il barefoot running - Skodeg-O
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il barefoot running - Skodeg-O
..IL BAREFOOT RUNNING: COSA DICE LA SCIENZA La corsa a piedi nudi o con le cosiddette minimaliste sembra sempre più diffusa tra gli amatori. Questo per le massicce campagne pubblicitarie promosse dalle aziende interessate. Ormai tutte le maggiori marche dispongono di scarpe minimaliste. Per scarpa minimalista si intende quelle che fanno parte della categoria A0, che pesano dai 60 ai 200 g circa. Sicuramente le più rappresentative sono le fivefinger Vibram (fig.1). Le aziende, con l’intento di aumentare le vendite, ci presentano queste calzature come la soluzione a tutti i mali del runner (dalle periostiti, alle tendiniti, al dolore alle ginocchia e alla schiena). FIG. 1- FiveFingers Vibram La filosofia del barefoot (piedi scalzi) ci viene presentata dai sostenitori della corsa naturale. I nostri antenati, dicono, non avevano scarpe, si son sempre mossi a piedi scalzi e non avevano problemi di nessun genere perché la selezione naturale faceva si che chi non era una macchina perfetta non sopravvivesse. Io aggiungo anche che i nostri antenati vivevano 20-30 anni e che quindi tutto il sistema muscolo scheletrico era stressato per minor tempo; facevano un altro stile di vita e quindi non si possono paragonare i corridori di FIG. 2 - Hoka oggi ai corridori di ieri. E’ inoltre curioso come a fianco alla cultura barefoot stia prendendo piede quella delle oversize, un esempio sono le Hoka (fig. 2). La logica di queste scarpe è l’inverso: iperprotezione e quindi minimizzare lo stress articolare dovuto ai continui impatti al suolo. Due posizioni completamente differenti quindi, che vanno approfondite. Ho cercato su pubmed.gov i fondamenti scientifici che stanno alla base dello sviluppo di questo tipo di calzature, in questo numero vediamo nello specifico le minimaliste, nel prossimo le oversize. Uno studio di Michael Warburton sottolinea come la corsa a piedi scalzi diminuisca il rischio di fasciti, distorsioni della caviglia e altri infortuni e permetta una diminuzione del 4% del costo energetico (in realtà questa non è reale, ma solo una stima per il minor peso che si ha addosso). Lieberman dice che l’uomo è fatto per correre lunghe distanze senza scarpe e che, anzi, le calzature, son la causa di tutti gli infortuni. Dal punto di vista biomeccanico vale la pena precisare una cosa: mentre si corre, quando il piede è in appoggio (stance phase) viene generata una certa forza a terra, una parte della quale viene restituita dal terreno (ground reaction force, GFR) e va a scaricarsi su ginocchia, anche, schiena. Nella corsa ci sono due picchi di questa forza, uno avviene circa 25ms dopo l’impatto, e uno circa 100 ms dopo (fig. 3). Il primo picco (impact peak, quello minore) è la forza che viene riassorbita dall’arto al momento dell’impatto a terra. Il secondo (active peak) è la forza assorbita nel momento di midstance, ovvero quando il baricentro corporeo si trova sopra il piede. Secondo Ferber, è vero che con le scarpe minimaliste il primo picco tende a diminuire, ma questo perché si è portati ad aumentare la frequenza dei passi e quindi a parità di distanza vengono comunque effettuati un numero di appoggi maggiore. Questo potrebbe facilitare l’insorgenza di infortuni. FIG. 3 – la forza resituita all’arto in appoggio durante la fase stance della corsa Detto un po’ “grezzamente” correre scalzi o con scarpe minimaliste ci porta ad essere maggiormente in appoggio sull’avanpiede (provate e dopo 100 m avrete già male ai polpacci), questo permetterebbe si un miglior ammortizzamento ma solo se le strutture preposte (tendini, muscoli, articolazioni nel loro insieme) sono adeguatamente preparate (fig. 4). Sicuramente correre scalzi potrebbe essere un bell’allenamento per esercitare e rinforzare la muscolatura della gamba e la mobilità della caviglia, ma bisogna arrivarci per gradi. LA MIA ESPERIENZA: ho provato l’anno scorso, due-tre volte a settimana, a correre scalzo in pista. Ho iniziato per 400 m, poi 800, poi 1600.. non ho però mai corso più di due km poiché, nonostante avessi ottime sensazioni dal punto di vista muscolare e anche una maggior confidenza con il terreno avevo sempre il timore di esagerare. Poi, per questioni di tempo ho abbandonato la pratica ma credo possa esser un buon esercizio soprattutto per chi corre utilizzando poco la spinta della caviglia. I MIEI CONSIGLI: se volete provare a correr scalzi oppure con scarpe minimaliste: - Iniziate gradatamente, pochi metri, magari un solo giro di pista le prime volte Fatelo su terreni morbidi (prato, sentiero, pista) Non mettetevi obiettivi esagerati (tipo far 5000 m in pista per poter dire di averlo fatto) Fate un bel riscaldamento e MOLTO stretching I campioni non fanno i record scalzi o con le fivefingers, quindi non pensate di migliorare i vostri record solo cambiando scarpa FIG. 4 – differenza di appoggio tra la corsa con scarpa (sinistra) e barefoot running (destra). Si noti come l’appoggio è spostato verso l’avanpiede NICOLA [email protected] BIBLIOGRAFIA: Bramble D.M., Lieberman D.E., Endurance running and the evolution of homo, Nature, Vol 482, 2004 Warburton M. Barefoot running, Sportscience, sportsci.org, 2001