmi
non sono considerati programmi per computer in quanto tali, vale a dire
privi del carattere tecnico, anche se a questo punto rimane ancora aperto il
dibattito sulla definizione del carattere tecnico con riferimento specifico ai
programmi di elaboratore.
BIBLIOGRAFIA
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