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Stefano Chiodi Latini Stefano Chiodi Latini: «Voglio dire la mia» di SARA LANFRANCHINI foto MANUELA GOMEZ 250 Tanto talento e voglia di affermarsi per un giovane chef, già capace di idee estremamente chiare in fatto di cucina e finalità della ristorazione. Un cuoco-filosofo per una gastronomia di alto livello, che a Villa Somis ritrova lo spirito conviviale della tavola torino magazine sapori e tendenze D a un lato, il desiderio di emergere e di puntare in alto, proponendo una cucina importante e capace di distinguersi. Dall’altro, la responsabilità di un cognome che pesa nel mondo dell’alta gastronomia torinese: il padre, Antonio Chiodi Latini, è chef e patron del Castello Nove Merli di Piossasco, lo zio Umberto è il titolare dello stellato Vintage 1997, mentre il cugino Alfredo Russo è l’anima stellata del Dolce Stil Novo, alla Reggia di Venaria. Oggi, anche il trentunenne Stefano Chiodi Latini ha spiccato il volo, inaugurando a gennaio la sua personale avventura nel mondo del gusto. Giovane determinato e talentuoso, in lui l’ambizione è cresciuta di pari passo a un vasto bagaglio di competenze ed esperienze nella ristorazione, maturate sotto l’egida paterna. Ora è il suo momento e, forse, dobbiamo vederci la mano del destino nel fatto che il trampolino di lancio di Stefano sia proprio la straordinaria location di Villa Somis: un punto di partenza ideale (quasi un luogo mitico), lo stesso da cui, nel ’90, anche il padre e maestro impresse una svolta alla sua carriera. Qual è la tua idea di cucina? «Credo che la cucina e la tavola siano argomenti troppo importanti per trasformarli in un luna park del gusto: ci passano la famiglia, gli affari, l’amore… Così, il gesto dello chef non può finir per essere protagonista. Penso ad esempio alla gastronomia molecolare, alle nuove tendenze che vanno per la maggiore. Forse può sembrare presuntuoso, ma io propongo un ritorno alla tavola come luogo di convivialità, dove la cucina è sì ‘di peso’, ma finalizzata ad accompagnare i momenti più importanti della vita; dove la dedizione al cliente è completa (per questo Villa Somis, salvo in occasione di cerimonie o meeting, ospita al massimo venti coperti, ndr) e si respirano cultura ed estro, in un ambiente elegante che però non mette a disagio e non ha nulla a che vedere con la mondanità». Quali sono i tuoi riferimenti? «Per ogni piatto realizzo uno studio che va dalle basi della codificazione di Escoffier all’estro di Gualtiero Marchesi. Poi, cerco di dire la mia, reinterpretando la cucina di mare e del territorio ma mantenendo sempre un dialogo stretto con la tavola. Se da un lato non amo gli ‘artisti’, gli improvvisatori senza cultura gastronomica che esasperano l’uso della tecnologia, dall’altro non penso neppure che, disponendo di competenze adeguate, sia per forza necessario destrutturare tutto. Insomma, un sorbetto di foie gras mi pare francamente eccessivo». Sappiamo che hai le idee chiare anche sulla gestione della sala… «Mi rifaccio a Davide Oldani. Mi piacciono le giacche bianche in sala, preparatissime, mentre io e il mio suos-chef, Andrej Cosovanu, stiamo là dove dobbiamo stare, cioè ai fornelli. In realtà, il mio sogno sarebbe stravolgere tutto: che fosse il cliente ad affacciarsi alla cucina e a dare la comanda direttamente allo chef». Come definisci la tua cucina? «Di stampo filo piemontese e di mare, ma reinterpretata e personale. Cerco di dire la mia su carne cruda, vitello tonnato e carni di cortile, ma anche sulle orecchiette fatte a mano di mia mamma, pugliese, o sui pizzoccheri del papà valtellinese. Famiglia e territorio sono i miei fari, le mie grandi fonti di educazione. Poi, però, io non credo nel km zero a tutti costi, e certo non mi privo di eccellenti materie prime solo perché di provenienza estera». I tuoi obiettivi? «Trasmettere passione nei miei piatti, lavorare bene col mio team e portare in alto gli insegnamenti ricevuti. Con Villa Somis mi sono inserito in una fascia di prezzo che a Torino mancava (circa 50-60 euro a cena, ndr), offrendo una cucina importante per un lusso democratico: perché voglio lavorare con i giovani, e voglio che tornino. Se poi dovessero arrivare le stelle o una consacrazione mediatica, saranno solo conseguenze, mai obiettivi. Addirittura, in quel caso abbasserei i prezzi: proporrei un menù in cui faccio tutto io, 50 euro e via. Non concepirò mai lo chef pluristellato che in cucina non si vede mai, ma nel cui ristorante si spendono 150 euro. Non è questione di crisi: la tavola è quotidianità e come tale va vissuta, anche quando dietro c’è un maestro». VILLA SOMIS Strada Comunale Val Pattonera, 138 Tel. 011.6312617 Sempre aperto, gradita la prenotazione www.villasomis.it [email protected] Stefano Chiodi Latini e Andrei Cosovano 251