Sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di
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Sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di
Open Knowledge – Conoscenza libera Sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici Alberto Bercovitz Rodríguez-Cano Traduzione italiana, a cura di Giuseppe Prencipe, dell'articolo "On the Patentability of Inventions Involving Computer Programmes" pubblicato sul vol. IV, n. 3, giugno 2003 della rivista online UPGrade, a cura del CEPIS La proposta di direttiva europea sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori porta a un cambiamento della legislazione europea sui brevetti e della tutela giuridica dei programmi per computer. In questo articolo, che sostanzialmente riproduce l'intervento dell'autore al Parlamento europeo nell'audizione del 7 novembre 2002, la proposta è analizzata da un punto di vista giuridico. Più in particolare, si presentano le caratteristiche del diritto d'autore e del diritto brevettuale in rapporto al software e le conseguenze che la direttiva potrebbe avere da questo punto di osservazione. Parole chiave: direttiva, diritto d'autore, requisito industriale, diritto brevettuale, brevetti di software. 1. La proposta di direttiva relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici C'è oggi un importante dibattito nell'Unione Europea se, per le invenzioni che coinvolgono i programmi per elaboratori elettronici e in aggiunta alla tutela mediante il diritto d'autore prevista dalla direttiva 91/250/CEE del Consiglio del 14 maggio 1991, si debba concedere il rilascio dei brevetti. Il dibattito si incentra, in modo particolare, sulla proposta di direttiva del Consiglio al Parlamento europeo "sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici" (Bruxelles 20.02. 2002, COM (2002) 92 final). La proposta di direttiva è molto breve, prevede solo undici articoli, di cui solo i primi sei stabiliscono norme di diritto sostanziale. I più importanti aspetti di queste norme sono: 1. Gli stati membri garantiscono "che un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici sia brevettabile, a condizione che sia atta ad una applicazione industriale, presenti un carattere di novità e implichi un'attività inventiva" (art. 4.1). Per determinare se un'invenzione implica un'attività inventiva, le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici devono arrecare un contributo tecnico (art. 4.2). 2. Per gli scopi di questa direttiva "un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici s'intende un'invenzione la cui esecuzione implica l'uso di un elaboratore, di una rete di elaboratori o di un altro apparecchio programmabile e che presenta a prima vista una o più caratteristiche di novità che sono realizzate in tutto o in parte per mezzo di uno o più programmi per elaboratore". E per "contributo tecnico" s'intende "un contributo allo stato dell'arte in un settore tecnico, giudicato [nuovo e] non ovvio da una persona competente nella materia" (art. 2). © ALSI e Tecnoteca UPGRADE Vol. IV, N. 3, giugno 2003 1 Open Knowledge – Conoscenza libera 3. Si afferma anche che "il contributo tecnico è valutato considerando la differenza tra l'oggetto della rivendicazione di brevetto nel suo insieme, i cui elementi possono comprendere caratteristiche tecniche e non tecniche e lo stato dell'arte." (art. 4.3). 4. Relativamente alle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, queste possono essere rivendicate "come prodotto, ossia come elaboratore programmato, rete di elaboratori programmati o altro apparecchio programmato, o come processo realizzato da tale elaboratore, rete di elaboratori o apparecchio mediante l'esecuzione di software" (art.5). E riguardo alla relazione con la direttiva 91/250/CEE l'articolo 6 stabilisce che "la protezione conferita dai brevetti per le invenzioni che rientrano nel campo d'applicazione della presente direttiva lascia impregiudicate le facoltà riconosciute dalla direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore mediante il diritto d'autore, in particolare le disposizioni relative alla decompilazione e all'interoperabilità o le disposizioni relative alle topografie dei semiconduttori o ai marchi commerciali". 2. Problematiche In relazione alle questioni poste dalla direttiva europea a cui ci riferiamo, questa breve relazione verterà su tre tematiche fondamentali: 1. la natura industriale delle invenzioni brevettabili; 2. il brevetto e il diritto d'autore come strumenti di tutela dei programmi per computer; 3. il prevedibile impatto della nuova direttiva. 3. La natura industriale delle invenzioni brevettabili Il problema di base posto dalla tutela mediante brevetto delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratore non è certamente nuovo e, da sempre, è uno dei temi fondamentali dell'applicazione della legislazione sui brevetti. Si tratta del fatto che un brevetto può essere rilasciato soltanto per un'invenzione industriale. Fin dal 1969, quando fu pubblicata la mia tesi di dottorato su "I caratteri positivi della brevettabilità secondo il diritto tedesco", già pervenivo a delle conclusioni su questa materia rifacendomi alla dottrina e alla giurisprudenza tedesca. Secondo questa dottrina era chiaro che non tutte le invenzioni erano brevettabili, ma solo le invenzioni industriali, "quelle che permettono un uso industriale" ("die eine gewerbliche Verwertung gestatten" nel testo della norma tedesca del 2 gennaio 1968). In una sentenza del Reichsgericht (la Suprema Corte del Reich) fin dal 21 gennaio 1933 si diceva che "l'invenzione deve essere di natura industriale, essa, cioè, deve funzionare a mezzo di forze naturali controllabili miranti a ottenere un risultato che si inserisce in un campo similmente delimitato dell'azione umana". Da questo si deduce che ogni cosa che poteva essere considerata "semplicemente una espressione dello spirito dell'uomo" non era brevettabile, dal momento che era priva della caratteristica di industrialità e non poteva essere costruita come un'azione sulle forze stesse della natura. La natura industriale di un'invenzione richiedeva perciò non soltanto che i mezzi usati per farla funzionare dovessero essere, in misura predominante, industriali, ma che il risultato stesso dovesse avere carattere industriale, non doveva, cioè, sortire da un ricorso in contemporanea all'attività intellettuale dell'uomo. Perciò le mappe, le guide turistiche, le piantine di edifici, le tabelle di calcolo e le tabelle logaritmiche o la sostituzione su una macchina di certi simboli con altri, non davano, si disse, un prodotto industriale e perciò non erano brevettabili. Fu, dunque, generalmente accettato che un'invenzione brevettabile dovesse avere una natura industriale e così, secondo questa interpretazione, solo le invenzioni tecniche (Tecnische Erfindungen) sono brevettabili. Il termine "tecnico" in questo contesto si riferisce a "tecnica industriale", dal momento che non si deve dimenticare che ci sono diverse tecniche applicabili ad © ALSI e Tecnoteca UPGRADE Vol. IV, N. 3, giugno 2003 2 Open Knowledge – Conoscenza libera altri campi dell'azione umana, come, ad esempio, le tecniche didattiche e organizzative o le tecniche di vendita. La Convenzione sul brevetto europeo mantiene questa caratteristica richiedendo che le invenzioni brevettabili siano "atte ad una applicazione industriale", e con ciò si richiede, secondo una dottrina tradizionale, che le invenzioni industriali siano invenzioni tecniche, presumendo che la tecnica coinvolta sia qui la tecnica industriale. La nota esplicativa dell'art. 27 della Convenzione sugli Aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (ADPIC) in cui si afferma che "atta ad una applicazione industriale" è sinonimo di "utile" non è corretta. Tutte le invenzioni, quando rispondono a un bisogno umano, sono utili, siano di tipo industriale o no. Ma questa distinzione tra "utilità" e "attitudine ad una applicazione industriale" è importante perché nella legislazione statunitense non si fa espresso riferimento al carattere industriale di un'invenzione brevettabile, se pure si richiede che essa sia utile. È per questa ragione che l'approccio statunitense alla brevettabilità non può essere accolto così com'è nella legislazione europea. Si deve mettere l'accento sul fatto che la richiesta che le invenzioni brevettabili siano di natura industriale ha importanti conseguenze sulla legislazione sui brevetti. Significa che soltanto le invenzioni applicate alla produzione di beni e servizi che prevedano oggetti fisici che debbano essere immessi sul mercato sono brevettabili. Il fatto che il risultato dell'invenzione possa essere commercializzato indipendentemente dalla azienda che lo fabbrica è di fondamentale importanza, perché ciò significa che, se pure il titolare del brevetto ha l'esclusivo diritto ad utilizzare quel brevetto, è necessario che da esso scaturisca la realizzazione di prodotti da immettere sul mercato. Così l'esclusività del diritto dà dei benefici sia al detentore del brevetto, ma anche alla intera società, dal momento che il titolare del brevetto ne deve adeguatamente commercializzare il prodotto. Si deve ricordare che la Convenzione di Parigi permette, in effetti, la concessione di licenze obbligatorie, quando il detentore del brevetto non rifornisce adeguatamente il mercato del suo prodotto. Per di più il titolare del brevetto potrà soltanto avere dei benefici da un'invenzione se si immettono sul mercato i prodotti che ne conseguono. Per questa ragione il diritto brevettuale è inadeguato a tutelare, per esempio, i metodi relativi alla organizzazione o al commercio perché essi possono essere attuati senza la necessità di portare sul mercato un prodotto specifico o un servizio ottenuto direttamente come risultato dell'invenzione, così che la società nel suo complesso non ricaverebbe benefici dallo sfruttamento di queste invenzioni. E per giunta, provate a immaginare il freno al progresso che si avrebbe se un'azienda che inventasse un nuovo metodo di marketing (come potrebbe essere oggi un sistema computerizzato di conferma degli ordini dei clienti o che semplifica la procedura di fare ordini o, per il passato, un sistema di pagamento a rate o il leasing) potesse impedire a tutte le altre aziende di fare lo stesso per non meno di venti anni. È interessante notare che la legge spagnola sulla proprietà intellettuale fin dal 1929 permetteva che tali processi fossero brevettati, sebbene nessun brevetto di questo tipo fu mai concesso. Alla luce di quanto detto sopra sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo dell'elaboratore elettronico, si perviene a questa ovvia conclusione. Si possono considerare brevettabili tutte le invenzioni che incorporano software per macchine o per dispositivi che danno prodotti industriali, che abbiano, cioè, una consistenza materiale tale da poter andare autonomamente sul mercato o da produrre effetti tecnici sulle modalità stesse di funzionamento del computer. Ma ciò su cui si deve mettere l'accento è che la richiesta della Convenzione sul brevetto europeo, e cioè che le invenzioni debbano essere atte all'applicazione industriale, va di pari passo con la richiesta che l'invenzione debba dare un contributo tecnico. Mentre sarebbe opportuno inserire nella legislazione statunitense, visto che oggi non è richiesto, questo ulteriore requisito del contributo tecnico di un'invenzione, non ha senso che nella Convenzione sul brevetto europeo si chieda da un lato che l'invenzione debba essere atta all'applicazione industriale e dall'altro che debba dare un contributo tecnico. Sono uno stesso, unico requisito. E perciò, se questo ulteriore requisito verrà richiesto nella futura direttiva, creerà un'inutile distorsione nel diritto brevettuale europeo in generale, dal momento che darà spazio all'interpretazione che il contributo tecnico sia © ALSI e Tecnoteca UPGRADE Vol. IV, N. 3, giugno 2003 3 Open Knowledge – Conoscenza libera una caratteristica solo delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori e non di tutte le invenzioni industriali. D'altra parte, è abbastanza ovvio, anche per la dottrina tradizionale a cui si accennava sopra, che le invenzioni che riguardano i puri metodi commerciali e organizzativi non dovrebbero essere brevettabili, nemmeno se prevedano l'uso di un computer. Per concludere possiamo dire che il fatto che un'invenzione includa un programma per computer non comporta di per sé né che sia brevettabile, né che non sia brevettabile. 4. Il brevetto e il diritto d'autore come strumenti di tutela dei programmi per elaboratori Come è stato ampiamente riconosciuto, la tutela giuridica dei programmi per elaboratori, come prevista dalla direttiva 91/250/CEE del 14 maggio 1991, fu voluta da coloro che cercavano di proteggere tali programmi e che consideravano la direttiva uno strumento che offriva significativi vantaggi in confronto alla tutela mediante brevetto. Tra questi vantaggi è il fatto che la protezione giuridica è ottenuta automaticamente e in maniera generalizzata per il semplice fatto che si crea un prodotto, senza bisogno di una qualche registrazione o di pagare delle tasse. Non si chiede che l'invenzione implichi un'attività inventiva, né una descrizione pubblica, né un obbligo di fornire il mercato, per non parlare del fatto che il periodo di tutela è assai più ampio di quello previsto dalla legislazione sui brevetti. Si deve ricordare, però, che la direttiva dovette fare degli adattamenti modificando alcune premesse di base del diritto d'autore. Previde una definizione specifica del requisito di originalità, l'attribuzione di proprietà secondo norme diverse da quelle del diritto d'autore e, assai più importante, si previdero delle restrizioni, estranee del tutto alla normativa del diritto d'autore, come le limitazioni sulla decompilazione. È interessante notare che viene applicata la legislazione sul diritto d'autore perché è considerata la più favorevole, ma soltanto dopo aver apportato esplicite modifiche per evitare i problemi inerenti l'impostazione generale di questo regime giuridico. L'idea è ora di fare un ulteriore passo in avanti e proteggere i programmi per elaboratori mediante brevetto, ma, ancora una volta, è il caso di fornire una tutela, per così dire, alla carta, che permetta, cioè, cambiamenti sostanziali ai principi di base di questa branca del diritto. Se lo scopo è tutelare le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori, sarà necessario il requisito restrittivo che sia i metodi che i risultati debbano avere il carattere di industrialità. Anche la necessità che l'invenzione presenti un carattere di novità e implichi un'attività inventiva deve essere fatta rispettare in modo rigoroso per evitare che si rivendichi un brevetto per un programma per elaboratore già di fatto disponibile per ogni tecnico informatico e perciò che ci si appropri di creazioni che sono di dominio pubblico. La descrizione, che dovrà essere resa pubblica, dovrà includere il codice sorgente e dovrà naturalmente essere fatta in modo da permettere che il soggetto delle rivendicazioni del brevetto sia approfonditamente esaminato, come si richiede per tutte le invenzioni brevettabili, e conseguentemente decompilato. Non ha senso mantenere per i brevetti le limitazioni sulla decompilazione previste dalla direttiva sulla tutela giuridica dei programmi mediante computer e, comunque, l'uso delle interfacce dovrà essere permesso. Naturalmente, come nella precedente legislatura, dovrebbe essere conservata la condizione per il titolare del brevetto di mettere adeguatamente in commercio il prodotto dell'invenzione. Ciò che, comunque, non sarebbe accettabile è farsi un regime giuridico "tagliato su misura", in cui si includano, nell'interesse del titolare del brevetto, solo le parti del diritto d'autore e del diritto brevettuale che siano a lui favorevoli, lasciando fuori le norme per lui pregiudizievoli, sebbene possano essere proprio queste che assicurerebbero un equilibrio tra gli interessi dei detentori dei brevetti e quelli della società. Anche la sovrapposizione (o l'accumulazione) che potrebbe verificarsi tra la tutela assicurata dal brevetto e quella fornita dal diritto d'autore dovrebbe essere attentamente regolamentata. A differenza del diritto d'autore, il brevetto non protegge soltanto la forma di espressione del programma, ma anche le idee e i concetti che lo caratterizzano. Questo significa che un terzo, alla scadenza dei diritti brevettuali, potrà sfruttare commercialmente un programma basato su quelle © ALSI e Tecnoteca UPGRADE Vol. IV, N. 3, giugno 2003 4 Open Knowledge – Conoscenza libera idee, anche se il diritto d'autore fosse ancora in vigore e a patto che esse siano espresse in modo diverso. Ma l'esistenza di un doppio regime giuridico ha un'altra implicazione fondamentale e cioè che, se un'invenzione brevettabile non è brevettata, non c'è un diritto esclusivo sulle idee che caratterizzano quell'invenzione. Perciò, se un'invenzione attuata per mezzo di un elaboratore non è brevettata, ma è brevettabile, le idee che la caratterizzano possono essere analizzate e usate da chiunque; di conseguenza il proprietario di un programma di computer può soltanto appellarsi al diritto d'autore per impedire che la forma di espressione del programma venga copiata. Per questo motivo, se le idee alla base della proposta di direttiva verranno accettate, sarà opportuno integrare la direttiva esistente sulla tutela mediante il diritto d'autore con la nuova sulla protezione a mezzo brevetto pervenendo a un'unica direttiva. 5. Il prevedibile impatto della nuova proposta di direttiva È indubitabile che nella odierna situazione c'è il rischio, relativamente alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo computer, che le leggi nazionali, e specialmente le applicazioni giurisprudenziali, evolvano in maniera divergente. Allo stesso tempo c'è un rischio concreto che l'Ufficio europeo dei brevetti, agendo in maniera isolata e senza alcun controllo, incrementi la brevettabilità di questo tipo di invenzioni. Da questo punto di vista, potrebbe avere un senso produrre una direttiva solo se si armonizzasse con le norme dell'Ufficio europeo dei brevetti. Questa direttiva dovrebbe essere, allo stesso tempo, veramente chiarificatrice e ciò richiederebbe: a) tutelare a mezzo brevetto nel rispetto dei principi di base del diritto brevettuale; b) stabilire norme circostanziate sulla procedura da adottare quando, in caso di tutela a mezzo brevetto e mediante diritto d'autore, si verifica una sovrapposizione (o un accumulazione) di norme; c) bloccare in maniera chiara la tendenza ad allargare i soggetti brevettabili alle invenzioni non industriali che si limitano ad incorporare del software. Non si dovrebbe, inoltre, ignorare il fatto che l'estensione della brevettabilità alle invenzioni mediante elaboratore si presta oggi ad altri tipi di rischi. È opinione comune che l'Ufficio europeo dei brevetti (UEB) e l'Ufficio per l'armonizzazione del mercato interno (UAMI) dovrebbero autofinanziarsi, ciò significa che sono costretti a cercare di ottenere più richieste possibili. In conseguenza di ciò essi tentano di accontentare in ogni modo quelli che chiamano i loro "clienti", per lo più grandi aziende. Ma questo fenomeno ha gravi conseguenze che, nella pratica, sono perfettamente evidenti. Per autofinanziarsi e venire incontro alle esigenze dei "clienti", i suddetti uffici tendono sempre più ad ampliare il campo di ciò che è brevettabile e a prendere sempre meno in considerazione il requisito di un contributo tecnico inventivo, provocando, di conseguenza, la proliferazione di migliaia di brevetti, con un minimo grado di inventività, se pure ce n'è, e un devastante effetto sul sistema brevettuale. C'è, innanzitutto, un inaccettabile periodo d'attesa di parecchi anni prima del rilascio dei brevetti. Ma è la funzionalità del sistema brevettuale che sta cambiando sostanzialmente, dal momento che ne beneficiano solo le aziende più ricche che, avendo grandi capacità finanziarie, sono in grado di richiedere un numero assai consistente di brevetti, per quanto senza un minimo di inventività, e hanno anche il danaro per affrontare procedimenti giudiziari praticamente illimitati. È chiaro che questa situazione, una realtà d'oggi, è pregiudizievole, in particolar modo, per le piccole e medie imprese che non hanno la capacità finanziaria di chiedere centinaia di brevetti e di difendere questi brevetti o se stesse in una pletora di processi. Ma è specialmente pregiudizievole al sistema brevettuale di per sé, il cui scopo è promuovere invenzioni vere, che abbiano, cioè, un indiscutibile grado di inventività e non semplicemente avvantaggiare i richiedenti con grandissime capacità finanziarie. E così, alla luce della situazione che abbiamo delineato, l'allargamento della materia brevettabile alle invenzioni a mezzo elaboratore produrrà conseguenze facilmente prevedibili. Più aumenterà il numero delle richieste di brevetto, più tempo ci vorrà per il rilascio delle concessioni; © ALSI e Tecnoteca UPGRADE Vol. IV, N. 3, giugno 2003 5 Open Knowledge – Conoscenza libera dato che si richiederà un grado di inventività assai modesto, ci saranno sempre più brevetti e le piccole e medie imprese non potranno competere su un piano di parità con aziende con ben più grandi capacità finanziarie, che potranno richiedere centinaia o migliaia di brevetti e dare inizio indiscriminatamente a vertenze giudiziarie, spesso solo a scopo intimidatorio. Perciò in questo momento si dovrebbe dare assoluta priorità alla necessità di ritornare al vero fine del sistema brevettuale visto nell'insieme, esigendo un alto grado di inventività e limitando la tutela alle invenzioni che hanno carattere industriale. Non si dovrebbe dimenticare che un brevetto dovrebbe essere rilasciato sempre con criteri restrittivi, poiché è evidente che uno dei principi fondamentali che sta alla base della filosofia dell'Unione europea è il principio della libertà d'impresa. Alberto Bercovitz Rodríguez-Cano, dello studio legale spagnolo "Estudio Juridico", è docente universitario di diritto commerciale e avvocato in Madrid. È anche studioso della legislazione relativa al diritto d'autore, al marchio commerciale e ai brevetti. È assai noto per la sua attività di legale nel campo dei processi relativi al diritto brevettuale ed è rispettato dai suoi colleghi come decano del settore. <[email protected]> Giuseppe Prencipe, insegnante e traduttore freelance. Si è laureato in Lettere all'Università Cattolica "S. Cuore" di Milano e ha approfondito le tematiche relative alla documentazione, alla biblioteconomia e alla gestione delle conoscenze conseguendo il diploma in Archivistica presso l'Archivio di Stato di Bari e il diploma di perfezionamento in Storia moderna presso l'Università di Urbino. © ALSI e Tecnoteca UPGRADE Vol. IV, N. 3, giugno 2003 6