Tifa per la Lazio, giocava nella Roma Ora vuole batterle entrambe in

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Tifa per la Lazio, giocava nella Roma Ora vuole batterle entrambe in
Lunedì
31 Maggio 2004
IL TIRRENO
Tifa per la Lazio, giocava nella Roma
Ora vuole batterle entrambe in serie A
STEFANO
FANUCCI
E’
Stefano Fanucci. 1,80 per 75
kg. Ruolo: difensore, posizione
destra, sinistra, centrale
(maglia n. 5). È nato il 27
gennaio 1979 a Monterotondo
(Roma). La sua carriera nasce
in giallorosso. Dopo la trafila
nelle giovanili, è nella rosa
della prima squadra per due
anni senza però debuttare in
seria A. Nel campionato 1998-99
viene girato al Teramo in C2
dove disputa ventidue gare e
segna una rete. L’anno
successivo è al Savoia in B
dove colleziona dieci presenze
ed un gol. Il mister dei campani
è Osvaldo Jaconi che se lo
porta dietro a Livorno nella
stagione successiva. Da quattro
anni in maglia amaranto fa
parte del nucleo storico che ha
contribuito alla scalata dalla C
alla A. Ventisette (1 gol),
ventinove e quindici (2 gol)
sono le sue presenze nei primi
tre campionati in riva al
Tirreno. In questa stagione ha
totalizzato 19 gettoni, con una
sostituzione e sette ingressi
dalla panchina, per 1303 minuti.
Due i cartellini gialli, nessuna
espulsione e nessuna rete. Ha
una media voto di 6.46. Ha il
contratto in scadenza.
19
il cantante della squadra e infatti ha
vinto alla grande, il ricavato in beneficenza, quello che si può definire il “Festival della canzone amaranto di Collesalvetti”. Ma Stefano Fanucci cantava “Azzurro”, il
suo cavallo di battaglia e nel cuore pensava
“Bianco azzurro”. Perché, nativo di Monterotondo pari pari come Bruno Giordano, più laziali di lui non ce ne possono essere. Anche se
è vero, e non si vergogna di confessarlo, che
la Lazio dei suoi sogni ha fatto anche a bòtte
per batterla. E per giunta in maglia giallorossa, quella della Primavera romanista che comprendeva anche Totti ed era allenata da Brunetto Conti, fantastico mattatore iridato di
Spagna ’82.
«Sì - spiega uno Stefano, arcigno come quando deve confrontarsi con i suoi avversari attaccanti - la Lazio mi aveva scartato dopo un
provino e anche per una famiglia tutta laziale
come la mia, fu giocoforza accettare la mano
tesa della Roma che, bontà sua l’aveva pensata diversamente. Avevo dieci anni e in giallorosso ho fatto tutta la trafila delle giovanili,
giocando non si sa mai quanti derby e sfiorando persino il debutto in prima squadra. Ma la
pelle è pelle, la mia è una pellaccia e se in campo, col mio caratterino, mi battevo come un indemoniato, non ci crederete, ma non feci mai
un passo indietro, rimanendo dentro laziale
come più non si può. Il debutto sfiorato? Avevo vent’anni e con tutti i giornali a sparare
nei loro titoli un “Gioca Fanucci, debutta er
ragazzino” che mi faceva accapponare la pelle, sarebbe dovuto avvenire addirittura in un
Roma-Lazio. Ma alla fine, Zeman che mi ave-
va coccolato per l’intera settimana, neppure
mi convocò per optare in favore di un tandem
centrale non proprio di campionissimi formato da Gomez e Servidei che avevano Pivotto
per riserva in panchina. Beh, dove andò a finire il mio morale ve lo potete immaginare, ma
alla fine fu un motivo in più per poter nuovamente gridare “viva la Lazio” e per limitare il
mio ricordo romanista a due sole grandi persone, “Pluto” Aldair, sempre prodigo di consigli,
oltre che un campione, la persona più generosa del mondo e Bruno Conti, amico di famiglia, con i suoi figli interi giorni di sfottò e di
giochi in comune».
Ricordi, dicevamo. Ma ormai Stefano Fanucci («Accettai di andare alla Roma, ma la maglia del Pisa non la metterei mai») è soltanto
un... livornese doc. Ovviamente gratissimo a
Osvaldo Jaconi, suo grande estimatore, che
dopo averlo avuto alle sue dipendenze nel Savoia, lo volle con se anche per l’intera “due anni” della promozione amaranto. E oggi anche
tremendamente arrabbiato per la lunga serie
di infortuni che in questa magica stagione gli
ha pregiudicato chissà mai quante presenze.
Lo sapete, è stato un tira e molla sfiancante:
lui a recuperare e a riguadagnare con immensi sacrifici il posto da titolare, ma i guai che si
riaffacciavano e lo ricacciavano indietro. Ciò
che d’altro canto non è valso a spegnere i suoi
ardori (in due o tre occasioni sfiorato anche il
gol) ed ancor meno ad abbattere il suo tasso di
utilità per la squadra. E il tutto, sia per il presente (un grande contributo al raggiungimento della serie A) che per il futuro. Leggi, riconferma che non mancherà. (v.s.)
Un ottimo controllo di testa di Fanucci
«Stefano Fanucci ha caratteristiche molto diverse rispetto al
collega di reparto Cannarsa. È un difensore ben dotato nel gioco a terra, anticipa discretamente e ha buon piede. In futuro potrebbe anche essere impostato come un centrocampista che gioca
davanti alla difesa. Lo vedrei bene in questo ruolo, d’interdittore a fare da diga, pronto però a rilanciare l’azione in avanti.
Non so se Mazzarri è d’accordo, però varrebbe la pena di provare. Il giocatore è bravo e duttile e il Livorno potrebbe ritrovarsi
con una pedina in più, in un settore portante, per fare bene nella massima divisione».
Grandi giocate, e un pizzico di malasorte
Ci sono le stagioni che nascono storte e
una di esse è certamente quella che, suo
malgrado, sta attraversando Fanucci. Prima la pianta del piede, poi la caviglia, fino
all’ultima influenzina, è stato un calvario.
Beh, povero “Fano”, lui a ribellarsi alla
malasorte, ci ha provato anche andando a
caccia del gol, ma quando è nera è nera:
308B7O02.P65
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due legni e un pallonetto da 40 metri sul
portiere in uscita, che ha sorvolato di un
niente la traversa. Poi Bergamo, e questo
poteva essere davvero il suo gioiello di stagione. Macché, uncina la punizione di Lucarelli, ma Taibi è lì e di un soffio ci arriva. Peccato, per il Livorno, nelle ultime 5
gare sarebbe stato un 15 su 15!