effettuazione dell`operazione ed esigibilita` dell`iva

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EFFETTUAZIONE DELL’OPERAZIONE
ED ESIGIBILITA’ DELL’IVA
1. EFFETTUAZIONE DELL’OPERAZIONE
Le disposizioni dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/72 hanno lo scopo di fissare il momento in cui
l’operazione si considera “effettuata” ai fini Iva e, quindi, il momento cui fare riferimento per
l’individuazione della disciplina applicabile - ivi compresa l’aliquota dell’imposta - nonché il
momento da cui decorrono i termini per l'esecuzione degli adempimenti formali e contabili
prescritti.
Per effetto delle modifiche introdotte a decorrere dal 1° gennaio 1998, il momento di
effettuazione dell'operazione coincide con il momento in cui l'imposta diviene esigibile da parte
dell'Erario e coincide altresì con l’insorgenza, in capo al destinatario, del corrispondente diritto alla
detrazione dell'imposta.
Ci sono, tuttavia, casi in cui il momento di effettuazione dell’operazione e quello di
esigibilità dell’imposta non coincidono: ciò avviene nelle operazioni effettuate nei confronti di Enti
pubblici e nelle operazioni "triangolari" oggetto di fatturazione differita, nonché, dopo l’emanazione
del D.L. n. 185/2008, nel c.d. regime Iva “per cassa”.
Regola generale per le cessioni di beni
La regola generale stabilisce che le cessioni di beni si considerano effettuate:
- nel momento della stipulazione dell'atto, se riguardano beni immobili;
- nel momento della consegna o spedizione, se riguardano beni mobili.
Nel caso di autoconsumo (destinazione di beni al consumo personale o familiare
dell'imprenditore o del lavoratore autonomo, oppure a finalità estranee all'esercizio dell'attività), la
cessione si considera effettuata all'atto del prelievo dei beni.
Precisazioni
Secondo quanto chiarito dal Ministero delle finanze, il trasferimento della proprietà non si
realizza al momento dell'aggiudicazione del bene immobile, ma solo in base al decreto di
trasferimento di cui all'articolo 586 c.p.c. oppure con la stipulazione dell'atto pubblico, che
costituisce il solo titolo per la trascrizione della cessione. Ciò in quanto l'ordinanza di
aggiudicazione ha il mero scopo di individuare il soggetto nei cui confronti, previo versamento del
prezzo, verrà effettuato il trasferimento del diritto reale su quel bene, di modo che l'effetto traslativo
non si verifica fino a quando non sia stato pronunciato il relativo decreto, anche se all'ordinanza di
aggiudicazione sia seguita la provvisoria assegnazione del bene all'aggiudicatario con relativa
immissione in possesso (R.M. 18 luglio 1995, n. 218/E).
Cessioni con effetti differiti
Nelle cessioni i cui effetti traslativi o costitutivi della proprietà si producono in un momento
successivo alla consegna (ad esempio, cessioni sottoposte a condizione sospensiva, vendite a prova,
vendite con riserva di gradimento), l’operazione si considera effettuata nel momento in cui si
producono tali effetti, e comunque, se trattasi di beni mobili, non oltre un anno dalla consegna o
spedizione.
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Il differimento non vale, tuttavia, per le vendite con riserva di proprietà e le locazioni con
patto di riscatto vincolante per entrambe le parti.
Prestazioni di servizi
Per le prestazioni di servizi il momento impositivo è costituito dal pagamento dei
corrispettivi.
Il pagamento si considera realizzato quando il prestatore ha l’effettiva disponibilità delle
somme spettanti (si veda, però, la circolare n. 20/2009 sul regime “per cassa”, su cui appresso). Se il
pagamento è in acconto, l’operazione si considera effettuata nei limiti dell’importo pagato.
Nel caso di servizi resi gratuitamente per finalità estranee all’esercizio dell’impresa, oppure
“autoconsumati”, (ipotesi che, secondo la discutibile discriminazione operata dall’art. 3, terzo
comma, del D.P.R. n. 633/72, comportano tassazione solo in capo alle imprese e non ai lavoratori
autonomi), è stabilito che l’operazione si considera effettuata nel momento in cui tali servizi sono
resi, oppure, se di carattere periodico e continuativo, nel mese successivo a quello in cui sono resi.
Per l'Amministrazione finanziaria, il rilascio di cambiali, sia pro-soluto che pro-solvendo
(eccettuato il caso dell'apposizione della clausola "non cedibile in via ordinaria"), costituisce
pagamento e realizza pertanto il momento impositivo, in considerazione del fatto che il credito
cambiario è distinto dal rapporto sottostante intercorso tra le parti e che, con il possesso del titolo, il
cedente o prestatore può realizzare immediatamente il corrispettivo attraverso l'operazione di sconto
o la cessione del titolo. In senso contrario si è espressa la Commissione Tributaria Centrale, sez. XI,
con decisione n. 3932 depositata il 13 maggio 2002.
In materia, si veda inoltre la sentenza n. 7348 del 13 maggio 2003 della Corte di Cassazione,
secondo la quale il rilascio di “pagherò” cambiari può configurare obbligo di fatturazione soltanto
nella parte in cui l’obbligo di pagamento sia attuale e non anche per la parte dell’importo per cui il
debitore abbia semplicemente promesso il pagamento.
Versamento c.c.p. e bonifico bancario
In caso di pagamento a mezzo bonifico o versamento su conto corrente postale, è da ritenere
che il momento impositivo si concretizzi all'atto del ricevimento, da parte del beneficiario, della
comunicazione di accreditamento della somma (sulla questione sembra però esprimersi
diversamente la circolare n. 20/2009 sul regime “per cassa”).
In caso di pagamento mediante carta di credito, invece, l’operazione si considera effettuata
nel momento stesso in cui la carta viene usata.
Conferimento di servizi in S.r.l.
Con la risoluzione 16 marzo 2005, n. 35/E, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, nel caso
di conferimento d’opera e servizi in società a responsabilità limitata in base al nuovo testo dell’art.
2464 c.c., qualora sussistano tutti i presupposti per l’applicazione dell’Iva, il momento di
effettuazione dell’operazione coincide con la registrazione, da parte della società conferitaria, del
relativo costo, a meno che il conferente non abbia emesso precedentemente fattura.
Prestazioni “generiche” scambiate con soggetti esteri
Al fine di allineare la normativa interna a quella comunitaria, in particolare alla direttiva n.
117 del 2008, l’art. 8 della legge 15 dicembre 2011, n. 217, ha integrato l’art. 6 del D.P.R. n.
633/72, introducendo criteri specifici per la determinazione del momento di effettuazione delle
prestazioni di servizi scambiate fra soggetti passivi nazionali con clienti o fornitori esteri. A
decorrere dal 17 marzo 2012, tali prestazioni si considereranno effettuate:
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- al momento dell’ultimazione del servizio, salvo il pagamento anteriore, anche parziale
- al momento della maturazione dei corrispettivi, se si tratta di prestazioni continuative o periodiche,
salvo il pagamento anteriore, anche parziale
- alla scadenza di ciascun anno solare, se si tratta di prestazioni periodiche di durata ultrannuale per
le quali non sono previsti pagamenti anteriori.
Resta ferma, in caso di pagamento anticipato, la realizzazione della prestazione
limitatamente all’importo pagato; non è invece rilevante l’eventuale emissione anticipata della
fattura.
Per quanto concerne i servizi continuativi di durata infrannuale, nella circolare n. 37 del 29
luglio 2011, l’Agenzia delle entrate ha osservato che:
“1) in primo luogo, che è necessario attendere (anche per servizi per cui è sin dall’inizio prevista
una durata pluriennale) che siano trascorsi dodici mesi per annoverare le prestazioni ricevute tra
quelle interessate dalla disposizione in esame; ed, inoltre,
2) che il momento dell’effettuazione delle prestazioni di servizio che rispondono al requisito
precedente è comunque il 31 dicembre di ciascun anno.
Da ciò deriva che la prima rilevazione dell’avvenuta effettuazione di un servizio che rientra
nell’ambito applicativo del terzo periodo del terzo comma dell’articolo 6 potrebbe avvenire a
distanza di quasi due anni dall’inizio della prestazione medesima: si pensi, ad esempio, al caso di un
servizio di manutenzione (per cui non siano previsti acconti o pagamenti parziali in corso d’opera)
che un artigiano francese renda, a far data dal 1° aprile 2011, ad un imprenditore italiano. Con
riferimento a tale fattispecie, si dovrà in primo luogo attendere la data del 1° aprile 2012 (per
verificare che sia trascorso un anno dall’inizio del servizio di manutenzione), e successivamente, il
31 dicembre 2012 registrare l’effettuazione della prestazione (che nel frattempo il soggetto francese
avrà continuato a rendere) per la durata di 21 mesi. Il committente soggetto passivo stabilito nel
territorio dello Stato dovrà emettere un'autofattura, con riferimento al servizio fornitogli in ciascun
anno (o in un arco temporale superiore, come visto nell’esempio precedente), determinando la base
imponibile da assoggettare ad imposta ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettera c), del d.P.R. n.
633 del 1972.”
Precisazioni dell’Agenzia
Con la circolare n. 16/E del 21 maggio 2013, l’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti di
ordine generale sui nuovi criteri specifici introdotti nel sesto comma dell’art. 6 per determinare il
momento di effettuazione delle prestazioni di servizi c.d. generiche scambiate con soggetti esteri.
Prestazioni continuative e prestazioni istantanee
In relazione alla distinzione tra prestazioni continuative o periodiche, il cui momento
impositivo è la data di maturazione dei corrispettivi, e prestazioni, per così dire, uniche (o
istantanee), il cui momento impositivo è invece l’ultimazione del servizio, la circolare osserva che
nell’ordinamento nazionale si distinguono i contratti che comportano una sola esecuzione (contratti
ad esecuzione unica o istantanea) da quelli in cui la prestazione è distribuita o reiterata nel tempo,
nei quali la durata è elemento essenziale per la determinazione della prestazione (contratti ad
esecuzione continuata o periodica).
Posto che “il contratto ad esecuzione continuata o periodica è quello nel quale il protrarsi
dell’adempimento per un certo tempo è condizione perché il contratto produca l’effetto voluto dalle
parti e soddisfi il bisogno (durevole o continuativo) che le ha indotte a contrarre”, il contenuto e la
finalità dell’obbligazione sono determinanti per la qualificazione della prestazione e, di
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conseguenza, per l’individuazione del momento di effettuazione ove si tratti di prestazioni di servizi
generiche transfrontaliere.
In proposito, l’Agenzia ricorda di essersi occupata di tale distinzione nella circolare n. 36 del
31 giugno 2010, in relazione alla compilazione dei modelli Intrastat per gli scambi di servizi
intracomunitari, e di avere precisato in tale occasione, riguardo alle modalità di erogazione delle
prestazioni, <<che la modalità “istantanea” (codice I) si riferisce alle ipotesi di servizi erogati in
un’unica soluzione, mentre la modalità di erogazione “a più riprese” (codice R) si riferisce alle
ipotesi di servizi erogati ciclicamente, dunque caratterizzati da una certa periodicità o continuità,
con una erogazione prolungata nel tempo>>.
Ultimazione della prestazione e maturazione dei corrispettivi
Ciò premesso, tanto per le prestazioni uniche, che si considerano effettuate al momento
dell’ultimazione, quanto per quelle continuative o periodiche, che si considerano invece effettuate al
momento della maturazione del corrispettivo, sono sicuramente rilevanti le singole clausole
contrattuali, che consentono di individuare il momento in cui il singolo servizio è da considerarsi
ultimato, ovvero le scadenze periodiche di maturazione dei corrispettivi.
Questi momenti non sempre coincidono con quello in cui viene effettivamente pagato il
corrispettivo. Ad esempio, se il contratto prevede la maturazione del corrispettivo al termine di ogni
bimestre ed il pagamento avviene entro il quindici del mese successivo a quello di scadenza, la
circolare chiarisce che “il momento di esigibilità dell’imposta coinciderà con la data di scadenza del
bimestre e non con quella in cui è eseguito il pagamento”.
Naturalmente, resta in ogni caso fermo che l’eventuale pagamento, in tutto o in parte,
anteriormente all’ultimazione della prestazione o alla maturazione dei corrispettivi, realizza
l’effettuazione dell’operazione, limitatamente all’importo pagato.
Rilevanza della documentazione
La circolare riconosce che i suddetti criteri possono risultare di non agevole applicazione,
non essendo sempre oggettivamente verificabili; può pertanto accadere che le parti non abbiano la
stessa percezione dello stato di esecuzione della prestazione. Qualora si verifichi un disallineamento
temporale tra ultimazione della prestazione e conoscenza di tale circostanza da parte del
committente, secondo la circolare saranno i documenti scambiati tra le parti (ai fini della reciproca
conoscenza dello stato di avanzamento dei lavori e dell’ammontare del corrispettivo dovuto), sulla
base delle previsioni contrattuali, ad avere un ruolo determinante in ordine alla tempistica degli
adempimenti contabili che il committente/prestatore dovrà effettuare ai fini dell’assolvimento
dell’imposta.
Corrispettivo non determinabile
Può verificarsi che, alla data dell’effettuazione della prestazione, non sia ancora possibile
determinare il corrispettivo in quanto la sua quantificazione è collegata ad elementi fattuali non
ancora realizzati. In tale ipotesi, secondo l’Agenzia, l’ultimazione della prestazione o la
maturazione del corrispettivo “può essere individuata nel momento in cui saranno noti i predetti
elementi, purché i particolari criteri di individuazione del momento di ultimazione della prestazione
o di maturazione del corrispettivo siano preventivamente stabiliti in sede contrattuale. Solo in tale
momento sorgerà, pertanto, l’obbligo di assolvimento dell’imposta, salvo, naturalmente, che per
eventuali acconti di prezzo già corrisposti.”
Effetti del ricevimento della fattura
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Per la realizzazione del momento di effettuazione della prestazioni di cui trattasi, in base alla
disciplina dettata nel sesto comma dell’art. 6, è irrilevante l’emissione anticipata della fattura:
diversamente da quanto previsto al terzo comma dello stesso articolo, infatti, in assenza degli eventi
indicati nel sesto comma, la fatturazione “spontanea” non realizza la prestazione.
Nondimeno, con la circolare n. 35/E del 20 settembre 2012 l’Agenzia ha ritenuto che,
nell’ipotesi in cui il prestatore sia un soggetto comunitario, la fattura emessa da quest’ultimo possa
essere assunta come indice dell’effettuazione dell’operazione. E’ dunque al momento di ricezione
della fattura che va ricondotta l’esigibilità dell’imposta che deve essere assolta dal committente
nazionale, a prescindere dal pagamento (nonché, è da aggiungere, dall’effettivo stato di esecuzione
della prestazione). La circolare giustifica questa soluzione osservando che, ai sensi dell’art. 17,
secondo comma, del D.P.R. n. 633/72, l’operatore nazionale, allorquando debba assolvere l’Iva in
relazione agli acquisti di beni e servizi effettuati presso operatori comunitari, deve adempiere gli
obblighi materiali (integrazione della fattura e registrazione) secondo le disposizioni e nei termini
degli artt. 46 e 47 del D.L. n. 331/93, che assumono come punto di riferimento non il momento di
effettuazione dell’operazione o quello di esigibilità dell’imposta, bensì il mese di ricevimento della
fattura del fornitore.
La circolare n. 16/E aggiunge ora che “anche nell’ipotesi in cui il prestatore sia un soggetto
extracomunitario si deve, comunque, ritenere che la ricezione di un qualunque documento da
quest’ultimo emesso, volto a certificare l’operazione resa, sia indice dell’ultimazione
dell’operazione o della maturazione del corrispettivo, con conseguente obbligo di emissione
dell’autofattura da parte del committente nazionale.”
Anticipazione del momento impositivo (art. 6, comma 4)
Il pagamento anticipato totale o parziale a titolo di acconto, ovvero l'emissione anticipata
della fattura rispetto alla consegna dei beni o al pagamento del corrispettivo, determinano
l'anticipazione del momento impositivo, limitatamente alla quota fatturata o al corrispettivo pagato.
Pertanto, in caso di emissione della fattura, l’operazione si considera effettuata,
limitatamente all’importo fatturato, alla data stessa.
Eccezioni alla regola generale
Nel secondo comma dell’art. 6 sono previste alcune eccezioni rispetto alle regole sopra
indicate. Tali eccezioni riguardano:
- le cessioni di beni per atto della pubblica autorità, che si considerano effettuate all’atto del
pagamento del corrispettivo (o indennizzo)
- le cessioni periodiche o continuative in esecuzione di contratti di somministrazione, che si
considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo
- i passaggi di beni dal committente al commissionario, che si considerano effettuati all’atto della
vendita dei beni al terzo da parte del commissionario
- l’autoconsumo o la destinazione di beni a finalità estranee all’esercizio dell’attività, che si realizza
all’atto del prelievo dei beni;
- le cessioni di beni inerenti a contratti estimatori, che si considerano effettuate all’atto della
rivendita a terzi ovvero, per i beni non restituiti, alla scadenza del termine convenuto tra le parti e
comunque dopo un anno dalla consegna o spedizione;
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- le assegnazioni in proprietà di case di abitazione fatte ai soci da cooperative edilizie a proprietà
divisa, che si considerano effettuate alla data del rogito notarile.
Ai sensi dell’art. 1, u.c., del Dm 18/11/76, per le cessioni di beni inerenti a contratti
estimatori e per i passaggi di beni dal committente al commissionario gli obblighi di
fatturazione, registrazione e annotazione possono essere adempiuti entro il mese successivo a quello
di effettuazione dell’operazione.
Cessioni/acquisti intracomunitari
L’art. 39 del D.L. n. 331/93, come sostituito dal comma 326 dell’art. 1 della legge n.
228/2012, stabilisce al comma 1 che “le cessioni intracomunitarie e gli acquisti intracomunitari si
considerano effettuati all’atto dell’inizio del trasporto o della spedizione al cessionario o a terzi per
suo conto, dal territorio dello Stato o dal territorio dello Stato membro di provenienza.”
A fini di maggiore aderenza alla norma comunitaria, dall’1/1/2013 è stato adottato quale
criterio di effettuazione dell’acquisto intracomunitario il momento di partenza dei beni dal paese di
origine (anziché, come in precedenza, quello di arrivo nel paese di destinazione); il medesimo
criterio, inoltre, è stato espressamente previsto anche per le cessioni intracomunitarie (che erano già
così disciplinate per effetto delle norme generali dell’art. 6, D.P.R. n. 633/72).
Considerato che, in base all’art. 47 del citato D.L. n. 331/93, gli adempimenti del cessionario
ai fini della tassazione dell’acquisto intracomunitario nel territorio dello Stato sono regolati, sotto il
profilo temporale, sul momento di ricevimento della fattura e non su quello di effettuazione
dell’operazione, la novella normativa esplica effetti concreti soltanto nell’ambito della procedura di
regolarizzazione delineata per l’ipotesi di mancato ricevimento della fattura: infatti, ai sensi del
comma 5 dell’art. 46 del D.L. n. 331/93, come sostituito dal comma 326 dell’art. 1, legge n.
228/2012, il cessionario che non ha ricevuto la fattura entro il secondo mede successivo a quello di
effettuazione dell’operazione, deve emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo
a quello di effettuazione dell’operazione stessa. In questo ambito, dunque, al fine di rispettare i
termini di legge, il cessionario deve preoccuparsi di individuare correttamente il momento in cui
l’acquisto intracomunitario si considera effettuato secondo la nuova previsione.
Sempre nel comma 1 dell’art. 39, sono confermate le disposizioni che, nel caso di
cessioni/acquisti intracomunitari con effetti traslativi o costitutivi differiti, fanno coincidere
l’effettuazione dell’operazione con il momento in cui si producono tali effetti, ma non oltre un anno
dalla consegna dei beni e subordinatamente all’osservanza dell’obbligo di annotazione della
movimentazione nel registro previsto dall’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/93.
Nel comma 2 dell’art. 39 è confermata la disposizione secondo cui, se anteriormente al
verificarsi degli eventi di cui sopra è stata emessa la fattura, l’operazione intracomunitaria (sia
l’acquisto sia la cessione) si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data della
fattura.
Diversamente che in passato, però, non è più previsto analogo effetto nel caso di pagamento
anticipato; di conseguenza, nell’ambito degli scambi intracomunitari di beni, i pagamenti effettuati
anteriormente alla consegna/spedizione dei beni non assumono più rilevanza impositiva e non
devono pertanto essere fatturati (ferma restando, è da ritenere, la facoltà del percettore di emettere
comunque la fattura e realizzare così l’anticipazione dell’effettuazione dell’operazione, anche nei
riflessi della controparte, ai sensi del comma 2).
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Nel comma 3 dell’art. 39, infine, sono state introdotte specifiche disposizioni per
determinare il momento di effettuazione dell’operazione degli scambi intracomunitari effettuati in
modo continuativo nell’arco di un periodo superiore ad un mese solare, prevedendo – in conformità
con il par. 2, primo comma, dell’art. 64 della direttiva 2006/112/CE, come sostituito dalla direttiva
2010/45/UE – che in tal caso l’operazione si considera effettuata al termine di ciascun mese.
Questa nuova previsione si applica, più precisamente, alle seguenti operazioni del D.L. n. 331/93:
- cessioni intracomunitarie “proprie” di cui all’art. 41, comma 1, lett. a)
- cessioni intracomunitarie “assimilate” di cui all’art. 41, comma 2, lett. b), (mezzi di trasporto
nuovi)
- cessioni intracomunitarie “assimilate” di cui all’art. 41, comma 2, lett. c) (beni inviati a se stessi
nel territorio di altro Stato membro)
- acquisti intracomunitari “propri” di cui all’art. 38, comma 2
- acquisti intracomunitari “assimilati” di cui all’art. 38, comma 3, lett. b (beni trasferiti a se stessi
nel territorio dello Stato).
Norme speciali
Agenzie di viaggio e turismo (art. 74-ter, comma 7)
Il momento impositivo delle operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e turismo e
rientranti nella disciplina speciale dell’art. 74-ter, coincide col pagamento integrale del corrispettivo
o, se antecedente, con l’inizio del viaggio o del soggiorno. Non assumono rilevanza, quindi, i
pagamenti in acconto.
Attività spettacolistiche (art. 74-quater, comma 1)
Le prestazioni di servizi indicate nella tabella C (attività di spettacolo), incluse quelle
accessorie, si considerano effettuate nel momento in cui ha inizio l’esecuzione della manifestazione,
eccettuate quelle eseguite in abbonamento, per le quali l’imposta è dovuta all’atto del pagamento
del corrispettivo.
2. ESIGIBILITA’ DELL’IMPOSTA
Il concetto di esigibilità è il perno attorno al quale ruotano adempimenti e istituti
fondamentali nella disciplina dell’Iva, come il versamento e la detrazione. Nella normativa interna,
tuttavia, il concetto è stato introdotto soltanto con la riforma del 1997, entrata in vigore il 1°
gennaio 1998, recependo finalmente il principio – già enunciato, nell’ordinamento comunitario,
dall’art. 10 della direttiva 77/388/CEE del 17/5/77 (sesta direttiva) – secondo cui per esigibilità
dell’imposta si intende il diritto che l’erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato
momento, presso il debitore, per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere
differito.
La definizione di “esigibilità”
A differenza della norma comunitaria, che definisce nei termini appena riferiti il concetto di
“esigibilità”, l’articolo 6, comma 5, del dpr 26/10/72, n. 633, come sostituito dall’articolo 1, comma
3, del dlgs n. 313/97, si limita a stabilire che “l’imposta relativa alle cessioni di beni ed alle
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prestazioni di servizi diviene esigibile nel momento in cui le operazioni si considerano effettuate
secondo le disposizioni dei commi precedenti e l’imposta è versata con le modalità e nei termini
stabiliti nel titolo secondo”.
Nella circolare n. 328 del 24/12/97, comunque, il ministero delle finanze ha precisato che la
nozione di esigibilità dell’imposta esprime “il diritto dell’erario a percepire il tributo a partire da un
determinato momento”.
Va evidenziato che l’esigibilità è diversa dal “fatto generatore dell’imposta”, che è l’evento
per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta, ossia
“l’effettuazione” dell’operazione imponibile. Ad esempio, occorre fare riferimento al momento di
effettuazione dell’operazione, non a quello in cui l’imposta diviene esigibile (anche se, come già
accennato, i due momenti generalmente coincidono), ai fini dell’individuazione dell’aliquota
d’imposta applicabile, dell’insorgenza degli obblighi formali, ecc.
La nozione di esigibilità non va confusa con il momento in cui l’imposta deve essere
effettivamente versata all’erario. Come chiarito dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza 20/10/93,
infatti, l’obbligo di pagamento si concretizza “al momento della presentazione della dichiarazione
periodica”; l’esigibilità determina, dunque, il momento in cui sorge il debito fiscale, non quello in
cui l’imposta è pagabile, per cui la sua funzione essenziale è di stabilire di quali operazioni occorra
tener conto relativamente ad ogni periodo fiscale.
Quando sorge l’esigibilità dell’Iva: la regola
In base al quinto comma dell’articolo 6, dpr 633/72, l’imposta diviene esigibile nel momento
in cui le operazioni si considerano effettuate secondo le disposizioni dei commi precedenti. In linea
generale, dunque, fatte salve le specifiche previsioni dei commi secondo e quarto, l’imposta diviene
esigibile:
a) nel momento della consegna o spedizione, per le cessioni di beni mobili;
b) nel momento della stipulazione dell’atto, per le cessioni di beni immobili;
c) nel momento del pagamento del corrispettivo, per le prestazioni di servizi.
Occorrerà, ovviamente, tenere conto delle deroghe previste dal citato secondo comma
(espropriazioni, contratti estimatori, ecc.), nonché della previsione del quarto comma, che anticipa
l’effettuazione dell’operazione al momento di pagamento del corrispettivo o di fatturazione, se ciò
si verifica prima degli eventi di cui ai precedenti commi.
Le eccezioni alla regola
Nello stesso quinto comma dell’art. 6 sono contemplate due eccezioni alla regola che fa
coincidere l’esigibilità con l’effettuazione dell’operazione. Un’ulteriore, importante eccezione è
stata introdotta dall’art. 7 del D.L. n. 185/2009, le cui disposizioni saranno esaminate nel capitolo 3.
1 - Operazioni nei confronti di enti pubblici
La prima eccezione, caratterizzata sotto l’aspetto soggettivo, riguarda le seguenti operazioni:
- cessioni di prodotti farmaceutici indicati nel n. 114 della tabella A, parte terza, allegata al dpr n.
633/72, effettuate dai farmacisti;
- cessioni di beni e prestazioni di servizi ai soci, associati e partecipanti, di cui al quarto comma
dell’articolo 4 (operazioni verso corrispettivo specifico effettuate da enti non commerciali a
favore dei soci, associati e partecipanti);
- cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti: dello stato e dei relativi organi, ancorché
dotati di personalità giuridica; degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai
sensi dell’art. 25 della L. n. 142/80; delle camere di commercio; degli istituti universitari; delle
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unità sanitarie locali; degli enti ospedalieri; degli enti pubblici di assistenza e beneficenza; degli
enti pubblici di previdenza.
Per queste operazioni, l’Iva diviene esigibile al momento di pagamento del corrispettivo,
fatta salva la facoltà di applicare i criteri normali anticipando, quindi, spontaneamente l’esigibilità.
In ordine a tale facoltà, per intuibili esigenze di chiarezza, nella circolare n. 328/97 il ministero
delle finanze ha stabilito che qualora il cedente o prestatore decida di non avvalersi del rinvio
dell’esigibilità, è indispensabile che tale volontà risulti espressamente dalla fattura, che dovrà
pertanto recare la dicitura “Iva ad esigibilità immediata”. In tal modo, la controparte viene resa
edotta della possibilità di esercitare immediatamente, sempre che sussistano i presupposti dell’art.
19 e seguenti, il diritto di detrazione dell’imposta. Per evitare incertezze, soggiunge il ministero, si
rende necessario specificare comunque sulla fattura se l’imposta sia esigibile immediatamente
oppure no, restando inteso che, in mancanza di specificazioni, l’operazione si intende ad esigibilità
differita e il destinatario non può operare la detrazione finché non abbia provveduto al pagamento
del corrispettivo.
1.1 Enti ecclesiastici di diritto privato
A proposito degli enti ospedalieri, con risoluzione n. 159 del 28/5/2002 l’Agenzia delle
entrate ha chiarito che gli enti ecclesiastici che esercitano attività di assistenza sanitaria in regime di
convenzione non rientrano tra i soggetti destinatari della disposizione del quinto comma dell’art. 6,
in quanto essi operano in regime di diritto privato e non sono riconducibili alla nozione di enti
ospedalieri contenuta nell’art. 2 della legge n. 132 del 12/2/68.
1.2 Note di variazione per nullità o annullamento dell’operazione
Con risoluzione n. 75 del 5/3/2002, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che qualora venga
meno un’operazione per la quale era stata emessa fattura con imposta ad esigibilità differita nei
confronti dell’ente pubblico committente e, di conseguenza, il corrispettivo inizialmente pattuito
non sarà mai più pagato, il fornitore può emettere nota di variazione indipendentemente dal limite
temporale di un anno, dato che l’esigibilità dell’imposta non si realizzerà mai. Nel caso in cui il
fornitore, al momento della fatturazione, avesse invece rinunciato al differimento dell’esigibilità,
l’emissione della nota di variazione ai fini dell’Iva potrebbe avvenire solo entro il predetto limite.
1.3 Cessione del credito
Una questione particolare si pone nel caso in cui il soggetto che ha effettuato l’operazione ad
esigibilità differita ceda a terzi il relativo credito. Il dubbio sugli effetti di tale cessione è stato
risolto recentemente dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 1/2013. Rispondendo ad uno
specifico quesito, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che “la cessione del credito, pro solvendo o
pro soluto, non realizzi il presupposto dell’esigibilità dell’imposta. Conseguentemente l’incasso del
prezzo di cessione del credito non è assimilabile al pagamento del corrispettivo delle operazioni
originarie e il cedente dovrà corrispondere la relativa imposta solamente nel momento in cui il
debitore ceduto pagherà effettivamente il corrispettivo al cessionario del credito. Il soggetto passivo
che trasferisce il credito avrà, pertanto, l’onere di informarsi circa l’avvenuto pagamento del credito
ceduto, poiché è in tale momento che l’Iva relativa all’operazione originaria diventa esigibile e,
quindi, deve essere inclusa nella relativa liquidazione di periodo. In alternativa, il soggetto passivo
qualora non voglia farsi carico del predetto onere, al fine di non incorrere in sanzioni, può
includere, anticipatamente, l’IVA relativa all’operazione originaria nella liquidazione del periodo in
cui è avvenuta la cessione del credito.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
2 - Operazioni triangolari
La seconda eccezione riguarda le cessioni di beni “triangolari”, destinatarie
dell’agevolazione della fatturazione “super-differita” prevista dall’articolo 21, quarto comma,
quarto periodo, del dpr 633/72. Per tali cessioni l’imposta diviene esigibile nel mese successivo a
quello della loro effettuazione. La previsione non riguarda, dunque, le normali vendite con
documento di trasporto e successiva fattura differita, da emettere entro il giorno 15 del mese
successivo a quello di consegna o spedizione dei beni e da registrare con riferimento al mese di
consegna o spedizione, bensì la particolare ipotesi della vendita di beni che il cedente fa consegnare
al cessionario direttamente dal proprio fornitore (esempio: Rossi vende a Bianchi beni acquistati da
Verdi, incaricando quest’ultimo di provvedere alla consegna direttamente a Bianchi); in tale ipotesi,
si può emettere fattura “super-differita”, entro il mese successivo a quello di consegna dei beni. Con
circolare n. 288 del 22/12/98, il ministero delle finanze ha fornito chiarimenti in proposito,
consentendo in via generale l’emissione della fattura “super-differita”, senza necessità di specifica
autorizzazione, a tutti i contribuenti che operino secondo lo schema delineato dalla norma.
Il beneficio del differimento della esigibilità riguarda, ovviamente, solo il promotore della
triangolazione e non il primo cedente, e fa coincidere il termine ultimo per la fatturazione con
quello in cui l’imposta diviene esigibile.
Altre ipotesi di differimento dell’imputazione a debito dell’imposta
Con la citata circolare n. 328/97 il ministero ha affermato che le modalità e i termini speciali
di fatturazione, di registrazione, nonché i criteri di imputazione delle operazioni ai fini delle
liquidazioni periodiche dell’imposta, stabiliti con appositi decreti ministeriali (vedi riquadro), già
emanati in attuazione delle deleghe contenute negli articoli 22, secondo comma, 73 e 74 del dpr n.
633/72, continuano ad applicarsi anche dopo l’entrata in vigore del dlgs. n. 313/97.
Pertanto, per le operazioni menzionate nei predetti decreti, deve necessariamente ritenersi, al
fine di preservarne appieno lo spirito agevolativo, che i maggiori termini per la fatturazione e/o la
registrazione si riflettano, pur in assenza di esplicita previsione di legge, sull’imputazione “a
periodo” dell’imposta (anche se non si può parlare, per le ragioni di cui appresso, di vero e proprio
rinvio dell’esigibilità).
Stesso discorso vale per le prestazioni di servizi degli autotrasportatori di cose conto terzi
iscritti all’albo di cui alla legge n. 298/74, i quali, in base all’articolo 74, quarto comma, dpr n.
633/72, possono annotare le fatture attive entro il trimestre solare successivo a quello di emissione.
Occorre ricordare, infine, che con risoluzione n. 195 del 28/11/2001 l’agenzia delle entrate,
preso atto delle procedure contabili in uso nel settore dei trasporti aerei e delle obiettive difficoltà
degli operatori, ha consentito che i corrispettivi derivanti dalla vendita di biglietti aeri tramite le
agenzie di viaggio possano essere annotati, dall’impresa di trasporto, entro sessanta giorni dalla fine
del mese al quale si riferisce il rendiconto periodico delle vendite emesso dall’agenzia, come già
previsto dalla circolare n. 13 del 14/3/74.
Cessazione dell’attività
Il beneficio del differimento dell’esigibilità decade, comunque, in caso di cessazione
dell’attività del contribuente. In tale ipotesi, infatti, ai sensi dell’art. 35, comma 4, del D.P.R. n.
633/72, occorre tenere conto, nell’ultima dichiarazione presentata, anche dell’imposta relativa alle
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
operazioni di cui al quinto comma dell’art. 6, anche se non sia ancora intervenuto il pagamento del
corrispettivo.
Passaggio al regime per i contribuenti minimi
Analogamente, ai sensi del comma 102 dell’art. 1, legge n. 244/2007, i soggetti che adottano
il regime agevolato introdotto per i contribuenti “minimi” devono tenere conto, nell’ultima
dichiarazione Iva presentata, dell’imposta relativa alle operazioni di cui al quinto comma dell’art. 6.
Provvedimenti richiamati in via esemplificava nella circolare 328/97
- dm 31/10/74 (modalità applicative dell’Iva per le operazioni effettuate dagli esercenti arti e
professioni)
- dm 11/8/75 (modalità e termini per le registrazioni effettuate mediante utilizzazione di macchine
elettrocontabili)
- dm 11/8/75 (fatturazione delle cessioni di imballaggi e recipienti non restituiti secondo le
pattuizioni contrattuali)
- dm 15/11/75 (fatturazione delle cessioni di beni con prezzo da determinare)
- dm 4/3/76 (operazioni effettuate dalla Croce Rossa Italiana)
- dm 18/11/76 (operazioni effettuate mediante sedi secondarie)
- dm 7/6/77 (scheda carburante) (decreto sostituito dal regolamento approvato con dpr n. 444/97)
- dm 19/9/77 (operazioni effettuate dalla Federazione Italiana Consorzi Agrari)
- dm 13/4/78 (telecomunicazioni)
- dm 12/4/79 (assicurazioni)
- dm 12/4/79 (banche)
- dm 20/7/79 (transito autostradale)
- dm 16/12/80 (somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento
urbano)
- dm 22/12/80 (traghettamento automezzi tra porti nazionali)
- dm 25/9/81 (notai)
- dm 26/7/85 (credito e finanziamento a favore dei dipendenti)
- dd.mm. 19/9/90 e 18/3/91 (utilizzo di infrastrutture dei porti, autoporti, aeroporti e scali
ferroviari di confine)
- dm 11/3/96 (servizio radiomobile Gsm)
L’esigibilità nelle operazioni attive
Per il cedente o prestatore, l’esigibilità dell’imposta assume un rilievo operativo all’atto
della liquidazione periodica. Il comma 1 del dpr 23/3/98, n. 100, che dal 1° maggio 1998 ha
sostituito le previsioni del primo comma dell’articolo 27 del dpr n. 633/72, stabilisce che entro il
giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l’ammontare complessivo
dell’Iva esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri
relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi, e quello dell’imposta per la quale viene esercitato il
diritto di detrazione.
L’esigibilità è, pertanto, il criterio in base al quale si determina l’imposta a debito di un certo
periodo, dovendosi a tal fine assumere l’importo dell’Iva divenuta esigibile nel periodo stesso,
risultante dalle annotazioni eseguite, oppure da eseguire.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Nella liquidazione non si deve tenere conto, invece, dell’imposta non ancora esigibile,
ancorché relativa ad un’operazione imponibile “effettuata” nel senso dell’articolo 6 (ad esempio, la
cessione nei confronti di un ente pubblico che non abbia provveduto ancora al pagamento del
corrispettivo).
Si ricorda che anche l’operazione ad esigibilità differita si considera “effettuata” nel
momento in cui si concretizzano i presupposti generali dell’articolo 6; da tale momento, dunque,
scatteranno tutti gli obblighi prescritti dalla legge (fatturazione e/o registrazione, applicazione
dell’aliquota vigente in detto momento, dichiarazione), restando sospeso soltanto l’obbligo del
pagamento; il tributo “differito” non partecipa all’operazione di liquidazione, mentre vi partecipa
l’imponibile sottostante.
Al riguardo, nella circolare n. 328/97 è stato precisato che poiché con le nuove norme, al
verificarsi di uno degli eventi previsti dai primi quattro commi dell’articolo 6, l’operazione ad
esigibilità differita si considera in ogni caso effettuata, il cedente o prestatore è tenuto a tutti gli
adempimenti di legge, salvo quanto connesso con il rinvio dell’esigibilità dell’imposta.
L’operazione concorrerà, pertanto, a formare il volume d’affari e, sussistendone i presupposti,
entrerà nel calcolo del prorata; per quanto attiene alla liquidazione periodica, l’imposta va
computata, come già precisato, nel periodo nel corso del quale è incassato il corrispettivo. Ne segue
che, dovendo le fatture annotarsi nei registri, in via definitiva, nei termini normali, occorrerà
operare le evidenziazioni necessarie, con appositi codici, distinte colonne o altre idonee rilevazioni
contabili, ai fini del rinvio dell’obbligo del pagamento dell’imposta.
Ad integrazione delle chiarificazioni ministeriali, può dirsi che dell’operazione attiva ad
esigibilità differita dovrebbe tenersi conto, secondo il momento di effettuazione, anche in sede di
raffronto dell’aliquota media sulle operazioni attive e sugli acquisti ed importazioni, ai fini della
verifica del presupposto per richiedere il rimborso (annuale o infrannuale) dell’Iva in base
all’articolo 30, terzo comma, lettera a) del dpr n. 633/72; indicazioni diverse, tuttavia, si desumono
dalle istruzioni di compilazione del modello TR per il rimborso infrannuale dell’Iva.
Quando, successivamente, l’imposta si renderà esigibile, scatterà soltanto l’obbligo di
tenerne conto nella liquidazione del periodo corrispondente (nonché, ovviamente, l’obbligo di
eseguire il versamento qualora la liquidazione evidenzi un debito d’imposta).
Compilazione della dichiarazione annuale
Nella dichiarazione annuale devono essere indicate le operazioni “effettuate” nell’anno cui
essa si riferisce, incluse, dunque, quelle la cui esigibilità non si sia realizzata nell’anno stesso; di
queste ultime, però, non si dovrà tenere conto ai fini della determinazione dell’imposta dovuta o a
credito. Di contro, ai detti fini si dovrà tenere conto dell’imposta resasi esigibile nell’anno di
riferimento, seppure relativa ad operazioni effettuate in anni precedenti. All’atto della compilazione
della dichiarazione (con riferimento al modello Iva 2013 per il 2012), pertanto:
- le operazioni effettuate nell’anno, per le quali non si sia però realizzata l’esigibilità nell’anno
stesso, non devono essere indicate nelle prime tre sezioni nel quadro VE, ma soltanto nel rigo
VE36, che prevede il solo campo dell’imponibile; in tal modo, concorreranno alla formazione
del volume d’affari, ma non alla determinazione dell’imposta;
- le operazioni effettuate in anni precedenti, la cui imposta si sia resa esigibile nell’anno di
riferimento, devono invece essere indicate nelle prime due sezioni del quadro VE, sia nel campo
dell’imponibile che in quello dell’imposta; la relativa imposta, in questo modo, parteciperà alla
determinazione del risultato dell’anno; le stesse operazioni dovranno altresì essere evidenziate,
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
per la sola parte imponibile, nel rigo VE37 della quarta sezione del quadro VE (segno negativo
pre-impostato), allo scopo di escludere il loro importo, che ha già concorso alla formazione del
volume d’affari dell’anno di effettuazione, dal volume d’affari dell’anno cui si riferisce la
dichiarazione.
L’esigibilità per l’acquirente o committente
L’altra funzione importante della nozione di esigibilità si ricollega, sia sul piano sostanziale
che procedurale, al diritto di detrazione eventualmente spettante all’acquirente, committente o
importatore.
Questo diritto, secondo l’articolo 19, comma 1, del dpr 633/72, sorge nel momento in cui
l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al
secondo anno successivo a quello in cui è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita
del diritto medesimo. Il verificarsi dell’esigibilità, mentre per il cedente o prestatore determina
l’insorgenza del debito, per il cessionario o committente determina:
- il momento della nascita del diritto di detrazione (tale diritto viene a esistenza se nel predetto
momento sussistono i presupposti necessari)
- il momento iniziale a partire dal quale il diritto può essere esercitato
- il termine finale entro cui il diritto può essere esercitato.
Dalle suddette disposizioni si evince, in primo luogo, che occorre rapportarsi al momento in
cui l’imposta è divenuta esigibile per verificare se ed in quale misura il diritto alla detrazione esiste.
Pertanto, se in tale momento il cessionario o committente non rivestiva la qualifica di soggetto
passivo, non è consentito, al momento (successivo) dell’acquisizione di tale qualifica, azionare il
meccanismo della rettifica di cui all’articolo 19-bis2 per esercitare in parte la detrazione del tributo.
Nella circolare n. 98 del 17/5/2000, il ministero delle finanze ha chiarito, al riguardo, che tale
disposizione non attiene agli aspetti sostanziali del diritto di detrazione, il quale resta disciplinato,
sotto il profilo della genesi e della spettanza, dall’articolo 19, ma solamente alla misura in cui tale
diritto è esercitabile. Il principio, prosegue il ministero, trova riscontro nella giurisprudenza della
corte di giustizia europea, che nella sentenza relativa al procedimento C-97/90 ha affermato che le
disposizioni sulla rettifica non fanno nascere un diritto di detrazione, né trasformano l’imposta
pagata da un soggetto passivo, in relazione a sue operazioni non imponibili, in un’imposta
detraibile. Conseguentemente il ministero ha ritenuto inammissibile l’effettuazione della rettifica da
parte dell’ente locale che, per effetto delle nuove disposizioni in materia di applicazione dell’Iva sui
servizi di fognatura e depurazione, ha acquisito la qualifica di soggetto passivo dell’Iva, rettifica
finalizzata a detrarre parte del tributo relativo ad acquisti effettuati precedentemente, quando tali
servizi si configuravano come attività istituzionali.
Una volta sorto, il diritto di detrazione può essere esercitato in qualsiasi momento, purché
entro la dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto (a
differenza di quanto poteva sostenersi in base alla normativa vigente fino al 31/12/97, pertanto, una
fattura d’acquisto pervenuta, per ipotesi, dopo quattro anni dal momento in cui l’imposta si è resa
esigibile, non dà titolo alla detrazione). Con sentenza dell’8 maggio 2008, la Corte di giustizia ha
ritenuto che la previsione del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione sia
compatibile con la disciplina dell’imposta.
Va ricordato che ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del dlgs. n. 313/97, la disposizione in
base alla quale il diritto di detrazione sorge quando l’imposta diviene esigibile e può essere
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
esercitato, al più tardi, con la dichiarazione del secondo anno successivo, si applica agli acquisti ed
alle importazioni la cui imposta diviene esigibile a decorrere dall’1/1/98.
La discrezionalità accordata al contribuente in ordine alla scelta del momento in cui
esercitare la detrazione non può, però, essere usata strumentalmente (rinviando, ad esempio, la
detrazione ad un periodo d’imposta nel quale il prorata è più vantaggioso); secondo la norma,
infatti, il diritto spetta alle stesse condizioni esistenti al momento in cui è sorto.
Se sotto l’aspetto sostanziale la nascita del diritto si ricollega solo al verificarsi della
esigibilità dell’imposta, ai fini documentali e contabili è necessario che l’imposta detraibile in sede
di liquidazione periodica risulti dalle annotazioni eseguite nei registri e sia comprovata dal
possesso di idoneo documento che, a seconda dei casi, può essere la fattura di acquisto, la bolletta
doganale, la fattura dell’acquisto intracomunitario, l’autofattura.
Ovvia conseguenza del legame tra esigibilità dell’imposta e diritto alla detrazione è che il
secondo non esiste ancora nell’ipotesi in cui, relativamente all’operazione di acquisto “effettuata”, il
tributo non sia esigibile. Nelle operazioni ad esigibilità differita, pertanto, al rinvio dell’obbligo di
pagamento dell’imposta a favore del cedente o prestatore si accompagna il divieto per l’acquirente o
committente di esercitare la detrazione, in quanto il corrispondente diritto sorgerà solo se e quando
il tributo sarà divenuto esigibile. Così l’ente pubblico che, in veste di soggetto passivo Iva, ha
acquistato un bene senza aver pagato il fornitore, pur essendo in possesso della fattura, dovrà
astenersi dall’esercitare la detrazione fino a quando non avrà provveduto a saldare il prezzo (fatta
salva, ovviamente, l’ipotesi in cui il fornitore abbia spontaneamente anticipato l’esigibilità).
Va precisato che questo divieto attiene alle previsioni
“legali” di differimento
dell’esigibilità contemplate dal quinto comma dell’articolo 6 (in realtà, fondamentalmente alle
operazioni con gli enti pubblici), e non anche all’applicazione delle particolari disposizioni dei
decreti ministeriali richiamati nella circolare 328/97 e di quelle relative agli autotrasportatori; in tali
casi, infatti, non si è in presenza di un differimento normativo dell’esigibilità dell’imposta (che
implicherebbe il rinvio dell’insorgenza del diritto di detrazione), ma, come già accennato, di una
interpretazione adeguatrice del ministero, diretta a preservare l’agevolazione a favore di chi effettua
l’operazione senza però sacrificare chi la riceve. A proposito dell’agevolazione per gli
autotrasportatori, nella circolare n. 252 del 30/10/98 il ministero ha, anzi, implicitamente
confermato che l’esigibilità dell’imposta resta ancorata ai criteri generali, giustificando il rinvio del
pagamento del tributo da parte degli autotrasportatori in ragione del fatto che ai fini delle
liquidazioni periodiche bisogna tenere conto dell’imposta esigibile risultante dalle annotazioni
“eseguite o da eseguire” nel periodo, per cui, potendo l’autotrasportatore legittimamente rinviare
l’annotazione della fattura al trimestre successivo a quello di emissione, nel periodo in cui si è
verificata l’esigibilità (mese di emissione) non si è realizzato l’ulteriore presupposto della
registrazione (o dell’obbligo di registrazione) della fattura. L’autotrasportatore beneficia, quindi, del
rinvio del pagamento di un’imposta che, in quanto esigibile, può essere già detratta dal
committente che ne abbia titolo, per cui vi è una divergenza temporale tra il periodo in cui avviene
l’imputazione a debito del tributo e quello in cui può essere esercitata la detrazione, generalmente
coincidenti.
Detrazione antecedente alla data della fattura
Poiché il diritto di detrazione sorge al momento dell’esigibilità dell’imposta, parrebbe
legittimamente esercitabile anche con riferimento ad un periodo antecedente a quello di emissione
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
della fattura da parte del fornitore, purché la fattura pervenga e risulti annotata prima
dell’esecuzione della liquidazione periodica.
Un’esplicita conferma in tal senso si rinviene nella risoluzione n. 202 del 4/12/2001
dell’agenzia delle entrate in relazione ad un caso particolare. Un esempio tipico della “retroimputazione” della detrazione è il seguente: cessione di beni a luglio, fattura differita emessa il 15
agosto e trasmessa lo stesso giorno, mediante fax o e-mail, al destinatario. Questi dovrebbe poter
legittimamente computare in detrazione l’imposta nella liquidazione relativa al mese di luglio
(quando si è verificata l’esigibilità), dato che al momento di esecuzione della liquidazione (16
agosto) è in possesso del titolo materiale (fattura) regolarmente registrato ai sensi dell’art. 25.
Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo, perché la Corte di giustizia ha affermato, invece, che il
diritto è esercitabile con riferimento al periodo nel quale si siano realizzati entrambi i presupposti
dell’esigibilità dell’imposta e del possesso della fattura, cosa che, nell’esempio di cui sopra, si
verifica solo ad agosto (sentenza 29 aprile 2004, C-152/02).
Il recupero dell’imposta accreditata con nota di variazione
Con la risoluzione n. 89 del 18/3/2002, l’Agenzia delle entrate ha affermato che il diritto di
detrarre l’imposta accreditata alla controparte mediante nota di variazione ex art. 26, dpr 633/72, in
relazione ad operazioni venute meno in tutto o in parte, va esercitato entro il termine dell’art. 19,
comma 1, ossia, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui
si verifica il presupposto per operare la variazione in diminuzione. Ancorché emanata con
riferimento alle note di variazione emesse nei confronti di procedure concorsuali, la risoluzione,
individuando un legame tra la disposizione del secondo comma dell’art. 26, secondo cui il cedente o
prestatore ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta accreditata alla
controparte, ed i limiti temporali di quest’ultima disposizione, enuncia un principio non
condivisibile. Sembra evidente, infatti, che il riferimento all’art. 19, espresso dal secondo comma
dell’art. 26, intende individuare la forma di recupero dell’imposta da parte dell’emittente la nota di
variazione, e non certo rinviare in toto alla disciplina del diritto di detrazione, estranea all’ipotesi di
specie. Prova ne sia, se non bastassero le anzidette considerazioni, il fatto che il quinto comma
dell’art. 26 consente al cedente o prestatore di recuperare l’imposta accreditata alla controparte, in
alternativa al procedimento di detrazione mediante annotazione della nota di credito ai sensi
dell’art. 25, anche operando direttamente la variazione dell’imposta sulle operazioni attive,
mediante apposita registrazione in diminuzione nei registri degli articoli 23 o 24.
Compilazione della dichiarazione annuale (riferimento al modello Iva 2013)
Per quanto riguarda l’indicazione degli acquisti ad esigibilità differita in sede di
dichiarazione annuale, sono state stabilite modalità speculari a quelle delle operazioni attive.
Nel quadro VF è richiesta l’indicazione degli acquisti, anche intracomunitari, e delle
importazioni risultanti dalla documentazione annotata nel corso dell’anno precedente sul registro di
cui all’art. 25.
Gli acquisti per quali l’esigibilità non si sia realizzata nell’anno, tuttavia, devono essere
indicati, per la parte imponibile, soltanto nel rigo VF19; non bisogna, dunque, riportarli nei
precedenti righi nei quali è presente sia il campo “imponibile” sia quello “imposta”. Per l’effetto,
tali acquisti concorreranno a formare l’ammontare complessivo delle operazioni passive dell’anno,
ma non alla determinazione dell’Iva detraibile.
Di contro, devono essere riportati sia per l’imponibile che per l’imposta gli acquisti registrati
in periodi pregressi, la cui imposta si sia però resa esigibile nell’anno cui si riferisce la
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dichiarazione; tali acquisti devono inoltre essere riportati, per la sola parte imponibile, nel rigo
VF20 (segno negativo pre-impostato), allo scopo di escludere il relativo importo, che già ha
concorso a formare l’ammontare complessivo delle operazioni passive dell’anno di registrazione
delle fatture, dall’ammontare complessivo delle operazioni passive dell’anno di riferimento.
Il meccanismo dichiarativo segue dunque la stessa logica di quello delle operazioni attive,
ma appare, invero, una inutile complicazione. Ai sensi dell’articolo 25, primo comma, del dpr n.
633/72, infatti, il contribuente deve annotare in apposito registro le fatture e le bollette doganali
relative ai beni e ai servizi acquistati “anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla
dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta”.
Atteso che l’adempimento della registrazione è, dunque, strumentale all’esercizio della detrazione e
va eseguito, appunto, prima di esercitare il diritto stesso, appare possibile evitare la “doppia
dichiarazione” degli acquisti ad esigibilità differita riportandoli solo nella dichiarazione in cui è
computato in detrazione il tributo. D’altronde l’ammontare degli acquisti non è una dato rilevante
agli effetti dell’Iva, tant’è che può essere legittimamente omessa la registrazione e la dichiarazione
di quelli la cui imposta sia indetraibile.
Acquisti intracomunitari e importazioni
Sempre nella circolare n. 328/97, il ministero delle finanze ha fornito precisazioni in merito
all’esigibilità dell’imposta relativa agli acquisti intracomunitari ed alle importazioni.
Per quanto riguarda gli acquisti intracomunitari, secondo la circolare, l’esigibilità si verifica
nel mese in cui perviene la fattura o, in caso di mancato ricevimento del documento nei termini
prescritti, nel mese in cui il cessionario o committente provvede alla regolarizzazione mediante
emissione dell’autofattura. In realtà, la normativa comunitaria (art. 69, direttiva Iva) prevede che
l’imposta sugli acquisti intracomunitari si rende esigibile al momento dell’emissione della fattura o
alla scadenza del termine per l’emissione (giorno 15 del mese successivo a quello di partenza dei
beni).
Per quanto riguarda, invece, le importazioni, per le quali, secondo la normativa comunitaria,
il fatto generatore si verifica e l’imposta diviene esigibile nel momento in cui è effettuata
l’importazione, il ministero ha chiarito che l’esigibilità si realizza nel momento in cui gli uffici
doganali, in relazione alle diverse tipologie di operazioni, hanno diritto di richiedere il pagamento
dell’imposta.
3. IL REGIME IVA DI CASSA
L’articolo 7, comma 1, del D.L. 28 novembre 2008, convertito con modificazioni dalla L. 28
gennaio 2009, n. 2, nel quadro delle misure di sostegno all’economia adottate per fronteggiare la
crisi economico-finanziaria in atto, aveva previsto la possibilità di differire l’esigibilità dell’Iva
sulle operazioni poste in essere dai contribuenti con volume d’affari fino a 200.000 euro. Queste
disposizioni hanno cessato di applicarsi a decorrere dalle operazioni effettuate dal 1° dicembre
2012, in coincidenza con l’introduzione del c.d. regime Iva di cassa ad opera dell’art. 32-bis del
D.L. n. 83/2012, appresso descritto.
L’art. 167-bis, primo comma, della direttiva Iva, aggiunto dalla direttiva 2010/45/Ue,
autorizza gli stati membri a prevedere, nel quadro di un regime opzionale, che “il diritto a
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
detrazione di un soggetto passivo per il quale l’Iva diventa esigibile solamente a norma dell'articolo
66, lettera b), sia posposto fino al pagamento dell’Iva, al suo fornitore/prestatore, relativa ai beni
ceduti o servizi resi a detto soggetto passivo.”
Il secondo comma stabilisce che “gli stati membri che applicano il regime opzionale di cui al
primo comma fissano, per i soggetti passivi che optano per tale regime nel loro territorio, una soglia
basata sul fatturato annuo del soggetto passivo calcolato a norma dell'articolo 288. Tale soglia non
può essere superiore a 500.000 EUR o al controvalore in moneta nazionale. Gli stati membri
possono, previa consultazione del comitato Iva, applicare una soglia fino a 2.000.000 di EUR o al
controvalore in moneta nazionale. Tuttavia tale consultazione del comitato Iva non è necessaria per
gli stati membri che al 31 dicembre 2012 abbiano applicato una soglia superiore a 500.000 EUR o
al controvalore in moneta nazionale.”
In forza della norma comunitaria sopra riportata, e anticipando il recepimento dell’art. 167bis rispetto al termine del 31 dicembre 2012, con l’art. 32-bis del dl 22 giugno 2012, n. 83,
aggiunto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, è stato introdotto nella disciplina Iva
nazionale un regime Iva di cassa facoltativo “per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi
effettuate da soggetti passivi con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro, nei confronti di
cessionari o di committenti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione”.
Successivamente, con decreto del ministro dell’economia e delle finanze dell’11 ottobre
2012 sono state varate alcune disposizioni di attuazione ed è stata fissata al 1° dicembre 2012 la
decorrenza di applicazione del nuovo regime.
Il quadro normativo è stato completato dal provvedimento del direttore dell’agenzia delle
entrate del 21 novembre 2012, con il quale sono state individuate le modalità di esercizio
dell’opzione per il regime di cassa.
Da ultimo, con la circolare n. 44/E del 26 novembre 2012 l’agenzia delle entrate ha fornito
alcuni chiarimenti sul nuovo regime, evidenziando tra l’altro che il citato art. 167-bis della direttiva
prevede la possibilità per gli stati membri di applicare il regime di cassa anche alle imprese con
fatturato superiore a 500.000 euro e fino a 2 milioni di euro “previa consultazione del comitato Iva”.
A decorrere dalla data di applicazione del nuovo regime, si intende abrogato l’art. 7 del dl n.
185/2008, le cui disposizioni prevedevano, per i soggetti con volume d’affari non superiore a
200.000 euro, la possibilità di emettere fatture ad esigibilità d’imposta differita.
Come funziona il regime Iva di cassa
Nel regime Iva di cassa disciplinato dall’art. 32-bis del dl 83/2012, l’Iva relativa alle
cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti di cessionari o di committenti
che agiscono in veste di soggetti passivi diventa esigibile, anziché al momento di effettuazione
dell’operazione (come da regola generale dell’art. 6, dpr 633/72), al momento dell’incasso dei
relativi corrispettivi.
Vi è, quindi, una dissociazione concettuale e temporale tra l’effettuazione dell’operazione e
l’esigibilità dell’imposta, con il differimento di quest’ultima al momento dell’incasso del
corrispettivo: l’obiettivo, costituente il contenuto dell’agevolazione, è di evitare al soggetto passivo
di anticipare all’erario il pagamento dell’imposta relativa ad operazioni già effettuate, se non ancora
incassata.
Il differimento incontra però un limite temporale, essendo previsto che l’imposta si rende
comunque esigibile, anche in mancanza dell’incasso, dopo un anno dall’effettuazione
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
dell’operazione: alla scadenza di tale termine, dunque, il cedente/prestatore dovrà contabilizzare il
debito dell’imposta che non ha ancora incassato.
Questo limite temporale non opera se, prima del decorso del termine, il
cessionario/committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali: in tal caso, infatti, il
differimento dell’esigibilità si protrae fino all’incasso (eventuale) del credito. Il tema sarà ripreso a
breve.
In sintesi, come chiarisce il comma 3 dell’art. 3 del decreto ministeriale 11 ottobre 2012, nel
regime di cassa l’imposta relativa alle operazioni attive deve essere computata a debito nella
liquidazione periodica (mensile o trimestrale) nel corso della quale viene incassato il corrispettivo o,
in mancanza dell’incasso, nella liquidazione periodica nel corso della quale viene a scadere il
suddetto termine di un anno.
L’articolo 4 del decreto puntualizza che, in relazione alle operazioni attive soggette al
regime di cassa, il cedente/prestatore adempie comunque agli obblighi ordinari del titolo II del dpr
633/72 (fatturazione, registrazione, ecc.) con riferimento al momento di effettuazione
dell’operazione e che le operazioni concorrono al volume d’affari (e all’eventuale prorata) con
riferimento a detto momento, ancorché non si sia realizzata l’esigibilità.
Ad esempio, se nel mese di dicembre 2012 sono state emesse fatture ad esigibilità differita
per 100.000 euro d’imponibile e 21.000 euro di Iva, per le quali l’incasso non si è verificato entro il
31 dicembre, il solo imponibile sarà riportato, nella dichiarazione annuale 2012, nell’apposito rigo
delle operazioni ad esigibilità differita e concorrerà al volume d’affari dell’anno 2012. All’atto
dell’incasso, supponiamo nel mese di febbraio 2013, il contribuente contabilizzerà il debito
d’imposta di 21.000 euro, includendolo nella corrispondente liquidazione periodica e
successivamente nella dichiarazione annuale per il 2013.
Sin qui il trattamento delle operazioni attive.
Ma il regime di cassa riguarda anche le operazioni passive: parallelamente al differimento
dell’Iva dovuta, infatti, l’art. 32-bis, conformemente all’art. 167-bis della direttiva 2006/112/CE,
differisce anche il diritto alla detrazione dell’Iva relativa agli acquisti di beni e servizi, diritto che
diviene esercitabile solo dopo il pagamento ai fornitori.
Più precisamente, l’art. 1, comma 3 del decreto ministeriale stabilisce che il diritto alla detrazione
dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati sorge al momento del pagamento del corrispettivo al
fornitore.
Nella circolare n. 44/2012 l’agenzia chiarisce che, poiché il regime di cassa non riguarda le
singole operazioni, ma l’insieme delle operazioni attive e passive poste in essere dal contribuente, il
differimento della detrazione riguarda tutti gli acquisti, anche in presenza di operazioni attive che
non possono usufruire del regime di cassa, qualora queste ultime e i relativi acquisti non siano
oggetto di contabilità separata ai sensi dell’art. 36, dpr 633/72. Pertanto, ad esempio, se il
contribuente effettua, nell’ambito della stessa attività, anche operazioni con privati consumatori,
escluse dal regime di cassa, egli subisce il differimento del diritto alla detrazione su tutti gli
acquisti, salvo che sia in grado (cosa non sempre agevole) di separare contabilmente le due
tipologie di operazioni, sia riguardo agli acquisti che alle operazioni attive (ma resterebbe
l’interrogativo sul trattamento degli acquisti “promiscui”).
E’ da ritenere, in proposito, che questa possibilità di separazione dovrebbe essere accordata,
nello specifico, anche in mancanza dei presupposti ordinariamente richiesti dall’art. 36 citato (cioè
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
l’esercizio di attività contraddistinte da codici diversi), con esclusivo riferimento al discrimine
costituito dall’applicabilità o meno del regime di cassa.
Lo stesso vale per il contribuente effettua anche operazioni escluse dal regime di cassa
perché sottoposte a regimi speciali Iva (es. editoria, regime del margine, ecc.), ma in questo caso
sarà più agevole evitare il differimento della detrazione per gli acquisti effettuati nell’ambito
dell’attività svolta in regime speciale adottando (peraltro obbligatoriamente) la contabilità separata.
Resta anche in questo caso il problema del trattamento degli acquisti promiscui: l’Iva sulla
consulenza professionale, per esempio, non riferibile esclusivamente ad una attività, sarà detraibile
secondo il criterio generale o secondo il criterio di cassa, o ancora con entrambi i criteri, pro-quota?
L’articolo 5, comma 1, del decreto ministeriale precisa che il diritto alla detrazione è
esercitato a partire dal momento in cui i relativi corrispettivi sono pagati, o comunque decorso un
anno dal momento in cui l’imposta diviene esigibile secondo le regole ordinarie (effettuazione
dell’operazione) ed “alle condizioni esistenti in tale momento”.
Al riguardo, nella circolare n. 44/2012 l’agenzia chiarisce che il diritto alla detrazione deve
essere esercitato alle condizioni esistenti al momento in cui l’imposta diviene esigibile per il
fornitore del contribuente in regime di cassa, anche se l’esercizio del diritto stesso è differito al
momento di pagamento del relativo corrispettivo o al decorso di un anno dall’effettuazione
dell’operazione di acquisto.
La previsione, spiega la circolare, mira ad evitare che il contribuente scelga il momento di
pagamento del prezzo in funzione della propria situazione con riferimento al prorata di detrazione: a
tal fine, la portata del diritto alla detrazione viene cristallizzata nel momento in cui l’imposta è
divenuta esigibile per il fornitore. L’interpretazione della circolare è condivisibile, anche se la
disciplina normativa è, sul punto, piuttosto confusa.
La detrazione, prosegue poi la circolare, può essere esercitata al più tardi con la
dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è stato pagato il corrispettivo o a
quello in cui è decorso un anno dalla effettuazione dell’acquisto: ad esempio, se l’acquisto è
effettuato a gennaio 2013 e pagato a giugno 2013, la detrazione va esercitata entro la dichiarazione
relativa all’anno 2015 (da presentare nel 2016); se il pagamento avviene a gennaio 2014, invece, la
detrazione potrà essere esercitata entro la dichiarazione relativa all’anno 2016 (da presentare nel
2017). In ogni caso, l’entità dell’imposta detraibile va determinata con riferimento alla situazione
esistente nel 2013.
Simmetria del sistema
In definitiva, nel regime di cassa l’imputazione dell’imposta, ai fini della liquidazione e
dell’eventuale versamento, è effettuata, sia per la parte a debito che per quella a credito, sulla base
del criterio di cassa, contemperato con la limitazione temporale della quale si è detto prima e che si
approfondirà a breve. Infatti:
- l’Iva sulle operazioni attive si rende dovuta all’incasso del corrispettivo, ma comunque non oltre
un anno dall’effettuazione dell’operazione (salvo assoggettamento della controparte a procedura
concorsuale prima di tale termine)
- l’Iva sugli acquisti può essere detratta dopo il pagamento al fornitore, oppure decorso un anno
dall’effettuazione dell’operazione.
In caso di incasso (o pagamento) parziale del corrispettivo, le disposizioni del decreto
ministeriale precisano che si rende esigibile (o detraibile) l’imposta proporzionalmente
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
corrispondente al rapporto fra la somma incassata (o pagata) e il corrispettivo complessivo. Questo
aspetto sarà ripreso nel paragrafo dedicato alla nozione di “pagamento”.
Le note di variazione
La circolare n. 44/2012 si occupa delle note di variazione (emesse) dal contribuente in
regime di cassa, sotto il profilo del limite temporale di un anno al differimento dell’esigibilità.
La circolare chiarisce che se in pendenza del predetto termine viene emessa nota di
variazione in aumento ai sensi del primo comma dell’art. 26 del dpr 633/72, anche per il nuovo
ammontare dell’imponibile o dell’imposta il termine dell’anno decorre dalla effettuazione della
originaria operazione.
Per quanto concerne le variazioni in diminuzione, la circolare chiarisce che se intervengono
prima che l’imposta diventi esigibile sono contabilizzate direttamente in rettifica dell’imposta
stessa; se invece intervengono successivamente, possono essere computate nella prima liquidazione
utile. E’ da osservare che la circolare prescinde dall’effettivo accredito finanziario alla controparte,
probabilmente nel presupposto che le note di variazione intervengano in ogni caso prima
dell’incasso del corrispettivo dell’operazione principale.
Qualora però la nota di variazione (in diminuzione) sia emessa dopo l’incasso, occorre
chiedersi se rimanga valida l’indicazione della circolare, secondo cui l’imposta accreditata può
essere computata (in riduzione di quella dovuta sulle operazioni imponibili) nella prima
liquidazione periodica utile, indipendentemente dalla manifestazione finanziaria, oppure se, in
coerenza con il regime di cassa, la contabilizzazione debba essere effettuata solo dopo la
restituzione della somma al cliente.
La questione della cessazione dell’attività
Nell’ambito del regime di cassa non vi sono disposizioni atte a disciplinare l’ipotesi in cui il
contribuente cessi l’attività. Disposizioni simili mancavano anche nel contesto dell’esigibilità
differita di cui all’art. 7 del dl n. 185/2008.
Va ricordato che, per quanto riguarda invece l’esigibilità differita “ordinaria”, prevista cioè
dal quinto comma dell’art. 6 del dpr 633/72 e illustrata nel paragrafo 1, l’art. 35, quarto comma, del
dpr n. 633/72 stabilisce che, nell’ultima dichiarazione Iva da presentare con riferimento all’anno
della cessazione dell’attività, il contribuente deve tenere conto anche dell’imposta relativa alle
operazioni di cui al citato quinto comma, per le quali non si è ancora verificata l’esigibilità
dell’imposta.
In sostanza, nella disciplina ordinaria, la cessazione dell’attività è un evento che implica la
decadenza del differimento dell’esigibilità dell’imposta, che dovrà essere versata all’erario con
riferimento al momento della cessazione.
A nostro avviso, questa stessa regola, sebbene non prevista dalle norme, non può non valere
nel nuovo regime di cassa, tanto più in ragione del fatto che, diversamente che nella disciplina
ordinaria dell’esigibilità differita, nel regime particolare vi è anche un limite temporale al
differimento.
E’ naturale che, per evidenti ragioni di equilibrio, la cessazione dell’attività dovrebbe avere
effetti anche sulle operazioni passive, determinando la possibilità di esercitare il diritto alla
detrazione anche se il corrispettivo non sia stato ancora pagato.
L’alternativa a questa soluzione potrebbe essere di ritenere che il contribuente in regime di
cassa non possa dichiarare la cessazione dell’attività fintanto che non avrà chiuso i “sospesi”, ma
appare più corretta e percorribile la prima soluzione.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Il limite temporale di un anno
Come detto, nel regime di cassa il differimento dell’esigibilità dell’imposta al momento
dell’incasso del corrispettivo incontra una limitazione temporale: l’art. 32-bis stabilisce infatti che
l’imposta diviene comunque esigibile dopo il decorso del temine di un anno dal momento di
effettuazione dell’operazione, salvo che, prima del decorso del termine, il cessionario/committente
sia stato assoggettato a procedure concorsuali.
In sostanza, fatta salva quest’ultima ipotesi, il beneficio “dilatorio” nella contabilizzazione
dell’Iva accordato al contribuente non può estendersi all’infinito, ma opera entro il limite temporale
di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione (momento da determinare, come detto
ripetutamente, secondo i principi generali dell’art. 6, dpr 633/72).
Pertanto, ad esempio, a fronte di una consegna di beni avvenuta il 20 dicembre 2012 e
fatturata, in via differita, il 15 gennaio 2013, il contribuente che si avvale del regime di cassa dovrà
contabilizzare l’imposta a debito:
- nella liquidazione periodica nel corso della quale riceverà il pagamento, o
in mancanza di pagamento
- nella liquidazione periodica relativa al periodo nel corso del quale scade il termine di un anno
dalla data di effettuazione dell’operazione (20 dicembre 2012), ossia nella liquidazione del mese di
dicembre o del quarto trimestre 2013.
Parallelamente, però, il decreto ministeriale 11 ottobre 2012 prevede che anche il diritto alla
detrazione potrà essere comunque esercitato dopo un anno dal momento dell’effettuazione
dell’operazione d’acquisto, anche se non è stato ancora pagato il corrispettivo al fornitore.
Procedure concorsuali
Il limite di un anno al differimento dell’esigibilità non opera se, prima della scadenza, il
cessionario/committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali. A questo proposito, occorre
evidenziare anzitutto che la norma sul regime di cassa appare più restrittiva rispetto all’esigibilità
differita di cui all’art. 7 del dl n. 185/2008, che prevedeva l’inapplicabilità del limite temporale
anche nel caso in cui il cessionario/committente fosse stato assoggettato a procedure esecutive (e
non soltanto concorsuali).
In ordine alla nuova disposizione, la circolare n. 44/2012 puntualizza in primo luogo che,
per la sterilizzazione del limite temporale, è necessario che la procedura concorsuale sia stata
avviata prima del decorso di un anno, precisando inoltre che le procedure concorsuali si
considerano avviate nel momento in cui l’organo competente emette il provvedimento di apertura
della procedura (ad esempio, per il fallimento, la data della sentenza dichiarativa di fallimento
pronunciata dal tribunale).
Ricalcando sempre le istruzioni a suo tempo fornite con la circolare n. 20/2009 in relazione
all’art. 7 del dl 185/2009, l’agenzia precisa poi che se il cessionario o committente è assoggettato a
una procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa,
amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), l’esigibilità dell’imposta deve ritenersi
sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con Iva per cassa, fino
all’effettivo incasso del corrispettivo, momento in cui l’imposta diviene esigibile limitatamente
all’ammontare incassato. Sempre in armonia con le precedenti istruzioni, l’agenzia chiarisce infine
che in caso di revoca della procedura concorsuale, l’Iva diviene comunque esigibile e deve essere
computata nella prima liquidazione successiva alla data di revoca, a meno che non sia ancora
decorso un anno dalla data di effettuazione dell’operazione.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Chi può avvalersi del regime di cassa
Secondo la norma istitutiva, possono avvalersi del regime di cassa, previa opzione da
esercitare nei modi che saranno descritti nel paragrafo 9, i soggetti passivi dell’Iva con volume
d’affari non superiore a 2 milioni di euro, relativamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di
servizi effettuate nei confronti di cessionari/committenti che agiscono in veste di soggetti passivi.
Il decreto ministeriale e la circolare dell’agenzia precisano meglio il requisito dimensionale,
chiarendo che possono avvalersi del regime particolare i soggetti che hanno realizzato nell’anno
precedente, oppure presumono di realizzare nell’anno di inizio dell’attività (qualora si intenda
aderire al regime da tale momento), un volume d’affari non superiore a 2 milioni.
Sotto l’aspetto soggettivo, l’accesso al regime è consentito a tutti i contribuenti Iva
(esercenti imprese, arti e professioni; enti non commerciali, relativamente all’attività commerciale
esercitata), indipendentemente dalla natura (persone fisiche o giuridiche) e dal tipo di attività svolta
(ferme le esclusioni previste dalla legge e descritte più avanti). Non essendovi motivo di affermare
il contrario, né su base normativa né per ragioni interpretative, si deve ritenere che possano
avvalersi del regime di cassa anche i soggetti non residenti che operano in Italia attraverso una
stabile organizzazione, oppure mediante rappresentante fiscale o identificazione diretta.
Quanto al requisito dimensionale, il volume d’affari va determinato secondo le disposizioni
dell’art. 20 del dpr 633/72, includendovi, come chiarisce la circolare n. 44/2012, tutte le operazioni
attive, comprese quelle che non possono essere assoggettate al regime di cassa (es. operazioni nei
confronti di privati, operazioni soggette a regimi speciali d’imposta).
Nel caso di esercizio di più attività, anche se con contabilità separata obbligatoria o
facoltativa ai sensi dell’art. 36 del dpr 633/72, ai fini della verifica del limite dimensionale
occorrerà rapportarsi al volume d’affari. La circolare dell’agenzia precisa, infatti, che non si può
applicare il principio affermato nella circolare ministeriale n. 18 del 22 maggio 1981, secondo cui,
in caso di separazione obbligatoria delle attività, l’imposta deve essere, in ogni caso, applicata
separatamente secondo le rispettive disposizioni e con riferimento al volume di affari di ciascuna di
esse.
La posizione dell’agenzia appare coerente con l’ambito applicativo del regime di cassa, che
mira ad alleviare la situazione finanziaria delle imprese minori, individuate in ambito comunitario,
prima ancora che nazionale, con il parametro del fatturato massimo di 2 milioni.
Il diritto di applicare il regime di cassa viene meno all’atto del superamento, nel corso
dell’anno, del limite di fatturato. Questa ipotesi è espressamente disciplinata da apposite
disposizioni, descritte nel paragrafo 10.
Operazioni escluse dal regime di cassa
L’applicazione del regime di cassa incontra alcune limitazioni oggettive, previste dalla legge
o, in coerenza con la ratio (ma non sempre con la lettera) della legge stessa, dal decreto ministeriale
11 ottobre 2012.
Si descrivono qui di seguito tali esclusioni, facendo riferimento alla più compiuta disciplina
dettata dal decreto ed ai chiarimenti dell’agenzia delle entrate.
5.1 Operazioni attive
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
L’art. 2 del decreto ministeriale stabilisce che il regime di cassa non si applica alle seguenti
operazioni:
a) operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali di determinazione
dell’imposta
b) operazioni effettuate nei confronti di cessionari/committenti che non agiscono in veste di soggetti
passivi Iva
c) operazioni poste in essere nei confronti di cessionari/committenti che assolvono l’imposta con il
meccanismo dell’inversione contabile (in questo caso, l’imposta non è applicata dal fornitore,
sicché non vi è ragione di differire l’esigibilità)
d) operazioni ad esigibilità differita di cui all’art. 6, quinto comma, secondo periodo, dpr 633/72
(forniture ad enti pubblici, ecc.), per le quali rimane ferma la disciplina prevista da tale
disposizione, illustrata nel paragrafo 1 cui si rinvia, rammentando qui semplicemente che, per tali
operazioni, il differimento dell’esigibilità dell’imposta al momento dell’incasso, senza limitazioni
temporali, rappresenta la regola naturale.
In merito alla previsione della lettera a), va osservato che il decreto parla di regimi speciali
di “determinazione” dell’imposta; la legge (art. 32-bis), ricalcando la norma dell’art. 7 del dl
185/2008, parla invece di regimi speciali di “applicazione” dell’imposta. La diversa (e più ampia)
formulazione del decreto porta ad affermare che la preclusione vale anche per i regimi speciali di
detrazione (ad esempio, il regime speciale per l’agricoltura), che non derogano alle modalità di
applicazione, ma, in senso lato, a quelle di “determinazione” dell’imposta dovuta all’erario.
In effetti, questa è l’interpretazione fatta propria dall’agenzia delle entrate nella circolare n.
44/2012, che riferisce la preclusione alle operazioni poste in essere applicando regimi speciali di
“determinazione” dell’imposta, tra i quali la circolare stessa ricorda:
- il regime “monofase” dell’art. 74, primo comma, del dpr 633/72
- il regime per l’agricoltura e quello per le attività connesse, di cui agli artt. 34 e 34-bis del dpr
633/72
- il regime del margine per beni usati di cui all’art. 36 del dl n. 41/95
- il regime delle agenzie di viaggi e turismo di cui all’art. 74-ter del dpr 633/72
- il regime dell’agriturismo di cui all’art. 5, comma 2, della legge n. 413/91.
La circolare ricorda poi che, come chiarito nella relazione illustrativa al decreto ministeriale
11 ottobre 2012, il contribuente che svolga sia operazioni soggette ai predetti regimi speciali sia
operazioni soggette alle regole ordinarie di determinazione dell’imposta, potrà, previa separazione
delle attività, avvalersi del regime di cassa relativamente alle operazioni soggette alle regole
ordinarie; occorre ribadire, in proposito, che ai fini della soglia di volume d’affari di 2 milioni di
euro fissata per l’accesso al regime di cassa, si deve però tenere conto di tutte le operazioni,
comprese quelle soggette a regimi speciali per le quali non è possibile avvalersi del regime di cassa.
La circolare chiarisce inoltre che l’applicazione del regime di cassa non è invece preclusa in
relazione alle operazioni per le quali è previsto un differimento del termine di
fatturazione/registrazione, ad esempio le prestazioni degli autotrasportatori, per le quali l’art. 74
prevede termini speciali per la registrazione delle fatture, non trattandosi di regimi speciali di
determinazione dell’imposta ma di disposizioni sulla tempistica degli adempimenti.
All’elencazione del decreto ministeriale, infine, la circolare aggiunge le operazioni non
imponibili (cessioni intracomunitarie, cessioni all’esportazione, servizi internazionali, ecc.), che
sono effettuate senza l’addebito dell’imposta.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
5.2 Operazioni passive
L’art. 3 del decreto chiarisce che le seguenti operazioni passive sono escluse dal
differimento del diritto alla detrazione:
- acquisti di beni e servizi soggetti all’Iva con il meccanismo dell’inversione contabile (rientrano in
questa categoria anche le operazioni territorialmente rilevanti poste in essere da soggetti esteri nei
confronti di cessionari/committenti stabiliti in Italia)
- acquisti intracomunitari di beni (gli acquisti di servizi intracomunitari non vengono menzionati
perché rientrano nella categoria precedente)
- le importazioni di beni
- le estrazioni di beni dai depositi Iva.
Per le suddette operazioni passive, quindi, il contribuente che si avvale del regime di cassa
computa la detrazione secondo i criteri ordinari, in considerazione delle particolari modalità di
applicazione dell’imposta (che viene auto-liquidata dallo stesso cessionario/committente, o, nel caso
delle importazioni, assolta in dogana), modalità che rendono quindi irrilevante il fatto che il
corrispettivo al fornitore sia stato pagato o meno.
Va ricordato che, come precisato nella circolare n. 44/2012, al di fuori dei casi previsti
dall’art. 3 del decreto, elencati sopra, l’adozione del regime di cassa, riguardando non le singole
operazioni ma l’insieme delle operazioni attive e passive effettuate dal contribuente, implica il
differimento della detrazione dell’Iva al momento del pagamento del prezzo ai fornitori per tutti gli
acquisti, anche quelli riferibili alle operazioni attive elencate nel punto 5.1 che non possono
usufruire dell’Iva per cassa, a meno che queste ultime operazioni e i relativi acquisti non siano
contabilizzati separatamente ai sensi dell’articolo 36 del dpr 633/72.
Il concetto di pagamento del corrispettivo
Nel regime di cassa, l’elemento centrale è la manifestazione finanziaria dell’operazione,
essendo la liquidazione dell’imposta ricollegata al verificarsi dell’incasso del corrispettivo dai
clienti e del pagamento del prezzo ai fornitori. E’ intuibile, quindi, come sia di fondamentale
importanza la corretta individuazione del momento in cui il corrispettivo della transazione
economica può considerarsi incassato (operazioni attive) o pagato (operazioni passive).
La questione non presenta problemi particolari se la transazione è regolata in contanti,
ipotesi oramai sempre meno frequente nei rapporti fra imprese, tanto più dopo la riduzione a 999
euro dell’importo massimo pagabile con denaro contante. Non può dirsi altrettanto, invece, quando
il pagamento avviene con altri mezzi.
Al riguardo, la circolare n. 44/2012 riproduce le precisazioni fornite dall’agenzia con la
circolare n. 20/2009 a proposito dell’esigibilità differita ex art. 7, dl n. 185/2008, limitandosi infatti
ad osservare che “per individuare il momento del pagamento non effettuato per contanti, al
verificarsi del quale l’imposta diventa esigibile, il cedente o prestatore farà riferimento alle
risultanze dei propri conti dai quali risulta l’accreditamento del corrispettivo (es. assegni bancari,
RI.BA., RID, bonifico bancario).
Confrontando questa sintetica indicazione con la precedente prassi dell’amministrazione
finanziaria sull’analoga questione dell’accertamento del momento impositivo (e quindi
dell’insorgenza dell’obbligo di fatturazione) per le prestazioni di servizi, momento che, come’è
noto, l’art. 6, terzo comma, del dpr 633/72 individua con il pagamento del corrispettivo, traspare
una posizione differente.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Con specifico riferimento al momento di effettuazione delle prestazioni di servizi ai fini
dell’Iva, ad esempio, nella risoluzione n. 363519 del 25 gennaio 1978, in relazione ad un quesito
diretto a sapere se le prestazioni rese nei confronti di enti pubblici dovessero considerarsi effettuate
nel momento dell’emissione dei mandati da parte dell’ente committente oppure nel momento del
versamento da parte dei tesorieri, o ancora nel momento del ricevimento, da parte del prestatore,
della comunicazione di accreditamento, il ministero delle finanze avallò l’ultima soluzione,
affermando che, nella fattispecie, il pagamento dovesse ritenersi eseguito nel momento in cui il
creditore riceve comunicazione dell’avvenuto accreditamento delle somme a lui dovute.
Recentemente, poi, l’agenzia delle entrate ha avuto modo di affrontare l’argomento in
relazione alla questione, del tutto analoga a quella dell’Iva, dell’individuazione dell’esercizio cui
imputare i compensi derivanti da attività professionali, regolati dal principio di cassa. Al riguardo,
rispondendo ai quesiti di alcuni professionisti, nel punto 3.3 della circolare n. 38 del 23 giugno 2010
l’agenzia ha premesso che “le criticità collegate a detto criterio risultano connesse, per quanto
concerne l’imputazione temporale dei compensi, alla individuazione del momento in cui il
corrispettivo si intende incassato da parte del professionista, in particolare quando vengono
utilizzati alcuni mezzi di pagamento”.
L’agenzia ha quindi osservato che “per quanto riguarda gli assegni bancari e circolari, ad
esempio, gli stessi rappresentano titoli di credito che si sostanziano nell’ordine scritto, impartito alla
propria banca, di pagare a terzi, o a sé stessi, una precisa somma di denaro. I compensi pagati
mediante assegno devono considerarsi percepiti nel momento in cui il titolo di credito entra nella
disponibilità del professionista, momento che si realizza con la consegna del titolo dal ricevente al
committente. Non rileva, invece, ai fini della imputazione temporale del compenso al reddito del
professionista, la circostanza che il versamento sul conto corrente del professionista percettore
dell’assegno intervenga in un momento successivo o in un diverso periodo d’imposta”.
Riguardo al pagamento mediante bonifico bancario, l’agenzia ha invece ritenuto che “il
momento in cui il professionista consegue la effettiva disponibilità delle somme, debba essere
individuato in quello in cui questi riceve l’accredito sul proprio conto corrente. Si tratta,
tecnicamente, della cosiddetta “data disponibile”, che indica il giorno a partire dal quale la somma
di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata. Non assume rilievo, pertanto, né la data
della valuta, ovvero quella da cui decorrono gli interessi, né il momento in cui il dante causa emette
l’ordine di bonifico né quello in cui la banca informa il professionista dell’avvenuto accredito”.
Questa risposta dell’agenzia conferma, quindi, le indicazioni rese nella circolare sull’Iva per
cassa per quanto concerne il momento di imputazione dei pagamenti effettuati tramite bonifico
bancario, ma sembra discostarsene per quanto concerne gli assegni bancari, che le circolari
sull’esigibilità differita assimilano agli altri pagamenti con mezzi diversi dal contante, mentre la
circolare n. 38/2010 tratta in modo diverso.
In sostanza, accantonando (non perché errata, ma perché non riguarda l’esigibilità dell’Iva)
la diversa soluzione offerta da quest’ultima circolare in relazione agli assegni, sembra di capire che,
allorquando il pagamento sia effettuato con mezzi diversi dal contante che richiedono il “buon fine”
della transazione, ciò che rileva ai fini della realizzazione dell’esigibilità dell’imposta non è
l’effettiva conoscenza dell’esito della transazione, ma piuttosto la “conoscibilità”: il corrispettivo
dovrà considerarsi incassato alla data in cui risulta accreditato sui conti del beneficiario
(indipendentemente dalla eventuale data di valuta), anche se questi non ne abbia avuto formalmente
conoscenza.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Se le cose stanno in questi termini, è evidente che il contribuente che si avvale del regime di
cassa avrà l’onere di monitorare i propri conti bancari/postali in modo da poter rilevare
tempestivamente, e riportare nella contabilità Iva, i movimenti concernenti incassi delle fatture.
Va da sé che il problema non si pone nel caso di pagamento mediante carte di credito o di
debito, nel qual caso l’incasso (garantito dall’operatore finanziario emittente la carta) deve
considerarsi avvenuto all’atto della transazione, ancorché l’accreditamento sul conto del
beneficiario avvenga in un momento successivo.
In relazione all’eventualità, oramai sempre meno frequente, che il pagamento avvenga
mediante rilascio di cambiali, le posizioni dell’amministrazione finanziaria e della giurisprudenza
non sono convergenti circa gli effetti ai fini della determinazione del momento impositivo Iva
(nonché, di conseguenza, dell’esigibilità dell’imposta nel quadro del regime di cassa).
Secondo l’amministrazione, infatti, il rilascio delle cambiali, sia pro-soluto che prosolvendo, si considera pagamento ai fini della realizzazione dell’effettuazione dell’operazione, in
quanto il credito cambiario è distinto dal rapporto principale fra le parti e può essere realizzato
immediatamente attraverso l’operazione di sconto o la cessione del titolo. Fa eccezione la cambiale
sulla quale è apposta la clausola “non cedibile in via ordinaria”, in quanto non consente la
realizzazione dell’incasso attraverso lo sconto o la cessione del titolo.
Posizione diversa ha invece assunto la commissione tributaria centrale nella decisione n.
3932 del 13 maggio 2002, mentre la cassazione, con sentenza n. 7348 del 13 maggio 2003, ha
affermato che il rilascio di “pagherò” cambiari può configurare obbligo di fatturazione soltanto
nella parte in cui l'obbligo di pagamento sia attuale e non anche per la parte dell’importo per cui il
debitore abbia semplicemente promesso il pagamento.
Pagamento parziale
Può accadere che l’incasso (o il pagamento) del corrispettivo avvenga in maniera frazionata,
ad esempio per effetto di dilazioni, o comunque in misura parziale.
In queste ipotesi, il decreto ministeriale (art. 4, comma 4 e art. 5, comma 2), codificando la
soluzione già indicata dall’agenzia delle entrate nella circolare n. 20/2009 in relazione alle
disposizioni dell’art. 7 del dl n. 185/2008, stabilisce che l’imposta diventa esigibile (o detraibile)
nella proporzione esistente tra la somma incassata (o pagata) e il corrispettivo complessivo
dell’operazione.
Ad esempio, se a fronte di una fattura dell’imponibile complessivo di 12.000 euro ed Iva di
1.200 euro viene pattuito (ed eseguito) un pagamento in tre rate uguali a 30, 60 e 90 giorni, all’atto
dell’incasso di ciascuna rata il fornitore che applica il regime di cassa dovrà contabilizzare imposta
a debito per 400 euro.
Facendo un altro esempio, se a fronte di una fattura dell’imponibile di 20.000 euro più Iva
21% di 4.200 euro il cliente effettua un pagamento di complessivi 18.000 euro, il fornitore deve
contabilizzare a debito l’Iva nella misura del 74,38% di quella addebitata (percentuale
corrispondente al rapporto fra quanto incassato e il totale complessivo della fattura, ossia
18.000/24.200), e dunque l’importo di 3.123,96 euro. La residua imposta sarà contabilizzata al
momento dell’incasso o, al più tardi, alla scadenza di un anno dal momento di effettuazione
dell’operazione (salvo assoggettamento del cliente a procedure concorsuali).
Analogo criterio dovrà essere seguito, dal contribuente in regime di cassa, per la
determinazione dell’Iva detraibile sugli acquisti nel caso di pagamento parziale ai fornitori.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Adempimenti formali, contabili e dichiarativi
Come detto, il regime di cassa riguarda soltanto il criterio di imputazione temporale dell’Iva
sulle operazioni attive e sugli acquisti, per cui non influenza in alcun modo gli ordinari
adempimenti previsti dalla legge (fatturazione, registrazione, dichiarazione).
In particolare, l’obbligo di fatturazione (dal quale discendono quelli di registrazione e
dichiarazione) va osservato, in base alle regole comuni, con riferimento al momento in cui
l’operazione si considera effettuata, indipendentemente dal momento dell’esigibilità dell’imposta
che attiene esclusivamente alla contabilizzazione del tributo in sede di liquidazione periodica.
Per essere più chiari, se in data 20 agosto 2013 il contribuente che si avvale del regime di
cassa vende e consegna un bene ad un imprenditore, per il prezzo pattuito di 40.000 euro più Iva
21% di 8.400 euro, con pagamento convenuto a fine gennaio 2014, il contribuente dovrà emettere la
fattura nella stessa data del 20 agosto 2013, oppure entro il 15 settembre 2013 se si avvale della
fatturazione differita.
L’imposta sarà però contabilizzata a debito al momento dell’incasso, ossia nella liquidazione
periodica di gennaio 2014, o comunque, in mancanza dell’incasso, nella liquidazione periodica di
agosto 2014 (ossia alla scadenza di un anno dall’effettuazione dell’operazione).
L’imponibile di 40.000 euro confluisce invece nella dichiarazione Iva relativa all’anno 2013,
e concorre quindi, a tutti gli effetti, alla determinazione del volume d’affari del 2013, all’eventuale
prorata di detrazione del 2013, ecc.
Tutto ciò si desume agevolmente dalle disposizioni generali e dai documenti di prassi
emanati dall’amministrazione finanziaria in materia di esigibilità dell’Iva, ed è ulteriormente
ribadito dall’art. 4, commi 1 e 2, del decreto ministeriale 11 ottobre 2012.
Va da sé che, dovendo contabilizzare l’imposta con riferimento al mese o trimestre del
pagamento (o in quello nel quale viene a scadere il termine di un anno dall’effettuazione
dell’operazione), il contribuente che applica il regime di cassa dovrà necessariamente implementare
la contabilità Iva (registri delle fatture emesse e degli acquisti) con la rilevazione della
manifestazione finanziaria delle operazioni, o comunque adottare, in relazione alle proprie capacità
ed esigenze organizzative, le modalità di rilevazione degli incassi/pagamenti delle fatture funzionali
alla corretta liquidazione dell’Iva con il criterio di cassa.
Questa complicazione, che costringe, per così dire, a mettere mano due volte alla
registrazione delle fatture, una prima volta in osservanza alle regole degli artt. 23 e 25 e una
seconda volta ai fini della liquidazione dell’Iva per cassa, rappresenta, sotto il profilo procedurale, il
risvolto negativo del regime particolare.
La situazione sarà più problematica, naturalmente, per i contribuenti in contabilità
semplificata, che normalmente non rilevano la manifestazione finanziaria delle operazioni, e ancora
di più per coloro che affidano all’esterno la tenuta e l’aggiornamento della contabilità, per le
oggettive difficoltà gestionali, anche nella comunicazione delle informazioni fra il contribuente e il
tenutario delle scritture.
Venendo agli adempimenti specificamente previsti dalle disposizioni sul regime di cassa,
l’unico obbligo, previsto dall’art. 32-bis del dl 83/2012 e ribadito poi sia dal decreto ministeriale sia
dal provvedimento dell’agenzia delle entrate del 21 novembre 2012, è quello di riportare sulle
fatture emesse l’annotazione che si tratta di operazione con “Iva di cassa ai sensi dell’art. 32-bis, dl
n. 83/2012”.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Questo obbligo non ha riflessi sostanziali, in quanto l’adozione del regime di cassa, come si
dirà appresso, è del tutto irrilevante per la controparte, ma, secondo quanto chiarito nella circolare
n. 44/2012, risponde all’esigenza della regolare tenuta della contabilità per il cedente o prestatore
che assoggetti all’Iva per cassa solo alcune operazioni, escludendo ad esempio quelle effettuate
nell’ambito di regimi speciali.
In merito all’obbligo di annotazione, poi, va rilevato che nella relazione illustrativa del
decreto ministeriale 11 ottobre 2012 viene precisato che l’eventuale omissione dell’annotazione in
esame sulle fatture emesse costituisce violazione di natura formale.
Riguardo alle modalità di indicazione delle operazioni ad esigibilità differita nella
dichiarazione annuale si rinvia all’ultima parte del paragrafo 1.
Il diritto alla detrazione dei cessionari/committenti
Una previsione molto importante, innovativa rispetto alla precedente esperienza
dell’esigibilità differita di cui all’art. 7 del dl n. 185/2008 (nonché rispetto alla disciplina generale
sugli effetti dell’esigibilità differita), è quella contenuta nel terzo periodo del comma 1 dell’art. 32bis. Tale disposizione stabilisce che “in ogni caso, il diritto alla detrazione dell’imposta in capo al
cessionario o al committente sorge al momento di effettuazione dell’operazione, ancorché il
corrispettivo non sia stato ancora pagato”.
La disposizione, derogando al principio generale dell’art. 167 della direttiva 2006/112CE,
ripreso nell’art. 19, comma 1, del dpr 633/72, secondo cui il diritto alla detrazione sorge quando
l’imposta diventa esigibile, consente in pratica ai cessionari/committenti di esercitare la detrazione
con riferimento (e a partire dal) momento di effettuazione dell’operazione, ancorché l’imposta non
sia ancora divenuta esigibile perché il fornitore si avvale del regime di cassa.
La disposizione, come esplicitamente chiarisce l’art. 1, comma 4 del decreto ministeriale,
non opera, naturalmente, nel caso in cui anche il cessionario/committente, a sua volta, abbia
adottato il regime di cassa, applicandosi in tal caso il particolare criterio previsto nell’ambito del
regime particolare.
La deroga alle disposizioni generali sopra richiamate sembrerebbe in contrasto con la
disciplina comunitaria del regime di cassa, contenuta nell’art. 167-bis della direttiva, che non
prevede eccezioni al principio che ricollega l’insorgenza del diritto di detrazione all’esigibilità
dell’imposta. Essa è però legittimata da una dichiarazione a verbale resa in sede di approvazione
della direttiva 2010/45/UE, nella quale il consiglio e la commissione dichiarano che gli stati membri
possono derogare, nel quadro della disciplina del regime di cassa, dal principio sancito dall’art. 167
della direttiva 2006/112/CE.
La disposizione in esame fornirà un contributo molto importante al successo del regime di
cassa. La sterilizzazione degli effetti sui cessionari/committenti, infatti, disinnesca il conflitto di
interessi tra fornitore e cliente: quest’ultimo, infatti, non avrà più ragione per “spingere” il primo a
non avvalersi del regime di cassa (come invece si verificava nei riflessi dell’istituto previsto
dall’art. 7 dl 185/2008).
E’ da mettere in conto, di contro, un maggior rischio per l’erario, poiché il diritto alla
detrazione sorgerà e sarà esercitabile prima ancora che l’imposta sia divenuta esigibile.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
Opzione e revoca del regime di cassa
Il regime di cassa non è un regime “naturale” cui si accede automaticamente se in possesso
dei requisiti previsti, ma è un regime “opzionale” (così espressamente qualificato dalla normativa
comunitaria) cui si accede per effetto di una scelta.
Il comma 2 dell’art. 32-bis del dl 83/2012 stabilisce infatti che “il regime di cui al comma 1
si rende applicabile previa opzione da parte del contribuente, da esercitare secondo le modalità
individuate con provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate.”
Questa norma è ripresa dal decreto ministeriale 11 ottobre 2012, che all’art. 1, comma 1,
prevede che i soggetti con fatturato non superiore a 2 milioni di euro “possono optare per la
liquidazione dell’Iva secondo la contabilità di cassa”, ribadendo poi all’art. 6, comma 1, che
l’opzione e la revoca sono esercitate secondo le modalità individuate con provvedimento
dell’agenzia delle entrate, aggiungendo nel comma successivo che “l’opzione ha effetto a partire dal
1° gennaio dell’anno in cui è esercitata ovvero, in caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno,
dalla data di inizio dell’attività.”
Il previsto provvedimento dell’agenzia delle entrate è stato emanato e pubblicato sul sito
internet il 21 novembre 2012.
Esso stabilisce, al punto 1.2, che l’opzione per il regime Iva di cassa si desume dal
comportamento concludente del contribuente ed è comunicata, ai sensi dell’art. 2 del dpr n. 442/97,
nella prima dichiarazione annuale ai fini dell’Iva da presentare successivamente alla scelta operata.
Questa formulazione, che ricalca il comma 1 dell’art. 2 del dpr 442/97, non va presa alla lettera:
come già chiarito dal ministero delle finanze nella circolare n. 209/1998 con riferimento alla
disposizione del dpr 442/97, e come precisato ora anche nelle motivazioni del provvedimento
dell’agenzia, l’opzione va comunicata nella dichiarazione presentata con riferimento al periodo
d’imposta dal quale essa ha effetto. Pertanto, il contribuente che opta per il regime di cassa dal 1°
gennaio 2013, dovrà darne comunicazione nel quadro VO della dichiarazione annuale Iva relativa al
2013, che presenterà nel 2014 (e non nella dichiarazione annuale Iva relativa al 2012, da presentare
nel 2013, che letteralmente è la prima dichiarazione presentata successivamente alla scelta).
Tornando alle modalità dell’opzione, il provvedimento dell’agenzia, uniformandosi alla
disciplina generale in materia, valorizza il cosiddetto “comportamento concludente”, espressione
che, secondo la circolare del ministero delle finanze n. 209/1998, sta a significare “l’effettuazione
da parte del contribuente di adempimenti che presuppongono inequivocabilmente la scelta di un
determinato regime, osservandone i relativi obblighi, in luogo di quello operante come regime di
base”.
Ai fini dell’adozione del regime di cassa, potrebbe ritenersi espressione del “comportamento
concludente”, in prima battuta, l’annotazione che il contribuente che si avvale del regime
particolare è tenuto ad apporre sulle fatture emesse, come osserva l’agenzia nella circolare n.
44/2012.
Occorre però considerare che la suddetta annotazione, seppure obbligatoria per legge, non ha
riflessi sostanziali, essendo l’eventuale omissione una violazione di carattere formale. Ne discende
che, come peraltro riconosce la stessa circolare dell’agenzia, l’omessa annotazione del riferimento
al regime di cassa sulle fatture emesse “non inficia l’applicazione del regime per cassa nel
presupposto che il comportamento concludente sia altrimenti riscontrabile.”
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
In effetti, l’opzione del contribuente si desumerà dalle concrete modalità di esecuzione delle
liquidazioni periodiche, sicché può dirsi che il “comportamento concludente”, in via di principio, si
manifesta con l’adozione del criterio di cassa nell’esecuzione della prima liquidazione periodica
dell’anno a decorrere dal quale la scelta ha effetto. A tale ultimo proposito, il provvedimento
dell’agenzia stabilisce poi, al punto 2, che l’opzione ha effetto dal 1° gennaio dell’anno in cui è
esercitata o, in caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, dalla data di inizio dell’attività.
In fase di prima applicazione, poi, considerato che l’art. 8 del decreto ministeriale ha fissato
al 1° dicembre 2012 la data dalla quale è applicabile il regime speciale, il provvedimento precisa
che, relativamente appunto all’anno 2012, l’opzione, comunicata con la dichiarazione annuale Iva
per l’anno 2012 (da presentare nel 2013), ha effetto per le operazioni effettuate a partire dal 1°
dicembre 2012.
I soggetti interessati possono quindi attivare il regime di cassa dal 1° dicembre 2012, con
riferimento alle operazioni effettuate da tale data (non sarà possibile avvalersene per le operazioni
effettuate precedentemente, anche se fatturate dal 1° dicembre 2012 in avanti). A tale scopo, essi
dovranno eseguire con modalità coerenti la liquidazione del mese di dicembre 2012 (ed
eventualmente, ancora prima, determinare con il criterio di cassa l’acconto di dicembre 2012),
mentre non sarà rilevante il fatto che, per errore o per distrazione, non abbiano annotato sulle fatture
emesse il prescritto riferimento al regime particolare.
Una disposizione non del tutto chiara del provvedimento è quella del punto 2.3, ove si
stabilisce che “ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo, sono
considerate valide le comunicazioni effettuate con la dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul
valore aggiunto presentata entro il termine di cui all’articolo 2, comma 7, primo periodo” del dpr n.
322/98, ossia entro novanta giorni dalla scadenza.
La disposizione parrebbe stabilire che, al contrario, non sono considerate valide le
comunicazioni effettuate con la dichiarazione annuale ultra-tardiva (presentata, cioè, con ritardo
superiore a novanta giorni, quindi legalmente omessa), e a maggior ragione quelle completamente
omesse.
Questa chiave di lettura sembra però da escludere perché in contrasto con il principio del
“comportamento concludente” accolto nel provvedimento, che ha come corollario l’enunciato di cui
all’art. 1, comma 1, secondo periodo, del dpr 442/97, secondo cui “la validità dell’opzione e della
relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o
dell’attività”.
Passando infine alla durata dell’opzione, il provvedimento stabilisce, al punto 3.1, che il
contribuente, una volta esercitata l’opzione, è vincolato almeno per un triennio all’applicazione del
regime di cassa, naturalmente a condizione che non venga superato il limite di fatturato.
Al punto 3.3 viene opportunamente precisato che se l’opzione è esercitata dal 1° dicembre
2012, l’anno 2012 si considera per intero come primo anno di applicazione del regime particolare
(pertanto il vincolo cesserà il 31 dicembre 2014).
Decorso il triennio vincolante, il punto 3.2 prevede che l’opzione si rinnova di anno in anno,
sempre che permangano i presupposti, fino a quando non sia revocata con le stesse modalità, ossia
attraverso il comportamento concludente (la liquidazione dell’imposta con i criteri ordinari a partire
dal mese di gennaio o dal primo trimestre) e la successiva comunicazione nella dichiarazione
annuale Iva relativa all’anno per il quale la revoca ha effetto.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
In merito al vincolo triennale, il provvedimento parrebbe essersi discostato dal principio
dell’art. 3 del dpr 442/97, che prevede tale durata minima per le opzioni concernenti regimi di
determinazione dell’imposta, mentre prevede la durata annuale per i regimi contabili. E’ da
osservare, però, che il regime Iva di cassa non può considerarsi un regime meramente contabile, in
quanto si riflette sulla determinazione e sul versamento dell’imposta, per cui, sotto questo aspetto,
la previsione del vincolo triennale non sembra ingiustificata.
Norme particolari sul passaggio al regime di cassa e viceversa
Il decreto ministeriale 11 ottobre 2012 contiene alcune disposizioni atte a disciplinare, sul
piano sostanziale, il passaggio dal regime ordinario a quello di cassa e il passaggio inverso.
In relazione all’adozione del regime di cassa, che di regola ha effetto dal 1° gennaio, l’art. 6,
comma 3 del decreto stabilisce che “le operazioni già liquidate alla data del 31 dicembre dell’anno
precedente quello di esercizio dell’opzione sono escluse dalla disciplina dell’Iva per cassa”.
Nella relazione illustrativa viene chiarito che l’esclusione prevista da questa disposizione
(che, in fase di prima applicazione, deve intendersi riferibile alle operazioni già liquidate alla data
del 30 novembre 2012) riguarda le operazioni che hanno già partecipato alle liquidazioni periodiche
effettuate fino alla data del 31 dicembre.
Ciò posto, la disposizione sembrerebbe attrarre nel regime di cassa le operazioni (attive e
passive) effettuate precedentemente alla data di efficacia dell’opzione, se non già incluse nelle
liquidazioni periodiche effettuate a tale data. Invero, se la previsione è comprensibile con
riferimento agli acquisti, per le quali non vi è un mese di competenza in cui esercitare la detrazione
(essendo il contribuente libero di farlo in qualsiasi momento, nel termine biennale di decadenza),
non lo è altrettanto per le operazioni attive, che seguono le regole del momento di effettuazione. Su
questo punto appaiono quindi indispensabili chiarimenti.
Sono invece puntuali le disposizioni dettate nell’articolo 7 in relazione al passaggio inverso, ossia
l’abbandono del regime di cassa e il rientro nel regime ordinario di liquidazione.
Al comma 1, l’articolo 7 stabilisce che, in caso di superamento nel corso dell’anno del limite
di due milioni di volume d’affari, il regime particolare cessa di applicarsi con effetto dalle
operazioni attive e passive effettuate a partire dal mese successivo a quello in cui il limite è stato
superato. Va segnalata la lettura, per così dire, integrativa che la circolare offre di questa
disposizione, laddove chiarisce che “il superamento del limite di due milioni di euro di volume
d’affari comporta la cessazione automatica del regime dell’Iva per cassa a partire dal mese o
trimestre successivo a quello in cui il limite è stato superato”. Pertanto, mentre il decreto stabilisce,
quale unica decorrenza di cessazione del regime particolare, il mese successivo a quello di
superamento del limite, la circolare, opportunamente, prendendo in considerazione la situazione dei
contribuenti trimestrali, assume in tale eventualità il trimestre, in modo da evitare complicate
diversificazioni delle modalità di liquidazione all’interno del periodo fiscale.
La disposizione del comma 1 va poi coordinata con quella del comma 2, secondo cui, in
caso di superamento del limite oppure di revoca dell’opzione, nella liquidazione relativa all’ultimo
mese (anche qui la circolare, integrando la norma, aggiunge il riferimento al trimestre) in cui è stata
applicata l’Iva per cassa è computato a debito l’ammontare dell’Iva, non ancora versata, relativa alle
operazioni effettuate ed i cui corrispettivi non sono stati ancora incassati. A partire dalla stessa
liquidazione, inoltre, può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta, che non risulti
ancora detratta, relativa agli acquisti effettuati ed i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
In buona sintesi, la cessazione del regime di cassa fa decadere, per le operazioni già
effettuate ma ancora “in sospeso” per via della mancata manifestazione finanziaria, sia il
differimento dell’esigibilità dell’Iva a debito sia il differimento del diritto alla detrazione, con
effetto sulla liquidazione relativa all’ultimo mese o all’ultimo trimestre nel quale il regime speciale
è stato applicato.
Ad esempio, supponendo che il contribuente mensile in regime di cassa dal 1° gennaio 2013
superi il limite di volume d’affari a novembre dello stesso anno, egli dovrà:
- applicare le regole comuni alle operazioni effettuate dal 1° dicembre 2013
- inserire nella liquidazione relativa al mese di novembre l’Iva sulle operazioni attive ad esigibilità
differita effettuate entro tale mese e non ancora incassata.
Il contribuente potrà inoltre esercitare, a partire dalla liquidazione di novembre, la detrazione
dell’Iva relativa agli acquisti effettuati entro tale mese e non ancora pagati ai fornitori.
Decorrenza del nuovo regime e abrogazione delle precedenti disposizioni
Per quanto concerne, infine, la decorrenza del nuovo regime, l’art. 32-bis del dl 83/2012
stabilisce nel comma 5 che le disposizioni dell’articolo medesimo entrano in vigore alla data
individuata con decreto ministeriale, ovverosia dal 1° dicembre 2012, come stabilito dall’art. 8 del
dm 11 ottobre 2012. Lo stesso comma 5 prevede inoltre che, dalla stessa data, è abrogato l’articolo
7 del dl n. 185/2008.
Della decorrenza del regime di cassa si è già detto ampiamente nella trattazione dei vari
punti. Adesso occorre occuparsi dell’abrogazione delle “vecchie norme” sull’esigibilità differita di
cui al citato articolo 7, che, secondo le ragionevoli indicazioni fornite dal legislatore nel comma 5
dell’art. 32-bis, è contestuale all’introduzione del nuovo regime.
La cessazione dell’applicazione delle vecchie norme, quindi, deve porsi in continuità con
l’introduzione di quelle nuove, per cui la decorrenza deve essere unica, non solo sotto il profilo
formale (la data del 1° dicembre), ma anche sostanziale, in modo da evitare periodi di vuoto
normativo o, al contrario, di sovrapposizione di norme.
In altri termini, se le nuove norme si applicano alle operazioni effettuate dal 1° dicembre
2012, quelle vecchie, analogamente, non sono più applicabili alle operazioni effettuate da tale data.
Ne discende, pertanto, che le vecchie norme dell’art. 7 possono essere applicate alle operazioni alle
quali non si applicano quelle nuove, vale a dire alle operazioni effettuate entro il 30 novembre 2012
(per il concetto di effettuazione dell’operazione occorre fare riferimento, come più volte detto, alle
disposizioni dell’art. 6 del dpr 633/72).
Questo significa, per esempio, che un’operazione effettuata entro il 30 novembre 2012,
anche se fatturata dopo tale data (sia legittimamente ricorrendo alla fatturazione differita, sia per
altre ragioni, come ad esempio il ritardo nell’adempimento), ricorrendo i presupposti oggettivi e
soggettivi previsti dall’art. 7 del dl n. 185/2008, potrà essere assoggettata alla vecchia esigibilità
differita.
Questa interpretazione è in parte confermata dalla circolare n. 44/2012, ove viene chiarito
che “il regime previsto dal richiamato articolo 7 non può essere applicato alle operazioni effettuate
a partire dal 1° dicembre 2012, ma resta valido per le operazioni effettuate prima di tale data e per le
quali era stata espressa la relativa opzione”.
F.Ricca – Effettuazione ed esigibilità – Novembre 2013
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Utente
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Data creazione:
29/02/2012 12:54:00
Numero revisione:
15
Data ultimo salvataggio:
12/11/2013 10:54:00
Autore ultimo salvataggio: Ruzzo Patrizia
Tempo totale modifica
63 minuti
Data ultima stampa: 12/11/2013 10:54:00
Come da ultima stampa completa
Numero pagine: 32
Numero parole: 17.277 (circa)
Numero caratteri: 98.479 (circa)