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HO QUALCOSA DA RACCONTARTI …a tutti i bimbi, ai bimbi malati, ai bimbi poveri, a quelli che hanno subito violenze di ogni tipo, agli orfanelli che non hanno più una famiglia e alle famiglie che sono state distrutte dalle guerre in luoghi dove i bimbi non possono permettersi un libro… e, a volte, neanche il cibo. Questo“ libro” l’abbiamo scritto con il cuore. Ai nostri genitori, ai nostri prof., al nostro Preside. Con il cuore. INTRODUZIONE Questo piccolo lavoro non vuole avere la pretesa di essere un “Libro”; in realtà, è solo l’espressione della fantasia, della creatività e dell’impegno dei ragazzi- autori che, durante il corso dell’intero anno scolastico, hanno lavorato alla stesura di questa raccolta di racconti mettendo in luce, ognuno di loro in misura diversa e personale, la propria capacità di raccontare e anche di raccontarsi. Le sezioni in cui è stato suddiviso il lavoro rispondono alle tematiche modulari affrontate durante le lezioni e suggerite dal libro di testo. Ai ragazzi sono stati forniti degli elementi che essi hanno dovuto inserire, obbligatoriamente, nelle loro storie: ciò al fine di agevolare il percorso di scrittura con delle indicazioni che fungessero da dati di partenza, ma anche allo scopo di farli frugare nella loro fantasia per costruire dei racconti che fossero originali. Quindi alcuni aspetti in apparenza ripetitivi, in realtà rappresentano il rispetto dell’obbligo di inserimento di questi elementi che, talvolta, sono stati scelti e concordati con i ragazzi stessi. Così, ad esempio, l’uso del vernacolo del personaggio che entra in relazione con il libro; la scelta di finali tragici o di ambientazioni in luoghi precisi: moderne città, piccoli centri.. ; personaggi “stranieri” appartenenti a culture diverse; la tecnologia che aiuta l’uomo; ecc. Scusandosi anticipatamente per imprecisioni, ingenuità o altre mancanze, il “libro” chiede solo di essere letto. Con il cuore. INDICE GLI - ANIMALI Da randagio a poliziotto I due leoni Il bruco e la lumaca Il canarino sfortunato Il lupo e l’aquila Il mistero del bosco scomparso Il ragazzo dai superpoteri La gara L’aquila e la volpe La sfida dei due gorilla La volpe aiuta il coniglio La volpe e la pantera L’oca e il pane Tre ranocchi Un cane e un gatto Un piccolo cucciolo I LIBRI - Andy - Bibliotecopoli e le tarme - Il dizionario - Il libro del sogno - Il libro e la matita - Il libro incantato - Il libro incantato e il topo - Il libro poliziotto - Il libro rubato - Il libro siciliano - Il mostro e il libro parlante - Il vecchio libro del vecchio signore - Un libro strano in biblioteca - Un regalo indimenticabile - Un sogno… GLI - AFFETTI Il carabiniere e la bambina Il sogno La tragedia di una piccola famiglia Storia di un tifoso Una famiglia distrutta Un colpo al cuore Un colpo in testa Un sogno…andato a male L’AMICIZIA - Jack - Il sogno diventa realtà - La lista - La macchina del tempo - La partita - Renato - Una bella invenzione - Una rinuncia faticosa - Una straniera nel quartiere - Una vita tra amici - Un sogno irrealizzabile - Storia di un’amicizia - Yumi Yang LA FIABA - Il principe e l’uccellino - Il principe innamorato - La strega e la bambina col pettine - La vecchia strega - Ubaldo e il regno dei fantasmi GLI AUTORI Anselmi Francesco Arena Federico Bertè Vincenzo Bonanno Giovanni Caizzone Luciano D’Andrea Gabriele Donato Claudio Dushkaj Ermal Formica Simone Grosso Sebastian Hoxhaj Lidio Italiano Emanuele Lipari Gabriele Medrano Russel Milano Daniele Noto Antonino Pjetri Edison Rizzo Claudio Rizzo Fabrizio Salmeri Stefano Sindoni Valerio Trifiletti Andrea Zhuravlyov Yevgeny GLI ANIMALI DA RANDAGIO A POLIZIOTTO Era una bellissima giornata e Rocki, un cane randagio, girava per i vicoli della città quando, ad un certo punto, incontrò i suoi amici Ross e Fido. Dopo una lunga passeggiata decisero di mangiare qualche cosa, quindi si avviarono verso una macelleria, sperando che il proprietario, affacciandosi alla porta e vedendoli così sciupati e tristi, avrebbe dato loro qualche scarto di carne. Dopo due ore circa nessun proprietario li aveva degnati di un minimo di attenzione, così decisero di cercare qualcosa nei cassonetti della spazzatura, quindi si recarono nel vicolo che stava di fronte alla macelleria. Cercarono un po’ in giro e vi trovarono qualche cosa da sgranocchiare, ma, mentre stavano per cominciare a mangiare, sentirono degli spari e delle sirene: dopo circa venti secondi videro due tizi incappucciati ed armati entrare in un magazzino abbandonato che si trovava a venti metri di distanza dai cani. La polizia non sapeva dove i due delinquenti fossero finiti e la gente spaventata si barricava in casa per paura di incontrarli. Allora i cani, che sapevano dove si nascondevano i criminali, provarono ad andare alla centrale di polizia e trascinare in qualche modo i poliziotti in quel magazzino, ma questi non capivano; pensavano che fossero solo dei randagi che volevano giocare, quindi li cacciarono via. Allora i cani si chiesero cosa fare. Rocki disse:”Nessuno vuole darci ascolto, perché non interveniamo noi? Pensate alla ricompensa, potremmo trovare anche un padrone o persino diventare cani poliziotto, ci pensate?”. Ross rispose:”Beh…a me piace essere un randagio, però non mi dispiacerebbe qualche bistecca ed una cuccia”, mentre Fido, che era il più spaventato, interveniva dicendo:”Ma siete pazzi? Quelli sono armati, non avranno certo paura di noi cani! Non ci sto ragazzi, facciamoci gli affari nostri; perché rischiare la vita per altri quando per noi non la rischia nessuno?” E Rochi ribadì:”Si, ma le bistecche?? Non le vuoi? E non vorresti anche un riparo?” “E va bene, mi avete convinto, ma ci vorrà un piano” disse Fido. I cani, quindi, progettarono la trappola più infallibile che dei cani potessero mai pensare. Sapendo che i criminali odiano essere visti in faccia per paura di essere riconosciuti, pensarono di fare rumore presso l’unica finestra ad altezza di cane. Con dei bidoni, tanto per fare credere ai malfattori che erano stati scoperti; quindi, sapendo che i delinquenti sarebbero usciti di corsa o per scappare o per catturare il testimone, pensarono di mettere una grossa gabbia aperta di fronte alla porta e di bagnare con del grasso per terra davanti alla porta stessa in modo da far scivolare i malfattori dritti nella gabbia. Ross disse:”Si può fare, tentare non nuoce”. Rochi e Fido dissero:” E dove troviamo il necessario? “ Si guardarono un istante e tutti e tre in coro esclamarono:”Alla discarica!” Dopo un’ora circa ebbero tutto il necessario pronto e posizionato correttamente, quindi aspettarono il calar del sole. Rochi si mise alla finestra, Ross ai bidoni e Fido…e Fido? Dove era finito? Beh! Era andato a fare confusione alla centrale per attirare l’attenzione di qualche poliziotto da portare al magazzino. Così Rochi cominciò a battere con la zampa sul vetro e Ross a buttare i bidoni per terra. La trappola stava funzionando, i delinquenti uscirono e scivolarono dentro la gabbia. Nel frattempo arrivò Fido con due poliziotti che lo inseguivano i quali, appena videro i due ladri in trappola, chiamarono subito rinforzi e portarono i criminali in prigione e, avendo riconosciuto l’astuzia ed il coraggio dei cani, decisero di farli diventare cani poliziotto, dando loro tutto quello che desideravano. Bonanno Giovanni IL CANARINO SFORTUNATO C’era una volta un canarino molto sfortunato che venne comprato da una famiglia di persone che non si interessavano per niente di lui, non gli davano abbastanza cibo e acqua e, per passarsi il tempo, lo stuzzicavano e giocavano con lui come se fosse un bambolotto: lo lanciavano da una parte all’altra della stanza non tenendo conto che anche lui era un essere vivente e provava il dolore. Una notte, mentre tutti dormivano, il canarino decise di scappare da una finestra che era rimasta aperta; uscì dalla gabbietta e cominciò a volare, senza una meta, ma anche senza sapersi procurare il cibo da solo, dato che non aveva mai volato al di fuori della sua gabbia. In conclusione: non sapeva cosa comportava essere liberi e cioè doversi procurare il cibo autonomamente, doversi difendere dai pericoli che si trovano in natura, anche se lui continuava a pensare che fosse tutto sempre meglio che stare in casa con quella famiglia di pazzi. Il mattino dopo, stanco della notte passata a volare, decise di riposarsi su un albero nel bel mezzo di una campagna insieme ad altri uccellini che cinguettavano felici. Ad un tratto il canarino vide tutti gli altri uccelli scappare via, ma lui non sapendone il motivo restò lì. Purtroppo non sapeva che era stato un cacciatore a far scappare gli uccelli e che questo, vedendo lui solo sul ramo, senza perdere un minuto sparò. Così cessava di vivere il povero e sfortunato uccellino. Caizzone Luciano I DUE LEONI In una foresta c’erano due leoni che erano inseparabili e insieme uccidevano tutte le prede, un po’ per uno. Dopo molto tempo le prede finirono: ne era rimasta solo una e decisero di dividersela. Durante la notte uno dei due leoni si alzò e, senza fare rumore, uscì e andò a mangiare la preda. La mattina, quando l’altro si alzò e non trovò più nulla, andò dall’amico per chiedergli spiegazioni, ma quello gli rispose che non era stato lui a mangiarla. Gli era rimasto, però, del sangue sul muso e così il primo leone si accorse che era stato lui a mangiarla. I due bisticciarono e non si parlarono più. Hoxhaj Lidio IL LUPO E L’AQUILA C’era una volta un lupo molto affamato; camminando per il bosco, vide un cerbiatto: si precipitò verso di lui, ma ad un tratto spuntò un’aquila che salvò il cerbiatto dalle grinfie del lupo. Questo, mortificato, chiese scusa al cerbiatto, lasciandolo andare, così il lupo e l’aquila si divisero… Il lupo, in seguito, rincontrò l’aquila nel bosco davanti ad un albero e presto i due animali strinsero una forte amicizia che, col passare del tempo, divenne sempre più solida. Un giorno il bosco era in fiamme e il lupo non sapeva come fuggire perché il bosco sembrava infinito; proprio quando sentì che stava per morire arrivò l’aquila che riuscì a vederlo tra le fiamme e lo portò via in volo… Il lupo e l’aquila, da quel momento, diventarono amici inseparabili. Bertè Vincenzo IL RAGAZZO DAI SUPERPOTERI Un giorno un ragazzo povero scoprì che possedeva dei poteri magici; egli aveva anche un cane e un gatto che, rispetto agli altri cani e gatti, erano più furbi. Essi però scoprirono presto che al mondo non erano gli unici ad avere poteri magici. Scoprirono, infatti, che c’era un ragazzo che spargeva il panico in città e aveva anche lui poteri particolari. Allora si giunse ad una sfida tra i due giovani: il ragazzo povero portò con sé anche il cane e il gatto e, grazie a loro, vinse la sfida perché il cane e il gatto con la loro astuzia individuarono il punto debole del ragazzo cattivo e così. Dopo aver vinto, il ragazzo povero portò pace e benessere nel mondo. Formica Simone IL MISTERO DEL BOSCO SCOMPARSO Un’aquila reale di nome Reginella viveva in montagna. Un giorno, invece di svegliarsi sul ramo più alto di un pino dove la sera prima si era appollaiata, si ritrovò col becco sprofondato nella neve e con le piume imbiancate e si accorse che il suo pino era scomparso. Si alzò e volò via, ma mentre saliva in alto, vide che sotto di lei c’era solo neve e che i boschi erano spariti. Mentre volava vide alcuni animali di diverse specie e, incuriosita, scese da loro. Alla domanda cosa fosse successo al bosco, gli animali risposero ognuno raccontando la propria disavventura. Mentre parlavano si sentì una scossa nel terreno e dal nulla uscì una macchia di Ginestra che con i suoi lunghi rami scrisse sulla neve una parola: “Farfarello”, che sparì poco dopo. Tutti si domandavano cosa significasse, allora una civetta che si trovava lì, pensò che potesse essere il nome di qualcuno che li poteva aiutare. Allora Reginella domandò agli altri se conoscessero qualcuno di nome Farfarello e uno di loro disse:” Io conosco un asino nero con quel nome, che è andato a vivere su un’isola che non conosce, l’isola di Pantelleria”. Reginella chiese dove si trovasse quell’ isola. Un corvo si offrì di accompagnarla. Arrivarono di notte e trovarono subito Farfarello che disse loro che li stava aspettando e che dovevano fare in fretta. Reginella un po’ infastidita chiese: “Mi aspettavi? Cosa dobbiamo fare in fretta?”. Allora Farfarello raccontò una storia vecchia di Madre Natura che assegnò nel suo regno posti precisi a piante, animali e uomini. In questo regno viveva anche Antros, il re degli uomini, e anche a lui ed al suo popolo era stato assegnato un posto. Così uomini, piante ed animali vissero in armonia per tantissimi anni finchè Antros non si ammalò di una malattia bruttissima: l’avidità. Reginella lo interruppe e chiese che malattia fosse e Farfarello spiegò che era un male terribile e che da quel giorno Antros cominciò a prendere tutto ciò che lo circondava e venne chiamato Re Avidone. Madre Natura riunì piante ed animali per cercare una cura per Antros. Reginella chiese se fosse stato Re Avidone a prendere gli alberi e le foreste e Farfarello le rispose di no, ma che era stat Madre Natura a nasconderli fino a quando qualcuno degli animali non avesse impedito a Re Avidone di distruggerli. Allora l’aquila spaventata chiese cosa potesse fare e Farfarello le diede una bisaccia con dentro un ramo e delle pigne e le disse di conservarli per bene perché le sarebbero tornati utili in futuro. Reginella continuò a volare e dopo poco vide una grotta poco distante da lei, allora incuriosita entrò; subito sentì una voce che chiedeva chi avesse osato entrare nel regno di Re Avidone. Reginella si presentò e Re Avidone, impertinente, le disse che lui solo era il re e che lui era il capo di ogni cosa. Allora Reginella sentì una voce che le diceva di aprire la bisaccia; l’aprì subito e ne uscirono il ramo e le pigne che improvvisamente si trasformarono in una luce abbagliante e, in questo bagliore, cominciarono a scorrere delle immagini. Re Avidone guardò e vide un uomo, era lui. Vide Madre Natura vestirlo con la lana di un gregge, riscaldarlo con la legna degli alberi e saziarlo con le carni più prelibate e i frutti più deliziosi. Improvvisamente Re Avidone capì come sarebbe stata la sua vita senza alberi e animali e quanto male avesse procurato alla Natura. Subito una luce bianca circondò Re Avidone facendolo guarire dalla malattia e facendolo ritornare Antros. I due uscirono dalla grotta e Madre Natura rimise ogni cosa al proprio posto. Così Reginella ritornò a volare felice sopra il suo pino. Donato Claudio UN PICCOLO CUCCIOLO Un giorno d’estate Giovanni, un bambino di nove anni, si gustava il suo gelato dopo essere stato dalla nonna e averla aiutata a fare la spesa. Ma, poco prima di arrivare a casa, vide il negoziante di calzature che stava appendendo sulla vetrina del suo negozio un cartello che diceva “Cuccioli in vendita” . Incuriosito Giovanni si fermò. Dopo una breve riflessione, chiese al proprietario del negozio:” A quanto vende i cuccioli? “ .Il negoziante rispose: “A trenta euro”. Il bambino mise la mano in tasca e tirò fuori alcuni spiccioli. “Io ho tre euro e cinquanta centesimi, è il resto della spesa che la nonna mi ha regalato. Se la mamma è d’accordo, posso averne uno?” . Il negoziante sorrise ed emise un fischio. Da una cuccia uscì Laika, una bella cagnolina che percorse il negozio seguita da cinque minuscoli batuffoli dal pelo lungo. Un cucciolo però rimaneva indietro. Subito Giovanni notò il cucciolo ritardatario e chiese: “Che cosa ha che non va questo bel cagnolino?”. Il negoziante spiegò che il veterinario aveva visitato il cucciolo ed aveva scoperto che aveva un difetto all’anca e quindi avrebbe zoppicato sempre, rimanendo storpio per tutta la vita. Il bambino a queste parole si entusiasmò e, indicando il cucciolo zoppo, disse subito:”E’ questo il cucciolo che voglio comprare”. Il negoziante cercò di dissuaderlo:”No, non ti conviene comprarlo. Se proprio lo vuoi te lo regalo”. Il bambino, quasi indignato, guardò dritto negli occhi il negoziante e obbiettò dicendo:” Non voglio che me lo regali. Quel cagnolino vale tanto quanto gli altri cani ed io pagherò il prezzo per intero. Adesso le do tre euro e cinquanta centesimi, poi, se la mamma sarà d’accordo, le darò cinque euro ogni mese fino a quando non avrò pagato tutto”. Il negoziante meravigliato disse:” Non vorrai davvero comprare questo cagnolino? Pensaci bene! Non potrà mai correre, saltare e giocare con te come fanno gli altri cuccioli”. A questo punto Giovanni arrotolò i pantaloni facendogli vedere la sua gamba sinistra sorretta da un sostegno metallico. Così, attirando l’attenzione del negoziante, mormorò dolcemente:” Guardi la mia gamba: neanche io posso correre tanto bene, il cuccioletto avrà bisogno di qualcuno che lo capisca e gli sappia dare affetto”. Noto Antonino UN CANE ED UN GATTO C’erano una volta un cane ed un gatto che erano molto legati; stavano sempre insieme e si divertivano molto, uscivano sempre e non si bisticciavano mai per nessun motivo. Però questa amicizia durò fino ad un certo punto perché loro vennero a sapere da altri che al fiume c’era un pesce molto intelligente e chi lo avesse mangiato sarebbe diventato un genio. Il cane e il gatto si misero all’opera, andarono al fiume per recuperare il pesce; essi aspettarono e aspettarono che il pesce rimanesse attaccato alla canna da pesca. Dopo un paio di ore il cane prese il pesce, ma il gatto era così invidioso che non si parlarono più. Il cane, arrivato a casa, preparò il pesce e lo mangiò e dopo credette di essere diventato un genio, ma non era affatto vero. Trascorsero un paio di giorni e il cane ed il gatto non si rivolsero la parola. Il cane allora pensò che non fosse giusto nascondere la verità; quindi disse al gatto che non era vero che era diventato un genio. Il cane ed il gatto ritornarono ad essere sempre amici come prima e a giocare sempre insieme. Pjetri Edison TRE RANOCCHI Tre ranocchi molto curiosi, un giorno come tanti, si avventurarono fuori dallo stagno dove erano sempre vissuti e cominciarono ad esplorare il mondo. Vicino allo stagno c’era una grande fattoria. I tre ranocchi entrarono per vedere com’ era. Ma dentro c’erano due galline che, appena videro i tre ranocchi, con l’acquolina in bocca e i becchi affilati, si avvicinarono. Però i ranocchi furono più svelti di loro e videro che fuori della stalla il fattore aveva lasciato il bidone del latte ed i ranocchi con un salto si tuffarono dentro. All’inizio si divertirono a nuotare nel latte, però dopo pensarono che se il fattore li avesse visti là dentro, si sarebbe arrabbiato e sarebbe stato molto peggio che affrontare le galline. Provarono ad uscire dal bidone, ma inutilmente. Il primo ranocchio disse:” Non usciremo mai di qui, ormai è la fine”. Si lasciò andare ed annegò. Il secondo ranocchio era considerato un genio e quindi fece dei calcoli per ricevere la spinta giusta per poter uscire dal bidone, ma i suoi calcoli furono inutili perché spiccò un super salto, però non calcolò che c’era il bordo del bidone, quindi sbattè la testa e cadde di nuovo nel latte e annegò anche lui. Il terzo ranocchio continuò a nuotare…nuotare…e nuotare…finchè il latte diventò burro e quindi solido per cui, saltandoci sopra, riuscì facilmente ad uscire. Rizzo Fabrizio LA VOLPE AIUTA IL CONIGLIO Un giorno la volpe Luisa era in cerca di cibo per la foresta. Camminando in mezzo agli alberi vide un piccolo coniglio ferito; in un primo momento la volpe affamata ne voleva approfittare per mangiarlo, ma appena si avvicinò si accorse che era il figlio di una coniglietta che, poco tempo prima, vedendola ferita dall’arma dei cacciatori, era riuscita a fare allontanare i cacciatori mettendo a rischio la propria vita. Luisa decise di prendere delicatamente il coniglietto e di portarlo in un luogo più sicuro, curarlo e riportarlo dalla madre. Il coniglietto, alla vista della volpe, si impaurì, ma Luisa per tranquillizzarlo gli disse:” Tranquillo piccolo, non voglio farti del male, voglio portarti dalla mamma!”. Così Luisa lo prese e lo portò nella sua tana dopo di che uscì per cercare l’erba adatta per curarlo. Mentre era alla ricerca delle erbe incontrò la coniglietta e le raccontò quello che era successo. Finirono di raccogliere le erbe e insieme ritornarono alla tana della volpe. Vedendole arrivare il coniglietto si rallegrò e dopo essere guarito ritornò a casa con la mamma e rimasero amici per tutta la vita con la volpe. Rizzo Claudio LA VOLPE E LA PANTERA Al di là di un boschetto di fiori profumati c’era un bellissimo laghetto dalle acque limpide e cristalline davanti al quale due animali si stavano specchiando, ammirando ciascuno il proprio portamento fiero e il colore del pelo. Si trattava di una graziosa pantera e di una volpe furba e misteriosa. “Vuoi paragonare la mia figura con la tua? “ disse la pantera all’amica. “Tu sei goffa e piccola, io invece sono snella, slanciata e flessuosa. Il mio portamento è tale che perfino gli uomini usano il mio nome per indicare certe donne dal fascino aggressivo! “. La volpe, dopo avere ascoltato in silenzio, rispose:” Io sarò forse meno bella e più piccola, ma sono comunque più piacente e più simpatica. E poi il mio pelo è senza dubbio più folto e più caldo del tuo. A proposito di donne, se tu andassi in città vedresti quante signore si fanno belle indossando la mia pelliccia morbida, a volte rossa altre volte argentata”. Sempre più altezzosa la pantera ribattè:” In quanto al pelo, si, è vero, il mio è più corto, ma è più lucido e splendente, inoltre nella mia famiglia c’è da sbizzarrirsi nella scelta dei colori. So di non peccare di vanità dicendo di essere molto più bella di te! “. Solo in quel momento la volpe si rese conto di essere stata al gioco di quella frivola compagna la quale badava solamente al proprio aspetto fisico e così concluse:” Cara amica, sicuramente tu sei ammirata da tutti per la tua bellezza esteriore. Io invece sono molto più apprezzata per la mia intelligenza e la mia furbizia. Ti assicuro che sono queste le doti più importanti e non le scambierei mai con qualità puramente estetiche”. A quelle parole la pantera non fu in grado di ribattere e non le rimase altro che tacere di fronte all’evidenza dei fatti. L’intelligenza e la bontà sono doti interiori molto più apprezzabili della bellezza fisica. Italiano Emanuele LA SFIDA DI DUE GORILLA In una lontana giungla vivevano spensierati un gruppo di gorilla orfani, fra i quali Jò e Myke; Jò era il più amato e forte del gruppo e Myke, invece, era il più sfortunato, meno amato e meno forte del gruppo. Un giorno Myke era, come al solito, solo per la giungla in cerca di una cascata..Myke sentì il fruscio della cascata e ci si precipitò subito. Nell’arrivare vide Jò ed altri componenti del gruppo fare il bagno. Myke fu avvistato subito da Jò il quale gli chiese se avesse piacere di andare alla prossima festa degli orfani che si sarebbe svolta a breve, nella quale si sarebbe effettuata una sfida o meglio dire un combattimento e al vincitore sarebbe stato assegnato il titolo di capo gruppo. Myke il giorno della festa si mise in lista per partecipare alla sfida. Poco dopo gli fu comunicato che i due contendenti erano…lui e Jò. Myke si impaurì sapendo che la sfida consisteva in un combattimento…con Jò! Questi invece era contento perché credeva di avere la vittoria in pugno. Arrivò l’ora del combattimento: Myke salì sul ring e lo stesso fece Jò. Ai lati del ring tutti facevano il tifo per Jò. Appena suonò il gong Jò si scagliò di corsa su Myke il quale lo schivò e gli sferrò un destro in faccia sbattendo Jò al tappeto. Myke ne uscì illeso, ma soprattutto vincitore e capo gruppo con un “contorno” di tifosi che lo acclamavano. Morale della favola: non darsi mai per vinto! Sindoni Valerio L’AQUILA E LA VOLPE Un’aquila e una volpe, diventate amiche, stabilirono di abitare una vicino all’altra, pensando che la vita in comune avrebbe rafforzato la loro amicizia. L’aquila volò sulla cima di un albero altissimo evi fece il suo nido; la volpe strisciò sotto il cespuglio che cresceva ai suoi piedi e vi partorì i suoi piccoli. Un giorno, mentre la volpe era uscita a cercare da mangiare, l’aquila che si trovava a corto di cibo, piombò sul cespuglio, afferrò i volpacchiotti e se ne fece una scorpacciata insieme con i suoi figli. Quando, al suo ritorno, la volpe vide cosa le avevano fatto,fu colta da un grande dolore, non solo per la morte dei suoi piccoli, ma soprattutto per il pensiero della vendetta: infatti mai lei, animale di terra, avrebbe avuto la possibilità di inseguire un volatile. Perciò, immobile, da lontano, unico conforto che rimane ai deboli e agli impotenti, scagliava maledizioni sulla sua nemica. Ma non passò molto e toccò all’aquila scontare il suo delitto contro l’amicizia. Infatti, un giorno che in campagna si offriva un sacrificio agli dei, essa piombò giù e si portò via dall’altare uno dei visceri che stava prendendo fuoco, ma quando l’ebbe trasportato nel suo nido, un forte soffio di vento lo investì e da qualche filo di paglia secca si accese una vivida fiammata. I suoi piccolo, non ancora in grado di volare, furono bruciati e caddero al suolo. La volpe accorse e se li divorò tutti sotto gli occhi della madre. La favola mostra come coloro che tradiscono l’amicizia, anche se sfuggono alla vendetta per l’impotenza delle loro vittime, non riescono però mai ad evitare la punizione degli dei. Anselmi Francesco L’OCA E IL PANE Un giorno un’oca passeggiava in un cortile e vide un pezzo di pane dall’altro lato di una grossa buca. Anche uno scoiattolo lo vide e allora i due animali fecero un patto: chi avesse raggiunto per primo il pezzo di pane, avrebbe mangiato il pane e la provvista dell’inverno dell’altro. Allora l’oca, stupida, si mise a correre verso il pane, ma questo cadde dentro la buca. Lo scoiattolo, intelligente, fece il giro della buca, confondendo l’oca, e piombò dentro la buca a sorpresa mangiando il pane e la provvista dell’oca. Medrano Russel LA GARA Un giorno, nel grande bosco, un’anziana volpe, una giovane tartaruga ed un’arrogante lepre decisero di fare una gara: chi fosse arrivato per primo avrebbe vinto un premio in cibo. La volpe, orami anziana, aveva deciso che quella sarebbe stata la sua ultima gara. Eccoli pronti alla partenza. 3…2…1… VIA !! Partiti !! A metà del percorso la lepre spinse la volpe in un burrone facendole rompere una zampa; la tartaruga, accorgendosi di ciò che era successo, si fermò per aiutare la povera volpe in difficoltà e per farle terminare la gara se la mise sul guscio e proseguì verso l’arrivo. Nel frattempo, la lepre, arrivata al traguardo, cominciò ad esultare, ma tutti la ignorarono. Non appena arrivò la tartaruga, gli animali del bosco andarono in delirio. Anche la volpe uscì trionfante dalla sua ultima gara. Questa fiaba fa capire che l’importante non è vincere, ma partecipare. !! D’Andrea Gabriele IL BRUCO E LA LUMACA Vivevano nello stesso giardino un bruco ed una lumaca. I due animaletti avevano stretto una grande amicizia tra loro. Insieme strisciavano a passeggio, rosicchiavano le foglie tenere e dolci e facevano allegre conversazioni. Insomma stavano sempre insieme e, nei momenti difficili, si aiutavano e si incoraggiavano a vicenda. Un bel giorno il bruco si fece lento, perse i bei colori, si irrigidì e rimase immobile. La fedele amica gli si avvicinò, gli parlò, non capendo quel che stava succedendo al suo amico, si disperò e lo vegliò a lungo. Dopo qualche giorno, dalla spoglia del bruco uscì una variopinta e brillante farfalla che, aperte le ali, cominciò a volare tra i fiori e le erbe. La lumaca, che aveva assistito al prodigioso cambiamento, si avvicinò e cominciò a parlare con dolcezza. “Come ti sei fatta bella !Sono proprio contenta di avere un’amica così carina come te ! Se tu sapessi come mi sono spaventata quando ti ho vista paralizzata, prima della tua trasformazione”. “Chi sei tu ?” la interruppe la farfalla, “quando mai ci siamo conosciute ! io ho delle ali meravigliose e delicate, vivo nell’aria tra i fiori colorati e profumati; tu, invece, strisci e sbavi nel fango tra i vermi. Ah ! se il giardiniere liberasse il mio giardino da certe sudice bestie”. La lumaca rimase male e disse con umiltà: “Va bene, va bene, non ci siamo mai viste. Però ricordati che io ti ho conosciuta da bruco e strisciavi con me !”. Quando ci si trova in una situazione vantaggiosa, migliore di quella di altri, spesso ci si dimentica di coloro che sono meno fortunati ! Arena Federico I LIBRI ANDY In una biblioteca di New Jork molto frequentata, su uno scaffale come tanti, c’era un libro di nome Andy che parlava di una storia avvolta nel mistero e che aveva un grande sogno: diventare il libro più letto della biblioteca e di questo parlava sempre con i suoi compagni di scaffale. Una notte, senza che nessuno se ne accorgesse, entrarono due gatti che volevano giocare con i libri e questi, appena li videro, si spaventarono molto e pensarono che fosse la loro fine. Mentre uno dei gatti saltava per prendere Andy, gli arrivò un calcio volante per cui spaventato disse:”Chi è stato?” con i raggi della luna si videro i due artefici del calcio volante: erano due topolini con delle cicatrici. Il più forte di loro disse:”Chi è tuttu stu traficu? Annativinni sennunca vi pigghiu a cauci!” I due gatti si misero a ridere e gridarono in coro:”Ora vi sbraniamo!”. Il topo che aveva parlato non ebbe altra scelta e caricò due potentissimi calci ai due gatti. Allora il gatto chiese:”Chi sei veramente?” tutto spaventato; il topo gli rispose:”Sugnu Jack, Jack Mano Mozza”. Così i gatti impauriti scapparono. I libri li ringraziarono e questi si presentarono. Il più forte disse di chiamarsi Jack Mano Mozza perché non aveva una zampetta e l’altro, il più furbo, disse di essere Nick Testa Contorta perché aveva delle idee strane. Dopo che tutti i libri andarono a dormire, Andy li ringraziò ancora e Jack rispose:”Di nenti, cumpareddu, fici sulu u me doviri i Boss”. Andy disse:” Ah sei un Boss? Allora mi potresti aiutare a diventare un libro famoso in biblioteca?” Nick si intromise nella conversazione e disse:”Cettu, canuscemu un beddu giru”. Jack concluse:”Dumani fatti truvari n’tu l’andruni prima dell’alba”. Così Andy si fece trovare lì e i due topi dissero:”Bonu, ora mettiti supra u tavulu e aspetta i clienti, u patroni non vi leverà picchì vi pigghierannu in molti dei nostri compagni umani”. Andy acconsentì e, dopo l’apertura della biblioteca, scoprì presto che gli uomini volevano leggere solo Harry Potter e la Pietra Filosofale, cioè Andy. Ed è grazie alla volontà di Andy e soprattutto ai due topi che si scoprì questo meraviglioso romanzo che fu tradotto in moltissime lingue e, sempre grazie a questi, molti giovani cominciarono a leggere. Italiano Emanuele BIBLIOTECOPOLI E LE TARME C’era una volta una città di nome Bibliotecopoli, appunto perché era abitata da libri. Ci fu un periodo in cui la città venne infestata dalle tarme e il sindaco di Bibliotecopoli provò in tutti i modi a disfarsene fino a quando fu costretto a rinchiudersi dentro casa, come tutti gli altri abitanti della città. Un giorno il sindaco, ormai disperato, sentì bussare alla porta, andò ad aprire e vide una matita che si era presentata dicendo:” Iò sugnu Matitu e sugnu cà pi fari scappari a camula da stu paisi”. Il sindaco restò scioccato alle parole dello straniero ribattendo che era impossibile disfarsi delle tarme. Lo straniero invece disse:” Lei non s’ava preoccupari picchì iò haiu un paru ‘i nacchiri chi, ogni vota chi fazzu sunari, morunu cinquanta di sti insetti chi ci dannu fastidiu e, a cinquanta a cinquanta, i fazzu moriri tutti”. Il sindaco non avendo niente da perdere disse:”Se riesci nel tuo intento ti darò come ricompensa il temperamatite più prezioso del mondo”. La matita disse:”Iò vi primuttu chi dumani matina lei i truvirà tutti motti”. E uscendo cominciò a suonare le nacchere e, mentre suonava, le tarme cadevano a cinquanta a cinquanta e l’indomani mattina il sindaco le trovò tutte morte e, come promesso, regalò alla matita il prezioso temperino. Caizzone Luciano IL DIZIONARIO PARLANTE Un dizionario di lingua italiana che era stato messo da parte molti anni prima in una libreria nella stanza di Carlo – un ragazzo di nove anni, un po’ rozzo che viveva in quella casa – passava le giornate parlando con gli altri libri e lamentandosi di non essere più utile a nessuno. Carlo, in realtà, si era dimenticato di questo dizionario e, per fare i compiti, chiedeva sempre aiuto alla mamma. Un giorno Carlo, tornato da scuola, andò a pranzare e alle quindici si mise a studiare nella sua stanza. Un po’ più tardi, quando guardò il diario per vedere i compiti ancora da svolgere, vide che gli mancava un esercizio di grammatica: doveva scrivere il significato di alcune parole. Carlo allora, come sempre, chiamò la mamma con voce molto alta :”Mammana! Unni sì?” Ma, per sue sfortuna, la mamma era uscita cinque minuti prima. Carlo andò su tutte le furie sbattendo e lanciando oggetti per la stanza e, così facendo, fece cadere il dizionario. Carlo, incuriosito, corse verso di lui e lo raccolse da terra. Leggendo la copertina intuì che si trattava di un dizionario e, ridacchiando tra sé e sé, pensò che poteva essergli di aiuto. Allora lo aprì e, appena vide il contenuto, lo gettò subito per terra, perché non sapeva cercare le parole. In quel momento si udì un grido di dolore e Carlo, spaventato, disse:”Cu fu a gridari così?” Il dizionario, ancora a terra e con le pagine piegate, rispose:”Sono io. Aiutami e ti dirò il significato di qualunque parola tu voglia”. Carlo un po’ stupito e spaventato lo prese e lo mise accanto al suo compito da fare. Cos’ il dizionario iniziò a dettare al ragazzo cosa dovesse scrivere ed entrambi finirono presto. Al termine il ragazzo lo ringraziò e gli promise che da allora in poi lo avrebbe usato sempre e così tutti e due finirono per essere felici, il giovane perché aveva trovato un dizionario parlante con il quale fare i compiti, e il dizionario era allegro perché dopo molti anni fu usato di nuovo e tornò utile a qualcuno. Donato Claudio IL LIBRO DEL SOGNO Baiachello, un ragazzo simpatico ma ignorante, mentre passeggiava in piazzetta si fermò a guardare una vetrina di libri. Baiachello era attirato da un libro grande che si intitolava ”E’ solo un sogno”. Il ragazzo entrò nel negozio e si rivolse al commesso. - Baiachello: “Mi scusassi, vogghiu ddu libru, chiddu grossu”. - Commesso: “Se, se, ora tu pigghiu”. - Quantu t’ha dari ?” - Commesso: “Nenti, tu poi pigghiari”. Baiachello, appena arrivò a casa, aprì il libro e si accorse che questo parlava. - Libro: “Finalmente qualcuno mi ha aperto! “ - Baiachello: “Matri ! che è sta cosa ?” Baiachello scaraventò il libro con tutta la sua forza contro il muro, lo raggiunse e incominciò a saltargli sopra e calpestarlo, poi lo prese, lo aprì di nuovo e sentì: - Libro: “ Ahia! Ma sei scemo? Mi hai stropicciato! E mi hai fatto le orecchie! “ - Baiachello: “Mi scusassi, voli chi ci passu u ferru da stiru? “ - Libro: “No, no” - Baiachello: “Picchì sa’ parrai? I libri nun parrano ” - Libro: “Io sono speciale, mi hanno creato Alla Masda Masda e Alla Masda Misna “ - Baiachello: “Ma nun hai mancu ‘na pagina - Libro: “Si lo so, sembro un libro, ma non lo sono; in realtà sono una ciabatta “ - Baiachello: “E che c’entra? Nun c’entra nenti “. - Libro: “Lo so, è un mistero “. Intanto si era fatta notte e Baiachello andò a dormire quindi posò il Libro sul comodino. D’un tratto si svegliò, si sedette sul letto e si accorse che era stato solo un sogno. Medrano Russel IL LIBRO INCANTATO In una città chiamata Eureka viveva un ragazzo che possedeva fin dalla nascita un libro ereditato dai suoi nonni, i quali avevano lasciato detto ai suoi genitori di non sfogliarlo fino al compimento del diciottesimo anno di età. Il ragazzo aveva sempre visto questo libro posizionato sull’ultimo ripiano della libreria della sua stanza, ma non aveva mai chiesto cosa ci fosse scritto dentro e, in particolare, di chi fosse. Arrivato all’età di quattordici anni, la curiosità lo portò a chiedere alla madre di chi fosse quel libro. La madre evitò di rispondere e gli disse che aveva da fare e non poteva dargli retta. Il ragazzo non si sapeva spiegare questo comportamento e, con molta più curiosità, andò a chiedere al padre per vedere se poteva avere una risposta. Il padre si trovava in garage cercando di aggiustare un vecchio motorino; allora il ragazzo si avvicinò e, dopo essere riuscito ad ottenere la sua attenzione, fece la fatidica domanda: “Papà, mi sai diri di cu è du libru? “. Il padre si trovò in difficoltà e lasciò perdere il motorino e andò con il figlio nella sua stanzetta a prendere il libro. Salì sulla sedia, perché era sistemato sull’ultimo ripiano della libreria, lo prese e così si sedettero sul letto. Il padre decise di leggerlo con lui. Appena finita la prima pagina furono, come d’incanto, risucchiati dal libro: padre e figlio si ritrovarono lungo un viale pieno di alberi altissimi e si sentivano molto osservati. In effetti, ad un certo punto, da un cespuglio, uscì fuori un coniglio che, dopo aver chiesto cosa ci facessero lì, li portò vicino ad un fiume e disse loro di proseguire per trovare la via d’uscita. A quel punto padre e figlio si trovarono davanti alla prima avversità: dovevano cercare di superare il fiume senza toccare l’acqua, altrimenti sarebbero stati trasformati in pesci e intrappolati per sempre dentro il libro. Il padre si guardò un po’ intorno e vide in lontananza un ponte mal ridotto; si avvicinarono e cercarono di attraversarlo facendo molta attenzione. Il ragazzo riuscì ad arrivare sull’altra sponda del fiume e il padre stava per arrivare quando il ponte crollò, ma il ragazzo riuscì a tirarlo su dalle braccia. Proseguirono il viaggio, ma poco dopo rimasero intrappolati in una rete. Cominciarono ad urlare e spuntò un folletto che in un primo momento non si avvicinò, ma poi si decise ad aiutarli, li liberò e, dopo aver ascoltato la loro storia, li portò vicino ad una cascata dietro la quale c’era nascosto un passaggio che li avrebbe condotti a casa. Il padre e il figlio si avviarono e dopo aver ringraziato il piccolo folletto e trovato il passaggio, tornarono a casa. Allora decisero di mettere il libro in una cassa per far sì che a nessun altro potesse succedere la stessa cosa. Rizzo Claudio IL LIBRO INCANTATO E IL TOPO C’era una volta, in un castello incantato, un re che amava leggere libri e ne aveva una stanza piena, ma in questa biblioteca c’era qualcosa di strano… C’era un libro diverso dagli altri: questo libro era animato e la notte, quando tutti dormivano, il libro prendeva vita e passeggiava per il castello in cerca di una via di fuga perché non ne poteva più di stare sempre fermo in quel castello in mezzo a dei libri non animati. Una sera trovò una fessura in una porta, ma ad un tratto arrivò un grosso topo che si mise davanti alla fessura impedendo il passaggio al libro che così tornò nella biblioteca perché aveva paura e decise di ritentare nei giorni seguenti; ma il topo era sempre lì. Una notte si armò di coraggio e andò a parlare al topo. Così gli disse: “ Ciao grande topo, mi potresti far passare da questa fessura nella porta? “ E il topo rispose: “E secunnu tia, si ti vulia fari passari mi mitria cca davanti? “ E il libro riprese: “ Scusa, ma non ti capisco bene, potresti ripetere? “. E il topo: “ Vabbonu va !! Ti dissi ‘ se ti volevo fare passare non mi mettevo davanti’ “. “ Ahh! Ora è più chiaro e cosa posso fare per convincerti a farmi passare? “ chiese il libro. “ M’ha aiutari ” rispose il topo. E il libro: “A fare cosa? ” E il topo concluse: “A scappari”. La fessura era troppo piccola e il topo non ci passava, pensò il libro. Ma intanto si era fatto tardi e il re stava per svegliarsi quindi il libro e il topo rimandarono il progetto di fuga. L’indomani si ritrovarono nello stesso posto e cercarono di escogitare un piano. Al libro venne un’idea: siccome il topo era molto grosso gli propose di allargare la fessura lanciandosi entrambi contro la porta. 1, 2, 3…BOOMM !! Fortunatamente la fessura si allargò e riuscirono ad uscire. Una volta fuori del castello, il libro fece quello che aveva sempre sognato di fare, cioè girare il mondo mentre il topo andò per le campagne facendo la vita che faceva prima di rimanere chiuso nel castello. Rizzo Fabrizio UN SOGNO… Un giorno un piccolo libro cominciò a documentarsi sullo sport del calcio: era il figlio del più grande giocatore di basket di tutti i tempi del mondo dei libri. Da quel giorno padre e figlio entrarono in conflitto perché uno amava il calcio, l’altro voleva che il figlio seguisse le orme. Il padre disse: “Figghiu miu, tu nun poi iucari a cauciu picchì u paisi chi pinserà? U figghiu du chiù ranni iucaturi i basket voli giucari a cauciu?” Il figlio rispose: “Ma papà, non mi puoi vietare questo sogno, lo so che non ti sta bene, ma è il mio sogno giocare a calcio”. E il papà riprese: “ O senti ccà, figghiolu, i cosi sù dui: o iochi a basket o non iochi a nenti. Decidi! “ Il figlio dopo queste parole se ne andò. Il piccolo libro aveva voglia di giocare a calcio, allora cominciò a seguire allenamenti di calcio di nascosto e, piano piano, diventava sempre più forte. Dopo un po’ di tempo, il padre venne a sapere di questi allenamenti, rimproverò il figlio, ma lo seppe tutto il paese. Ne nacque un vero e proprio scandalo! Il figlio, però, anche dopo i rimproveri del padre, continuò a giocare a calcio ignorando le chiacchiere del paese. Allora il padre capì che per lui era un sogno e decise di non ostacolarlo più. Noto Antonino UN REGALO INDIMENTICABILE In un paese molto lontano viveva un ragazzo che amava leggere libri di magia e di avventura. Egli non aveva amici e così si chiudeva in casa e, non avendo niente da fare, leggeva sempre. Allora i suoi genitori, per il suo compleanno, gli regalarono una libreria intera piena di libri che a lui piacevano molto. L’indomani si mise subito a sfogliare questi libri e notò che fra questi c’era un libro vecchio e pieno di polvere. Dopo averlo pulito per bene, il ragazzo sentì una voce…il libro si era messo a parlare. Siccome il ragazzo era sempre triste, il libro gli domandò:”Picchì sì così triste? “. Il ragazzo gli rispose che non aveva amici e per questo stava sempre in casa. Continuarono a chiacchierare quando al ragazzo venne in mente di chiedere al libro: “Ma tu le sai fare le magie?” “Si” rispose il libro “pigghia a pagina 32 e ripiti tuttu chiddu che c’è scrittu a vuci auta”. Il ragazzo fece come il libro gli aveva ordinato, ma sul momento non accadde nulla. L’indomani, però, quando andò a scuola, senza nessuna difficoltà, fece amicizia con tanti ragazzi e, per questo, fu molto contento. Quando tornò a casa ringraziò il libro e da quel momento ogni volta che desiderava qualcosa, gli bastò farsi dire dal libro la pagina che avrebbe esaudito il suo desiderio. E così visse sereno. Pjetri Edison UN LIBRO STRANO IN BIBLIOTECA Era stata da poco riaperta, a Milazzo, una biblioteca antica. Un ragazzo, appassionato di libri, vi si era precipitato subito per la curiosità… Lì il ragazzo prese da uno scaffale un libro di racconti dialettali siciliani e, siccome la biblioteca era gigantesca, piena zeppa di libri ed era stata aperta da poco, i libri dovevano essere ancora puliti tutti. Ad un certo punto, preso il libro, il ragazzo si sedette ad una scrivania sulla quale c’era un panno; il ragazzo diede una piccola spolverata al libro che cominciò a starnutire, aprì gli occhi e guardò fisso in faccia il ragazzo per circa venti secondi…subito dopo disse al giovane:” A voi finiri i fari pubbirazzu? Ca mi stai intussicannu tuttu; ma dicu, nun ti fici nenti, picchì ma veniri a rumpiri a bretella?” Il ragazzo, rimasto allibito, provò a rispondere, ma non ebbe neanche il tempo di dire “ah! “ che il libro subito riprese: “Ta stari mutu! “ E se ne andò dicendo sottovoce :” Ma vadda tu! Iò pi fatti mei, veni chistu e nun si riggìu cchiù ! Mah !...” Sindoni Valerio IL LIBRO POLIZIOTTO C’era una volta un libro che era stato esposto a radioattività e conosceva il futuro. Un poliziotto, durante degli scavi, lo trovò e capì subito che non era un libro normale, ma che poteva parlare. Il poliziotto se lo portò a casa e decise di leggerlo, ma le tutte le pagine erano bianche. Dopo un po’ il libro parlò e disse:” Dumani ci sarà na rapina ‘nta banca du centru”. Il poliziotto non gli credette, ma il giorno dopo ricevette una chiamata che gli confermava che c’era stata la rapina in quella precisa banca. Il poliziotto ritornò a casa e da quel momento con fiducia chiese aiuto al libro che lo aiutò volentieri a risolvere tutti i casi. Hoxhaj Lidio IL VECCHIO LIBRO DEL VECCHIO SIGNORE C’era una volta un vecchietto che, quando non aveva niente da fare, leggeva un libro che gli era stato regalato dalla sua bisnonna, molti anni prima. Un bel sabato sera, il vecchietto, non avendo niente da fare, prese a sfogliare per l’ennesima volta quel libro dicendo: “Oh ! quantu mi mettu a leggiri stu libru a tonna vota” .Ma il libro, stavolta, gli disse: “E basta ! bruciami, strappami oppure buttami, ma non leggermi più! “. Il vecchietto, un po’ perplesso, disse fra sé: “Stasera mi sa che ‘mbivìa troppu vinu, megghiu mi nun ‘mbivu cchiù”. E il libro continuò:” Basta! Vecchio rincretinito! Vatti a sparare e lasciami in pace, fallito ! “. Il vecchio era sempre più perplesso così prese il fucile da caccia da tempo riposto sul camino, come fosse in pensione, lo caricò e…..Boom !!! sparò al libro, poi andò a dormire e l’indomani, quando si svegliò, disse: “…vaiu a farmi un bicchierinu !!! “. Bonanno Giovanni IL MOSTRO E IL LIBRO PARLANTE In una città molto lontana c’era una libreria magica. Un giorno un mostro che abitava lì distrusse tutta la libreria, però un libro parlante riuscì a scappare e, con il passare del tempo, divenne amico del mostro. Il libro, un giorno, raccontò all’amico che c’era un altro mostro che faceva scappare tutti gli umani e quello allora disse: “ ’Mpare ci penso iò”. E sistemò le cose per la gioia di tutti gli umani che lo considerarono da allora un eroe. Anche il libro voleva diventare un supereroe, ma ogni cosa che faceva non gli riusciva, anche quando seguiva gli insegnamenti del mostro, non era in grado di fare niente. Un giorno il libro era così triste che il mostro gli chiese: “Picchì chianci? “.E il libro gli confidò che voleva diventare un supereroe. Il mostro gli rispose: “T’aiutu iò”. Il libro lo ringraziò aspettando con fiducia il momento giusto. Un giorno, mentre tutti dormivano, arrivò la notizia che un meteorite stava per cadere sulla terra. Il libro capì che era la sua occasione e chiese al mostro di lanciarlo nello spazio. Il mostro, senza indugio, lo lanciò e, lanciandolo, gli disse commosso:” Fusti u mei migliori amicu !! “. Il libro si schiantò contro il meteorite e lo deviò. Certo, il libro si bruciò in poco tempo, ma tutti sulla terra se ne ricordarono per sempre come di un supereroe. Dushkaj Ermal IL LIBRO E LA MATITA Un libro e una matita erano sulla scrivania di una cameretta. Il libro era pensieroso e la matita, da buona amica, gli chiese: “Picchì sì così triste? Chi ti succidiu? “. Il libro rispose: “Sto pensando a come poter scrivere le mie pagine”. E la matita: “E chi ci voi scriviri? I chi s’ava trattari? “.E il libro spiegò: “Vorrei scrivere una vicenda che mi è accaduta proprio ieri”. E la matita: “Fozza ! Cuntimmilla! “. E il libro: “Ieri ero tra le mani del mio padroncino. Eravamo in giardino e, mentre lui era intento a leggermi, gli si è avvicinato un cane abbaiando. Il mio padroncino, impaurito, sobbalzò facendomi cadere a terra. Feci un lungo volo prima di atterrare in una pozzanghera formatasi per la pioggia del giorno prima”. E la matita: “Ora capìa picchì si cumminatu a sta manera. Ma comu finìu? ”.Il libro continuò: “A quel punto mi sono inzuppato tutto e benché il mio padroncino mi abbia asciugato tempestivamente, le mie pagine sono rimaste stropicciate. Sono così triste perché mi sento vecchio ! “. E la matita concluse: “Bonu !Nun fari accussì ! Ancora pinsava chi t’avìa succidutu ! Si aspetti n’autra picca i to’ pagini si stiranu n’autra vota. Un libru nun è mai vecchiu ! “. Salmeri Stefano IL LIBRO SICILIANO Un libro di fiabe in siciliano una volta incontrò un libro di italiano e gli disse: “A vò cuntata na’ storia? “. Il libro di italiano, sentendo quelle parole, sentì la forte dissonanza con la sua lingua e rispose: “Non è modo di parlare questo! Non ti vergogni? “. E il libro siciliano: “No !... a vò cuntata na’ storia?”. Il libro di italiano rinunciò a fargli cambiare modo di esprimersi e, sospirando, disse di raccontargli pure una storia. E il libro siciliano cominciò: “Giufà duvennu pur tari li dinari a casa, si scanatav mi cci pigghiavanu; e chi fa? Li metti ‘nta un saccu e di supra cci metti di spini pi fari avvidiri ca ‘un era nenti chiddu chi purtava. Si lu jetta arreti li spaddi e arranca pi la casa. I picciotti c’ u incuntravanu ci diciunu: Giufà chi porti? E iddu: occhi di cucca. Chiddi mittiunu li manu pi tuccarie si puncianu. Ahi! Ahi! Passava di n’autra banna e autri picciotti cci chiedianu chi purtava. E iddu: occhi di cucca. Tuccavanu e ahi! Ahi! E accussì Giufà riniscìu a puttalli a casa e cci purtò sani e sanseri li dinari a so matri “. Dopo il racconto il libro di italiano restò immobile e silenziozo perché capì che il siciliano era un bel dialetto e meritava rispetto e cercò anche di impararlo grazie all’aiuto del suo nuovo amico…il libro siciliano. Bertè Vincenzo IL LIBRO RUBATO In una piccola città della Sicilia c’era una biblioteca nella quale era custodito un libro che aveva la capacità di parlare, persino in dialetto. Il bibliotecario affida alla polizia il compito di custodire, la notte, quel libro magico. La notte gli agenti e il libro cominciarono a parlare. Il libro chiese: “Che fate qui? “. E uno degli agenti rispose: “Nenti ,ti vaddamu picchì po esseri chi ti rubanu”. Una notte gli agenti finsero di essere stati aggrediti perché, in realtà, avevano progettato di rubare il libro. Al momento del furto, però, uno di loro non si accorse di avere perso il distintivo che era rimasto proprio dove era sparito il libro. La mattina seguente il bibliotecario vide i due uomini a terra e che il libro era scomparso. Chiamò aiuto, ma presto si avvide del distintivo a terra. Cercarono allora sull’auto degli agenti e vi trovarono il libro; così i due agenti furono scoperti e smascherati. Lipari Gabriele GLI AFFETTI UN SOGNO…ANDATO A MALE Era uno dei soliti giorni in cui Alessia giocava a calcio con i suoi amici. Per Alessia il calcio era una vera passione, infatti si allenava nella squadra femminile nazionale del Milan; era la ragazza più forte che si sia mai vista e aveva in questo sport un talento innato. Lei faceva allenamento tre volte alla settimana e i giorni in cui non si allenava, li trascorreva giocando a pallone con gli amici e studiando. Come tutte le altre ragazze andava a scuola dove c’era, per lei, il più bel ragazzo del mondo, Antonio, che giocava nella squadra maschile di calcio del Milan, quindi oltre che a scuola lo vedeva agli allenamenti. Alessia era una bellissima ragazza, corteggiata da molti, però c’era una ragazza più bella di lei, Jessica, che era la fidanzata di Antonio. Alessia era molto invidiosa di Jessica, però sapeva che le cose tra lei ed Antonio non andavano molto bene. Alessia aveva due sogni: uno era quello di conquistare Antonio, l’altro era quello di giocare in nazionale. Il secondo era quasi realizzato perché il mister la voleva portare a giocare una partita in nazionale, ma il sogno di conquistare Antonio sembrava molto lontano. Il 28 Aprile c’era la partita per cui Alessia era stata convocata e tra gli spettatori c’era anche Antonio. Finito l’incontro, vinto dalla squadra di Alessia, grazie alla sua bravura, Antonio andò a complimentarsi con lei e se ne innamorò. Qualche giorno dopo questo episodio, Antonio lasciò Jessica e così si fidanzò con Alessia. Dopo questa bellissima novità, il mister chiamò Alessia e le disse che era stata convocata in nazionale per la finale di campionato. Ovviamente lei ne fu felicissima: aveva realizzato i suoi due più grandi sogni. Purtroppo qualche giorno dopo queste belle notizie, a un giorno dalla finale, Alessia si ammalò e morì ; così non giocò né la finale né rimase con il suo ragazzo. Noto Antonino IL SOGNO Francesco amava molto giocare a calcio così un giorno, senza dire niente ai suoi genitori, si iscrisse presso l’associazione locale di calcio per un mese, pensando che i suoi genitori sarebbero stati d’accordo. Giocò senza problemi per tutto quel periodo, mostrandosi fortissimo tanto che alcune squadre molto conosciute lo avevano contattato. Una sera riferì queste cose ai suoi genitori, ma essi si arrabbiarono molto e gli proibirono di andare ancora a giocare a calcio. Francesco però amava troppo questo sport così decise di continuare a giocare di nascosto per mesi. Un giorno, durante una partita importante, Francesco segnò e lo vennero a sapere anche i suoi genitori i quali, credendo di non avere altra scelta, incaricarono un manigoldo di investire il figlio in modo che non potesse più giocare. E così fu. Francesco era grave, aveva le due gambe rotte e, in cuor suo, sapeva che erano stati i suoi genitori verso i quali nutriva un fortissimo rancore. Per anni non fu più in grado di giocare a calcio, ma giurò a se stesso che, da grande, il suo sogno si sarebbe realizzato. Italiano Emanuele LA TRAGEDIA DI UNA PICCOLA FAMIGLIA Marco era un ragazzo di sedici anni, viveva in un piccolo paesino di campagna insieme con suo padre, sua madre e suo fratello Francesco. Una sera d’estate Marco, come suo solito, rientrava a casa verso mezzanotte dopo aver trascorso una bella serata in compagnia dei suoi amici. Quella sera, però, non era come tutte le altre. Entrato in casa, Marco posò le chiavi sul mobiletto all’entrata e si diresse in camera sua senza fare rumore pensando che i suoi genitori già dormissero. Arrivato in cameretta, sentì una voce che lo chiamava da dentro l’armadio. Marco era un ragazzo coraggioso, quindi senza nessuna paura aprì le ante dell’armadio e vide suo fratello che lo tirò dentro con forza e richiuse subito. Marco cominciò ad agitarsi e chiese al fratello cosa stesse succedendo, se lo stesse prendendo in giro. Francesco, il fratello, gli spiegò che il padre era impazzito e raccontò che, mentre erano tranquillamente seduti a tavola per cena, il padre e la madre cominciarono a litigare. Francesco non capiva il perché, ma, almeno all’inizio, era solamente un litigio, come tanti altri; ma quella sera era diverso. Il padre era molto arrabbiato e quindi urlò alla moglie minacce di morte. Francesco, molto impaurito, salì in camera sua e si chiuse nell’armadio. Poi era arrivato Marco. Marco, sentendo questa storia, all’inizio pensò che il fratello lo stesse prendendo in giro, ma quando vide che era veramente spaventato gli credette. Allora disse a Francesco di aspettare nell’armadio mentre lui andava a vedere cosa stesse succedendo, ma il fratello gli disse che non lo avrebbe mai lasciato solo e quindi uscirono tutti e due. Marco e Francesco scesero giù dalle scale andando verso la cucina, dove era iniziato tutto, ma non c’era nessuno. Nel frattempo però sentirono la madre che chiedeva aiuto. Molto coraggiosi i due fratelli non si arresero e cercarono di capire da dove veniva la voce. Scesero sotto in cantina, la porta era chiusa, ma guardando dal buco della serratura, videro la madre legata ad una sedia e il padre con un coltello in mano. Capirono le sue intenzioni, quindi salirono di nuovo sopra, andarono al telefono e subito tentarono di chiamare la polizia, ma non ci riuscirono perché il padre aveva tagliato i fili del telefono. Scesero di nuovo giù in cantina per vedere cosa succedeva. Arrivarono alla fine delle scale e questa volta la porta era aperta, si guardarono intorno, il padre non c’era quindi si avvicinarono subito alla madre. Le tolsero il tovagliolo che aveva attorno alla bocca e poi cercarono di slegarla per fuggire tutti insieme. Ad un tratto sentirono il padre che scendeva le scale e tentarono di fare il più in fretta possibile, ma ormai era tardi, il padre era già entrato chiudendo la porta alle sue spalle. I ragazzi, non avendo più via d’uscita, iniziarono a gridare nella speranza che qualcuno li sentisse, ma il padre si arrabbiò ancora di più. Quindi prese il suo vecchio fucile da caccia e sparò ad una gamba a Francesco e poi anche a Marco e con un’altra fune li legò insieme con la madre. I due ragazzi perdevano molto sangue, potevano morire da un momento all’altro, ma il padre, ormai impazzito, non sapeva più cosa fare. Non potendo più rimediare, riprese il fucile e uccise tutti. L’unica cosa ormai era scappare dal paese, ma subito dopo si sedette a pensare e si pentì perché la sua famiglia era tutto quello che aveva. Rimasto solo si tolse la vita. Rizzo Fabrizio STORIA DI UN TIFOSO Michele era un giovane di sedici anni che aveva dei problemi in famiglia con i genitori, in particolare col padre. Una sera Michele tornò in ritardo a casa,alle 23,30, mentre suo padre gli aveva detto di rientrare alle 23 precise. Il genitore era rimasto, per questo, sveglio sulla poltrona all’ingresso aspettando il figlio. Quando Michele entrò dalla porta, il padre gli lanciò una ciabatta facendolo svenire per la forza con la quale era stata tirata. L’indomani mattina Michele aveva un mal di testa fortissimo e più passava il tempo più il dolore si faceva forte. Sua madre non lo fece andare a scuola quella mattina e, appena seppe la causa del mal di testa, litigò col marito. Questi stava passando un brutto periodo perché la sua squadra del cuore continuava a perdere tutte le partite del campionato. Sentendosi riprendere dalla moglie reagì lanciandole, non una ciabatta, ma una busta di latte. Quando Michele seppe cosa era accaduto, corse dal genitore per affrontarlo, ma il padre, sempre più avvilito dagli insuccessi della sua squadra, perse la testa e aggredì il figlio a padellate, uccidendolo. La moglie alla vista del figlio morto, sdraiato per terra non ebbe neanche il tempo di aprire bocca perché suo marito la stava già puntando con un’altra busta di latte. Rimasero, marito e moglie, a fissarsi per tre minuti, poi , quando lei cercò di scappare, lui lanciò la busta di latte che, volando più veloce della luce, la colpì in pieno sulla testa. “E fuori un’altra” disse lui, ma dopo pochi istanti si accorse che un vicino di casa aveva visto tutto dalla finestra. Il padre di Michele, repentinamente, prese un’altra busta di latte e lo colpì in mezzo agli occhi uccidendolo lì in mezzo alla strada. “E adesso siamo a tre” disse. Poi prese una bottiglia di veleno e si uccise…non bevendolo, ma dandosene una botta in testa. Bonanno Giovanni UN COLPO IN TESTA Simone era un ragazzo di dieci anni e abitava con i suoi genitori, ma questi litigavano sempre e così decisero di separarsi. Dopo il divorzio, Simone trascorreva un mese con il padre ed un mese con la madre. Al compimento dei diciotto anni, Simone prese la decisione di stare sempre con il padre al quale era più legato. Quando usciva la sera con i suoi amici, Simone tornava a casa sempre tardi e ciò a suo padre cominciava a non piacere più. Una notte, rientrato alle tre e trenta, Simone vide che suo padre era sveglio che lo aspettava per parlargli. Gli fece tante domande, ma Simone non rispondeva. Alla fine comunicò a suo padre che andava via di casa. E così fece. Non avendo un posto dove dormire, dopo un mese Simone tornò dal padre, ma questi gli disse che ormai lui non lo considerava più suo figlio. Dopo queste parole, Simone cominciò a fare uso di droghe e anche a spacciarle e a fare rapine in banca finchè la polizia lo catturò e lo portò in carcere. Nel frattempo il giovane venne a sapere che il padre era morto e allora lui, disperato, sottrasse all’improvviso una pistola ad una delle guardie e si sparò. Fu trovata una sua lettera: chiedeva di essere sepolto accanto a suo padre. Pjetri Edison UN COLPO AL CUORE Un ragazzo di nome Luca era innamorato di una giovane che si chiamava Elena. Lei aveva la stessa età di Luca e frequentava la medesima scuola. A Luca Elena era piaciuta dal primo istante in cui l’aveva vista, quando l’aveva incontrata casualmente nella palestra della scuola. Luca guardava sempre Elena e quando erano vicini a lui cominciava a battere forte il cuore. Un giorno Luca andò da Elena e le disse quello che provava per lei. Elena, inizialmente, lo rifiutò, ma poi accettò l’idea di frequentarlo. I due ragazzi cominciarono a vedersi spesso anche se abitavano lontano. Una sera, mentre passeggiavano, Elena vide in strada un suo ex che ancora le piaceva. Luca capì subito che c’era qualcosa che non andava, infatti dopo una settimana Elena lasciò Luca. Il giovane, per la disperazione, si allontanò dalla città e sparì senza lasciare sue tracce. Dopo un mese fu trovato senza vita: si era pugnalato al cuore. Elena capì. Dushkaj Ermal IL CARABINIERE E LA BAMBINA Era l’una di notte e una barca girovagava al largo della costa di Milazzo. La barca improvvisamente cambiò rotta e si avvicinò alla costa. Intanto, sulla spiaggia i carabinieri osservavano tutto, ma lo scafista se ne accorse e fermò la barca. Le forze dell’ordine intuirono cosa stava per accadere: alcune persone sarebbero state gettate in mare. E difatti così accadde. Tutti coloro che erano stati gettati in mare morirono, tranne una bambina, straniera, che riuscì a salvarsi perché aveva rubato un salvagente sulla barca. Uno dei carabinieri vide la bambina scappare verso la strada, la raggiunse e, con la radio, stava per chiamare un suo collega per informarlo del ritrovamento; ma, vedendo il viso di quella bambina, decise- pur sapendo di andare contro la legge- di portarla a casa sua. Quando arrivarono a casa, il carabiniere mise tutti i dolci e il cibo che aveva sul tavolo e la bambina cominciò a mangiare. Dopo una settimana, la bambina voleva già bene al carabiniere come se fosse un padre. Passarono cinque mesi e nessuno si accorse della bambina, anche se il carabiniere si era sempre impegnato, in quei cinque mesi, per non lasciarla mai sola, ma capì che non poteva continuare così… Allora prese una dura decisione: dare alla bambina una vera famiglia. Il carabiniere non dimenticò mai quella bambina e la considerò sempre come una figlia. Anselmi Francesco UNA FAMIGLIA DISTRUTTA In un piccolo paesino italiano abitava una famiglia composta dai due genitori e da due figli. Un giorno accadde però che il padre cambiò all’improvviso personalità. Cominciò a giocare d’azzardo e a perdere tutti i soldi che guadagnava.. Avendo poi perso tutto, iniziò a chiedere soldi a parenti e vicini di casa e la moglie era disperata perché non sapeva come aiutarlo. Anche i figli tentarono in tutti i modi di convincerlo a smettere, ma lui continuava a giocare di nascosto. Una sera i figli lo scoprirono e, quando il genitore tornò a casa scoppiò una furiosa lite. Il padre, che era anche ubriaco, andò in soffitta per prendere il fucile che aveva acquistato per la caccia, ma il fucile non c’era e non riuscì in alcun modo a trovarlo. Allora prese l’ automobile e andò via da quella casa. Ad un tratto si fermò su un ponte e, guardando il fiume che scorreva sotto di lui, pensò a tutto quello che era successo; quindi ritornò a casa, si avvicinò ai suoi ragazzi, li abbracciò fortissimo promettendo loro che non avrebbe giocato mai più. Da quel giorno il padre non giocò più davvero e dedicò più tempo ai suoi figli e a sua moglie e da allora non ci furono più contrasti fra loro. Formica Simone D’Andrea Gabriele L’AMICIZIA LA LISTA Un giorno un’insegnante chiese ai suoi studenti di fare una lista dei nomi degli altri studenti in aula su dei fogli di carta, lasciando un po’ di spazio sotto ogni nome. Poi disse loro di penare la cosa più bella che potevano dire su ciascuno dei loro compagni di classe e scriverla. Ci volle tutto il resto dell’ora per finire il lavoro, ma all’uscita ciascuno degli studenti consegnò il suo foglio. Il sabato successivo, l’insegnante scrisse il nome di ognuno su un foglio separato e vi aggiunse la lista di tutto ciò che gli altri avevano detto su di esso. Il lunedì seguente diede ad ogni studente la propria lista. Poco dopo, l’intera classe stava sorridendo. “Davvero?” sentì sussurrare. “Non sapevo di contare così tanto per qualcuno!” e “Non pensavo di piacere tanto agli altri” erano le frasi più pronunciate. Nessuno parlò più di quei fogli in classe e la prof non seppe se i ragazzi l’avessero discussa dopo le lezioni o con i genitori, ma non aveva importanza: l’esercizio era servito al suo scopo. Gli studenti erano felici di se stessi e divennero sempre più uniti. Molti anni più tardi, uno degli studenti venne ucciso in Vietnam e la sua insegnante partecipò al funerale. Non aveva mai visto un soldato nella bara prima di quel momento: sembrava così bello e così maturo… La chiesa era riempita dai suoi amici. Uno ad uno quelli che lo amavano si avvicinarono alla bara e l’insegnante fu l’ultima a salutare la salma. Mentre stava lì, uno dei soldati presenti le domandò:”Lei era l’insegnante di matematica di Mark?”. Lei annuì, dopodichè lui le disse:”Mark parlava di lei spessissimo”. Dopo il funerale, molti degli ex compagni di classe di Mark andarono insieme al rinfresco. I genitori di Mark stavano lì, in attesa di parlare con l’insegnante. “Vogliamo mostrarle una cosa”, disse il padre, estraendo un portafoglio dalla sua tasca. “Lo hanno trovato nella sua giacca quando è stato ucciso. Pensiamo che possa riconoscerlo”. Aprendo il portafoglio, estrasse con attenzione due pezzi di carta, aperti e ripiegati molte volte. L’insegnante seppe, ancora prima di guardare, che quei fogli erano quelli in cui lei aveva scritto tutti i complimenti che i compagni di classe avevano scritto su di lui. “Grazie mille per averlo fatto”, disse la madre di Mark. “Come può vedere,Mark lo conservò come un tesoro”. Tutti gli ex compagni di classe iniziarono ad avvicinarsi. Emanuele sorrise timidamente e disse:”Io ho ancora la mia lista. E’ nel primo cassetto della mia scrivania a casa”. La moglie di Fabrizio disse che il marito le aveva chiesto di metterla nell’album di nozze e Marylin aggiunse che la sua era conservata nel suo diario. Poi Enzo, un altro compagno, aprì la sua agenda e tirò fuori la sua lista un po’ consumata, mostrandola al gruppo:”La porto sempre con me, penso che tutti l’abbiano conservata”. In quel momento l’insegnante si sedette e pianse. Pianse per Mark e per tutti i suoi amici che non l’avrebbero più rivisto. Ci sono così tante persone al mondo che spesso dimentichiamo e la vita finirà un giorno o l’altro. E non sappiamo quando accadrà. Noto Antonino JACK Jack è un ragazzo di quindici anni talmente intelligente che, già a questa età, lavora per la CIA: di giorno va a scuola in una delle più rinomate scuole d’America, ma lui abita a Chicago e il mezzo con cui viaggia è un jet piccolissimo, tutto per lui, che lui, con un bottone, fa diventare una capsula. Un giorno come tanti il suo capo decide di chiamare la sua migliore recluta per una missione pericolosissima, lo rintraccia, però Jack è a scuola. Allora, con una delle sue inaspettate ma convincenti scuse per andarsene, esce da scuola e si reca alla CIA che ha sede in un luogo nascosto della terra. Il capo gli riferisce subito la missione: i malviventi più famosi della terra cercheranno di compiere un furto, nelle prossime due ore, la banca più ricca del mondo situata a New York. Il problema, gli spiega il capo, è che nessun loro mezzo può fermarli perché cela un segreto. Jack non si arrende, anche se è molto nervoso e, non trovando soluzioni, decide di andare a New York senza avvertire il capo. Jack sa che manca solo un minuto allo scattare della rapina, ma gli viene un’idea: i ladri non sanno che la CIA usa oggetti ad alta definizione tecnologica, così capisce che basta solo un semplice computer portatile dotato di una chiavetta particolare per mandare raggi gamma ultra silenziosi e fare cadere in trappola i ladri, dal momento che la particolarità di questi raggi è che stordiscono chi li sente. Jack così riesce a sventare il colpo ed ottiene una promozione: grazie ad un semplice computer portatile e ad una chiavetta! Italiano Emanuele RENATO Renato era un ragazzo di sedici anni e viveva in una cittadina sul mare. Un giorno si dovette trasferire a Tokyo perché suo padre aveva delle questioni di lavoro da sistemare proprio lì. Appena sceso dall’aereo, Renato si accorse che la tecnologia a Tokyo era perfino nei bagni!, l’aeroporto era, secondo lui, “futuristico” e si sentiva come uno di quei personaggi dei videogiochi che gli piacevano tanto. Insieme con la sua famiglia, arrivò all’ appartamento che aveva anche il codice di sicurezza per aprire la porta, come nelle banche! L’indomani mattina, appena svegliatosi, si affacciò alla finestra e vide una fila di auto che sembrava non finire mai, cosa assurda per Renato, perché era abituato alla calma del suo paese natale. Dopo colazione uscì di casa con sua madre e sua sorella, fecero un giro per il quartiere e si fermarono in un internet cafè. Renato ne approfittò per collegarsi su facebook e vi trovò alcune notifiche tra cui una richiesta d’amicizia da parte di una ragazza. Dopo averla accettata, per pura combinazione vide che lei era in chat e così cominciarono a conoscersi. Lei diceva di chiamarsi Michela, di avere quindici anni e che abitava nella città in cui Renato aveva vissuto tutta la sua vita. Trascorse circa mezz’ora e, dovendo andarsene, salutò Michela chiedendosi come mai quella ragazza gli ispirasse tanta simpatia. Il giorno dopo Renato tornò nell’internet cafè, ma Michela non c’era, quindi decise di tornare nel pomeriggio e stavolta la trovò collegata. Cominciarono una semplice conversazione: - Renato: Ehi, ciao…… - Michela: Heyyyyy! Kome va? - Renato: Bene, te? - Michela: Bn bn!! Ma mi spieghi km 6 finito a Tokyo? - Renato: Eh! Sapessi!...mio padre aveva del lavoro qui a Tokyo e quindi… - Michela: Aaaah ho kpt! E ritornerai qui? Intendo nella tua città natale… - Renato: Non lo so… ma spero di si, anche perkè qua non ci capisco nnt! Io non so l’inglese, figuriamoci il giapponese xD - Michela: Eeeeh! A ki lo diciiii! xD Kmq io devo andare…ci si sente! 1 bacio! - Renato: Oooooh! Ciao ciao 1 bacio Renato rimase circa mezz’ ora parlando solo con Michela e ignorando tutte le e- mail ed i messaggi scritti in chat dai suoi amici. Passarono le settimane e l’amicizia tra i due si fece sempre più stretta fino a quando a Renato venne la felice idea di tornarsene a casa,la sua vera casa. Ne parlò con i genitori che non erano pienamente d’accordo perché loro dovevano rimanere a Tokyo e Renato non poteva partire da solo. Trascorse circa un mese e i genitori di Renato, vedendolo sempre più triste, decisero di riportarlo a casa, accompagnato dal padre che sarebbe poi ripartito lasciandolo con i nonni materni. Renato, saputa la notizia, saltellava a destra e a sinistra per la felicità. Quando arrivò nella sua città la trovò uguale a come era prima, nulla era mutato, solo lui era cambiato: si era innamorato di Michela, ma ancora non lo sapeva. Il giorno dopo, nel pomeriggio uscì con i suoi amici uno dei quali era stato avvisato dalla mamma di Renato che il figlio sarebbe tornato sicuramente attratto da qualche ragazza. Ebbene si! I suoi genitori se ne erano accorti prima di lui! Questo amico avvisò quindi gli altri i quali cominciarono a cercare Michela. Dopo qualche giorno la trovarono, le spiegarono tutto organizzandole un appuntamento con Renato. Quel giorno stesso, appena Renato vide la ragazza capì subito che era tornato per lei, ma stranamente si sentiva ancora più contento. Quello fu il primo di una lunga serie di appuntamenti con quella ragazza che gli piaceva tanto, grazie ai suoi genitori e ai suoi amici. Bonanno Giovanni UNA BELLA INVENZIONE A Tokyo, in Giappone, viveva Giusi, una ragazza di quindici anni che ogni giorno andava a scuola in un liceo della città. Un giorno, uscendo dalla scuola, incontra un ragazzo di nome Samuele e, parlando con lui, scopre che frequenta la sua stessa scuola. Con il passare del tempo i due fanno amicizia. Samuele era il figlio di una scienziata che da poco aveva inventato un nuovo mezzo tecnologico che serviva a curare la cecità. Giusi una sera ebbe un incidente stradale a seguito del quale i medici dissero che ormai la ragazza sarebbe diventata cieca. Samuele andò a trovarla in ospedale e le raccontò di sua madre; così Giusi si sottopose all’intervento con il nuovo strumento tecnologico: era l’unica speranza per ritornare a vedere. Dopo molte cure e molta attesa, nei mesi successivi Giusi finalmente riuscì a vedere di nuovo e fu molto riconoscente nei confronti di Samuele e di sua madre. Formica Simone LA MACCHINA DEL TEMPO Un giorno d’estate, nella grande città di Los Angeles, uno strano oggetto fu visto cadere sulla terra, ma nessuno vide esattamente dove né capì cosa fosse successo. Questo oggetto non si trovò per un bel po’ di tempo fin quando un sabato mattina, a Ovest di Los Angeles, due ragazzi, Kevin e Mark, trovarono questo oggetto misterioso; chiamarono subito la polizia che chiese l’intervento degli scienziati più bravi, ma neanche questi riuscirono a capire cosa fosse l’oggetto e a cosa servisse. Anche il grande inventore Bill Right analizzò l’oggetto e dopo averlo esaminato per un paio d’ore capì che si trattava di una macchina del tempo. L’inventore non rivelò a nessuno la scoperta, ma ne parlò solo ai due ragazzi dicendo anche loro di non usarla troppo perché sarebbero potute cambiare molte cose. I due giovani, un po’ stupiti, si promisero di usare la macchina del tempo solo in casi estremi. Una sera i due ragazzi vennero fermati da una banda di ragazzi più grandi che volevano derubarli: al rifiuto di consegnare i soldi, i due ragazzi vennero picchiati. Mark venne accoltellato invece Kevin finì in coma. Dopo cinque anni Kevin si svegliò dal coma e si ricordò subito delle parole di Bill Right, l’inventore. Cos’ Kevin entrò di nascosto nel laboratorio dove era custodita la macchina del tempo, la mise in moto e tornò indietro di cinque anni, al momento in cui lui e Mark stavano per incontrare la banda di quei malviventi. Kevin così deviò Mark verso un’altra strada e l’incontro con la banda non si verificò mai. Contento, Kevin tornò avanti nel tempo e andò subito dal suo amico Mark. Dushkay Ermal YUMI YANG Un giovane sedicenne di nome Luciano era andato a casa di un suo amico perché lì si riuniva il loro gruppo. In questo gruppo c’erano cinque ragazzi e tre ragazze e si riunivano ogni giorno per decidere cosa fare nei giorni liberi. Luciano era il ragazzo più piccolo del gruppo e qualche volta non si presentava alle riunioni del gruppo perché sua madre non lo faceva uscire. Un giorno, a scuola, arrivò una ragazza straniera di origini giapponesi. Appena entrata in classe, visto l’unico posto libero accanto a Luciano ,si sedette con lui nel banco, si presentò e gli disse di chiamarsi Yumi Yang spiegandogli che era in Italia da cinque anni. Fece subito amicizia con Luciano e con l’intera classe così il ragazzo decise di farla entrare nel suo gruppo. Quando la portò a conoscere gli altri suoi amici, fu subito accolta con gioia e lei insegnò loro la sua cultura, i suoi costumi e cosa mangiava. Il gruppo si divertì molto con lei anche perché nessuno di loro immaginava che fosse così bello imparare cose nuove da persone appartenenti ad altre culture. Medrano Russel UNA STRANIERA NEL QUARTIERE In un piccolo paesino della Sicilia c’era un gruppo di ragazzi e ragazze adolescenti che erano tutti fidanzati, tranne uno, un ragazzo di sedici anni. Un giorno nel quartiere in cui abitavano questi ragazzi, venne una famiglia straniera della quale faceva parte una bella ragazza di soli tredici anni. Il gruppetto di ragazzi la prendeva in giro, però quel giovane di sedici anni stava in disparte perché non gli andava di deriderla soprattutto perché gli piaceva. Un giorno i due giovani decisero di vedersi di nascosto, perché si vergognavano del gruppo. Questo si verificò per un paio di settimane fino a quando decisero di dirlo agli altri. All’inizio i ragazzi non accettarono questa storia, ma appena conobbero meglio la ragazza si accorsero che non era affatto brutta e antipatica e che gli stupidi erano stati loro. Lipari Gabriele UNA VITA TRA AMICI In un piccolo paese del Sud Italia viveva una piccola ragazza di nome Giusi che nella sua breve vita aveva passato già tante brutte esperienze, come la perdita del padre. Nonostante tutto la ragazza andava avanti e cercava di affrontare la vita nel migliore dei modi possibile. La madre, grande donna, ormai rimasta sola con ben quattro figli, non faceva pesare loro la mancanza paterna. Iniziata la scuola superiore, la piccola ragazza ingenua cominciò a conoscere altre ragazze di altri paesi e così si venne a creare nella classe un gruppo molto affiatato di sei giovani. Giusi, per il suo carattere e il suo modo di fare, veniva chiamata “mammina ”; lei infatti era considerata quella più responsabile del gruppo, la persona con cui si poteva discutere tranquillamente perché sapeva ascoltare e si sapeva fare ascoltare. All’età di sedici anni conobbe un ragazzo e, per la prima volta, non sapeva come comportarsi, ma con l’aiuto anche del ragazzo, Alessandro, riuscì a instaurare una bella amicizia. Questo gruppo coltivò l’amicizia reciproca per lungo tempo, anche dopo che ognuno di essi si sposò. Rizzo Claudio STORIA DI UN’ AMICIZIA C’era una volta un gruppo di ragazzi che erano grandi amici. Un giorno arrivò in paese una ragazza straniera che non sapeva comunicare con le persone perché non conosceva la lingua e non conosceva neanche il paese. La ragazza andò ad abitare nella casa accanto a quella di uno dei ragazzi del gruppo. Una mattina lei si trovava alla fermata dell’autobus che tardava ad arrivare, ma il ragazzo della casa accanto, uscendo col motorino per andare a scuola, la vide e le chiese se volesse un passaggio visto che, avendola già vista in istituto, sapeva che frequentava la sua stessa scuola. Arrivati, lui la presentò ai suoi amici e, da quel momento, fecero tutti a gara per portarla a visitare la città. Col tempo le insegnarono a comunicare correttamente con la gente e, quando c’era una festa, la invitavano sempre. Diventarono molto amici e si frequentarono per tanti anni finchè, un giorno, la ragazza si dovette trasferire di nuovo perché la sua famiglia aveva ricevuto un’offerta di lavoro in un’altra città. Questo rattristò molto i ragazzi, ma quando venne il momento dei saluti, la ragazza promise che un giorno sarebbe tornata. Pjetri Edison UNA RINUNCIA FATICOSA Fabrizio, un ragazzo di sedici anni, usciva con un gruppo di amici più grandi di lui. A lui piaceva molto una ragazza della scuola, ma era molto timido e, come se non bastasse, ai suoi amici quella ragazza non piaceva molto perché era straniera. Un giorno, mentre andava a scuola, la vide, voleva avvicinarsi a lei, ma poi ripensò a quello che avrebbero detto i suoi amici e, per questo, rinunciò. Durante quella giornata gli tornò in mente più volte il viso della ragazza: l’avrebbe voluta conoscere, ma non aveva né il coraggio né la forza di affrontare la reazione degli amici. Non trovando una soluzione cercò di distrarsi e non pensarci più. I giorni passavano arrivò l’ultimo giorno di scuola: non l’avrebbe più vista, forse quella era l’ultima occasione…ma, ancora una volta, preferì lasciar perdere sapendo che si sarebbe pentito della sua mancanza di coraggio. E col cuore la salutò. Bertè Vincenzo LA PARTITA Nella città di Glasgow c’erano due squadre di calcio, i Glasgow Rangers e il Celtic, molto rivali fra loro e si erano verificati molti conflitti. Un giorno in città arrivò un ragazzo brasiliano che si era trasferito lì con la sua famiglia e che amava il calcio ed era anche molto bravo a giocare. Il suo nome era Alexander Pate. Egli fece subito amicizia sia con i ragazzi che giocavano nei Rangers sia con ragazzi del Celtic. Essendogli stata offerta da entrambe le squadre la possibilità di entrare a far parte del gruppo, il ragazzo era indeciso. Non volendo deludere nessuna delle due squadre, una domenica mattina ad Alexander venne un’idea: chiamò i giocatori delle due squadre e propose loro un incontro sul campo; lui sarebbe entrato a giocare nella squadra che avrebbe vinto quella partita. L’incontro inizò e, come sempre, ci furono scontri, ma alla fine prevalsero i Rangers ai calci di rigore. Alexander decise dunque di giocare con loro, ma volendo restare amico anche dei giocatori dell’altra squadra, li invitò a pranzare fuori tutti insieme. Fuori del campo divennero così tutti amici, ma quando c’era il derby la rivalità si riaccendeva. Dushkaj Ermal UN SOGNO IRREALIZZABILE Un ragazzo africano di nome Jun sognava una vita diversa in un altro paese. Jun lavorava nelle piantagioni di the e guadagnava 50 centesimi al giorno che gli bastavano per comprare un po’ di pane, dell’acqua e, raramente, un po’ di riso o di carne. Jun, compiuti diciotto anni, cercò di arrivare in Italia clandestinamente imbarcandosi su un peschereccio. Il viaggio durò due giorni durante i quali non mangiò né bevve alcunché. Quando arrivò, finalmente, era come un bambino disperso e certo non si aspettava quanto fosse difficile. Finì col fare l’elemosina vivendo in una baracca. Un giorno, entrando in una chiesa, rimase affascinato dai dipinti che vi erano sulle pareti. Rimase incantato a fissarli fin quando il parroco si avvicinò e con lui si sedette, in silenzio, ad ammirare i dipinti. Jun capì di aver trovato la sua strada. Cominciò a creare i suoi quadri non usando i colori, ma gli oggetti che trovava in strada come bottoni, pezzi di vetro, carta di giornale, ecc. Il parroco, visto il talento e il buon cuore del giovane, lo aiutò e Jun, anche se non trovò il benessere che aveva sognato, riuscì però ad inserirsi nella comunità grazie al parroco e alla sua arte. Medrano Russel IL SOGNO DIVENTA REALTA’ Tiffany, un’adolescente brasiliana di soli sedici anni, era un’appassionata di pallavolo ed ogni volta che vedeva le partite in TV immaginava di essere lì a giocare. Un giorno, mentre passeggiava con alcune amiche sulla spiaggia, vide un campetto da pallavolo e, subito, si misero a giocare. Dopo poco scese in spiaggia un giovane che era molto amico di un famoso manager sportivo. Avendola notata per la sua bravura le si avvicinò e le chiese se fosse disposta a trasferirsi a Roma per entrare in squadra. Saltando dalla gioia rispose subito di si. Volata in Italia la aspettava però una delusione: il manager e gli altri membri della squadra, senza neanche farla giocare, la rifiutarono perché era scura di carnagione. Tiffany scoppiò in lacrime e fuggì fuori; il suo amico le corse dietro e la fermò dicendole di non curarsi di loro e di cominciare a palleggiare davanti a tutti. Lei dapprima non volle, ma dopo si lasciò convincere. Tornata in campo sbalordì tutti e il manager le fece firmare il contratto. Felice, abbracciò l’amico grazie al quale, adesso, nelle partite in TV ci sarebbe stata anche lei. Donato Claudio LA FIABA IL PRINCIPE INNAMORATO C’era una volta un principe che non riusciva ad innamorarsi. Un giorno, cavalcando per un bosco oscuro, solitario e tetro, osservò uno scorcio più luminoso e vide un laghetto color madreperla, vi guardò dentro ed ebbe una visione: c’era riflessa nel laghetto una ragazza dal viso splendente, con gli occhi azzurri e la bocca rossa come una fragola. Il giovane principe impaurito le disse: “Chi sei tu, dolce ragazza? Perché mai sei all’interno del laghetto? “. La ragazza gli rispose: “Ho subito un sortilegio e rimarrò chiusa nel laghetto fino a quando non arriverà qualcuno che mi dimostrerà il suo amore “. Il principe di nuovo chiese: “Come posso dimostrarti il mio amore? “. E la giovane: “E’ un compito difficile, hanno provato in molti e nessuno è riuscito a farcela “. E il principe aggiunse: “Dimmi tutto, sono sicuro che riuscirò a liberarti “. La ragazza cominciò a spiegare al principe cosa avrebbe dovuto fare per salvarla. “ Allora “ ,disse la ragazza, “ devi camminare per un giorno intero nel deserto, dopodichè devi venire nel bosco del laghetto e, anche se sei molto assetato, non devi bere neanche una goccia dell’acqua del mio laghetto altrimenti il sortilegio non scomparirà ed io rimarrò qui per sempre”. Il giovane percorse il deserto per un giorno intero, arrivò al laghetto, ma non riuscì a trattenere la sete e bevve. Così la ragazza rimase per sempre dentro il laghetto. Il principe, ormai innamorato di lei, la andò a trovare ogni giorno e vissero per sempre divisi uno dall’altro sulle sponde del laghetto. Grosso Sebastian LA STREGA E LA BAMBINA COL PETTINE C’erano una volta, tanto tempo fa, tre sorelle che abitavano in una vecchia casa. Erano sole perché i loro genitori erano vittime di un terribile sortilegio compiuto da una malefica strega molto invidiosa della felicità di quella famiglia. Tutte le volte che la sorellina più piccola pensava a loro, si andava a confidare, disperata, dalla sua piantina parlante che, ogni volta, riusciva a consolarla. Un giorno che la sorellina era particolarmente triste, la piantina decise di regalarle un pettine che si poteva trasformare in foresta, per aiutarla a vendicarsi della strega. Dopo averne parlato con le due sorelle maggiori, la piccola decise di andare a prendere la pozione magica che avrebbe salvato i suoi genitori dal sortilegio e che la strega custodiva in una borsetta. Ma la cosa non era semplice perché la borsetta era sempre nella tasca del vestito della strega. La piccola decise comunque di andare a cercare la strega e, quando la vide, iniziò a scappare in modo che la strega, insospettita, la seguisse. La ragazzina corse fino ad un enorme prato e, dopo avere pettinato i suoi capelli, il suo pettine si trasformò in un’enorme foresta dove al strega, per inseguire la giovane, venne imprigionata: bloccata dai rami la strega, la ragazza riuscì a prendere la pozione e poi a fuggire con una scala formatasi da una pianta che la portò direttamente dai suoi genitori liberandoli. Dopo essere tornati a casa senza la strega, che era ormai prigioniera, vissero tutti felici e contenti. Milano Daniele UBALDO E IL REGNO DEI FANTASMI C’era una volta il re-drago del regno della luce che voleva conquistare il regno dei fantasmi. I fantasmi erano delle creature spaventose che si nutrivano del sangue degli uomini. Fra questi due regni c’era una guerra. Una sera, il regno dei fantasmi, guidato dal fantasma Giovanni, attaccò il regno della luce: il re Corono nero allora ordinò al suo drago di prendere sua moglie e duo figlio Ubaldo e di portarli nel regno di Polmia, che era loro alleato. Il drago, che si chiamava Fulmine, obbedì all’ordine del re Corono nero. Il capo dei fantasmi, Giovanni, mandò all’inseguimento tre draghi, mentre gli altri combattevano contro i draghi della luce. Fulmine cercò di seminarli, ma aveva troppo peso; allora, la regina, Maria , gli disse di farla scendere e di portare in salvo suo figlio, che era l’unico che poteva salvarli. Così la regina scese: due draghi seguirono Fulmine e l’altro mangiò la regina. Fulmine, che era stanco, lasciò il piccolo da un vecchio stregone; così, facendosi inseguire, li allontanò dal piccolo. Il principe rimase con lo stregone per diciassette anni e, durante quel lungo periodo, lo stregone gli insegnò varie magie e dopo gli regalò un uovo di drago, l’ultimo della specie del fuoco, il più potente di tutti i draghi, ma questo uovo si sarebbe schiuso solo con il prescelto. Una notte, mentre Ubaldo dormiva, l’uovo si schiuse e uscì un bel traghetto rosso che poi Ubaldo chiamò Pegoux. Dopo un anno il drago cresciuto imparò a parlare e si vide che aveva un potere speciale: poteva vedere il passato ed il futuro. Così raccontò al giovane la storia dei suoi genitori per cui Ubaldo si mise alla ricerca del fantasma Giovanni per vendicarsi e perché, uccidendolo, tutti i fantasmi sarebbero morti. Partirono insieme e, durante il viaggio, si fermarono in un villaggio dove conobbero una fanciulla con i capelli rossi e ricci e gli occhi verde smeraldo. Ubaldo si innamorò subito e anche la fanciulla. Anche lei voleva uccidere il fantasma Giovanni perché aveva assassinato i suoi genitori, così la fanciulla partì con Ubaldo. Arrivati al castello, il giovane, con la magia, uccise metà dell’esercito dei fantasmi, ma Giovanni riuscì a catturare la fanciulla e pretese la morte del drago per avere salva la vita della sua amata. Ubaldo fece un incantesimo che lo faceva sembrare morto, ma quando Giovanni tentò di uccidere la fanciulla, il drago si alzò e sputò una fiammata contro il lampadario che cadde addosso a Giovanni; così il drago riuscì a colpirlo al cuore con la spada facendo morire Giovanni e tutti gli altri fantasmi. Ubaldo e la fanciulla si sposarono. Trifiletti Andrea LA VECCHIA STREGA Tanto tempo fa in un bosco viveva una vecchia strega. Un giorno due bambini di nome Nelson e Tonino, giocando per caso vicino alla sua casa, ruppero il vetro di una finestra. La strega infuriata uscì dalla porta di casa pronunciando delle parole magiche con le quali trasformò i due bambini in animali, Nelson in maiale e Tonino in asino. I genitori dei bambini si accorsero che per cena i figli non erano rincasati e allora si preoccuparono perché sapevano che nel bosco viveva la vecchia strega. Per tutta la notte li cercarono aiutati da altre persone. Dopo molte ore, al sorgere del sole, videro due animali che avevano gli stessi vestiti indossati da Nelson e Tonino. Le loro mamme, quando li videro, li riconobbero subito. Allora i genitori e le persone del paese andarono a casa della strega con torce e forconi e diedero fuoco alla sua casa con lei dentro. Con la morte della strega si ruppe l’incantesimo cos’ Nelson e Tonino ritornarono ad essere due bambini e vissero con i loro genitori per sempre felici e contenti. Salmeri Stefano IL PRINCIPE E L’UCCELLINO C’era una volta un principe che era molto buono d’animo, ma molto testardo e non ascoltava mai i consigli degli altri. Il re, ormai anziano, cercava di far sì che suo figlio diventasse forte ed intelligente e che imparasse a prendere in considerazione i consigli degli altri. Il principe si chiamava Karlo, aveva le sue terre, regalategli dal padre al compimento dei venti anni. Un giorno al castello giunsero delle persone che appartenevano ad un circo per divertire il re con le loro evoluzioni. Karlo, avvicinatosi i carri del circo, vide un anziano seduto su uno sgabello che puliva una gabbia d’oro. Il principe si avvicinò e vide un uccellino poggiato sulla spalla del vecchio e gli si rivolse così:” Salve signore, come mai l’uccello che hai sulla spalla non vola via?”. Ma il signore lo ignorò e non gli rispose. Il principe, stupito di quel comportamento, disse alle guardie di sequestrare sia la gabbia sia l’uccellino. Due giorni dopo, Karlo si accorse che, a corte, cominciarono a scomparire le persone, prima le cameriere, poi le guardie; a quel puntò pensò che fosse stato quel volatile a compiere quelle magie, quindi si avviò verso la stanza dove teneva la gabbia, la aprì e l’uccellino uscì e gli si posò sulla spalla dicendogli: “Come mai ora ti rivolgi a me dopo avermi strappato al mio padrone con tanta crudeltà? “. Stupito, il principe restò senza parole, allora l’uccellino continuò: “Io ti ho preso i tuoi servi e le tue guardie ! Riportami dal mio padrone che vive al di là di quella montagna! “. Karlo, indispettito, montò sul suo cavallo e assieme all’uccellino si diresse verso il posto da lui indicato. Aveva paura che questo gli facesse scomparire tutto il regno e che lui, così, non sarebbe più diventato re alla morte di suo padre. Dopo due giorni di viaggio arrivarono ad una casetta, il principe bussò e aspettò per almeno due ore dietro la porta. Alla fine si aprì ed egli vide l’uomo al quale aveva sottratto l’uccellino e gli disse: “Scusatemi, signore, per il mio cattivo comportamento, ecco il vostro volatile” . Allora l’anziano signore gli rispose: “Io ordinerò al mio uccellino di far tornare tutto com’ era se tu ucciderai un orco che sta dietro quella valle. Il principe, per ritornare ad essere re del suo futuri regno, si rassegnò e decise di andare a combattere. Trovò l’orco e cominciò la battaglia, ma ad un certo punto il principe si ritirò perché gli mancavano le forze. La lotta così continuò per mesi, senza che il principe riuscisse ad avere la meglio sull’orco. Allora cominciò ad elaborare delle strategie di attacco e, finalmente, riuscì ad uccidere l’orco. Tornò dal vecchietto, gli raccontò tutto ed ebbe in cambio il suo regno con tutte le guardie e la servitù. Il re capì, intanto, che il principe era diventato ormai un uomo, che sapeva come usare la forza contro l’astuzia e che aveva un cuore buono, allora annunciò a tutti che Karlo sarebbe diventato subito il nuovo re. Il principe era molto felice e ringraziò con molti doni sia l’anziano sia l’uccellino che gli avevano insegnato il vero significato della vita e gli avevano aperto la mente. Da quel giorno furono tutti in pace, governati da un re buono e comprensivo. Zhuravlyov Yevgeny LA VECCHIA STREGA Tanto tempo fa in un bosco viveva una vecchia strega. Un giorno due bambini di nome Nelson e Tonino, giocando per caso vicino alla sua casa, ruppero il vetro di una finestra. La strega infuriata uscì dalla porta di casa pronunciando delle parole magiche con le quali trasformò i due bambini in animali, Nelson in maiale e Tonino in asino. I genitori dei bambini si accorsero che per cena i figli non erano rincasati e allora si preoccuparono perché sapevano che nel bosco viveva la vecchia strega. Per tutta la notte li cercarono aiutati da altre persone. Dopo molte ore, al sorgere del sole, videro due animali che avevano gli stessi vestiti indossati da Nelson e Tonino. Le loro mamme, quando li videro, li riconobbero subito. Allora i genitori e le persone del paese andarono a casa della strega con torce e forconi e diedero fuoco alla sua casa con lei dentro. Con la morte della strega si ruppe l’incantesimo cos’ Nelson e Tonino ritornarono ad essere due bambini e vissero con i loro genitori per sempre felici e contenti. Salmeri Stefano