Articolo conferenza Milano Il Velino - CICSAA
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www.ilvelino.it 10. *Libano, Avsi presenta risultati progetto sviluppo agricolo regionale Roma - David è coscritto di Ibrahim, ma vive al di là del filo spinato che sta in fondo alla Piana di Marjayoun. Il suo villaggio si chiama Metulla, è irrorato dalla stessa acqua di Marjayoun e le mandorle e pesche che mangia sono le stesse di quelle del suo coscritto. Guerre, convenzioni, politica e religioni dicono però che Ibrahim è libanese mentre David è israeliano e l’uno non guarda l’altro. Ma se il primo utilizza troppa acqua il secondo resterà a secco e, viceversa. Così come gli alberi di mandorle che i loro padri coltivano: se le piante di Ibrahim avranno una malattia, la stessa potrebbe propagarsi oltre il confine. E viceversa. Chissà se partendo da un problema comune Ibrahim e David potranno mai incontrarsi. Così come hanno già fatto gli abitanti sciiti e cristiani della Piana di Marjayoun, nel sud del Libano, per il programma di sviluppo agricolo regionale coordinato dalla Fondazione Avsi in partnership con la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo (Dgcs) della Farnesina e il ministero dell’Agricoltura libanese. Un programma i cui frutti sono stati presentati a Milano in un workshop all’Università degli Studi (Palazzo Greppi, sala Napoleonica, via sant’Antonio 12), dopo una particolare attenta ricerca scientifica realizzata in Libano. Le radici del Libano nascono da una cultura antica che ha saputo far germogliare una storia importante caratterizzata da una comunità di popoli con tradizioni e culture diverse che oggi è la vera ricchezza del Paese. La persona come risorsa. In Libano come nel Pianeta. “… Ricco della sua diversità il popolo libanese ama profondamente la sua terra, la sua cultura, le sue tradizioni, sempre rimanendo fedele alla sua vocazione di apertura universale. La storia millenaria di questo Paese, come la sua posizione al cuore di un contesto regionale complesso, gli dà per missione fondamentale di contribuire alla pace e alla concordia con tutti”. Affermava Benedetto XVI il 17 novembre 2008 all’insediamento del nuovo ambasciatore libanese presso la Santa Sede. Nel corso della storia, il bacino del Mediterraneo è stato il palcoscenico dello sviluppo agricolo di importanti civiltà che hanno saputo sfruttare la biodiversità originari a di queste regioni divenendo culla di culture, storia e tradizioni. Paese ricco di storie di agricoltura e fiorenti commerci, il Libano possiede un’agricoltura sempre alla ricerca di tecniche innovative per il suo sviluppo e per l’esportazione dei prodotti che rischia di essere pesantemente colpita da una malattia letale per mandorli (una delle coltivazioni principali del Paese), peschi e nettarine. Questa malattia, causata da un batterio, Candidatus Phytoplasma phoenicium, ha già provocato negli ultimi dieci anni la distruzione di più di 100 mila piante di mandorlo. La ricerca scientifica condotta della Fondazione Avsi e della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano con la Cooperazione Italiana, ha evidenziato il problema aprendo una importante sfida di carattere tecnico, socio economica e ambientale. Il mondo della ricerca e quello della cooperazione allo sviluppo, per un totale di 25 tecnici e ricercatori, hanno lavorato insieme per comprendere l’estensione della malattia, trovare strumenti di prevenzione all’epidemia e risposte per gli agricoltori. E’ stata avviata una proficua partnership scientifica tra enti di ricerca libanesi (America University of Beirut, Lebanese Agriculture Research 1 Institut, Université Saint-Esprit de Kaslik e Lebanese University) e italiani (Università di Milano e Università di Torino). Legati da un problema comune gli agricoltori libanesi, appartenenti a religioni ed etnie diverse, hanno fatto squadra e dialogato. Il progetto, in un solo anno, ha coinvolto 551 frutticoltori, esaminato periodicamente 910 frutteti distribuiti in 430 villaggi appartenenti a tutte le 26 Caza libanesi, individuando 40 mila piante infette. La problematica è stata affrontata con metodo nuovo, integrato tra monitoraggio in campo, ricerca in laboratorio e campagne di formazione e informazione con i beneficiari. “Partendo da un programma agricolo – afferma Alberto Piatti, segretario generale della Fondazione Avsi – ci siamo presi cura della persona e della comunità che vive attorno al problema specifico. Curando le piante abbiamo incontrato gli agricoltori e le loro famiglie. E con loro abbiamo conosciuto la realtà nella quale vivono, così frammentata e a volte delicata e difficile. Insieme abbiamo messo in campo saperi e tecnicalità per affrontare i problemi. Un’occasione di dialogo per una convivenza possibile.” A causa di questa malattia le ripercussioni a cui il Libano deve far fronte sono molte, dalla perdita economica fino all’abbandono della terra da parte degli agricoltori e dell’impossibilità di sfamare le famiglie. Così come il rischio di compromettere l’equilibrio della biodiversità. L’esperienza fatta dimostra come questa complessità non possa essere risolta semplicemente in termini di Paese, ma che i fattori in gioco (biodiversità, nutrizione, sviluppo e gli elementi emersi con il progetto) vadano pensati e affrontati, con la stessa metodologia, a livello regionale nel Mediterraneo. Il workshop, nel corso del quale viene presentato il programma e gli esiti della ricerca, intende proprio essere l’occasione per confrontarsi sulle prospettive di cooperazione in campo scientifico e agroalimentare tra Italia e Medio Oriente, nel solco tematico dell’Expo “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” e in vista della giornata mondiale dell’alimentazione della Fao del prossimo 16 ottobre. (com/fbu) 2