IL SUINO - ACS SAN TOMASO
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IL SUINO - ACS SAN TOMASO
ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “V.DANDOLO” SEDE COORDINATA DI LONATO DEL GARDA – BRESCIA IL S U IN O Candidato: Bonometti Alessandro Classe 5^L Anno scolastico 2013/2014 INDICE: Introduzione: storia Razze Alimentazione Stoccaggio e conservazione Allevamento, fasi e strutture Macellazione Tagli della carne Malattie INTRODUZIONE: Storia L'allevamento del maiale cominciò nel neolitico con la sedentarizzazione degli umani, dato che questo animale non è capace di spostarsi causa le sue caratteristiche morfologiche e comportamentali. Nelle prime comunità umane, gli animali dovevano avere due caratteristiche fondamentali: essere facilmente addomesticabili ed essere utili, sia nel lavoro che per fini alimentari, il maiale le presenta entrambe. Un problema sorse nella conservazione della carne, la quale non poteva essere consumata nel giro di due o tre giorni: nacque così l’esigenza di conservare la carne nei giorni immediatamente seguenti l’uccisione. I primi sistemi furono l’essicamento e l’affumicatura e in seguito fu utilizzato anche il sale (che i romani già utilizzavano per il pesce), trasportandolo così a Roma dall’Adriatico attraverso una strada (la Salaria) che passava dall’attuale Umbria, terra dei suini e cinghiali, dove si scoprì che la carne di maiale era predisposta alla salagione. Il maiale, nei secoli seguenti continuò ad essere un animale gradito, legato più alle famiglie che agli allevamenti. Si incomincia a parlare di suinicoltura con l’introduzione, nel Basso Medioevo, della mezzadria, dove essa permise infatti, l’allevamento di questo animale: il contadino, che alleva la scrofa, farà fecondare essa dal verro, fornito magari dal proprietario del fondo, da cui nasceranno una decina di suinetti. Successivamente si cominciò a praticare l'allevamento in stalla. Nell'età moderna il processo di allevamento ha condotto all'emergenza di razze specializzate. L'utilizzo di carne suina sottoposta alla salagione è divenuta tradizionale nei Paesi dell'Europa e dell'America del Nord. Elementi di ordine economico hanno fatto evolvere l'allevamento tradizionale verso l'allevamento intensivo. In Italia le tipologie di allevamento più frequenti sono l’allevamento a ciclo aperto da riproduzione e quello da ingrasso e l’allevamento a ciclo chiuso. Le razze Le razze di suino europee più comuni sono: LARGE WHITE Provenienza: importata negli anni ’20 in Italia, questa razza inglese deriva dalla locale Yorkshire incrociata con suini cinesi e italiani (Casertana). Caratteristiche: grossa stazza (max. 350 kg le femmine e 450 kg i maschi), mantello bianco, cute rosata, orecchie erette e portate avanti, tronco muscoloso. Produttività: alta fecondità e prolificità, possono avere circa 10-12 suinetti per parto, ottima indole materna e lattifera, ottima qualità della carne (utilizzata per i prosciutti DOP come Parma e San Daniele). LANDRACE Provenienza: razza originaria della Danimarca creata alla fine dell’800 e inizio del’900, questa razza deriva dall’incrocio con scrofe locali (di origine antica, forse celtica) con verri Large White portati dall’Inghilterra. Caratteristiche: mantello bianco, cute rosata, orecchie rivolte in avanti e in basso, maggiore lunghezza del corpo. Produttività: buona prolificità, con circa 11 suinetti per parto, ottima indole materna, alta resa al macello, sia per la produzione del suino pesante sia per la carne magra. PIETRAIN Provenienza: Belgio Caratteristiche: massa muscolare molto pronunciata, mantello bianco con pezzature nere tendenti alla forma ovale, tronco cilindrico lungo (anche se sotto la media), orecchie corte e larghe portate in avanti. Produttività: alta resa al macello con carni chiare quasi prive di grasso, ottimo per il suino leggero. DUROC Provenienza: Stati Uniti Caratteristiche: mantello rosso mogano di varia intensità con cute ardesia, rosea sulla faccia, gola, petto, ventre. Profilo fronto-nasale concavo, orecchie piccole portate in avanti ricadenti, statura elevata e arti solidi. Produttività: elevata prolificità e attitudine materna. Questa razza è utilizzata principalmente per a produzione di meticci destinati al circuito del suino pesante. HAMPSHIRE Provenienza: Stati Uniti Caratteristiche: mantello nero con fascia bianca che interessa garrese, spalle e arti anteriori come la cinta senese, si distingue da essa per la maggiore mole. Testa con profilo rettilineo, orecchie piccole ed erette, collo corto e muscoloso, tronco relativamente corto. Produttività: fertilità e prolificità medie, buona resa di carne magra, carne acida (effetto Hampshire) POLAND CHINA Provenienza: Stati Uniti, probabilmente deriva da incroci tra razze americane e cinesi Caratteristiche: mantello nero con sei macchie bianche a sede fissa (estremità del grugno e della coda e quattro balzane), grande mole Produttività: abbondante resa in carne, media prolificità SPOTTED POLAND (SPOT) Provenienza: Stati Uniti, trae la sua origine dalla Poland China Caratteristiche: taglia media. Profilo rettilineo o leggermente curvo. Cute di color rosa e nero ardesia a macchie. Produttività: Buona prolificità, adatta alla produzione del suino magro e buona resa di tagli pregiati. Buona resistenza e robustezza. CINTA SENESE Provenienza: Italia (Toscana) Caratteristiche: taglia media con struttura longilinea. Mantello nero con fascia bianca che circonda completamente il tronco all’altezza del garrese includendo gli arti anteriori. Produttività: carne di ottima qualità, utilizzata per la trasformazione in salumi tipici. Adatta all’allevamento all’aperto, allo stato brado o semibrado. CALABRESE Provenienza: L'origine del suino Nero Calabrese risulta incerta. Due sono le ipotesi attuali: una la farebbe derivare dal ceppo iberico, l'altra invece lo accomunerebbe al ceppo romanico. Avrebbe comunque una stretta parentela con il suino Casertano, poiché documenti dell'inizio del secolo scorso individuano una sua derivazione dalla popolazione suina pugliese che origina a sua volta dalla Casertana. Caratteristiche: suino robusto con taglia medio-piccola. Mantello e cute di colore nero, alcuni soggetti possono presentare macchie bianche alle estremità degli arti. Tronco lungo e stretto. Grugno lungo e sottile con orecchie pendenti in avanti e in basso. Produttività: Fornisce tagli magri con carne di ottima qualità che viene trasformata di solito in prodotti tipici della salumeria calabrese. Si adatta benissimo all'allevamento all'aperto allo stato brado o semibrado. Alimentazione L’alimentazione del suino varia in base alla fase di crescita: Mangime del suinetto sotto scrofa Nel primo mese di vita del suinetto è importante la somministrazione del ferro in quanto questo elemento nel latte è insufficiente. Svezzamento Dopo lo svezzamento è consigliabile somministrare orzo, trattato termicamente per aumentarne la digeribilità, non essendo molto energetico e ricco di fibra, abbondanti invece devono essere le proteine. Fase di ingrasso Questa seconda fase si divide in due parti: la fase di magronaggio, (va dagli 80 ai 100 kg) dove è bene somministrare cereali crudi, aggiungere alla razione la farina di estrazione di soia e limitare nel contempo i mangimi ricchi di fibra, e la fase di ingrasso, dove la razione deve contenere almeno il 60–70% di concentrati, inoltre bisogna ridurre l’apporto di proteine e della fibra in quanto si ha più difficoltà nell’ingrassare che nel dimagrire. I principali alimenti utilizzati per la razione sono: _ cereali: apportano il 60% dell’energia e sono utilizzati per il 50/55 % della dieta. I più impiegati sono mais, orzo e frumento; _ fonti proteiche: devono avere un’alta digeribilità, le più impiegate sono farine di pesce e sangue, derivati dell’uovo, plasma essiccato, semi di soia tostati, isolati di soia e concentrato proteico di patata; _ derivati dal latte: siero di latte, permeati, caseina e lattosio. Stoccaggio e conservazione La conservazione dell’alimentazione del suino varia in base alla diversa natura dei componenti. Occorre distinguere inizialmente la composizione dei mangimi, che possono essere mangimi semplici (mais, crusca, soia, ecc…) o mangimi composti integrati già pronti per l’utilizzo. _ Mangimi semplici: vengono ritirati alla rinfusa tramite autotreni dotati di cassone, i quali scaricano il prodotto nella fossa di scarico dell’allevamento. Per fossa si intende una tramoggia che riceve il prodotto e lo invia mediante una coclea ad un elevatore a tazze, il quale a sua volta, lo trasferirà in un silos verticale in attesa del suo utilizzo o della sua macinazione se si tratta di prodotto in granella. Sono componenti che posso essere distribuiti per via secca oppure mescolati con acqua e/o siero, quest’ultimo conservato in un apposito silos. _Mangimi composti: giungono in allevamento mediante appositi autocarri e sono stoccati direttamente nei silos verticali, fatti di vetroresina o in acciaio zincato, mediante l’utilizzo della coclea di scarico già disposta sull’autotreno. Silos in vetroresina Allevamento, fasi e strutture: L’allevamento del suino è strutturato nelle seguenti zone: _Zona di monta (detto anche “centro eros”): in questa zona le scrofe dopo lo svezzamento vengono tenute in osservazione fino al calore, in presenza di verri per sfruttare “l’effetto verro”, quindi montate naturalmente o inseminate artificialmente dall’operatore. _Zona di gestazione: in questa zona le scrofe rimangono fino a pochi giorni prima del parto (3 mesi circa). _Sale parto: le scrofe vengono mantenute qui in attesa del parto fino allo svezzamento dei suinetti, il quale avviene tra i 20 e i 35 giorni di età con un peso variabile tra i 4 e 8 kg. _Sala di svezzamento: i suinetti vengono allevati in gabbia a gruppi per circa 4-6 settimane. _Box a terra: i suinetti vengono riuniti in gruppi più numerosi fino al raggiungimento del peso di vendita. Pubertà La pubertà sia nei maschi che nelle femmine viene raggiunta intorno ai 6-7 mesi. Quando le scrofette vengono messe in condizione di percepire i ferormoni emessi dal verro (presenti nella sua saliva), si ha l’anticipo della manifestazione del primo calore, il cosiddetto “effetto verro”. L’età in cui il verro manifesta la capacità di produrre seme fertile è estremamente variabile. Ciclo estrale e fecondazione L’accoppiamento avviene verso l’anno di età, oppure quando i soggetti hanno raggiunto il peso di 110–120 kg. Il primo calore avviene dopo 5–7 giorni dallo svezzamento è comunque consigliabile fecondarla al secondo calore. Mediamente la durata del calore è di 2–3 giorni e si ripresenta ogni 21 giorni. La scrofa in calore manifesta il riflesso di mobilità. Il momento migliore per la fecondazione è a distanza di 24–36 ore dall’inizio dei segni, in quanto periodo migliore per l’ovulazione. Vi sono 2 tipologie di inseminazione: _Inseminazione naturale: questo tipo viene utilizzato sempre meno in quanto permette la fecondazione solo di una moderata quantità di scrofe. Essa consiste nel trasferire la scrofa in un’apposita gabbia per la monta. _Inseminazione artificiale: con questo metodo è l’operatore ad effettuare l’inseminazione della scrofa che è preceduta dalle operazioni di prelievo del seme dal verro e dalle successive analisi in laboratorio. Gestazione e parto La gravidanza nelle scrofe in media ha una durata di 114 giorni (3 mesi, 3 settimane, 3 giorni). In questo periodo è importante tenere presente alcuni fattori fondamentali: _Evitare ogni tipo di stress agli animali durante le prime tre settimane dalla copertura: Per questo dopo la fecondazione, le scrofe vengono poste in gabbie singole o in box multipli, in modo tale da non compromettere l’annidamento degli embrioni. _Alimentazione: un livello energetico troppo elevato aumenta la mortalità embrionale e riduce le prestazioni produttive. _L’ambiente della sala parto: deve essere ben asciutto e ben ventilato, senza eccessive correnti d’aria; si tratta di un locale ben attrezzato con diverse gabbie in grado di ospitare la scrofa e la nidiata fino al termine del periodo di allattamento. Il parto può essere diviso in tre fasi: _Fase preparatoria al parto: viene definito anche “pre-parto”. Comincia dai 10 ai 14 giorni prima della data prevista dell’evento. In questo periodo la scrofa è irrequieta, ha una riduzione dell’appetito oltre che ad una perdita di colostro. _Fase dilatante: è una fase dove il progesterone si abbassa e aumentano gli ormoni estrogeni. _Fase dell’espulsione dei feti: questa fase dura da 1 a 4 ore e, nel caso particolare delle scrofette, possono avvenire fenomeni di cannibalismo. L’isolamento delle partorienti nelle gabbie parto però assicura una certa protezione ai suinetti. _Secondamento (espulsione della placenta): questa è la fase conclusiva del parto e si contraddistingue per l’espulsione della placenta. Solitamente compare fra 1 e 4 ore dalla fuoriuscita dell’ultimo suinetto, anche se vi è la possibilità che ne possa nascere ancora uno, vivo o morto, in un secondo momento. Il secondamento dovrebbe comunque completarsi entro le 12-24 ore dall’espulsione dell’ultimo suinetto. In questa fase la scrofa si presenta tranquilla, coricata su un fianco ed emette un caratteristico grugnito di richiamo per suoi suinetti. Gabbia parto Allattamento e svezzamento La durata dell’allattamento è di circa 30 giorni per i suini da ingrasso e di 60-90 giorni per quelli destinati alla rimonta. I suini incominciano a mangiare già a partire dalla 2a-3a settimana di vita in quanto il latte materno non è sufficiente a coprire il fabbisogno della nidiata, pertanto alla poppata si aggiungono mangimi appetibili e digeribili, i cosiddetti alimenti prestarter di alto valore nutritivo e biologico (farine di latte, farine di pesce, siero di latte, carrube, ecc…). Allo svezzamento i suinetti, arrivati al peso di 5-7 kg, vengono spostati in apposite gabbie dotate di riscaldamento e di un buon ricambio d’aria, dove rimangono fino al raggiungimento del peso di 16-18 kg, per poi passare al box a terra fino al peso di 30-35 kg. Successivamente inizierà la fase di ingrasso. Box svezzamento Ingrasso Vi possono essere due tipi di allevamento da ingrasso: _Allevamento a ciclo aperto: utilizzato soprattutto nella pianura padano-veneta per la produzione del suino pesante. Questo tipo di allevamento è diviso a sua volta in due settori, magronaggio (fino a 80-100kg di peso vivo) e finissaggio (fino alla macellazione a 150-160 kg). _Allevamento a ciclo chiuso: rappresenta in un’unica azienda la combinazione delle fasi di riproduzione e di ingrasso. Questo tipo di allevamento comporta alcuni vantaggi come una gestione sanitaria più facile e una maggior uniformità della produzione. Struttura della stalla Strutturalmente si tratta di stalle con una o due file di box a terra con una pavimentazione che può essere di tre tipi: _Pavimento pieno in cemento con corsia di defecazione esterna oppure a pavimentazione continua. _ Pavimento pieno con fascia di grigliato di cemento per la defecazione (può essere interna o esterna). _Pavimento completamente grigliato. IL vantaggio di questi ultimi due tipi è il minor consumo di acqua per i lavaggi. Box su grigliato Macellazione Terminata la fesa di ingrasso i suini sono pronti per la macellazione. Essa è regolata da una serie di norme sanitarie ben definite al fine di garantire l'idoneità delle carni per l'alimentazione umana. Le operazioni si devono svolgere di regola in uno stabilimento autorizzato e quindi in possesso dei requisiti igienici necessari. La fase di carico è molto delicata, in quanto l’animale non deve subire traumi sia fisici che psicologici, altrimenti questo si ripercuoterebbe sulla qualità della carne, nello specifico per i prosciutti, in quanto lesioni, ematomi e tagli sulle cosce ne implicherebbero lo scarto. Arrivato al mattatoio, il suino viene visitato da un veterinario per scongiurare ogni eventuale dubbio circa la salute dell'animale; nel caso in cui il maiale presenti patologie anche solo derivanti dallo stress, questi viene sottoposto a successivo e più profondo controllo. Prima di passare alla fase della macellazione vera e propria, l'animale viene solitamente intontito con una pistola con proiettile captativo, che penetra nel cranio per garantire uno stordimento totale del suino, ma non la morte, che avviene in fase immediatamente successiva e per dissanguamento attraverso la recisione delle grandi arterie. L'animale viene così appeso per le zampe posteriori e si procede alla fase di depilazione volta ad eliminare le setole dal corpo seguendo i passaggi prima di lavaggio e di scottatura, e poi passando all'asportazione delle setole e infine, alla spazzolatura e docciatura terminale. Successivamente si passa alla scuoiatura del suino e all'eviscerazione. L'animale così ripulito viene sottoposto al sezionamento e poi si procede con la marchiatura dei pezzi e con la maturazione della carne. Oltre alla macellazione operata in strutture specifiche, in Italia è ancora permessa la macellazione casalinga, che gode di una legislazione regionale differente da zona a zona e stabilita dall'Asl. In genere, è ammessa la macellazione di un tot specifico di suini all'anno a famiglia (solitamente 2 – 3) e per procedere con la macellazione occorre: _Che la struttura casalinga abbia determinati requisiti come, ad esempio, la disponibilità di acqua potabile. _ Presentare all'Asl di competenza l'atto di mattazione e pagare un bollettino per ogni capo da macellare. _L'analisi della carne da parte di un veterinario dell'Asl. _Dimostrare di possedere una soluzione utile allo smaltimento degli eventuali residui Tagli della carne _Testa: Generalmente suddivisa in tre parti (magro, ossa e grasso) viene utilizzata in parte per la consumazione umana ed in parte per la produzione di farine proteiche per uso zootecnico. Neppure le orecchie e lingua vengono buttate. _Gola e Guanciale: Sono la parte di grasso che va dalla testa alla spalla. Si usa per il salame crudo, ma poiché tiene bene la cottura viene utilizzato anche per fare cotechino e zampone. _Spalla: Dalla spalla si ottiene il "prosciutto cotto di spalla". Oppure si suddividono le due parti che la compongono: la fesa e il muscolo. La prima, essendo più pregiata e tenera, viene usata per la produzione del salame crudo; il secondo, più duro, viene utilizzato per la preparazione di prodotti che richiedono cottura (cotechino, salame cotto, mortadella e würstel). _Pancetta: E' la parte anteriore del costato. Si distingue in parte magra e parte grassa. La parte grassa, fino a percentuali del 20-25%, si utilizza per la preparazione del salame. Acconciata, speziata ed arrotolata dà origine al prodotto omonimo in tutte le sue varietà. _Coscia: E' il taglio più pregiato: viene utilizzato per la produzione del salame crudo e dei prosciutti (crudi o cotti). _Lombo o lonza: Si suddivide in tre parti: carré, lonza e capocollo. Dal carré si ricavano le braciole (la parte attaccata al prosciutto si chiama culatello o fondello e viene usato per alcuni tipi di salame crudo); la lonza si può consumare arrosto o a fettine; dal capocollo si ricava, dopo la rifilatura e la sgrassatura, la coppa. _Zampe: Vengono svuotate e utilizzate come contenitori per gli zamponi. _Grasso: Possono distinguersi vari tipi di grasso: il lardo, il lardello, il grasso perirenale (o sugna), il grasso duro di schiena, il grasso di gola. Tutti questi vengono utilizzati nella preparazione degli insaccati cotti e crudi. Dalla sugna, invece, dopo un trattamento a caldo, filtrazione e colatura, si ottiene lo strutto. _Cotenna: E' la pelle del maiale, ripulita e raschiata dalle setole. Macinata, è uno degli ingredienti del cotechino o dello zampone; l'eccedenza viene trasformata in gelatina animale. Generalmente, gli involucri per gli zamponi si ricavano anche dalla cotenna che ricopre la spalla. _Frattaglie: Le cervella sono utilizzate da sole, soprattutto nelle regioni del sud, nei sanguinacci; il fegato è utilizzato nelle "frisse". Ciò che non è utilizzato per l'alimentazione umana viene trasformato in farine per nutrire gli animali. _ Ossi, coda, unghielli, sangue: Vengono distribuiti ad aziende specializzate le quali li trasformano in farine per uso zootecnico. _Setole: Un tempo venivano vendute a industrie che producevano pennelli e spazzole. Oggi vengono trasformate in farine per uso zootecnico. Tagli del maiale Varie tipologie di salumi Malattie del suino Vi sono molti elementi che possono causare l’insorgere di malattie all’interno di un allevamento, ma vi sono una serie di norme comportamentali che se osservate in maniera scrupolosa dall’allevatore, assicurano una consistente riduzione del rischio d’insorgenza delle varie malattie: _Isolamento dell’allevamento: è fondamentale per evitare l’introduzione di agenti patogeni: tenere sotto stretta osservazione i mezzi di trasporto; il personale deve essere munito di abiti idonei; le visite da parte di persone esterne devono essere ridotte al minimo; l’isolamento dell’allevamento dev’essere mantenuto anche nei confronti di animali indesiderati, ratti e topi in particolare in quanto possono trasportare germi di varia natura. _Igienizzazione dei locali: questa pratica ha lo scopo di abbattere la carica batterica nei locali dell’azienda. Di solito viene effettuata subito dopo il carico dei suini al macello e dura circa 1-2 settimane. _Igiene dell’alimentazione. _Condizioni ambientali: devono essere sempre mantenute il più vicino possibile ai valori ottimali. _Isolamento dei capi ammalati o sospetti: è importante per evitare i rischi di contagio Le principali malattie che interessano i suini sono: _Afta epizootica: è una malattia virale che prende il nome dalle lesioni ulcerose che lascia in bocca e nelle estremità distali degli arti degli animali colpiti. Il virus si trova nelle secrezioni respiratorie e nel liquido delle vescicole degli animali infetti, nelle secrezioni genitali, nelle placente degli aborti, nel materiale seminale e nel latte, dove il virus raggiunge concentrazioni altissime. Afta epizootica _Broncopolmonite enzootica: è una forma di polmonite che colpisce i suini. È una delle malattie più comuni. La trasmissione avviene tramite il contatto con le mucose da individui malati a quelli sani. _Malattia di Aujeszky: è detta anche pseudorabbia, è una malattia virale che si manifesta con disturbi nervosi, respiratori e riproduttivi. Nei suinetti infetti, la morte giunge entro tre mesi dal contagio, mentre nel suino adulto i sintomi sono lievi, si presenta una febbre leggera, aborto nelle scrofe gravide e la guarigione avviene entro 4-6 giorni. _Malattia vescicolare: clinicamente è sovrapponibile all'afta epizootica, ma il virus è più resistente. I sintomi principali sono ipertermia (fino a 41°) e inappetenza; gli animali inoltre zoppicano e si alzano a fatica. La mortalità è bassa, ma quando riscontrata, impone l’abbattimento di tutti i capi dell’allevamento (stemping out). _Peste suina classica: è una malattia virale ad elevata contagiosità. È caratterizzata da febbre elevata, depressione, abbattimento, disidratazione, congiuntivite, vomito, diarrea, cianosi, inoltre nelle scrofe gravide sono frequenti aborti con mummificazione dei feti. La mortalità può raggiungere il 100% negli allevamenti. _Peste suina africana: colpisce suini e cinghiali. Il contagio avviene tramite urine e feci. I sintomi sono febbre alta (40-42°), leucopenia, dispnea, diarrea emorragica, vomito. Non esiste un vaccino efficace, perciò si procede con l’abbattimento dell’animale infetto.